Le porte d'Italia

Le porte d'Italia Le porte d'Italia (Dal noe»t.ro inviato speciale al fronte) VICENZA, luglio. a a e o III. Grandiosi erano da parte del nemico i preparativi, condotti con quella ordinata lentezza e cura meticolosa che sono nel suo carattere e che richiedeva la natura montuosa dei luoghi, la stagione in molti punti ancora invernale, la non eccessiva ramificazione ferroviaria, pur compensata da circa mille chilometri di eccellenti strade carrozzabili. Prima, tuttavia di parlare di questa preparazione immediata è opportuno dire qualche cosa di un'altra, dal nemico operata lungo il fronte del Trentino, anteriormente al periodo che stiamo illustrando, e della quale poco si è parlato in Italia. Dopo qualche mese di guerra europea il Comando austriaco, che da decenni aveva rivolto i suoi studi alle fortificazioni sul fronte vicentino, costruendole e sistemandole organicamente, tornò su quel problema della difensiva e dell'offensiva locale, per applicare alla già salda e potente linea di sbarramento le- migliorie e trasformazioni che le nuove esperienzie della guerra rendevano opportune e necessarie. Credo fosse il collega De Mori, il valente commentatore della nostra guerra sul fronte Trentino, il primo fra tutti noi a segnalare i mutamenti difensivi nella linea delle fortificazioni austriache sugli altipiani di Folgaria e Lavarono; linea trasformata da ordinanza a forti corazzati, com'era in tempo di pace, a ordinamento a fronte corazzata, cioè « in una vera muraglia che unisce i varii forti». — C.'sì egli scriveva fin dalla metà d'aprile: « 11 formili dabile schieramento dei forti austriaci su« gli altipiani di Folgaria e di Lavarone du«rante l'inverno fu ancor più lalforzata «e addirittura trasformato. Prima, si trattava di un sistema di forti isola" ; ora « i singoli forti sono stati l'uno all altro colli legati da una, due e anche tre linee, di « trinceroni, blindati e corazzati, in modo « da non lasciare più alcun varco aperto. « Il sistema che ne risulta e quello che, ui «termine militare, si chiama.la fronte co« razzata. Perciò dietro al Ghello, al Fili nonchio, al Dose del Sommo, al Plaut, «al Sommo Alto, all'Ortesmo, al Duredr, «al Cherle, al Belvedere, al Campo di Lu«serna. al Basso», all'Ober Wiesen, al «Wlati, al Busa di Velie, alla. Cima di «Verle, al forte di Tenna, al Col delle Beline ed all Panarota, dietro, insomma, a «tutta questa serie di formidabili opere «che sbarrano tutti i quaranta chilometri «di fronte dall'Adige al Brenta, gli Au« striaci si potevano tener sicuri di animasti sare uomini e materiali quanti loro oc« correvano per loro i piani offensivi ». Una tale sollecitudine del nemico nel rimettere a. nuovo difese modernissime e già potentissime, è istruttiva. Essa insegna che gli Austriaci, pur potendo confidare in posizjonj naturalmente forti, non hanno mai dimenticato che la guerra, che è arte e scienza insieme, può sempre superare e vincere gii ostacoli della natura: e perciò, bisogna applicare l'arte e la scienza della difesa anche alle posizioni, o, per meglio dire, sopratutto alle posizioni naturalmente fortissime. Tanto migliori erano per natura le posizioni austriache nel Trentino, tanto più il nemico le migliorava tecnicamente. Ogni suo punito di difesa riusciva pertanto costituito dalla somma di due perfezioni: quella naturale, fornita dal luogo; quella tecnica, fornita dalla scienza e dall'arte militare. E ila scienza essendo tutta un mutamento e un seguito di sempre nuove esperienze, si capisce la necessità di tenere ali corrente le più recenti fortificazioni. «Per iniziativa e volere dell'arciduca e« reditario Francesco Ferdinando — scris« se in luglio il De Mori — lo Stato Magli giore austriaco aveva fatto costruire, dal «Chiese fin oltre il Brenta, una prima li«nea di sbarramento, comprendente «ven« tiquattro forti principali », più un certo « numero di fortini e di batterie fortificate; « una seconda linea di oltre « venti forti « principali», che forma corona