La meta del nemico

La meta del nemico La meta del nemico Le nostre posizioni di sbarramento sulle conche di Arsiero e di Asiago Vicenza, sera. Giuseppe De Mori, direttore del Corriere Vicentino, che conio i lettori ormai sanno è un conoscitore specialista della nostra zona delle Alni trentine, segue con particolare attenzione 10 svolgersi degli avvenimenti al nostro confine. Vi trasmetto questo sue- note esplicative degli ultimi bollettini, pubblicate nel suo giornale: « Come nel Bollettino del 23 moggio « tra barda e Adige sono stati segnalati ammassamenti di truppe nemiche nella zona di Riva », cosi oggi ■( intensi movimenti del nemico » sono segnalati sulle alture settentrionali dplla Val diLedro, Cima d'Oro, Monte Pari e la Rocchetta, e nello stesso campo trincerato di Riva. Bisogna tener presenti questi accenni dei comunicati, perché, sebbene appaiano superflui ed inconcludenti, in pratica invece si è visto dio non sono stati mai fatti invano. Vuol diro rho in quel settore il Comando si aspetta qualche azione. Non si è visto, forse, dopo due o tre mesi di consimili segnalazioni di movimenti o di ammassamenti nemici sulla fronte dall'Adige al Brenta, scatenarsi poi l'offensiva austriaca? Questa volta il Comando crede conveniente di definire anche « l'insolita attività del nemico ». specificando che essa s'esplica « in lavori difensivi ». Ma ciò non deve trarre in inganno; perché io stesso durante tutto l'inverno ho segnalato i lavori difensivi sulla linea delle fortificazioni austriache sugli altipiani di Folgarià e di Lavarono, trasformata ria ordinamento a {orti corazzati, ■•ome era in tempo di pace, in ordinamneto n fronte corazzala, cioè in una vera muraglia che unisce i vari forti. Tutto questo vasto lavoro difensivo, però, gli austriaci lo hanno fatto non per difendersi, ma per offendere, per trovarsi cioè in istato di assoluta sicurezza alle loro spalle iiuando fossero usciti da questa cortina fortificata per entrare nella linea delle nostre fortificazioni. E' il caso, adunque, di attendere su questa zona lo svolgersi degli eventi, essendo essa intimamente connessa con l'ulteriore svolgimento dell'offensiva austriaca in Val d'Adipe, mirando ad assicurarne, o, se fosse possibile, addirittura a liberarne il fianco sinistro nella sua marcia oltre Marco ed oltre Mori. « Finché però si segnala una ripercussione cosi lontana, nel tempo e nello spazio, della azione austriaca in Val' Lagarina, in questo settore essa non riesce ormai da parecchi giorni a fare un passo innanzi. Il 23 maggio, di sera, con un tentativo di avanzata « a piccoli gruppi da Lizzana verso Marco » e la notte del 24 « con due attacchi in direzione di Serravalle e del Passo di Bude » Incominciò a delincarsi il movimento aggirante del nemico dall'Adige e dall'Arsa contro la nostra posizione di Coni Zugna. Da allora quasi ogni giorno 11 nemico reiterò i suoi assalti, 1 quali, invece che affievolirsi andarono ogni giorno più Intensificandosi, finché oggi pare abbiano raggiunto un diapason infernale « preparati e so. stentiti — com'erano, dica 11 Bollettino — con Intenso bombardamento di grossi calibri e condotti con bravura dall'avversario ■. Quest'omaggio al valore del nemico * il più alto rlogio che il Comando nostro possa scrivere delle nostre truppe, le quali, resistendo vittoriosamente per tanti giorni e contro tanta furia dt fuoco e di assalti, hanno scritto la pagina p'ù fulgida di questo periodo di guerra. E come ieri i calabresi si distinsero sull'Altipiano dai Sette Comuni, così oggi i siciliani emersero sulle vette infocate della Vallarsa. Non nuovi alla difesa di questa frontiera, del resto, sono i fanti del 62;o reggimento, perchè la Brinata Sicilia, costituita nel 1861, partecipò alla campagna del 1866 e combattè a Primolano ed a Vignolo Vattaro, oltre Lavarono e Folgaria. La Brigata Taro, invece, è una di quelle nuove unità dell'esercito che, come la Brigata Catanzaro distintasi sul Moschicce (Mosciach), si snn 'venute creando con la mobilitazione del •>0 maggio 1915 e sono l'indice delle giovani forze intatte che noi possiamo contrapporre al nemico. . > Anche sul Pasubio si resiste. Però ivi il movimento aggirante del nemico ieri pronunciatosi con ■ l'attacco di Sogli di Campialla » si va oggi