Come i nostri volarono su Pèrgine

Come i nostri volarono su Pèrgine Come i nostri volarono su Pèrgine (Dal nostro inviato speciali© ai front*) Dal Fronte, 22 giugno. Sùbito oltre la siepe che fiancheggia la strada è il campo. Una rete metallica si diparte dalla garetta di legno, dinanzi alla quale passeggia il territoriale di sentinella, e corre lungo il fosso per qualche centinaio di metri. E' il limite che- separa la strada, folgorata dal mezzogiorno, accecante di riverberi e di polvere, dalla calma verdura del prato, che una cortina di pioppi orla là in [ondo. La macchia di un cascinale seniivelafo dagli alberi vone nella verde solitudine una nota episodica di vita agreste. L'occhio vago non cerca altri segni, non vede ivi la guerra. La grande arteria stradale batte come un polso sotto il sole. Maschere bianche di uomini, che sembrano inchiodati nel legno dei carri, o fusi nel metallo strepitoso dei convogli, trascorrono rapidi nell'incendio dell'aria, gli uni dietro gli altri, in una corsa senza fine. Sul campo è il. silenzio e la quiete-, la minuta foresta degli steli, il pascolo succoso e dolce. Un arnese lampeggia là in m'zzo-. come mia falciatrice nuova, immobile, dimenticata fra l'erba. Se la pupilla scruta, scopre un velivolo, altri ne scorge qua e là, disseminati, e più lontano le casette di legno e gli hangars. E' una cosa tutta scoperta, e pare un'insidia-, dall'alto, forse, rende l'illusione di un villaggio, di un aggruppamento di povere case. E' uno dei nostri areodremù di battaglia, dei più nascosti e dei meglio armati. Cosi è tutta la guerra moderna-, strepitosa, violenta e segreta; nascosta sotto la terra, velata sopra la terra, erompente dalle caverne e dalle grotte, ruggente per entro i. boschi, insidiosa e fallace. Nella.'immensità dei nuovi campi di battaglia ogni uomo ed.ogni arnese cerca un rifugio, uno schermo; perfino le macchine che portano la guerra nel cielo e hanno gli occhi del l'aquila per cercare e fissare il nemico. »*• L'altro giorno, alla stessa ora, feriieva nel campo ben altro movimento! Era uno spettacolo nuora, al quale nessuno aveva mai assistilo. Si rompeva per la prima volta una abitudine che in tutti i campi d'ai'iasione ha la continuità di una legge. Si preparava una partenza poco dopo il mezzogiorno. Poiché come gli uccelli anche gli apparecchi di volo hanno le loro consuetudini e le loro ore. Non si vola mai nelle ore meridiane, ma si esce verso l'alba e si riprende verso il tramonto. Non si naviga mai sotto il sole che strapiomba. Nel mezzo della giornata l'aviatore dorme; è il tempo della sua. notte, più profonda, che gli allarmi non. turbano. Tutti i campi d'aviazione riposano; ■■ corsi di pilotaggio hanno la sosta obbli gala. Gli apparecchi lasciati sull'erba vi restano immobili, come gigantesche libellule prese dal sonno. Solo qualche meccanico lavora intorno a un apparecchio guasto, nell'interno degli hangars. Il rido del meriggio e troppo pieno di insidie. Si rompeva dunque quel giorno per la prima volta una costante abitudine, si spingevano fuori dagli hangars le macchine che non avevano volato il mattino, alle quali si era concesso deliberatamente un più lungo riposo. E i piloti e gli osservatori, nella calma soffocante dell'ora, si andavano coprendo di lane e di pellicce, infilavano i guantoni di pelle, si mascheravano il viso. Dieci apparecchi attendevano lì presso, i cassoni ricolmi di essenza, i motori oleosi, che già facevano ronzare le eliche negli ultimi giri di prova. Venti uòmini stavano per partire, s'insediavano nei seggiolini, disponevano le carte, davano gli ultimi ordini, attendevano il segnale della partenza in bianco. Si disponevano a uno di quei grandi raids che la guerra da tempo ha resi frequenti presso altri eserciti, e nei quali noi stiamo diventando