attorno a «Trento; più i forti del Tonale, dello Stelli vio, del Passo di Rolle, ecc., ecc. La pri «ma linea di sbatTamento aveva sotto più « aspetti carattere offensivo, perchè co. « strutta in modo da servire di base di o « perazionie ad un esercito austriaco inca« ricato di invadere il Lombardo-Veneto, «Per conferire maggior carattere offensivo «a questa linea furono costrutte in imme « diata vicinanza del confine italiano strati de eminentemente strategiche. La più «importante di queste strade è quella del «Broccon, collegante Castel del Tesin alla « Valle di Primiero, terminata nel 1P08 «splendida strada lunga 45 chilometri, lar«ga 6 metri, che deve essere costata da 6 « ad 8 milioni di corone. Già nei prim«mesi del grande conflitto europeo si conti statò che i forti, i grandi bersagli fissi«non costituiscono più difficoltà insormon«tabili agli eserciti invasori, e che i camp«trincerati e gli stessi trinceramenti co« reticolati rispondono meglio ai bisogn«della guerra moderna. Inoltre si è verifi« cato che l'influenza esercitata dalle ferii rovie è ' ancor più grande di quella che « generalmente si ammetteva e che non « sempre la loro deflcenza poteva essere «compensata da un largo impiego di auto« carri e automobili. Perciò lo Stato Magli giore austriaco già « nell'autunno de«1914». fece costruire i campi trincerati d«Biaena, Coni Zugna, Pasubio, Bondone«Panarotta, nonché innumerevoli trincee« E contemporaneamene fece i preparativ«necessari per la rapida costruzione di al« cune ferrovie strategiche. I lavori sono « stati spinti con tanta rapidità, che, se« condo notizie giunte recentemente, gli au« sriaci disporrebbero attualmente (luglio « 1916) di una linea collegante Trento con « Innsbruck, senza passare dal Brennero« nè da Bolzano ». Altre interessanti informazioni dava il «Corriere Vicentino» a , , i a e i l n e r o a a a a a o a l o ; i a lù . , o aù l a 8 r6 mi n, ni oi ni fire n e ogel di e, e. vi lo euo n o, r- questo proposito: che, cioè, il .tronco ferroviario Bolzano-Merano era stato prolunga-, to fino a Glozenza, poi da Glozenza per. Passo di Roseno a Landeck, «dimodoché l'Austria poti'à far circolare i suoi treni oltre che per la linea del Brennero, ancha per la linea di Valle Venosta. Qualora quindi le truppe italiane avessero a penetrare fino a Franzenfeste, dove si congiun-; gono le linee della Drava-e del Brennero.) e a distruggere quel nodo ferroviario, agli' Austriaci rimarrebbe pur sempre aperta, una linea di comunicazione con Bolzarto.j cioè la nuova ferrovia a scartamento normale. Gli Austriaoi hanno anche previsto! il perieolo di una calata di truppe italia.-*' ne dalla Valle di Fiemme ad Egna, a mez-j za strada fra Bolzano e Trento, e hanno costrutta una nuova ferrovia Merano-Lana! di Passo-Palade-Senale-Fondo-Sanzeno, che> si collega alla ferrovia stradale Trento-Mezzo Lombardo-Malo in Val di Sole». La guerra moderna è tutta preparazione, tutta calcoli, tutta lavori. E come si vede la. sue vicende sono intieramente legate alla condizioni della produzione industriale di un paese, alle energie dei suoi elementi tecnici, alle opere immense che debbono facilitare i' trasporti delle masse e dei materiali, cioè ai servizi logistici. Ci siamo diffusi su quest'argomento dellaj lunga e complessa attività del nemico sul fronte dol quale trattiamo, per accennare al fatto che gli austriaci, ben lontani dal sentirsi appagati dallo stato delle recentissima difeset per mesi e mesi le migliorarono fi» quasi a rimetterle a nuovo. Potrebbe forsa affermarsi che la stessa attività nelle opere difensive che esplicò sull'Isonzo, il nemico dimostrò sul fronte del Trentino, che già prima, della guerra europea era considerato in Italia come esempio insuperato e insuperabile ner grandiosità e perfezione e insor* montabile da qualunque esercito. Gli storici militari potranno dopo la guerra illustrare con abbondanza di esempi questa affermazione: qui basti averla messa innanzi. «'"* Anche da parte nostra si fecero molU,vari