DON GIOVANNI

DON GIOVANNI [Appendice delia Stampa (/ DON GIOVANNI ili ROMAN/CO lì Lorayda'ti, sotto le sgùàJJdo insiste <t< r ì re Francesco, rispose; -Sì. è una l'accenda di famig'lia. sin" Ciò riguarda scltanio me... • - voi cesellerete oueì i.iovtiiini 'l't'iioi-io, .pruvochereie, Jo uccldci'ew... Cercherò Giovanni Teobrio. lo provoctiftì Il ucciderò I — esclamo eoa ifintièzzs I.oraydan. Cario V disss altre pai'r»e 'li consolazione alla Sglia superstite del ConiiiietiJalore. le cicorie, che. ella ormai aveva un difensore nei suo futuro sposo e rifiutò di farsi scortare da lei fuori della cava. Oli espili regali si allontanarono. Mio caro sire: diceva Cai'-'' V a Krant. v; sai* rteCfaosceDté se impiegh*-- malriino.-io sia compiine, — Pire; — rispondeva Fi avere piena fiducia in me. migella non lascerà pari-. guata dai -no legitlìmo laydan. Pc-cbi minuti .topo. Kironor. furio .to'la cava'cai a sull'atti} Corderia. Allora, sc'.'a.ulo allora, .'-llii in una poltrona, e. esaurite1 le sue tese energie, smarrì i ti-n ■\ I. poso, Conte dj uà s'i-.ic :5j lasciò r '.urici' d'I ="n'i. i'|cjl.o-XX VII!. Padrone e siervitore liei Daiiivo, dopo avfiii atteso un pezzo u n,padrone, Clother di Ponine, presso i'. pui&zzo'■■: horaydan, nera messo a passeggiare, per Ingannare '''arresa- 1! caso aveva voluto che Fi :• •V'ì servi di i.on.ydan uscisse nelila ,--trada e Bel Danaro .aveva aìtaccato eoa lui discorso,La relazione divenne cosi cordiale che ad un certo punto Be' Danaro disse, al suo nuovo amico : — Vieni con me, cella, mia osteria, fon? " che faccio io spese! SedacenUesimo ers l'in-.-i'o cosi fomMilszi: 'in - eria -. ino pilla ir ino 6',' frizzi lotte. itili pòco dono i ileo servitoti si ad una tavola delia vicina ii enfio innanzi min, bott'.slai Itti riirc llora ni er. Itora splUaitf un ferventi sqtusin in li" •■ ria! suzioni lunga ■. iòni si ili pili tji avo , ; oJ • a , ! n o " ItOl'ì dite b '| tu rivetterei : na ma beve come u Che idic:a! - di - Più bestia perfino di ; clic '• tutto dire! Ma I k< mito ! lì^: Drenai'.' i-i iriiii'll si inipegijò li ii due lurido, inulti, tempo ilcii.rono, dietro l'i-.'jii!»..--.-<_' ir-, Uri sai ti pensi»: •ciocco dei più madora spugna-.. •va tra se Bel Danaro, e lai-omino Correnti alza, poderósamente si inon i-'i. dove fn inolio stri .1 ...ri padrone. Ivi. mediti, che egli disapprovi usa .li via s di non uovi iunsO su lille : poscia Ani r./.a uà .-è: Beui^frao! Sai«i andato a. bere col .- re iLoiaydan. -Ma uilora i due padroni bevono più a lango dei loro rispettivi servitori?! dcilicr aveva assegna'.» a Bel Danaio una cameretta dell'appartamentino che fino allora avwa abitato con I "pon'in de! lette. suo evadi1*. Seduto sulla !'ex-mateml tino nred 1 te slw> 1$ ponto) la più• : ■ ri- ij ilil e ii r ,-, ava itu*ti» non potendo lisoivere questo importante problema., l'ini i>er sdraiarsi sul letto, e pochi Istanti dono si addormento di un sonno senza I sogni. Be: Danaro donni per tulio il resto della giornata e per tutta Ja notte susseguente, L sj destù la dimane poco prima di inezzogiòrluci, con ia tesln greve, Jo stomaco moto, l<? ut-., confuse, --ri affrettò riuùidi a rinfrescarsi jil capo è a rimettersi alia meno peggio Quando si stimò presentabile, entrò nella camera • lei padróne, de] ciuale non potè clic cousta1 tare l'assenza. Suppose dapprima che il Siro di Pontus ios*f uscito senza oliere avuto bisogno dei suoi servizi; ma n Ietto :.on disfatto smentiva tale ipotesi. Bel Danaio tiascorse i- ia»u> della giornata ad aspettere: ma il padrone non », faceva vivo. ia dimane. Bel .Danaro erlò iwlto v« i San Dioniai r nioitipiicii i.;, visite all'Albergo I dell'Indovina Era inautoto: ma si deve dire i elio" tak- inquietudine non .si spingeva punto ; rino all'emoziono. Tra ìaaLj ipotesi da lui escogitate lini per presceglierne una. vaie a e dire che egli ammise che il sire di Pontus fosse stato ucciso. — Che peccato! 3e sono davvero eda04<'- ra.to! diceva tra se con la rud* n»ot»fla dei raalandilm' di quell'epoca. —Ere.^un buoni pa iirone. pagave. bent. Par evitargli un gypvo .»slnn fis RnaiLu. avrei vi^;w»<i*rt MUOMtB ■* farmi impiccale! So e mono l'arò dico upa messa per il riposo dfU'aiiiina sua; pò. comanderò a don Giovanni Tenori-, di prendermi al suo servizio. Ma. per far ciò. saia necessario che io rru metta in buon-; j-apporti con quel dannato Giacomino Correnti. Pero, iioiiiebe costui 6i vede in giro, cim diavolo sai» di lui. Se Giacomino Correnti, ì.c Clolher di Pontus si fecero vivi neanche quel di. Invece, Bel Danaro si trovò improvvisainenr» l'accia a taccia con don Giovanni Tenorlo. I5d ecco come. La mattinata del quaito giorno, a contare dal momento m cui Clolher di Pontus, per invito del suo ninriale nemico, era entrato nel palazzo Loraydan. l'ex masnadiere Bel Danaro si destò di pessimo umore, visto che la sera precedente aveva smaltito per la maggior parte in vino ;1 suo ultimo scudo nella sala dell'albergo dell'Indovina. — Se il sii e di Pontus non ritorna neancheoggi, — disse tra sè, — io sono condanuan. a .morire di *ste, senza contate la fame. Solo Giacomino Correnti può trarrai dal mal passu : può farmi assumere qual servitore dal suo padrone, o almeno prestarmi alcuni denari, a patto beo- .s'intende, che io confessi che il suo naso'non è (tato. Vediamo, dunque, se quel degno amico ? ftrwJmente ritornato. (Contfm/a)

Persone citate: Bel Danaro, Giacomino Correnti, Giovanni Tenori, Giovanni Tenorlo, Giovanni Teobrio, Ietto, Pero