La resistenza sull'altipiano di Asiago

La resistenza sull'altipiano di Asiago La resistenza sull'altipiano di Asiago (Dal nostro invialo svccialc al fronte) Zona degli Altipiani, giugno L'altopiano di Asiago, il verde incantevole regno di deliziosi pascoli, di ridenti giardini e di fresche villeggiature, è diventato in questi giorni un gran campo di battaglia, disseminato di cadaveri che nessuno raccoglie perchè nessuno osa avventurarsi sotto il fuoco incessante delle artiglierie, coperto, nei punti ove esistevano i più graziosi villaggi, di macerie fumanti. Qua e là nascono, divampano, muoiono incendi colossali, visibili a grande distanza, che stampano strisele rosse nel cielo, e durano intere notti e intere giornate: sono poveri cascinali o ville eleganti, chiese o edifici d'alberghi montani che ardono cosi. E per la gran pianura ondulata, alta- mille metri sul livello del mare, cinta all'intorno da scoscendimene e dirupi che strapiombano verso il Veneto nostro, non si muove anima viva: solo qualche rarissima mucca sperduta cerca nutrimento nelle praterie, solo qualche cane randagio vagola in cerca degli uomini che non trova. E in alto, al di sopra di questo pauroso paesaggio di battaglia, passano e si incrociano granate e granate. Gli austriaci le lanciano dalle posizioni che si sono improvvisate all'orlo nord dell'altipiano, noi le ribattiamo dallo nostre salde difese dell'orlo sud. tra l'alta Val d'Astico o la Val iKrenzesa- E le granate scofK piano sui prati smaltati di fiori, feriscono paesini deserti, malghe abbandonate di pastori. Perchè nessun drappello di fanteria si avventura colà, nel centro dell'altipiano, percosso contemporaneamente dalle due opposte artiglierie. Le batterie del Cimitero Uopo gli insistenti urti dei primi giorni dell'offensiva, quando gli austriaci marciavano ridendo, convinti di arrivare In poche ore a Vicenza, e in altre poche ore a Venezia, un ordine sembra sia venuto dal Comandante supremo della colonna attaccante ad arrestare le inutili incursioni di fanterie contro la muraglia invincibile che le nostre truppe colà operanti sempre opponevano. Dal nostro primo ripiegamento il nemico aveva forse creduto clic noi lasciassimo libera e sgombra la via fiorita recante alla pianura. Il generale comandante la zona degli altipiani, con una di quelle decisiontyche possono avere eccezionale importanza per le sorti della battaglia, stabili di portarsi con le sue truppe all'orlo sud dell'altipiano. E fu un bene, perdio il compito di trattenere il nemico senza lasciaigll fare più un passo innanzi, fu in questo modo perfettamente raggiunto. Le masse di fanterie lanciate agli assalti con furia crescente si abballeremo le une bulle altre scacciate, sconvolte, distrutte, dal tiro celere delle nostre batterie; e i paesini dell'altipiano, che già gli austriaci, ubbriachi d'entusiasmo avevano occupato, dovettero essere sgombrati m frclta e furia, poiché sotto gli scoppi delle nostre granate non un solo uomo rimaneva in piedi. Il caso di Asiago informi. Dopo i combattimenti furibondi che alla ripresa, dell'offensiva sconvolsero l'altipiano, il nemico credette di poter occupare il paese. Le parole « Asiago è nostra » erano comparse sugli ordmi del giorno austriaci; ma l'entusiasmo aveva fatto troppo presto a scoppiare. Il nemico mandò nel paese pattuglie d'avanguardia prima, gualche battaglione di rinforzo poi e qualche batteria protepgitrice. infine. Ma immediatamente una pioggia di proiettili italiani lo obbligò a riflettere, ed infine a ritornarsene più indietro- Naturalmente dello truppe, che avevano occupato Asiago, ritornarono soltanto uuelle- che non erano soggiaciute al nostro tiro flagellatore. Allora, per non far rapire a noi che aveva dovuto rinunciare ai suoi progetti, o allontanarsi da Asiago, il nemico piazzò alcune batterie di medio calibro nel cimitero accanto al paese e di lì prese di mira con insistenza alcune nostre posizioni avanzate. Dapprima il giuoco riuscì perchè non riuscivamo a individuare quelle batterie; ma un giorno — l'altro giorno — un nostro ufficiale superiore d'artiglieria corse dal generale e K" disse : « So dove sono piazzate le batterie nemiche: al cimitero di Asiago». «Bisogna distruggerle» rispose il generale, e allora tranquillamente fu ordinata la controffensiva ai nostri pezzi. I primi colpi andarono bene, ì secondi meglio, i terzi benissimo. Le batterie nemiche tennero duro; risposero con accanimento- Si accese un duello d'artiglierie emozionante, terribile, in cui migliaia di proiettili furono sparati. Ci furono da parte nostra atti d'eroismo superbi. Ufflcialetti d'artiglieria da poco promossi, presero il posto dei soldati messi fuori di combattimento, e spararono, spararono sino al parossismo. Un bel momento il fuoco nemico tacque. Le « batterie del cimitero », come le chiamavano i nostri soldati, si erano persuase che era meglio non sparare più. Cosi in Asiago e nei paesi vicini, nel centro insomma dell'altipiano, non si può parlare di conquista