L'attività nemica nei contrattacchi

L'attività nemica nei contrattacchi L'attività nemica nei contrattacchi sul Carso e in Trentino (Dal nostro inviato tpeciale al fronte) ZONA DI GUERRA. 25 settembre. Gli austriaci sono stali coiti — dopo l'ulima nostra vittoriosa offensiva sul Carso — dalla febbre del contrattacco. Hanno capito che i nostri colpi terribili alle loro linee carsiche, pur così poderose e insidiose, non avrebbero avuto tregua: si sarebbero (invece succeduti con un crescendo di intensità e di rapidità. Sconvolta dall'impeto sempre rinnovato dei soldati litaliani, e tuttavia de* cisi a non cedere un palmo di terreno senza contrastarcelo con ogni energia, sono corsi all'unico riparo possìbile: quello "3» renderci — per quanto stava in loro — difficoltosa e lenta la preparazione dei colpi successivi . Come ho chiarito nella corrispondenza precedente, gli austriaci, senza badare al mal tempo, senza curarsi di sacrificare uomini e munizioni, lanciarono, nella notte, contrattacchli, e ordirono trame di sorprese contro quasi tutte le principali posizioni che noi loro avevamo tolto negli ultimi combattimenti. Furono contrattacchli — come dis6i — vivaci ma disordinati, e sopratutto frettolosi, senza un preciso punto di partenza, senza un serio collegamento fra essi. riuscirono forse a disturbarci alquanto nel lavoro di rafforzamento, ma il disturbo non fu nella mir-ura desiderata dai comandanti avversari. Nò, all'infuori di ciò, furono capaci dJi farci indietreggiare di un sol passo dai luoghi conquistati. Nella notte sul 23. La; presa delia quota 208 sud fu come una spina, che noi piantammo nel cuore dell'esercito austriaco del Carso. E si capisce: essa rappresenterebbe, quando fosse caduta la sua gemella settentrionale, l'imminente crollo, o per lo meno l'imminente inutilizzazione di Nova Vas (Villanova), dove gli austrìaci tengono ora un nutrito campo di concentramento; e rappresenta già ora, d'accordo colla centoquarantaquatt.ro, una perenne minaccia contro la settantasette, fi nora imprendibile, e della quale basta uria oochia.ta alla carta per comprenderne la capitale importanza rispetto alle trincee di Duino. Tutto ciò, senza discorrere di Iamiano, la cui posizione dalle nostro recenti imprese è' stata naturalmente scossa. Vi ho descritto l'altra volta il contrattacco fallito del giorno venti, ho detto delle Pittime numerose che il nemico ha sacrificato a quella sua irremovibile ostinatezza di voler riprenderci la quota. Quel contrattacco non era il primo: atlri tre ne erano stati sferrati a partire da poche ore dopo l'occupazione italiana. E non fu nemmeno l'ultimo. Con quella insistenza, che è l'espo nente di tutto un sistema, il nemico ritornò (all'assalto nella notte sul 23, e, respinto, g rinnovò l'assalto all'alba successiva. Era forse la prima notte di calma dopo tninte di tempeste e di pioggia. Si lavorava da paffte nostra oon un vigore straordinario. Bisognava profittane della sosta nelle intemperie per sgombrare dal fango le trincee scavate di fresco, costruirne delle nuove, costruire ripari. L'avversario sembrava tacere. Il paesino di Nova Vas, a nord dell'altura, era avvolto nel buio. Ma all'impnovviso una pioggia di shrapnels investì la nostra linea, e subito dopo riparti di fanterie leggere si arrampicarono sin contro le trincee recenti, e in alcuni punti si apérsero un varco, le sfondarono, vi posero piede. L'attacco era condotto con forze rilevanti e lasciava comprendere dal modo, onde si svolgeva, di mirare ad uno scopo decisivo. Si tentava di strapparci il culmine della quota. Ma nel groviglio boscoso del dorso i nostri si difesero leoninamente. In compenso dei tratti di trincea intaccati, vi. furono altri tratti tenuti con saldezza mirabile. I cadaveri nemici si ammonticchiarono sull'erta della quota, che guardo verso Nova Vas. Tuttavia la situazione, così come si presentava nel momento acuto della lotta, coi nemici in alcuni punti delle trincee, coi! nostri in altri, non poteva durare. E bersaglieri e fantaccini italiani si avventarono con bellissimo impeto alla riconquista. Quei Teparti austriaci, che avevano creduto per un momento di essei* divenuti padroni delle trincee nostre, pagarono cara la loro audacia. Furono schiac ciati. Coloro che non rimasero a terra mitragliati o baionettati, presero la fuga in disastroso disordine. Qualcuno rimase prigioniero. E quota 208, a dispetto degli auetrlolci, rimase ancora nostra. Venne l'alba, tramontarono lo stelle, ma non tramontarono le illusioni di rivincita nell'animo del l'avversario. - Il tentativo .fallito nella notte fu ripreso eotto la luce crepuscolare, e ripreso su più vasta; scalai, poiché venne attaccata contemporaneamente, a nord-est. di Monfalcone la quota 144. C'erga questa, volta l'apparenza d'un attacco generale: artiglieria e fanteria nemiche agirono con grande violenza: furono mandate masse di uomini a morire senzla scopo, sotto i proiettili italiani... Si voleva evidentemente impressionare i nostri soldati, si cercava con un attacco contemporaneo contro i due capisaldi di obbligarci a retrocedere almeno in .un punto- Non si ottenne nulla. Il nemico, 'affranto, in iscacco completo, ooll'e file decimate da perdite gravi, fu obbligato a. ritornare suii suoi passi. I cadaveri austriaci accumulati sulle due quote ricordavano per la loro quantità certi aspetti tragici della coMina di Podgona. Il giorno dop, Cominciata con questa disfatta, la gi nata del 23 segnò tuttavia per il nemico una grande attività di contrattacchi su quasi lutto il fronte: dal Trentino all'Isonzo. .ConfcraMacchi premeditati, preparati nei più minuti .particolari, destinati — nella mente degli ideatori — ad un effetto infini**avmer*te più grande di quello ottenuto in 'WaMà; contrattacchi, che si risolvono in 1J$rnc rarte in tentativi di diversione, e che :ai manifestarono in va'! di Ledro, in vai d'Astico, in vai Sugana, sul Carso. 