Lampi nella nebbia: tuoni nel sereno

Lampi nella nebbia: tuoni nel sereno LA LOTTA SUL CARSO Lampi nella nebbia: tuoni nel sereno (Dal nostro inviato FRONTE DEL CARSO. 26 ottobre. I L'altra mattina, nella regione centrale del Carso, in un intermezzo di sereno tra due battute di pioggia, si era sentito il cupo rumoi© caratteristico della bombarda, di questa messaggera d'azioni violente. I grossi e imedii calibri si facevano udire contemporaneamente e pareva che l'incendio di una battaglia fosse, da un momento all'altro, per manifestarsi. Quello che accade in questa guerra « nuovo stile », in cui tutto si. può prevedere, predisporre, calcolare, con un orologio innanzi agli occhi e un apparecchio telefonico alla bocca, lo si intuisce e lo si apprende col puro soccorso dell'udito. Chi abbia, non qualche mese, ma soltanto qualche settimana di pratica, si accorge, dal solo fragore degli scoppi, della fase di battaglia innanzi alla quale si trova: può dire se si tratta del periodo preparatorio, o della vigilia, o del preludio, o dell'azione in pieno corso. Basta aver assuefatto l'orecchio alle voci diverse della formidabile orchestra... Ma l'altra mattina, se dal sordo muggito delle bombarde si fosse voluto pronosticare una battaglia in fioritura, si sarebbe caduti in ,-un inganno. Un veilario di nuvole si ricom,pose sul passeggero squarcio di seneno apparito in fretta e più presto sparito, una cor'iina di caligine si tese novamente fra i due campi italiano e austriaco, le bombarde ! smorzarono o poco a poco la loro voce, tacquero, si riatjquattarono nelle loro tane; e un'altra volta restaron pardoni del Carso e del Vippacco, della Vertojbizza e della piana goriziana i grossi calibri dell'una e 'dell'altra parte, occupati nello scambio dei loro colossali cartelli di sfida, j Anche i grossi calibri, tuttavia, parlano •poco e di mala voglia e senza entusiasmo iquando la pioggia imperversa. Una grande e greve sonnolenza pesa sulla campagna e le bocche ferrate della guerra, che si vedono Ssbucare di tra le grotte, tra il folto dei nascondigli naturali o sotto le coperture artificiali, sembrano spalancarsi in uno sbadiglio. Nei ritagli di bel tempo Le granate arrivano, nel campo nemico e nel nostro, ma gli obbiettivi, invisibili nello spesso grigiore nebbioso, sono raggiunti più idi rado. Gli austriaci, che si sono decisa.mente avviati nel sistema dell'economia, non sprecano i colpi per arrivare là dove gli osservatori non possono fissare le loro lenti, ma approfittano della pioggia per tormentare le retrovie. E' noto che, col tempo cattivo, in certe strade di retrovia molto battute, quando il sole splende, il movimento si accentua. Si coglie l'occasione dell'esser meno in vista per affrettare febbrilmente i trasporti e spostare i contingenti. Allora l'avversario lancia alla cicca le sue granate verso i punti ove suppone che la vita di retrovia si animi maggiormente. E spara, •para.., ma colpisce poco « senza effetti. Tuttavia non bisogna crederà che le eo«te pur (orzate, inevitabili • Irreparabili imposte dal mal tempo nella sona carsica, cori •chiava alle bissatile dell'autunno, abbiano impedito •qualsia»! mossa preparatoria di azioni future. Gli artiglieri italiani hanno imparato a profitta» dot capricci del tempo. Nella giornata di lori sono «tati frequenti gli squarci di sereno o di semi-sereno tra la nuvolaglia, e allora, senza frapporre indugi, He nostre artiglierie hanno .ripreso il metodico costante mm-teiikimento della famosa linea, cosidetta di Costanievica, e delle sussidiarie opere difensive, che le stanno avanti. Dalle 13,30 alle 15, sul Carso centrale e meridionale, mentre un sole Ralligno, dietro le nuvole, metteva sul campo di battaglia un diffuso chiarore anetaUlico, il bombardamento fu vivace. Rammentava in certi momenti le giornate del nove e del dieci ottobre. Assumeva aspetti di principio d'azione. Il nemico rispondeva sopratutto a sud, contro la 144, che fumava sotto la tempesta di ferro, teneva un contegno incerto nel settore di Nova Vas e del Veliki Kri.bak. mostrava maggior calore sulla linea Vippacco-Veirtojbizza e ad oriente di Gorizia, ove