e bei lavori, e anche potenti; ai quali impiegammo per mesi e mesi migliaia a migliaia di operai e di soldati. Non so na poteva parlare allora per non fornire^ utili indicazioni al nemico, ma chi visitava il fronte aveva frequenti occasioni di ammit» rare le nuove opere. Erano tronchi di strada1 arditamente scavato nella roccia, svolgentesi por chilometri e chilometri tra le fen reste di aibeti e di larici, a grandi altezze,, dove l'inverno scendeva a temperature rigH dissime; erano sentieri e mulattiiiere trasformate in solide e larghe massicciate, per dove transitavano i più gravi traini, comodamente; erano arterie di rifornimento o di raccordo rese necessarie dall'avanzata della truppe, dalia conquista di nuove cime e dal possesso di valli laterali che bisognava far comunicare luna con l'altra; erano nuova vie d'accesso ai forti, nuovo comunicazioni coperte, svolgentisi al riparo dei tiri del-» l'artiglieria nemica, mentre alcune delle vecchie strade erano abbandonate o non potevano essere utilizzate che nella oscurità della notte. In l'atto di lavori ferroviari non abbondammo certo. Avevamo del resto una rete ferroviaria all'infuori di ogni tiro nemico, da Vicenza a Thiene, - Schio, a Rocchetto e fino ad Asiago, cioè al centro dell'altipiano e alle sue falde. Sulle antiche a recenti rotabili si fece dei camions sempre più largo uso, man mano che i bisogni dellal difesa lo richiedevano e man mano che lai florida industria nazionale 11 veniva co*, struendo. Utilizzammo in più punti le forti pendenze montano, le pareti precipiti dei monti e dei picchi con le teleferiche, i cui carrelli in pochi minuti e senza fatica d'uomini superano dislivelli enormi. J Naturalmente il numero di queste macchine, come dei camions, come delle trattrici,: come delle perforatrici non poteva non essere in relazione strettissima con la capa-l cita di produzione industriale del paese. Ili numero cresceva con il trascorrere dei mesi.; Ma le ordinazioni erano una cosa e spesso; le consegne erano un'altra. E il fronte dell'Isonzo era il più esigènte e per cosi dire, U più egoista di tutti, che richiedeva da solo1 una quantità grande di uomini, di mate* riali e di armi. | Ripetiamo: la nostra è una guerra industriale, e tanti quintali di ilio di ferro hanno i soldati da poter stendere innanzi a sè,l quantf*ne producono le fabbriche, e non uno di più. Che se il materiale si importa, si gira la difficoltà, non la si toglie di mezzoJ Molto s'era lavorato ai ricoveri, si dallà| truppe, si dagli operai. Mi torna a mente ifi settore alto di Asiago, dove erano centinaial e centinaia di capanne sarde, in pietra, al cono, belle a vedere quanto adatte; e barac-j camenti di legno per i soldati, riparati dalla! piogge e dal freddo. I Poi, naturalmente, s'era lavorato alle trinJ eoe, ai camminamenti, al ripari, ai rico-i veri, e a tutte le necessarie opere di siste-| inazione delle artiglierie, possibilmente ini caverne; ih una parola, alle vere e propria! difese; che noi, entrando in guerra, dovem-j mo — a differenza dell'Austria — improvvisar quasi tutte; e che non potemmo apJ poggiare nè collegare à opere deWa mola dei forti avversari che avevamo di fronte.. Una tale primitiva, organica, sostanziata! inferiorità del nostro fronte verso il fronte nemico era ineliminabile. Era l'esponente, era uno dei segni materiali della nostra precedente inferiorità politica e militare. Negl^ anni avanti la guerra l'Austria dall'altra parte aveva sempre fcttito il comodo suo:i stradejVferrovie, fortificazioni principali a secondarie, quello che voleva il suo Stato Maggiore, che aveva disegni precisi -« poteri assoluti. Da parte nostra una carrareccia che volessimo rassodare presso il confine, un sentiero da capre che volessimo sostituire con una rotabile, dieci chilometri' df iiràda che avrebbero congiunto duo paesèlli dell'altipiano, potevano essere considerai! una a pTovocazion9.: L'Austria lavorava

Persone citate: Busa, Coni Zugna, De Mori, Francesco Ferdinando, Rolle