Un contrattacco nemico respinto dai nostri sul Carso

Un contrattacco nemico respinto dai nostri sul Carso Un contrattacco nemico respinto dai nostri sul Carso Azioni di artiglierie e bombarde sai basso Isonzo "Isonzo Armee *9 A quanto ci consta, l'Esercito dell'Isonzo, messo in campo dall'Austria a noctt apoco, man mano che la nostra pressione al di qua e al di là del fiume s'andava intensificando, fu dal principio della guerra posto egli ordini del generale Boroevic, che in quattordici mesi di campagna s'acquistò in Austria una considerevole popolarità: il suo nome era ormai diventato per i nostri nemici simbolo della più tenace resistenza: diciamo pure della resistenza più incrollabile. In tutta la guerra l'Austria non ha avuto un fronte più saldo di questo. Era ormai opinione diffusa elio gli italiani non sarebbero più riusciti u sfondarlo. Una tale sicurezza ò ultimamente riuscita esiziale iper i nostri nemici, che, sicuri delle proprie posizioni avanzate, non hanno atteso ai lavori di fortificazione delle seconde linee con quella solerzia alla quale sarebbero stati spinti da una minore e più ragionevole considerazione della prima. Boroevic e d'origine confiniamo: della. Lipa sopra Fiume. Comandante ferreo, egli è, come uomo, dotato di molta astuzia. La notizia recata recentissimamente da alcuni prigionieri che egli, proprio alla vigilia della offensiva italiana, abbia chiesto imi congedo e sia così riuscito a separare la propria responsabilità dagli avvenimenti gravi che son maturati sul vecchio suo fronte merita conferma, ma conoscendo l'uomo, non ci sembra affatto improbabile. Un .prigioniero czeco ha detto : <i Boroevic se ne e andato una settimana avanti l'offensiva italiana, e ci ha lasciati tutti nel fango ». Sarebbero sempre a carico di questo comandante le condizioni piuttosto critiche nelle ouali egli ha lasciato le proprie truppe alfapprossimarsi di uno sforzo nemico che da molti segni poteva giudicarsi importantissimo, e la relativa incuria in cui ha lanciato le linee retrostanti alla prima. Questa colpa deve considerarsi tanto più grave quanto più la fama del comandante si era basata sulle sue attitudini alla ilifenstva, ai lavori di fortificazione, trmcee, caverne, ecc. ecc. Dalla compagna contro l'Italia, Boroevic non emerge certamente come un generale manovriero. Egli fu pei quattordici mesi l'uomo che tien durei:.la sua attività fu legata subito alla conserva 7ir>np della prima linea avanzata, sul Carso, £^nt«PdX rocce a balconata protese sui lenti avvolgimenti del;ftumeiolln _„..-„ E' noto che nei primi giorni della nostra guerra, nel seno del Comando austriaco efano sorti dispareri intorno alla scelta della Sor 1 nea^di difesa. Alcuni erano d%v che'- si dovesse abbandonare a riva destra dei fiume, dove non erano state co strutte opere di una eccessiva solidità, e sistemare la difesa sul Kuk, su Monte Santo, sul S. Gabriele e sulla conca a piptezionè di Doberdò, con un solido appoggio a Duino è all'Herniada. Pare che Boroevic fosse d'avviso contrario: e assumesse, la responsabilità di difendere il Sabotino, e il Podgora, e tutto il San Michette,, .1 yaMone di San Martino, il groppone di Sei Busi, Wrocca di Monfalcone e le tre akurc CqJfch, Debeli e quota 121 che forniamo an ftoio a nord e nord-est di Monfalconc. Bo /roevic, in sostanza, si dichiaro per la diI fesa ad oltranza di tutta la riva sinistra dolil'Isonzo con tutte le sue alture correnti lungo il corso del fiume, più del Sabotino e del Podgora, Più a nord, l'abbandono del Co radia, che eorge sul punto dove l'Isonzo s'inarca attorno al villaggio di Piava, rese possibile aule nostre truppe la formazione di una testa di ponte, che