maestri, da qualche mese. Come al tempo delle migrazioni gli storni di uccelli si raccolgono dai più lontani punti e. proseguono a masse profonde, così fanno _ . , .... - riri-a<ttan-e mlcnni oli amatori o ''™ nme circostante solenni, gii aviatori. a a i è , o o . i i a e o o aù rnà l i l o o Non. sempre volano a uno a uno, non sempre un gruppo s'alza solo, ma i gruppi più lontani si danno convegno in un punto, a mezzo il cammino, o alla meta, e assolto insieme il compito comune si ributtano sulla via del ritorno a squadre, a falangi, per direzioni 'diverse. Sorprendono e assaltano il. nemico da p'ù itarti ; mobilitano a un tempo con tanti allarmi, tulle le sue forze, le scompigliano, spesso le paralizzano con la rapidità e simultaneità dell'azione. Le squadriglie dell'aria hanno i loro porli, dai quali guizzano, come la flottiglia leggiera del mare. Ci sono convegni nell'aria a cuole di Ire o quattromila metri come si danno sulle acque profonde. Si va rapidameme verso immense battaglie del ciclo, nelle quali combattono centinaia di uomini sospesi fra la vita e la morte, centinaia di'apparecchi e di armi, che vomitano il fuoco dalle altezze del fulmine. E' una parte della guerra già fantasticata dai romanzieri. Oqni giorno la realtà si espande nei vecchi domini della fantasia. •««. Lo stormo spiccò il volo per prendere quota. Sul campo passavano rombi di cannonale, la forza di più di mille cavalli sirepitava nell'aria. E mentre i dieci apparecchi volteggiando si sollevavano, il telefono tzcfPsacvqvaagpvlrglagi/pscldpsduilgslìvedrufcomunicava ad altri gruppi lontani la no- ù a o r o e a i i e o a e a i e o tizia della partenza, e ne riceveva l'annunzio che altri ventiquattro partivano-, tre colonne contemporaneamente si andavano formando. Prendere quota era di somma difficoltà. Pareva che il peso dei Farman sfondasse lo strato dell'aria. Sotto ì mille metri i motori ansava7io faticosamente, una specie di fiacchezza teneva le larghe ali; ogni tanto i velivoli ripiombavano di venti, di trenta, di cinquanta metri; pareva stramazzassero nel vuoto improvviso di cavità enormi. Piloti avvezzi alle più ardite navigazioni, rotti alle violente tempeste provavano il senso an. goscioso di un galleggiamento instabile sopra un elemento mal fido, che ogni poco veniva a mancare. Tuttavia, raggiunti i millecinquecento metri,, la squadriglia si trovò riunita a brevissime distanze, e una fumata gialla, partita dall'apparecchio di comando, lanci:) l'ordine di mettersi sulla rotta. I dieci apparecchi si. disposero in fila indiana, e si gettarono in. direzione dell'altipiano. A quella i/uota, piuttosto alta, i remours non davano più noia, il volo cominciava ad essere calmo. Nell'atmosfera di cristallo apparve agli os. servatori il panorama della pianura di Vicenza, la città che lontanava alle spalle i lucidi striscioni dell'Astico e del. Brenta ai due lati, e il primo balzo dell'altipiano chi pareva venire incontro ai volatori. Ben pre stofurono sul terreno conteso-, a sinistra si disegnava la linea del Novegno, erta come una barriera indarno vigilata dal Pria Fora in mano al nemico. La seghettatura dei colletti di velo pareva la cresta di una muraglia precipite sulle case di Arziero-, in fonde sull'orlo del magnifico bosco la macchia so litaria della Montanina si cercava invano -, si ìnlravvederano al. suo posto le rovine-Aella villa incendiata, distrutta, con gli ornamenti e gli arredi così ricchi d'arte, di gentilezza e di memorie-, la casa del Poeta, che nessuno rivedrà più, tornata in poca cenere come una creatura umana. A Bocchette il nodo ferroviario delle quattro linee di Thiene c di Arsiero, di Schio e dì. Asiago, un ganglio paralizzato dal fuoco nemico. Dopo Cogoiio le ire righe nere della cremagliera, e la strada di Conca, tutta a risvolti sulla verde