allargando, con il nuovo ì attacco nemico in direzione di Forni Alti » e con quell'altro « nella zona di Campigha ». Da una parte non sono più i Sogli di Campiglia quelli cioè che strapiombano sul Posina, dove si combatte, ma « la zona di Campiglia », nudila cioè della Malga, che è nel ripiano, da cui si sale ai Forni Alti (m. 2026). Proprio ieri accennavo a questi Forni Alti, che sono come la scala rocciosa che dal gradone di Campiglia sale al Passo di Fontana d'Oro e di là al Pasubio. Da Vicenza si scorgono benissimo i Forni Alti: sono quei torrioni, veri pinnacoli calcarei, che dal Colletto di Posina se¬ ghettata l'ultima cordigliera prealpina verso Il piano alzandosi verso il PaUone di Pasubio. « E' sempre sulla sella che divide il Posina dal Leogra, cui mirano gli austriaci, al Col del Xomo e al Colletto di Posina, per tagliare la strada del Pian delle Fugazze e completare da questo lato quel cerchio del Pasubio, die, risalendo la Vallarsa, tentano anche da qpella parte, come spiega il comunicato ufficiale. Per giungere a Campiglia e Forni Alti gli austriaci sono partiti dal Passo della Borcola (m. 1Ì0S) e costeggiando i Sogli Bianchi, la diruta e deserta Val Caprara dalle nivee vedretta, tagliando il costone del Pruehe (m. 1195) e la selvaggia valle omonima, e dalla sella dell'Ometto' attingendo alle sorgenti rigide e magre del Sorapache, sono sboccati ai prati di Campiglia, facilitando così dall'alto la scalata delle fanterie risalenti dal fondo del Posina. « Chi sa leggere i Bollettini non si meraviglierà se oggi si annuncia lo sgombero del Priaforà (m. 1653), perchè la dizione usata ieri dal Comando: « dopo accanito combattimento i nostri mantennero il possesso di tali posizioni » — lasciava capire che però il nemico vi si aggrappava ancora. Del Priaforà lio dPlto ieri a. sufficienza : e le « sue pendici meridionali » dove ripiegarono i nostri non sono altro che i pascoli delle Vacearezzo, il Monte Giove, la baita di Mandretta, la Punta Campedello e la Punta delle \acuarezze, punte e selle che costituiscono il ponte di passaggio al Novegno (m. 1552). dominato, come si vede, per 101 metri dal Priaforà. Con il Cinione di Tonezza da un lato e il Priaforà dall'altro, i nemici posseggono i due stipiti della gola dcr Posina su Arsiero o mentre questa forse nel fondo valle, diruta e profonda, com'è alla cartiera, di Perale e alla stazione di Arsiero. difficilmente avrebbe potuto essere valicata, dall'alto invece viene ora completamente dominata ffino a Velo « La Punta Corbin (m. 1006) -- sgombrata fin dal giorno 29 — costituiva l'estremo sprone della sponda sinistra dell'Assa, a sud-est di Pedescala, di fianco ai famosi torrioni che trattennero, ai tempi dei barbari, le invasioni nemiche nella Val d'Astico, e i cui ruderi dal fondo della valle contaminata guardano impotenti al fratello maggiore, il forte torrione del Corbin, costretto a cedere al fuoco concentrico delle alture di Rotzo e di Tonezza. Più che ogni spiegazione mia, per il settore dell'Altipiano valgono del resto gli accenni e le delucidazioni ufficiali, come sempre molto sinceri. Ad Arsiero — e cioè « tra Posina ed Alto Astico » come dice il Bollettino — « la b'ittaglia si va sviluppando « e. « il nemico addensa le sue forze ». Con ouali direttive lo dice il commento ufficiale: « Il nemico mirerà contro le nostre posizioni di sbarramento della conca di \rsicro e contro la linea dalla quale dominiamo sull'Altopiano dei Sette Comuni la conca di Asiago e le comunicazioni tra onesta e la Valsugana ». La gola di Velo d'Astico. il margine dell'altipiano verso la pianura dei monti di Enego e Foza — con la Val del Buso (Frenzalal che sbocca a Valstngna — sono adunque le mete cui mira ora |] nemico ». La prima prora superata Panava, 2, sera. Sul piano degli austriaci e sul modo con cui fu sventato il primo colpo il Veneto scrive: « Oramai si hanno elementi sufficienti per ritenere che il Supremo Comando austro-ungarico si proponesse di agire fulmineamente contro l'Italia e confidasse di riuscire nell'azione fulminea. Pensava di coglierci di sorpresa ed impreparati. Aveva radunato su di una parte ristretta del fronte, e nella parte del fronte nei nostri riguardi più debole, più delicata e ad un tempo più vitale, una quantità