è quella appunto di Piava- testa, di ponte che ha sempre fatto riscontro a quella stabilita dal nemico più a BUd, per difendere la città di Gorizia. Tutti ricordano i memorabili giorni della traversata dell'Isonzo per opera dei nostri soldati, in quell'angolo che fa il fiume fra pareti strette e incassate, con le alture di quota 363 e 383 e con le scabre dirupate pendici del Kuk. , . La nostra occupazione era stata eroica, come fu eroica impresa il reggere per quattordici mesi in quelle posizioni sfavorevolissime, sottoposte alla molteplice furia delle artiglierie, delle mitragliatrici, dei fucili e delle fanterie 'austriache annidate in ogni punto ad altezze superiori alle nostre linee di difesa. La conca di Piava è un vero e proprio imbuto; truce è divenuto l'aspetto dei luoghi dopo tanta devastazione, orribile il sito, una volta boschereccio e ridente, allietato da vigneti e. pomari, nido di preli^ bete cacce. L'esercito dell'Isonzo non avendo potuto vietarci il passaggio del fiume, ci contese sanguinosamente l'ulteriore avanzata sulle groppe sempre più scarne e sempre più tragiche di quota 383 e del Kuk. Poiché i bollettini di Cadorna non fanno accenno nè a Piava, nò a Zagora, nò ad altre posizioni- a quelle legate, .non abbiamo elementi per poter giudicare di quale efficenza sia stata nel facilitare il nostro sfondamento di! fronte la famosa e gloriosa testa di ponte di Piava. E' supponibile — e la supposizione non può essere in questo caso j indiscrezione' — che anche le alture del Kuk siano state in questi giorni sottoposte a un metodico e severo bombardamento, sì per guastare opere nemiche, sì per fare accorrere rincalzi, nell'un caso e nell'altro per provocare perdite. A ogni modo sta di fatto che lo scacco su bìto dalla Isonzo Armee, cioè l'arretramento del suo fronte, ha migliorato la situazione nostra anche a Piava, dove le truppe aggrappate al costone del Kuk orano prese alle spalle dalle batterie incavernate negli antri del Sabotino, monte, come si sa, emergente dalla riva destra del fiume. Caduto il Sabotino in mani nostre, il vallone di Piava hii sentito per forza diminuire la pressione nemica che gli pesava addosso da ovest.. Si può anche dire che la prosa di Gorizia non deve essere stata accompagnata da molte altre operazioni collaterali. Monfalcone alla nostra estrema destra servì ai primi attacchi dimostrativi: contro quelli il nemico addensò subito forze considerevoli e si mostrò pronto a parare il colpo. Ma i veri attacchi contro Gorizia furono sul Sabotino e sul Podgora, frontali; e sul San Michele, al sud. Crollati quoi tra capisaldi, la porta fu sfondata e {'Isonzo Armee perdette il diritto alla conservazione del suo appellativo. A/ desso bisognerebbe denominarla Carso Armee. Non difende più il fiume, ma l'interno M pianoro carsico. Il distintivo di quelle truppe era fino a Ieri un soldato nemico che sporto sui ci glioni, estremi dell'altipiano, faceva atto di schiacciare con una pietra il soldato italiano aggrappato più sotto. Ora il soldato italiano ha lasciato addietro il ciglione e le difese austriache della prima linea, fino a Oppacehiasella e Nova Vas (Villanova). Sii combatte sul pianoro. La situazione è cambiata. **# Mia riepiloghiamo con ordine. E cominciamo col chiarire la "situazione nostra intorno :a Gorizia, vale a dire nel settore più settentrionale. i A 'protezione. della città, in posizione nord e nord-iest, stanno collinette e promontori boscosi d'una notevole altezza. I più noti e familiari al nostro pubblico sono Monte Santo (682), San Gabriele (646) e San Daniele i(5M). Contro queste alture la lotta non può non 'essere aspra. Monte Santo non è certamente fornito