La Germania nega ogni carattere ufficialeai provvedimenti contro gli operai italiani

La Germania nega ogni carattere ufficialeai provvedimenti contro gli operai italiani La Germania nega ogni carattere ufficialeai provvedimenti contro gli operai italiani l-i o. oonfutazlone Italiana Roma, 18, sera. L'Agenzia Wolff, commentando le informazioni dell'Affenzta Stefani sul trattamento fatto agli italiani dalla Germania, e la dichiarazione del Giornale d'Italia, il quale afferma che ciò viola la Convenzione tra i due Governi, dice: <c Apprendiamo da fonte competente che le notizie della Stefani sono inesatte, non essendo state emanate né in Germania, nè nel Belgio disposizioni ufficiali a danno del diritto privato italiano. Se le Banche tedesche non pagano più, per ora, f crediti italiani, esse non fanno altro che rispondere cosi al modo di procedere di tutte le Banche italiane da nn anno verso i loro clienti tedeschi. Se poi Consorzi professionali tedeschi non pagano le rendite agli italiani, agiscono essi pure secondo l'esempio degli Uffici italiani, i quali, da lungo tempo, sono soliti a ricusare i pagamenti ai tedeschi, e specialmente hanno rifiutato qualsiasi pagamento per i piroscafi tedeschi requisiti, con violazione del trattato di commercio italo-tedesco. Il giornale ufficioso, affermando che l'Italia si attenne al noto accordo concluso con la Germania sulla reciproca guarentigia del diritto privato, svisa assolutamente i fatti. In realtà il Governo italiano ha saputo eludere l'accordo, nonostante le continue rimostranze, dapprima con istruzioni alla censura postale ed altre simili misure; infine rup pe apertamente la Convenzione con le ordinanze del 30 aprile 1916, contenenti il divieto dei pagamenti. Al reclamo fatto dal Governò tedesco, il Governo italiano ha risposto che non si riteneva più vincolalo all'accordo di cui sopra. Dato ciò, il Governo tedesco non ha avuto più motivo di impedire ulteriormente le contromisure già da tempo stimate opportune dalle Banche e dai Consorzi professionali, le quali misure, del resto, sono fatti puramente privali. Dopo caduto l'accordo, non si può neppure obiettare alcun che se, per ragioni militari ,è slato vietato temporaneamente agli italiani di partire ». Le argomentazioni contenute nel- comunicato dell'Agenzia Wolff non recano grande sorpresa: esse rispecchiano quei metodi che da un anno ha tenuto il Governo germanico miei riguardi dell'Italia. Non è il oaso di fermarsi su quanto l'Agenzia Wolff obietta ai ragionamento di un giornale che essa considera erroneamente come «ufficioso» riguardo alla contraddi zi me tra le misure ora prese in Germania e l'accordo del 21 maggio 1915,- visto che il giornale stesso rettificò il giorno appresso la sua affermazione informando che quell'accordo era stato da tempo denunciato. Il comunicato Wolff afferma non essere state emanate in Germania disposizioni ufficiali a danno del diritto privato italiano. Evidentemente ai vuol giuocare sulla locuzione « disposizioni ufficiali » riferendosi a determinate formalità di' amministrazione. £' questo un modo subdolo di argomentare, poiché l'espressa volontà del Governo imperiale risulta a sufficienza dal testo della stessa circolare dellVunione delle Banche e dei banchieri di Berlino, laddove, nell'invitsure tutti i suoi corrispondenti a non pagane i crediti italiani, dice di farlo «per espresso desiderio del dipartimento degli Affari Esteri » (aug ausdrùcklichen Wunsch dea Auswaertigen Amts). E' pure inesatta la affermazione che tutte le Banche italiane, da un anno, si rifiutano di pagare i ariediti tedeschi, quasi volendosi'., inoltre, attribuire un tale preteso atteggiamento a responsabilità dei regio governo. Sta in realtà, .per contro, che non esiste fin qui in Italia alcun prowedirniento