enorme di artiglierie d'ogni calibro. Su quella parte dei fronte la dotazione dei cannoni austriaci era già ragguardevole, col favore delle posizioni, dei forti, delle strade, delle altre opere di difesa e di offesa apprestate in tanti anni di preparazione, pel giorno dell'aggresione che doveva essere improvvisa. E fu accresciuta durante l'anno che precedette la nostra guerra e ancora più nell'anno della guerra con l'Italia. Ma la dotazione delle artiglierie sul tratto prescelto dall'Austria alla grande offensiva in queste ultime settimane che precedettero il disfrenarsi dello sforzo della nemica era stata accresciuta ancora, era stata arricchita, doviziosamente, senza risparmio, anche più: con numerose bocche, nuovissime, di vario calibro, di potentissimi calibri. Doveva essere, e fu, un vulcano infernale di fuoco e di acciaio, destinato a coglierci nel dormiveglia un po' stanco dell'attesa, che dovea sgominare, interdire, paralizzare quelle facoltà dell'esercito e del Comando, le quali avrebbero dovuto, invece, scattare più prontamente e schierarsi, composte, in linea di tenace resistet.za. Doveva essere il cataclisma che atterriva le popolazioni civili di un terri¬ torio ricco di piccoli paesi, disseminati per le valli, aggrappati alle montagne, raccolti sugli altipiani ai margini dei boschi e sulle distese delie praterie, popolato di grossi, rinomati centri industriali, congiunto alla gran madre da una città di bellezza, di sogno, di lavoro e di ricordi, vivente in raccoglimento ed in silenzio. « Questo era il territorio designato della prima preda, da. cui la conquista fulminea avrebbe dovuto irradiarsi, trovando le strade spianate da uno scompiglio folle, per l'ampia pianura del Veneto cad occidente; un territorio che sembrava fatto per la pa.ee. per la pastorizia, per l'agricoltura e per l'industria, adusato in questo arti, illeggiadrito dallo spettacolo delle bellezze naturali che lo in inghirlandano e dal culto dell'arte che lo illumina nel suo capoluogo, Morbido paesaggio di popolazioni miti, a cui i fragori della guerra non erano giunti, durante un anno, se non con brontolìi indistinti e con rumori lievi o radi: e che pur erano tutte tese con l'animo verso la. guerra... L'Austria forse pensò che questa tensione spirituale delle popolazioni vicentine verso Ja suona fosse sgomento anziché palpito d'amore: e che l'Italia fosse stata sollecita a recare la guerra, in tale zona, oltre il confine politico, "insistendo contro difficoltà insormontahili, sopratutto a cingere la provincia di Vicenza di una difesa attraverso cui lo spettacolo della guerra non avesse a trapelare, coturnovrtidoiie l'impressionabilità. L'Austria non faceva a fidanza solo sulla forza materiale, ma anche sulla forza morale dei suot cannoni:, e non soltanto sulle milizie, ma anche sulle prime popolazioni civili in cui si sarebbe incontrata immediatamente nella sua calata dall'Alpe. Smarrimento e terrore: scompiglio e disordine pazzo dovevano essere gli alleati meglao affidanti della sua marcia trionfale dalle montagne al piano ed attraverso le valli e la pianura. Lo grandi masse dplle sue fanterie erano state raccolte dietro le lince dei forbì. Erano in attesa. Sarebbero scese quasi incolumi. In poche ore sarebbe stata raggiunta Vicenza. Tuito il saliente nord-orientale dell'Italia sarebbe stato tagliato ed avulso dal corpo del Paese. L'esercito delle Alpi cadoriche, delle Alpi carinone, delle Alpi giulie, della, piana friulana, delle lagune adriatiche sarebbe stato isoiato, costretto ad arrendersi, nell'impossibilità di resistere e di sfuggire alla stretta nemica. « Invece fu sventato il colpo, sovvertito dalla sua stessa base: per la prontezza e la risolutezza di tutte le forze vive della Nazione che la guerra ha destato, affinato, moltiplicato : per la sapienza del Comando, per le virtù dell'Esercito, pel saido cuore delle popolazioni. Sia concesso di dire: è stata vinta una grande prova. Questa vittoria ci affida che anche ad altre prove, altrettanto ardue e magari ancora più ardue, possiamo essere pronti in calma fidente n piano del nemico, il quale faceva affidamento sulla fulmineità dell'attuazione, non potrà più ripetersi. Non gli resta che ritentare, insistendo, martellando. Ripetersi non può più ».