di molte, nè di grosse 'artiglierie: ma possono ha- stare alcune batterie di piccolo calibro -e qualche decina di mitragliatrici per rendere lenta e sanguinósa la conquista graduale del monte, sulla <mi vetta biancheggiano gli edifici del Santuario. Dotato più abbondantemente e più potentemente di batterie dovrebbe essere il San Gabriele. Attorno a Gorizia le nostre truppe, inebriate dal successo, lottano vigorosamente, entusiasticamente contro questi colossi. La lotta non potrà esser breve; ma dovrebbe a poco a poco volgersi sempre più favorevole a noi. L'occupazione dell'altura di 'Santa Caterina (307) ai ovest di 'Salcano, è già un passò avanti che abbiamo fatto. Credere che tutte le difese attorno a Gorizia possano crollare come un castello di carta sarebbe una sciocchezza. Col primo impeto dell'avanzata si è arrivati ancor presto fin dove si a potuto. Mia il maggior peso della nostra offensiva è ricaduto nel settore meridionale, sul pianoro carsico: fra il San Michele e Monfalcone abbiamo sfondata la barriera e per la larga breccia aperta siamo subito andati avanti, incalzando con la massima celerità, con il massimo vigore. Lo stesso terreno montagnoso attorno a Gorizia) richiede una più lenta e severa preparazione di mezzi. Non possiamo compromettere lo stesso valore delle nostre splendide fanterie in operazioni che si rivelano naturalmente dure e vogliono la più ampia preparazione ed il più valido aiuto delle grosse 'artiglierie. Queste non fanno che aumentare di numero e non posano -mai. Sul pianoro carsico ogni giorno abbiamo successi da segnalare. Il nostro obbiettivo immediato è su questo terreno lo sfaldamento e la caduta degli ultimi residui della vecchia e intaccatissima linea nemica, composta, come ha scritto il corrispondente di guerra della Stampa, di tre ordini di dife se. I primi due sono caduti Del terzo resistè ancora Quota 77 a est di Monfalcone, Quota 144 a est del Debeli, Quota 208 fra il Lago di Doberdò e Nova Vas, e qualche altro punto di minore importanza. Sufi' altura di Peciuka si deve essere combattuto aspramente l'altro giorno, se il Bollettino annunziava larga cattura di prigionieri e conquista di trincee. L'austriaco è più temibile quando si ferma che quando avanza. Le migliori qualità delle sue truppe sono rimaste le difensive. Si tratta, dunque di corrodere il pili sollecitamente possibile quei residui delle sue vecchie difese ai quali si aggrappa ancora tenacemente più che per altro per proteggere il ripiegamento delle artiglierie, e per sistemare le nuove posizioni di tiro, e per procedere alacremente a lavori di riattamento e consolidamento delle due linee più arretrate delle quali poco o nulla sino ad ora si è detto, ma contro le quali aneleremo ad urtare in un avvenire che ci auguriamo prossimo. L'argomento non è delicato, trattandosi se mai di rivelazioni che toccano il nemico : ma non è facile, perchè solo il Comando può possedere quegli elementi che vengono forniti dagli interrogatori dei prigionieri, dalle esplorazioni aeree, dalle confessioni dei disertori, dai rapporti, quando ce ne sono, degli informatori segreti. Tuttavia è naturale nel pubblico il desi derio di sapere fin d'ora quali possano essere, almeno approssimativamente, le linee della ulteriore resistenza nemica. La prima linea sulla quale l'ex-esorcito delTIsonzo può tentare una resistenza organica è quella cosiddetta **' ' 'anziano di Comen. La decisione di difendere la linea dell'Isonzo fu presa dal Comando austriaco solo nell'aprile del 1915, poco avanti la nostra dichiarazione di guerra. Così si spiegano anche le due voci controverse che correvano allora: le une tendenti a svalutare le difese