in alcuni istanti sembrò che la veemenza del tiro austriaco volesse preludere ad una comparsa, di forze attaccanti sulle falde dii colle San Marco. Tutto però fu limitato a feroci e brevi scambi di granate, intermezzati da pause obbligatorie di silenzio e di pioggia. Nel campo nostro gli effetti non furono gravi. L'abitalo di Gorizia fu specialmente investito dal tiro: nuove ferite s'apersero nelle case già coni tormentate, qualche vittima cadde per via. : Di questo gioco pericoloso di lampi nella nebbia, di tuoni ilei sereno, dovette però eofMrrtaphY «jen«obume«r» il nomi! tfj. speciale al fronte) le appunto nei giorni scorsi, valendosi della tregua relativa, aveva frettolosamente lavorato a costruirsi una nuova linea, dinanzi a quella che alla vigilia ddM'ultima offensiva chiamavamo la « seconda ». Non v'ha dubbio che 'tali ripari di indole provvisoria siano stati assai sconvolti pur nel languido scambio di cannonate di Ieri ejli ieri l'altro Una linea improvvisata Ad ogni modo la linea esiste e deve esser presa in considerazione, se pure la sua esistenza sarà effimera. Sin dal quattordici ottobre, quando Ite ultime faville della fucileria, italiana si spensero alle spalle degli austriaci 'in fuga dalla loro prima linea caduta in nostre mani, il nemico, mentre si piazzava nelle trincee-.della «seconda», e si preparava nella « terza » per una più lunga resistenza, pensava ad avvicinare i suoi avamposti ai nostri, e -scavava per essi, tra il pietrame, in quello che, sul finire della battaglia poteva chiamarsi terreno neutro, un improvvisato ordine di trincee. Le solite precauzioni furono prese perchè noi ci accorgessimo 'ili più tardi possibile della nuova teoria di difese, che silenziosamente sorgeva innanzi al nostro fronte. Il nemico ha un metodo celere per costruire le sue opere. Nello spazio di poche notti esso è capace di creare pur sul terreno minato d'un combattimento una serie di ripari tale da offrire un serio ostacolo all'esercito avanzante. Cosi, con affrettato 'lavorìo notturno, nacque in meno di una settimana una nuova « prima linea » tortuosa., difettosa, qui e là interrotta, ma vicinissima alla nostra, con una distanza minima di dieci metri, massima di cento. Naturalmente non fu possibile tener nascosta agli italiani questa novità. Gli aeroplani d'osservazione recarono subito la notizia ai Comandi dei nostri reparti, e si conobbero tosto il valore, l'estensione e l'importanza dell'ostacolo recente. La linea, che si diparte dalle falde ancor bruciate dalla battaglia, del Veliki Kribak, corre giù tagliando ,i Carso press'a poco da nord a sud, sino alle «cisterne» del Pecinka, passa innanzi agli scheletri delle case di Loquiza, e attraversando il quadrivio della quota 202, arriva a sfiorare la sagoma graziosa del villaggio di Hudi Log, per svoltare poi a sud-ovest, girare sull'orlo di Lukatik, e raggiungere la base di quota 144. Come punto d'appoggio, questa linea ha scelto quanto la natura stessa metteva a sua disposizione; i rottami dell'acquedotto carsico. Oltre ad un fossato assai facilmente mutabile in uno scavo per trincea, l'acquedotto presentava ancora qualche brano di muricciolo sopravvissuto alle cannonate, qualche Imballante spalliera, bucherata. In quésta cavità pHù o meno comoda, più o meno profondai più o meno solida, si sono appiattati gli avamposti avversari, con fucili « mitragliatrici. I nostri fucilieri lo eanno: e lo sanno sopratutto i nostri bombardieri. «Ciò- * sufficiente. Boroevic e i "battaglioni di marcia,, 91 nemico però non ha soltanto provveduto al ripari, nella momentanea sosta; ha rimpolpato anche ì tuoi battaglioni. L'armata del generale Boroevic, che da Trieste, attraverso al formidabile baluardo delI'Hermada, attraverso alle posizioni munitissime dell'altopiano di Comen, sino alle Prime linee di Costanievica e del Veliki, tiene tutto il sistema del Carso e ne ha organizzato le insidie e le difese, è stata fortemente scossa dall'offensiva che ci diede il possesso di Nova-Vas. Si può dire che essa, insieme all'altra armata di Gorizia e dell'alto Isonzo, abbia, segnato per l'esercito austriaco 25 mila uomini fuori di combattimento. Per colmare i vuoti Boroevic ha portato avanti parecchi dei cosici etti « battaglioni di marcia a già pronti nelle retrovie istriane e triestine. Tali «battaglioni di marcia» formati di elementi relativamente freschi, equipaggiati a nuovo, vere mescolanze di elementi giovanissimi delle ultime classi chiamate e di elementi vecchi, delle (più anziane, sono la risorsa su cui principalmente conta l'audace ge merale che ci fronteggia sul Carso. Le in formazioni più recenti dicono clìe, nella armata, di Boroevic. sono state specialmente rinforzate le falangi della zona meridionale da Hudi Log al mare, ove attualmente, fra prime linee e riserve, sessantasei battaglioni sarebbero ammassati. L'altra armata,^ dell'Isonzo o di Gorizia, lia il suo corno più resistente nella pianura del Vippacco. Questa che era, fino a (poco tempo fa meno salda della precedente, ha dovuto aentirrt debole sotto l'impeto dei no. siri favaftl. epeclalmente oul frqìit-e del Vip- pacco, ove la pianura avrebbe potuto permetterci, con ,una violenta spinta, d'incunearcl con fortuna tra il Carso e quel settore, che slìcfc definirsi' « est di Gorizia ». Da ciò il rapido rafforzamento, ,a costo di qualunque sacrificio, sulla linea del fiume stretto, gonfio e tortuoso, che potrebbe diventare, per le lotte che si svolgono .e si svolgeranno sullo sue riviere, altrettanto celebre quanto l'Isonzo. Le informazioni non stabiliscono esattamente il numero dei battaglioni di cui il nemico dispone in quella zona. PaTO certo tuttavia che, come BoToevic rifornì l'armata del Carso coi battaglioni di marcia, il co- mandante dell'armata Vippacco-Gorizia-alto Isonzo, fece giungere truppe dal Trentino, o, T6' da 9uei Pmi\ del Trentino, ove, secondo le previsioni austriache, la no- stra (pressione sarebbe stata meno minac-r ciosa. Pareti da abbattere Riassumendo i nostri calcoli approssimativi, dobbiamo ritenere che nella lotta durissima, a cui ci costringerà l'avanzata oltre l'Isonzo, due più tenaci e più tremende pareti da abbattere incontreremo: una nella pianura vippacchiana, l'altra attorno a Jamiano e a sud di quota- 144, entro i domini paurosi ddll'Hermada e del Medeazza, cioè nella zona del famoso « triangolo di -Duino ». Dalla stessa intensità della -risposta nemica ai « colpi di maglio » italiani melila giornata di ieri, la verità di questa affermazione traspare. Intanto, la notte scorsa fu inargentata di stelle, e questa mattina il sole ha sorriso, sebbene mestamente, sui due campi che stanno di fronte, E' bastato questo* mutamento di cielo per riaccendere, con crescendo vertiginoso, l'orchestra delle artiglierie. Il cannone urlò lungamente per tutta là notte, scosse questa mattina gli echi I del Carso dal Veliki al Nad Bregom, ed ora, benché il tempo-indugi in una incertezza continua, in una alternativa di acquazioni e di sereno, se ne sente ancora il rimbordbo. Ad est di Gorizia, -attorno al San Mai-co, il duello, dopo la furiosa ifase di ieri, \ ha oggi una .ripresa non meno violenta, mentre sul Carso la tonalità del fragore noti è troppo accentuata. Le fanterie tacciono; ma non bisogna credere che mftla settimana trascorsa siano rimaste completamente inoperose. In vari punti del centro carsico} — come ha annunciato il bollettino — vi furono piccoli.balzi in avanti, di sorpresa, ime hanno corretto e migliorato la prima linea nostra. Si trattò più che altro di rettiffche del fronte, che non diedero luogo a combat timenti. Vi erano, sullo scacchiere del Carso, degli spazi neutri, che volta a volta, pattuglie nemiche riempivano, per -lasciar -«ioti successivamente. Pattuglie nostre, colti gli istanti in cui quelle avversarie erano assenti, piombarono nei campi neutri, vi si piazzarono stabilmente, costruendo in fretta le difese, che andarono a collegarsi col resto della linea. Un notevole vantaggio ottenne, tra «rli «Atri, il passo innanzi compiuto verso il quadrivio della quota 202 ad est di Oppacchiasella. Adesso, dalla linea rinforzata e rettificata i fanti, coirli scarponi affondati nel fango aspettano il tempo migliore. GIOVANNI CORVETTO.

Persone citate: Giovanni Corvetto, Nova Vas