11 più importante fu quello pronunciato la stessa mattina <tel 23 contro le nostre posizioni della cima di monte Cimone. Non ho bisogno di rammentare a.i lettori la posizione di questa punta arditissima,, che si protende, all'estremila deOll'altipiano di Tonezza, -a guardare nella vai d'Astico, verso Arsiero, che Je si accovaccia ai piedi, a separare coi suoi speroni di roccie l'alta vai d'Astico dalla valle di Rio Freddo. Noi eravamo rimasti appollaiati suUa. cima, avendo di fronte, a pochi metri, il nemico, che distendeva i suoi battaglioni, nascondendoli tra le selve del Tonezza. E in quella situazione rimanemmo sino all'altra mattina, quando, imitando quanto noi già avevamo fatto a col di Lana, in vai Cordevole, e al Castelletto delle Tofane, il nemico tentò, collo scop- E'io di due potenti mine, dopo un terribile ombardamemto notturno, di riafferrare la punta del Cimone. Lo scoppio fu tremendo, e per un largo raggio gli echi delle valli vicine ne riprodussero il' fragore. Le nostre eroiche truppe, che da due mesi stavano aggrappate lassù, dovettero abbandonare le linee avanzate delia» vetta, che le mine avevano ormai reso insostenibili, ma non arretrarono che di un centinaio di metri più in basso, e più a sud, e da questa nuova linea; dove si sono saldamente piantati, possono costituire per coloro che occupano la punta una minaccia perenne. Le nostre artiglierie del resto hanno Tipresa a coprire di ferro la punita del Cimone. In tutte le altre parti del fronte, il giorno 23 gli austriaci, furono respinti completamente. Come nella notte precedente, anche in quella tra il 23 ,ed il 24, sul Carso, le due quote 208 e 144 non furono lasciate in pace. Di nuovo con grande violenza, e com truppe 'rinfrescate, gli austriaci attaccarono le due posizioni tanto a loro care; e di nuovo furono respiriti con perdite gravi. Servirà loro questa ennesima lezione? Intanto, nel pomeriggio della stessa famosa giornata del 23, in cui le mime austriache avevano lavorato sul Cimone, 1 nostri alpini. espugnavano, nella zona tra Avisio e Vanoi-Cismon, a nord-est del Cauriol, a 2456 metri di altezza, la- vetta Gardinial. Gli alpini avevano dato la dovuta risposta ai minatori ■austriaci di monte Cimone. GIOVANNI CORVETTO. i dir.alle di Curia* Il Comunicato COMANDO SUPREMO, 26. In valle Attico, l'efficace inces sante tiro di interdizione delle nostre artiglierie sulla vetta del Cimone, mandò a vuoto ogni tentativo del nemico per occupare stabilmente la posizione e rafforzarla. Alla testata del Vanoi l'artiglieria avversaria continuò ieri nell'intenso bombardamento delle nostre posizioni a nord-est del Cauriol senza riuscire a seno terne la salda resistenza. Nel l'alto Cordevole, i contrattacchi nemici di crescente violenza con tro la posizione da noi conqui stata il giorno 23 verso la cima di monte Sief, furono tutti va lorosamente ributtati dai nostri con gravi perdite per l'avversario. Lungo la rimanente fronte azioni varie delle artiglierie. La nostra provocò esplosioni ed in cendi in Pescoste (valle Corvara torrente Cader); quella nemica lanciò alcune granate sui sobborghi di Gorizia. Velivoli nemici fecero cadere bombe su Crigno e Cismon (Valle Brenta): un morto, qualche ferito. CADORNA. Il Papa avrebbe scritto a Francesco Giuseppe per esortarlo alla pace Roma, 26. notte. Si è parlato di una lettera che sarebbe stata diretta da Benedetto XV a Francesco Giuseppe in occasione del richiamo da Vienna del Nunzio apostolico Scapinelli. L'« Agenzia .Nazionale« riferisce a questo proposito che il Papa avrebbe in tale lettera' adoperato frasi di esortazione e di ammonimento, fra le iquali è stata data come autentica una che dice essere necessario che l'Imperatore pensi alla pace, avendo avuto egli la responsabilità di avere iniziato la guerra, e ciò per salvare l'anima sua ed 11 suo trono. Da tutto l'esame delle impressioni che ,si ricevono in questi giorni nell'ambiente vaticano risulterebbe un orientamento più attivo verso la Francia, la quale, in una alllocuzione pontificia che si afferma sarà molto probabilmente pronunciata nel prossimo Concistoro, sarà ancora definita come la «figlia prediletta della Chiesa ». Che questo discorso debba essere realmente pronunciato non si può garantire, ma vi è chi assicura autorevolmente — conclude In Nota citata — che alla sua preparazione Benedetto XV stia già accudendo enn l'aiuto di mons. Todeschini e di un Car-