carsiche, a rappresentarle come deboli o inesistenti, e le altre che diffondevano la notizia di enormi e remoti lavori di difesa; si confondevano le tre linee. In aprile quella dell'Isonzo esisteva appena. Si lavorava invece a quella di Comeu, cioè all'attuale seconda e si era lavorato molto alla terza, quella del Nanos, la più vicina a Trieste, l'ultima. La linea del Nanos fu fortificata dagli austriaci fin dal principio della guerra europea: Partiva da Tolmino — le voci della cui caduta non hanno fondamento se non nella irrequieta e fantastica intemperanza di qualche giornale — partiva, dunque, anzi, parte da Tolmino, segue l'Idria, va a Aidussina, passa per Monte Nanos, Adel3r berg, S. Peter. Il suo scopo è difendere la ferrovia che da Lubiana va a Trieste e Pola. A quel che consta è una linea di salde difese, di opere in cemento, saldamente e comodamente costrutta in tempi anteriori alla nostra guerra. Resta a supere se in seguito il Comando austriaco ha continuato nei lavori, oppure se questi sono rimasti a mezzo. Noi crediamo che per un pezzo l'Austria non abbia creduto opportuno rafforzarci e finire questa terza ed ultima sua barriera di sbarramento a una avanzata nostra su Lubiana e su Trieste. Siamo altrettanto sicuri che i lavori fervono ora. Si disse perfino che .su questa linea l'Austria aveva cominciato a porre i cannoni tolti da vecchie navi in disarmo. Il Comunicato 17 agosto 1918. basso Isonzo le azioni di Sul fronte del continuarono ieri artiglierie e di bombarde contro le linee avversarie. Sul Carso fu anche respinto un contrattacco nemico. Prendemmo un centinaio di prigionieri dei quali quattro ufficiali. Nella zona di Tolmino le nostre artiglierie bersagliarono ieri la stazione di Santa Lucia, ove erano segnalati movimenti di treni. Nell'alto Cordevole e sull'alto' piano di Tonezza violenta azione delle artiglierie nemiche efficacemente controbattute dalle nostre. Una nostra squadriglia di "Voisin,, bombardò la stazione di Reifenberg, sulla linea Gorizia-Trieste, con risultati efficacissimi. I velivoli ritornarono incolumi. Idrovolanti nemici nella passata notte lanciarono bombe su Venezia e sulla laguna di Grado. Nessuna vittima e qualche danno. CADORNA. I telegrammi dello Czar e di re Vittorio Roma, 17, sera. In occasione della presa di Gorziia, S. M. l'Imperatore di Bussia ha diretto a S. M. il Be d'Italia il seguente telegramma: « Ti prego di ricevere le mie vive felicitazioni, nonché quelle degli eserciti russi, per i brillanti successi riportati dalle lue intrepide truppe sul nemico, è per la presa della piazzaforte di Gorizia. Formulando calorosi voti per la continuazione della vostra gloriosa marcia, ti prego di credere ai miei sentimenti di inalterabile amicizia ». S. M. il Re d'Italia ha risposto a S. M. l'Imperatore di Russia col seguente telegramma : ce Ti sono profondamente riconoscente per le espressioni che hai voluto rivolgermi in occasione della presa di Gorizia. Le truppe italiane saranno fierissime delle felicitazioni dei tuoi valorosi eserciti che marciano di successo iH sticcesso contro il comune nemico. Formulo di tutto cuore con te i nùei più sinceri voti per nuove e prossime vittorie. Ti rinnovo l'espressione della mia immutabile amicizia ». 