groppa dell'altipiano. Lì cominciarono le prime cannonate, dalle pendici del Cengia, dal vecchio Corbin, dalle boscaglie sopra Rotzo, dalle forre dell'Asso. Una batteria tirava dai pressi di Asiago, nascosta fra le macerie del. paese rovesciate in mezzo alle strade. Era un tumulto di scariche, un tiro metodico, preciso, che prendeva di mira gli apparecchi a uno a uno, chiudendoli in tante corone di scoppi, poi prendendoli in mezzo a specie di calotte. Tutto attorn oal volo Vana fioriva di spume come lo specchio di un mare taglialo e percosso dalla corsa di una silurante veloce. Aproteggere j nostri vennero più oltre le nubi su tutto il secondo gradone dell'altipiano, olire la conca di Asiago, a occidente della Val d'Assa, sopra il Luserna, il Vesze na. il Cortule e Cima Dodici, e più a destra in direzione' del Brenta, stagnava nel cielo una di quelle tempeste cupe e silenziose, «he spaurano l'occhio. Si navigava veramente sui gorghi bigi delle nubi, su vortici candidi di spume, su abissi oscuri, su spaccature orride, si penetrava in canàlotti umidi, in forre aeree, si cozzava contro pareti nere, si passava dalla luce ripercossa e abbagliante all'oscurità di una giornata d'inverno, soffocata di velami pesanti, chiusa da spesse cortine. Nulla era più fantastico di quel panorama instabile, senza linee, di forme inde finibili, di una materia caotica, cui pareva covasse un mondo primordiale, pieno di fumi, di polvere, di ricomposizioni incerte, di smisurati sfaceli. I piccoli episodi del suolo remoto apparivano di tratto in tratto, per una spaccatura dei nuvoloni, che dava il senso dell'altezza, e quasi la misura della elevazione. S'era ormai sopra ì duemila metri, ma le cime che s'incontravano andando erano sempre più alte e più vicine. Nei brevi interstizi chiari, le cannonate s'infiltravano numerose, furibonde, inseguivano gli apparecchi fin dentro le nuvole. Gli osservatori che avevano le bombe sulle ginocchia, destinate al campo' di Pergine. lungo la rotta si sporgevano ad osservare. Era il campo nemico, il. vaslo covo della offensiva, con le sue risorse immense di materiali e di uomini, con gli agglomerarnenti di munizioni, di carri, di autocarri, di treni Si vedevano per le strade bianche le scie polverulente del traffico. Ai lati delle strade, sui campi si distendevano vasti quadrati, campi di conccntramento di truppe, di magazzini. Già s'erano oltrepassali i triangoli dèlie fortificazioni dell'altipiano di Lavorone, quello del Luserna, il rn.ur.chio di macerie polverulente del Basson circondalo da "quattro siepi di reticolali, composta ognuna di sette ordini di fili. E dietro l'altipiano il Becco di Filadonna, tra Folgaria e Val del Fersina. Si prende quota anche più alta, si è ai 3000 metri. Già sulla conca dei laghi di Caldonazzo e di Levico s'intravvede il lontano campo di Pergine. Levico è tutta ricolma di parchi, segnata di tanti quadratini allineati, piccjiìeltata di tende. La città è al comando dì una rete stradale, la stazione a sud, la rotabile che mena a S. Giuliano, quella per fondo valle per Borgo, Primobano, seguita dalla ferrovia. Olire Levico si passa sul fortino Tenna, le cui batterie tacciono, e si arriva sullo sco¬ dugzvftacqndItCdhstndzlacacneinsndcvtccccdaacgpmd-ilo di San Cristoforo, poche case, una tenda a i o r l a o i o e a i e , , della Croce Bosso, e il fascio dei binari. XtH. una piccola stazione, un tempo; ora i lavori- ■ grandiosi ne hanno trasformata limporian- ' za. Ben cinque treni vi fanno scalo mentri' volano i nostri. C'è un formicolio di genia fra i binari: gli apparecchi fotografici scattano, gli operatori lanciano fascctH di frec ce d'acciaio. Ecco Pergine a nord, e si prosegue per qualche chilometro fin sopra il campo, a nord-ovest del paese, lungo la strada che dal fondo della Val Fersina risale a Trento* Il campo appare nitidamente, alla profondità di oltre tremila metri, poco distante da Ciré. Era una volta un piccolo campo. A destra della rotabile non si conlavano più di cinque hangars. A poco a poco si allungò lungo lo stesso margine della strada, poi si videro tende e hangars anche sull'altro, fino al numero di ventisette. Sulla spianata si vede nitidamente il grande segnale dell'atterramento, il T convenzionale. Giungeva appena la squadriglia, e da due lati dell'orizzonte apparivano, puntuali, gli altri « Farman » e i « Caproni ». Venirano* come frecce gli uni, più lenti e maestosi gli altri, carichi di esplosivo. Ma allo stesso tempo si videro salire velocissimi, incontrò ai nostri, gli apparecchi nemici. •% Erano pochi, cinque : la mostra sorpresa era stata cosi rapida, il nostro arrivo così inatteso in quell'ora, che il campo nemico non era riuscito a mobilitarsi. Già le nostre bombe prendevano di mira la palazzU na del comando e gli.hanQarsr paralizzarti do ogni azione degli aviatori nemici. Quelli che cercavano di prendere quota non potevano nutrire nessuna, speranza. 1 nostri trentaquattro apparecchi dominanavano iB cielo, volteggiavano alti e tranquilli, searU cando il loro mortifero peso. Ma come un Fokker saliva impetuoso^ contro quello si concentrò il nostro fuoco a colpi di mitragliatrici e di moschetti, landa di frecce dall'alto. Era un crepitio generale, al quale s'aggiunsero i tiri degli apparecchi antiaerei, che seminavano nuvolette. • Man. che e giallicce, venate di rosso. Una batta' glia aerea si ingaggiava, della durata di pochi minuti, centinaia di colpii esplòdevano mentre sul campo scoppiavano le bombii enormi, che fanno l'effetto di un proiettile da U9, e sconvolgono il terreno, poi boati lugubri, con furia dirompente. Si oedèvanf: fra gli hangars le prime fiamme di un in* cendio. Sul campo, un piccolo apparecchia era scomparso. Il Fokker fu visto abbai* sarsi rapidamente, ondeggiando su un'ala^ Altri due biplani feriti cercavano tara, da*, vano l'impressione di una caduta mal fre< nata. Gli altri due non riuscivano ad avvu cinarsi, si perdevano in lunghi giri, sfuggivano lo scontro ; e i nostri quando ebbero il segnale convenuto ripresero la via del ri* torrìo, in mezzo agli shrapnell^. I tiri erano cosi precisi, che centinaia dì ' colpi scoppiavano intorno agli apparecchi^ le pallottole passavano le ali, le bucherella, vano. Tre nostri aviatori furono colpiti, un tenente osservatore al piede, un mitraglie* re alla testa, ma nessuno gravemente; e unterzo anche più leggero. Io credo si possa parlare di queste gloriose ferite dei com,1 battenti dell'aria come si parla di tolette dei combattenti per terra. Bendiamo dlcorJj po degli aviatori tutti gli onori; è bene si\ sappia quello che fanno e quello che soffro-, no, le ansie e il sangue della loro vita di guerra. Anche wer guesfo ho voluto narrare come i nostri volarono su Pergine. E molte più cose ho dovuto tazere chi dire, perchè questi voli di rappresiglia,* som np pieni di frutto, riportano ai comandi <wn mense, informazioni sullo stato del nemico, sul campo nemico. Questo è uno dei maggiori voti the si, siano fatti sul terreno della offensiva, dei più ricchi di risultati, tutti trasmessi al co» mando. Dalle nuove tcstimoniamze risulta che la guerra proseguirà su questo tratto del fron* te senza rallentamenti c senza soste. Non vn uomo, non un cannone il nemico ha di. , strallo. E al di là dei margini che tentano, l'estensione della sua offensiva, fervono la* vori enormi di fortificazione, linee di trùu cee, di reticolati, piazzamenti di balleriet riserve di uomini, ecc., ecc. Cosi che quel che scrissi nel mio ultimo articolo ha nuo* va irrefutabile conferma. LUIGI AMBROSINI. j

Persone citate: Assa, Basson, Conca, Farman, Levico, Pria