L'odissea di Shackleton

L'odissea di Shackleton L'odissea di Shackleton Quali rivelazioni ci recano, dopo àa» ano* Nedi navigazione e di travagli, e quale nuovo strappo all'ignoto hanno dato questi ultimi argonauti dell'Antartico, slr Ernesto Shackleton ed i suol compagni, che scampati quasi per miracolo alle strette del ghiacci polari ora ritornano verso i nostri continenti? li mondo "civilo ha loro da offrire lo spettacolo e la sto ria di due anni di massacri e di guerra, della quale solo il primo capitolo conoscevano avanti di esularsi fuori da ogni società: essi, venuti dai paraggi della desolazione e della notte apportano invece con sè qualche nuova certezza, la soluzione di qualche altro dubbio, di qualche altro mistero intorno all'essere ed alle cose, intorno alla vita ed alla natura, c da cui la .scienza avrà sicuramente profitto ed onore l'umanità. I I risultati scientifici della spedizione fortunosa li conosceremo fra breve, ora non ne sap piamo, per linee generali, che le vicende dramgnatiche, e che per poco non riuscirono tra Biche. Non servissero ad altro, queste imprese audaci, che a mostrarci, che ad illuminare torti tempre d'uomini, esse sarebbero be'.lissi Bae. Noi abbiamo bisogno di vedere all'opera ho energie generose che infranto lo stretto involucro dell'io, per il puro sorriso di un'idea, lottano è vanno ed imprimono la forma della loro attività sul mondo. Noi abbiamo il biso «no di vedere come si sfidi il pericolo, come il pericolo sia bello per sè stesso, e come solo nel cercarlo, nell'andargli incontro, già sia una vittoria. C'è un piacere nella lotta, c'è un fa felino nel rischio. L'umanità primitiva ha vissuto nel pericolo, ed è cimentandosi col pericolo che essa ha evoluito. Si deve dunque trovare anche oggi in taluni uomini una predispo 'eizione naturale ad affrontarlo. Sono gli uomini per cui l'umanità avanza, si eleva, si arricchisce, Spesse volte ci si chiede a quale attrazione obbediscano gli esploratori, che tutto abbandonano della vita per avventurarsi nell'ignoto, fra lo tenebre ed i geli che imprigionano i cardini della terra. Non speranze di velli d'oro possono muoverli, non miraggi di Eldoradi esistono sedurli. Che cosa li alletta e li vince? L'appello del mondo primitivo all'uomo" primitivo che t-ente ancora fermentarsi nelle vene gocciole d'antico sangue, il sangue dei primordiali mi pratori della terra, dei primi uomini che an davano sempre, senza fermarsi, perchè la terra era ancora troppo grande ed essi troppo piccoli per concepire l'idea di possederla. Questo, forse, essi stessi inconsapevoli, li spìnge; questo, e anche quell'amore del rischio pel ri- rmquEnprvocoda6 trsecozaapessii ntirafitone fi15pgrie reescosiGtehrotatefitrbpvdtrisrtolaclavtepvscino per cui i popoli primitivi si facevano del apericolo un giuoco come il giuoco è oggi, per cnvepIland, un simulacro del pericolo. E' il sentimento che era nell'animo di Colombo, di Stanley, e di Scott e cha sarà nell'animo di altri uomini ancora fino a ohe la terra non abbia terminata la sua evoluzione. I bui mari del Polo, e sovratutto dell'Antartico, sono ancora I paraggi del globo che più contengono enimmi a tentare animo simili. mNessun sacrificio par grave a chi ne sente l'ir- Rresistibile lusinga. Quando Scott organizzò la Espedizione della Discouery si vide questo fatto nammirevole: non solo l'eroico capitano ed 'i suoi collaboratori di stato maggiore rinunciarono a qualsiasi retribuzione, ma molti di essi, per provvedere fondi pel viaggio, ipotecarono gran parte dei loro beni. Il luogotenente Oates, mndscche gloriosamente doveva dare poi la sua stessa cVita alla gloriosa avventura, spese, per cooperare all'allestimento della spedizione, la sua intera fortuna. Persino i marinai, rifiutarono pgnl compenso, contentandosi semplicement-., c per pura formalità, di uno scellino al mese. Shackleton eri i suoi compagni non chiesero altro compenso che quello di poter piantare la loro bandiera qualche passo più in là dentro nprnoto. *** La loro oave sj chiamava Endurance, bello e nobile nome che dà. ad un- tempo l'idea di fermezza, di costanza e di resistenza. Ed era un piccolo legno, nel quale pochi viaggiatori avrebbero voluto avventurarsi anche per la breve traversata di un Mediterraneo. Ad esso shackleton aveva affidato la sua, e la vita e le speranze di ventisette compagni. Salparono dal Tamigi un .giorno dell'ottobre del 1914, navigarono verso i tropici, penetrarono nell'emisfero meridionale, Oi quante paure, di quanti arcani feFdsgsfprgerIecucliNpera stato un tempocircondpta questa metà del lmondo ! Altri argofiautj la sgombrarono dalle fole e dal mistero e videro balzare dalle acque, sotto la croce del sud, altri continenti. Fino al quindicesimo secolo — un tempo, come si vede non remoto — fino all'epoca del Principe Enrico di Portogallo, si era convinti che l'emisfero nord'fosse sp'parato dall'emisfero sud da una zona insuperabile, insopportabilmente tor rida, formata di melma viscosa popolata di prsdermostri leggéndarii, come il Kraken, la mano- nera... Ci volle tutta l'energia e tuttala ;cien- 7a persuasiva di questo Principe, giustamente denominato il Principe Navigatore, per decidere ì marmai a varcare questa zona, e sono no'i 1 grandi perigli di Eonez, di Bogador. di Ber- Bardino 'Diaz, di Vasco di Gama, di Magellano e d'altri, i qual^prlmt hanno varcalo l'equa- tore, confusa ogni leggenda e lanciati i primi sguardi su questa ignorata estremità del mon- do, in fondo alla quale si inabissava, ancora inaspettata l'Antartide. Un francese, il capitano l.oziers-<Bouvet fu il primo a comandare una spedizione scientifica verso l'Antartico. Si ere- deva, a quell'epoca, che questo continente seo- noscluto, fosse ricco d'oro e di gemme, e co- perlo di lussuregigianti vegetazioni, il capitano Bouvet scoperse il capo di Circoncisione e di quello comprese che la regione non poteva es- sere, che una regione di ghiaccio e di tempeste, probabilmente disabitata ed inabitabile. Dopo di lui il grande navigatore inglese Conk. nel 1775, compì un viaggio circumpolare del Mare Antartico. Seguirono Biscoc, Weddel, BeUln- gshausen, Ross, Wilkas, Dumont d'Urville e via via fino ai recentissimi. De Gerlache, Charcòt, Amundsen, Scott... Shackleton era stato uno dei compagni di Scott. La grande battaglia data da Scott al caos polare, Shackleton la volle continuare e la continuò. Toccato Buenos Aires, compiuto quivi il suo carico, VEnduran- ce proseguì il suo viaggio verso il sud. La piccola nave, colma fino all'orlo di provvigioni per gli sverni, di carbone, di materiale scienti- fico, con a bordo sessantanove cani "da slitta, con appena stretti rifugi pel suo capitano e per l'equipaggio ben tosto si trovò tra le'bufere del mare australe. Fu nel dicembre del 19U. U 5 gennaio 1915, l'Endurance veniva presa ira banchi di ghiaccio e trascinala alla deriva. La volontà dell'uomo diventava schiava degli eie- menti- Forza di macelline, ammonimenti di «ilota non potevano più nulla. Bisognava an- dare come e dove il ghiaccio voleva. La nqjte palare era scesa. E s'era segregati, isolati dal móndo come su un pianeta morto che mai avesse conosciuto il sole. A quando a quando un'ondata verdastra d'aurora boreale, rompeva le tenebre, ma solo per farne sentire vieppiù la desolazione. I ghiacci percossi da quel fu- gace sventolio di luce, sì animavano di su- bitanei riflessi di rame, di perla, di turchese, ma il bagliore tosto moriva, e, ne^a notte eoa «uwdsvti rwta» panunaltra tnpressio- Ne serbava di quella visione ó"he di essere mchiuao entro un terremoto cristallizzato. Passarono mesi. Nell'agosto, la nave era già quasi sfasciata. Il 27 ottobre la disgraziata Endurance, nella impossibilità di liberarsi, premuta dalla forza Inaudita dei ghiacci sconvolti dall'azione della primavera, si trova' in ondizioni criticissime, n suo scafo, rovinato dagli urti e dagli impeti dei massi gelati, non 6 più che una reliquia di naufragio. E ad un ratto il ghiaccio, quasi scoppiando, in pochi secondi, solleva la nave e la rovescia sul fianco, colpita a morte. L'equipaggio assiste, senza poter far nulla, all'agonia del suo legno n appena riesce a toglierne quo! pogo che può essere salvato, i giorni tragici cominciano e si succedono. Shackleton tenta di traversare ghiacci su slitte tirate dai cani, ma deve rinunciare al tentativo e stabilisce il suo quariere in prossimità dello scheletro dBlVEnHurance. L'il aprile di quest'anno, il ghiaccio finalmente si rompe e gli esploratori si metono' in maro su due canotti. Ma anche i canotti sono fatti prigionieri' da nuovi banchi e vengono trascinati alla deriva verso il sud fino all'isola dell'Elefante, dove giungono il 5 aprile. Gli sventurati viaggiatori mancano pressoché di tutto. Lesola 6 una solitudine gelata, e non c'è speranza di soccorsi, ed altre risorse non si hanno per vettovaglia che foche e pinguini. Allora, Shackleton decide di lasciare nell'isola dell'Elefante, in una caverna da essi scorta ventldne suoi compagni, ed egli con cinque uomini sull'unico canotto rimasto, si dirige a cercare aiuto e soccorso verso la Georgia del sud, cento migTTa lontano. Si mette in viaggio il 24 aprile. Le tempeste non hanno pausa, e mille volte egli ed i suoi corrono il rischio di essere inghiottiti fra le onde o dì essere sfracellati, contro le mobili mon tagno di ghiaccio. Finalmente, si può, prender terra e si è alla Georgia del sud. L'odissea è finita? si è salvi? Non ancora. Shackleton ha trovato, c vero, alla Georgia del sud una baleniera norvegese, o si imbarca su quella per ritornare all'isola dell'Elefante, ma la nave non può superare il formidabile bastione di ghiaccio che sbarra le vie del mare, e dietro quel bastiono i suoi compagni, siiHa loro isola deserta, rlmangbno sempre come murati. Non per questo Shackleton si dà per vinto. A bordo della baleniera, l'esploratore rifa la via verso il nord. Giunge, a traverso diffl colta Infinite, alle isole Falkland e dalle Falkland sì punta a Buenos Aires. Quivi una nave viene messa a sua disposizione ed un nuovo tentativo viene ripetuto. Shackleton riparte per l'Oceano Antartico, ma anche questi nuo vi sforzi riescono vani. Nessuna breccia può stetrriboansockghè fodiuaprirsi nella muraglia di ghiaccio e l'Infati cabile navigatore è costretto a ritornare- Rinuncerà egli ad altra lotta? Nemmeno questa volta. Al suo ritorno, egli trova allestita ed equipaggiata una nuova nave,, più robusta e più solida, e riparte verso l'isola dell'Elefante Il successo corona questo terzo tentativo. La costanza di Shackleton è altrettanto am mtrevole quanto la fermezza dei suoi compa Rni- » quali mai disperarono nella lunga attesa, Essi sapevano che il loro capo sarebbe ritor na'° e con °Km- energia lottarono contro il minacevole destino e lo vinsero. Che cosa era no essi? Un gruppo d'uomini sparuti sbattut dal naufragio fuori del mondo. Miseri Robin son dell'antartide, nemmeno avevano quello che poteva consolare l'esilio di Robinson: un cift!o uIemente sovra U capo, la viva natura feconda dei frutti intorno, e il mare azzurro e purpureo dove l'occhio sognando si appaga. Frammento arido di roccia quasi ghiacci diventato rype, quasi sasso di temba era suolo dove stavano relegati: immutabile cai ghie loro sovrastava» continua procella sferzava. Robinson ascoltava- la musica delle fogli?, e nelle foglie il canto degli uccelli. — parole della foresta. — Essi, null'altro che rombo degli uragani percoteva, il fragore dei ghiacci insieme cozzanti sulle onde tempestose e io stridio dei pinguini.. Nessun segno, neppu re minimo, d'umanità li riallacciava alla vita Il navigatore dei mari artici sa che qualche errabonda tribù di esquimesi può trovarsi accampata qua e là nel deserto bianco; -sa che un nodo di terre lo congiunge coll'America coll'Asia, coll'Europa: che l'Islanda, la Groenlandia, lo Spitzberg, l'Alaska, la Nuova Zemlia il Kamsciatka, punte avanzate verso il Poi Nord hanno navigli che una spedizione pesca può spingere fino a loro: nell'Antartide, l'abbandono è assoluto, la solitudine è pietà. Nessun abitore, come l'esquimese al nord, raminga da isola ad isola, colla sua tenda, col suo kajak, colle sue treccie cacciando e spian do i tuffi delle foche; e dalle terre di Magellano e dal Capo Horn, — desolate sentinelle della desolazione antartica — sono rari i pescatori che s'arrischiano entro i meandri ed i crepacci dei ghiacci australi. I grandi continenti, non rivolgono verso il sud che punte lontane, 'irra¬ pigmfannpcpgPsfuJutpcnsdcnzlnsoalsfaargdslesc giunglbili: l'uncino della Patagonia, le curve del Capo .-di Buona Speranza e dell'Australia. Pare che tutti gli oceani della terra si diano convegno laggiù. Laddove le regioni polari del Nord sono costituite da un mare circondato da terre, quelle del sud non sono che mare. donde non emergono che poche isole. L'Oceano Atlantico, l'Oceano Pacifico, l'Oceano Indiano Vi mescolano le loro acque e le loro tempeste; l'Erebus ed il Terror, i due giganti vulcani gemelli vi diffondono lampi e lave, una catena d'i ghiaccio, ove solo qualche breccia a quando a quando si apre stanno a baluardo. In questi paraggi, serrati dentro questo baluardo erano i compagni di Shackleton. Al di là, remota- mente, il mondo si agitava, guerreggiava, vi- veva e nessuna eco giungeva fino a loro. Un antro nella roccia, una buca nel ghiaccio, poi i fianchi dt una scialuppa rovesciata, furono loro albergo; carne tigliosa di pinguino appe- stata di sentor dj pesce, fu tutto il loro cibo; grasso di foca ammorbante, malamente rò- schiarò di fiamma fumosa le loro veglie. Nulla veniva a rompere il tedio delle eterne giornate d'attesa. 1 giorni si seguivano mono- toni uguali ed anzi, nemmeno erano giorni, ma un solo lungo crepuscolo scialbo. Non li punse inai la nostalgia del cielo è del paese natale? Spesso, di certo, il ricordo delle belle e morbide colline patrie, delle casette chiare a- perte sui giardini o annidate nella . verzura folta, e le voci gaie delle campane rincorren tisi per l'aria le mattine del di di festa, e gli angoli dei focolari domestici coronati di eroe ehi intimi, e i noti romorosl crocivia delle città amiche, e sorrisi di donne e.ì appelli di bimbi, ricordi, visioni irraggiungibili devono aver pre muto con angoscia struggente quegli, animi ma nessuno s'accasciò. Accanto alla carcassa della loro nave inservibile, mai si, sentirono perduti. O almeno sentirono che, perduti essi, doveva pure sopravvivere il loro lavoro, il frutto del loro sacrificio, e continuarono a no taTe. ad osservare, a studiare. Qualcuno avreb be poi ritrovato e raccolto, Forse nessuna regione al mondo come quella antartica offre fanti argomenti alle ricerche dello scienziato. V'ha materia per l'astronomo, pel metereologo. pel geologo, pel bio^tgo iti - campi infiniti. Nel profondo dei mari, serrali fra i ghiacci vivono organismi che interessano in sommo grado il naturalista; nelle partlcote larità delie collanti l'ooeenografo trova eie- - menu V*** m a^emtaaw Ja vita delle acque, nel Angolari fenomeni elettrici e rm' gnetici il Obi co scopre nuove leggi e nuove ragioni alle fòrze che governano la materia del mondo. In nessun angolo «del pianeta come in Questo, ove la natura ha lasciato sussistere i suoi primi abbozzi della vita a cui altrove ha poi dato esecuzione, si può leggere e ricostruire la storia primordiale del nostro globo. 1 primi germi della nostra creazione sono ancora in quel caos. La fede nell'opera loro sostenne la speranza dei compagni di Shackleton. Ora sono scampati a lift loro (prigione di ghiaccio, ora ritornano salvi verso di noi. Ed è bene che il mondo civile, ricordandosi che fortunatamente quaggiù non tutto è guerra, dia a questi argonauti reduci dall'Antartico, un pensiero ed un saluto. ERNESTO RAGAZZONI.