11 servizio religioso di Gorizia noma. 17, notte. Il servizio religioso della città di Gorizia è stato così regolato con decreto del commissario civile, comm. Sestelli: La città di Gorizia rimane, per lai cura delle anime, divisa m due reggenze. La prima zona comprende il territorio delle anUche parrocchie di Sant'Ignazio e dei Santi Vito e Modesto, ed ha sede natia chiesa di Sant'Ignazio, in piazza Grande, eci è retta dal rev. don Giuseppe Duch. La seconda zona, che comprende il territorio dell'ar tlea parrocchia della cattedrale di San Rocco, ha sede provvisoriamente nella cappella óell'Imniacolata. in via del Teatro, ed è retta dal reverendo don Carlo Arambelli. I suddetti reggenti, ciascuno per il territorio sopra indica to, sono incaricati dello Stato civile e a ciascuno di essi dovranno essere fatte le denun zie delle nascite c dei morti- E' più che probabile che quelle artiglierie siano state in seguito portate più a-i vanti, e precisamente abbiano servito a munire Duino. Oltre questa linea del Nanos, gli austriaci ne hanno cominciata unai seconda, quella appunto del Comen. La .linea di resistenza del Comen da Schonpass passa per ?c Porte di Ferro e attraverso l'altipiano omonimo va a finire a Santa Croce.'j presso Trieste. Pare che i lavori su questa linea non siano stati molti durante la guerra. Sarebbe una delle colpe che addebitano a Boroevic, e che ricade, a ogni modo, su tutto il Comando austriaco. E' dubbio se vi siano quei ricoveri numerosi e profondi che hanno fatto per quattordici mesi la fortuna delta linea dell'Isonzo. Sappiamo invece che la linea del Nanos ha molti ricoveri e profonde gallerie. La linea del Comen presenta su quella dell'Isonzo alcuni vantaggi non trascuìtobili per il nemico : la maggior vicinanza dello ferrovie, la maggior facilità quindi degli approvigionamenti. Per resistere sulla prima gli austriaci devono risòlvere con lavori non lievi il difficile problema dell'acqua. Ora è probabile che il nemico febbrilmente lavori a costruire trincee provvisorio avtanti alla linea di resistenza! del Comen. Così si spiega, come dicemmo, l'accanimento con cui difende gli UiXtimi tratti rimastigli delle sue prime difese, e la nervosità dei suoi contrattacchi parziali, con cui non riesce tuttavia a fare indietreggiare di un passo le nostre valorose truppe. "L'altopiano di Doberdò è nn cimitero nazionale dell'Ungheria,, (Servino speciale della Stampa). Londra. 16, ore 13,22 (ritardata^. 11 corrispondente ungherese delia Morning Post, scrivendo da Budapest in data 8, dice che quei critici militari si mostravano sconcertati dall'offensiva italiana sull'Isonzo non meno che le Autorità militari, le quali si aspettavano tutto fuorché quello che avvenne. Si credeva che gli italiani pel momento non fossero più in grado di attaccare, 'e che, in caso diverso, avrebbero attaccato nel Trentino mai sull'Isonzo le cui difese 'venivano considerate inespugnabili ancora alla vigilia del guado dell'Isonzo davanti -a Gorizia. Al tempo stesso chi possedeva qualche conoscenza della situazione reale, trepidava fortemente e il corrispondente dal canto suo prosegue : « E' noto nel paese che 11 nostro fronte sulle Alpi e sull'Isonzo, a paragone di quello che teniamo In 'Russia è praticamente indifeso e che tutte le truppe disponibili ne furono trasferite ai Carpazi qualche settimana addietro. 'Secondo voci che corrono, l'arciduca Giuseppe e l'arciduca Eugenio, insieme col generale Conrad, avevano garantito di poter tenere la linea sul • fronte italiano con forze molto diminuite come l'avevano tenuta per quindici mesi. Queste garanzie furono trovate sufficienti e le truppe (secondo alcuni tante truppe da rappresentare oltre quindici divisioni) vennero traslocate al fronte russo. Questo, è un segreto del Comando ma tutti lo conoscono giacche informazioni al riguardo sono trapelate da lettere di soldati. In queste circostanze non stupisce la considerevole ansietà che esiste sulla sicurezza delle truppe che guarniscono il nostro fronte verso l'Italia. Garanzie di Arciduchi non compensano l'assenza di quindici divisioni. « Gli ultimi