che vieti i pagamenti a tedeschi per parte' di Banche o di privati italiani, e questa è stata la costante risposta che il Governo italiano ha seinpre dato a qualunque domanda direttagli in proposito da qualsiasi istituto o debitore. Quanto alla requisizione di navi mercantili tedesche nei porti italiani, essa ebbe luogo sulla base dell'accordo 21 tiraggio 1915. Il detto accordo disponeva che per quei piroscafi si sarebbero seguite le norme della convenzione dell'Aja, 'la quale permette la requisizione mediante indennità. La Convenzione non stabilisce tassativamente l'epoca del pagamento dell'indennità, ma non esclude che venga rimandata alla fine della guerra, visto che ammette anche la restituzione in natura della nave e della merce, senza indennità, alla fine della guerra stessa. U comunicato germanico dichiara inoltre che svisa assolutamente i fatti chi afferma che l'Italia si sia attenuta al noto accordo concluso con la Germania sulla reciproca guarentigia del diritto privato. Vero è per contro che l'Italia vi si «attenne lealmente, che la Germania lo violò sistematicamente. Ciò risulta, oltreché da molti fatti specifici, anche dalla corrispondenza diplomatica avuta in proposito col Governo svizzero per mezzo del quale il Governo italiano inoltrò ripetuti reclami dei metodici intralci e opposizioni all'uscita di numerosi operai cittadini italiani dalla Germania e dai territori occupati. Di fronte a tale intollerabile stato di cose, rimaste vane le ripetute rimostranze, ili Governo italiano fu costretto a denunciare l'accordo pur senza procedere poi ad alcun atto speciale che fosse in contrasto colle sue disposizioni. Il comunicato «Wolff» prosegue tentando dimostrare che il Governo italiano seppe eludere il suddetto accordo con istruzioni alla censura postale. In proposito giova ricordare che il R. Governo, nei riguardi della censura, si è limitato ad impedire il corso delle corrispondenze relative agli interessi commerciali germanici, ciò che era una naturale inevitabile conseguenza del divieto dei traffici italo-tedeeohi. Viene Inoltre affermato ohe 3 Governo Mattano ruppe apertamente la ccn convenzione coll'ordinanza del 30 aprile, contenente il divieto dei pagamenti e che al reclamo del Governo tedesco il Governo italiano rispose che non si riteneva più vincolato dall'accordo stesso. Queste affermazioni mancano di basi. In primo luogo il nostro decreto 30 aprile non contiene divieto di pagamenti, tanto è vero che nella stessa recente circolare dell'unione delle Banche e banchieri di Berlino si riconosce che in Italia non esiste una tale disposiziono fino a ohe l'Italia non1 abbia emanato un tale provvedimento. Il decreto 30 aprile si limitava a proibire, così come ha recentemente fatto anche la Spagna, l'invio nel regno di 'itoli e valori salvo l'adempimento di determinate condizioni. Si tratta quindi di disposizioni Interessanti il regime dei cambi cioè di materia di ordine lutto diverso. In secondo luogo, la denunzia dell'accor do 21 maggio 1916 non ebbe affatto luogo in seguito al reclamo del Governo imperiale per li suddetto- decreto del 30 aprile. Essa, come è detto sopra, ebbe luogo in seguito all'ingiusto e vessatorio trattamento inflitto agli italiani rimasti in Germania' e nei territori occupati e ciò dopo lunga corrispondenza pel tramite del Governo svizzero « dopo ripetuti nostri reclami, che rimasero vani od ottennero solo risposte evasive e dilatorie. La conclusione del comunicato Wolff conferma l'intenzione di cavillare sulle parole e sulla apparenza dei fatti. Non si tratta pel Governo germanico di impedire ulteriormente contromisure; si tratta di fatti privati. La verità è che, secondo risulta esplicitamente dalle parole sopra riportate della citata circolare, le recenti disposizioni ai danno degli italiani e dei loro interessi fu rtfno senz'altro promosse dal Governo imperiale. Dopo una tale serie di argomentazioni, che non reggono al più superficiale esame che sta fondato nella realtà, il comunicato Wolff termina con la seguente singolare considerazione, che si riferisce, evidentemente ai divieti di von Bissing nel Belgio « dopo caduto l'accordo non si può neppure obiettare alcunché se, per ragioni miEtari, è stato vietato temporaneamente agli italiani di partire ». A ciò si risponde con l'unica obbiezione che è contenuta nel giudizio, che ha fatto universalmente l'opinione pubblica d'Italia; cioè le misure adottate dal Governo germanico costituiscono esse un atto evidentemente chiaro di ostilità. (Stefani) aCommenti romani Roma, 18. notte, Il Giornale d'Italia così commenta la rispo sta del Governo italiaino al comunicato dell'Agenzia Wolff: a La risposta che il Governo italiano dà al Governo tedesco è limpida e si commenta da se. La esposizione serena dei precedenti dimostra luminosamente che gli atti ostili compiuti dalla Germania contro il nostro .Paese non sono in alcun modo giustificati e costituiscono pertanto gratuite provocazioni, le quali non possono rimanere senza adeguata risposta. Alla esposizione dei precedenti, fatta dal Governo italiano, per diino strare la piena correttezza del proprio operata si potrebbero aggiungere molte altre cose sovratutito la descrizione del trattameato fatto in Italia ai sudditi germanici, trattamento che una grandissima parte dell'opinione pubblica ha giudicato eccessivamente riguardoso e talvolta persino pericoloso per gli stessi interessi dello Sitato. L'Italia si è dimostrata cavalleresca, longanime, generosa, come sempre, ma la Germania ìfsponde a questa linea di condotta con veri e propri atti di ostilità. Questa è la situazione. E ora pensa il popolo italiano che sarebbe contrario alla propria dignità e ai propri interessi lasciar passale questa intollerabile prepotenza e ingiustificabile provoca zione e tanto più lo penserà dopo aver leWo il lucido comunicato del Governo italiano in risposta al sofistico comunicato del Governo te desco. Esso è una chiara dimostrazione che il torto è tutto dalla parte della Germania. L'Italia non può tollerare sopraffazioni e offese da chicchessia. L'Italia ha tenuto, durante tutta la crisi scatenata dagli Imperi centrali, una condotta che la storta giudicherà indubbiamente onesta, diritta,, legittima. Tutto quanto ha fatto o non ha fatto il nostro Paese, è stato dettato da un senso di squisita probità politica Altri Stati si sarebbero dimostrati nelle nostre stesse condizioni assai meno scrupolosi e cor; retti. (Ma la longanimità ha un limite e noi pensiamo — conclude il Giornale d'Italia — che si debba far sentire all'altezzosa Gei-mania che le stolte provocazioni riceveranno adegusta risposta ». L'Italie, dopo aver constatato che il comunicato Stefani smentisce completamente le asserzioni del Wolff Bureau e che perciò si tratta di veri atti ostili compiuti Dalla Germania scrive: « Come sempre, la Germania ha attacrato bri'talmente senza una elvara ragione Come sempre, la malafede germanica gi'-c»amen'e indiana l'opinione pubblica. La Wolff cerca di fare pass-ire l'atto g°rmanico per tir» atto di rappresaglia, probabilmente al fine di evitare le rannresaslie che l'Italia prepara e di cui troppo tardi, senza dubbio, il Governo tedesco sta net- riconoscere 11 danno. Ma dopo aver ancora una viltà chiaramente provato che In Germania è stata la ^rima a prendere l'iniziativa delle ostilità, l'Italia, forte d"l sentimento del"opinione pubblica, *'he ha seguito gli avveramenti, non si farti indietro dinanzi a quelk' nr-ure che ella considera r-rniai come la sola risposta alle provocazioni tedesche »

Persone citate: Wolff