austriaca, né di abbandono definitivo nostro. Sono paesi neutri, ove soltanto ì proiettili possono spadroneggiare danzando la loro tragica ridda. Una linea che non si spezza Ciò nondimeno il nemico insiste col mandare nelle notti più oscure le sue pattuglie colà. Sono sempre formate, queste pattugliedi uomini votati alla morte. Partono in centoritornano in dieci. Ma, bisogna riconoscerlosono audaci! Quando il cannane italiano non li sorprende all'inizio della loro perlustrazione, essi continuano ad avanzare sin verso le nostre prime Uoee, e azzardano piccoli attacchi, colla persuasione di essere ammazzati I Twà prigionieri. E infoia in questi giani pdf sttMcbi fi uvmtìtatA» «TOUc«Kno i nostri difensori — alpini e fantaccini molti combattimenti parziali finiti sempre con vantaggio nostro. E' una linea, quella che noi ora teniamo sull'altipiano, è uria linea salda, formata di uomini, di fucili, di cannoni allacciati tutti in una catena che non certe, dominati tutti da una stessa sacra parola d'ordine, che è un comando e una preghiera. « Resistere a ogni costo »• Questa è ia linea contro la quale gli austriaci cozzano invano. Brigate di fanteria e battaglioni alpini già temprati alla guerra, già baciati altrove dalla vittoria, consapevoli dell'ansia e del fervore con cui tutto il Vicentino e poi tutto il Veneto e poi tutta l'Italia guarda ad essi, stanno là col fucile spianato, ad aspettare gli urti quotidiani degli attaccanti; e ne falciano le file senza pietà. Gli attacchi delle pattuglie d'avanguardia austriache sì svolgono però specialmente alle due estremità orientale e occidentale dell'altipiano. I soldati, di cui sono composte questa pattuglie, sono in maggioranza slavi e boemi, gente che dal principio della guèrra è sotto le armi, provata al fuocoalle fatiche, alle peripezie, alle privazioni, disposta — se non riesce a farsi far prigioniera — a finirla con quella vita che è una marcia verso la fine, una lenta agonia. Ne ho vistparecchi di costoro mentre venivano condotttra i carabinieri alla sede del Comando ove mi trovavo. Erano laceri e stanchi e sopratutto sudicima ancora giovani, dagli induriti visi barbuti di provetti soldati. Avevano sulla parte posteriore del berretto grigio una pezzuola biancaE' il sistema questo per far riconoscere agli osservatori d'artiglieria le pattuglie d'avanguardia c indicare così ove si debba dirigere il tiro. I prigionieri narrarono che, dopo le pattuglie, arrivano sempre i più grossi reparti, battaglioni, reggimenti, i quali attendono in una posizione più arretrata. Se nessun uomo delle pattuglie ritorna, ■ i reggimenti ritornano alle loro sedi. La distruzione delle pattuglie significa che la via è chiusa e glitaliani sono attenti e pronti a domare l'attacco. Se invece una parte almeno degli esploratori torna e le informazioni sono buone, l'attacco si pronuncia col solito tremendo preludio delle artiglierie. Ad ogni modo un fatto nuovo 6 da notarsi sull'aUTpiario dAsiago, ed è questo che i grossi calibri non sono ancora stati adoperati. Forse le colonne austriache, le quali piovvero giù dalla linea Portale e dalla Bocca di Portule, aprendosi colà il varco verso l'altipiano agognato, non erano munitche in minima parte dj quei colossali cannoni, rruàli altrove hanno dato al nemico il vantaggio. Che i combattimenti parziali e glscontri d'avanguardie di questi giorni sull'atopiano non debbano condurre a una nuovPiù grandiosa azione austriaca non si può dire. Certo ò che la loro vigilanza è continuche «li slessi ufficiali austriaci, cosa sinad oggi quasi mai accaduta, nelle perlustrazioni, fanno parte delle pattuglie. Alle trincee di Va] Frenzesa, dove la pressione nemica è altrettanto insistente quanto sono valorosi nostri alpini che le tengono, fu trovato l'altra mattina aggrappato ai reticolati il cadavere di un ufficiale austriaco, che evidentemente nella notte si era avanzato per spiarsin là. Le nostre mitragliatrici lo avevanfulminato insieme agli uomini che aveva preso come scorta. Sono stati molti in questgiorni, nei combattimenti d'avanguardia, casi di austriaci arresisi senza sparare. Tali reparli, che sono meno accesi d'odicontro di noi, sono composti in gran partdi elementi dalmati. In uno degli ultimi scontri, un caperai maggiore dalmata si avanzòcon una pattuglia di cinque soldati pure 'dal mati, sin contro i nostri reticolati, tenendil fucile a bilanc-arm. Non fu sparato dai no stri contro la pattuglia, che fu fatta prigio niera. Appena presentatosi ai nostri ufficialiil oaporal maggiore, spiegandosi in italianodichiarò che lui e i suoi uomini aspettavansoltanto il momento di poter passare nel campo italiano e manifestare la loro amicizia penoi. Si dice che gli austriaci, vedendo guastati loro piani dalla nostra resistenza alle ali ingrossano sempre più le loro file cercando dì premere al centro e di moltiplicare gli atacchi contro il Cengio e il Belmonte, dovferve ora, mentre scrivo, violentissima la bataglia. G. CORVETTO.

Persone citate: Belmonte, Bocca