ragguagli giunti a Budapest segnalano che gli italiani non hanno mai attaccato con tanto slancio e in numero così grande come ora, e che la loro artiglieria è divenuta molto niù efficiente che non durante l'offensiva anteriore ». Il corrispondente quindi nota come la -fiducia accennasse a svanire tra gli ungheresi bene informati. Le trepidazioni si facevano strada sulla futura resistenza del fronte contro l'Italia e si principiava a perder -la fede non solo nei comandanti in quel teatro ma nelle stesse truppe. Queste, secondo il corrispondente, erano bensì di ottima qualità, quasi tutti soldati ungheresi d! primo ordine, ma erano state strapazzate in modo indicibile, usate ed. abusate senza ombra di riguardi fino all'esaurimento. « Le nostre truppe colà, le migliori 'della monarchia. — prosegue egli, — hanno sopportato travagli maggiori che ogni altra unità in tutta la guerra, perfino maggiori delle fatiche e dei sacrifici che le truppe italiane dirimpetto seppero sopportare, giacche gli italiani non dovettero soffrile ed arrahbatUuvi nella misura in cui furono costretti gli ungheresi sopra le alture dominanti l'Isonzo nel 'loro tentativo di rendere inespugnabili quelle posizioni per poterle difendere colle minori forze possibili contro un vasto numero di avversari ». Egli ha nuindi delle frasi patetiche quando accenna all'altopiano di Doberdò che «è divenuto una snecie di cimitero nazionale dell'Ungheria ». E trova frasi roven'i cnt'-o gli Arciduchi e i generali che condussero il flore del sangue ungherese a questi .sbaragli con garanzie folli* che il paese sconterà con tanto sangue. M. P. "Guerra di alpinisti e di giovani!,, Londra, 17, mattino. Il Times prosegue le pubblicazioni degli interessanti articoli di lord Northcliffe. « L'esercito italiano — dice lo scrittore — è bene equipaggiato, allenato ed organizzato ccnu gli altri eserciti alleati. L'Italia si lancia ìulla guerra terrestre con lo stesso impeto dell'impero britannico. Essa ha incontrato ul principio delle difficoltà analoghe a qufclle che dovette superare l'Inghilterra. A tali difficoltà si aggiungono quelle provenienti dalla siiuazione geografica. La guerra di montagna richiede combattimenii di guerriglia. Il generale Cadorna attesta la sua profonda riconoscenza agli eroi che soccombettero durame le strane e micidiali lotte tra i precipizi e le valanghe. In tali regioni la guerra si fa in condizioni così pericolose come nelle Fiandre e nella Somme. Gli italiani danno la caccia agli austriaci palmo a palmo, li respingono fino alle cime delle montagne, scavalcano le roccie quasi verticali delle Dolomiti- " E' una guerra di alpinisti, una guerra di giovani ». L'organizzazione dell'Intendenza italiana e mirabile; essa fornisce ogni giorno ai soldati un nutrimento sostanziale e svariato, acqua, combustibile, ecc. Essa provvede ri bisogni dei posti suscettibili di rimanere Isa ari per parechei giorni, settimane e mesi dulie nevi. Al contrario i prigionieri austriaci /recentemente fatti sulle m m agne, si trovano in uno stato pietoso; le loro condizioni sono molto inferiori a quelle del prigionU-ii. latti a Gorizia. I nuovi prigionieri sono mal vestiti e mài nutriti. Avendo i soldati ItaUani fraternamente condiviso con essi il loro rancio, i pii;donieri hanno dichiarato che non avevano mal mangiato nulla di così sostanziale da sei mesi. Il soldato italiano sul fronte manifesta pazienza, slancio e generosità. Egli ha .piena fede nella causa degli alleati; si interessa di ciò i he avviene su tutti i fronti ed ammira le "est dell'esercito britannico. *^i'aWi##* p frjy&i é S fi yxffl^P*/Mw9M fu I fva» 'SdraTiSsimJf^ „.„.... Tu Pianino ™^W»S_ 5Po/óv\„ Km: