Le linee avanzate

Le linee avanzate Nei settori dell'offensiva Le linee avanzate ( Dal nostro inviato speciale al fronte ) ZONA DI GUERRA. 26 maggio. QQandó vi inviai la prima corrispondenza da Asiago avevo in animo di richiamare la vostra attenzione su quel settore, nel quale contavo di seguire lo svolgersi delle operazioni giorno per giorno. Avevo bipartito il mio compito di esploratore e corrispondente fro il settore di Asiago e quello di Arsiero, che è alla sua immediata sinistra. fìifatti sono rimasto tre giorni in qua tuognt, ma avrete veduto le mie lettere ansi che intensificarsi rallentare. Ho la più perfetta coscienza di essere stalo un mediocre eranista. Ma al pubblico dei mini lettori sono ancora in tempo a dire le ragioni del mio indugio e del silenzio. Esse sono inerenti ai fatti che nel frattempo ho veduto svolgere. Speravo che il mio compito sarebbe stato più facile, meno gravoso. Confidavo in uno sviluppo ■'fieno frettoloso degli avvenimenti: i quali, invece, come annunciarono i comunicati, condussero presto al nostro ripiegamento dalle prime linee principali. Ora, come vi ho chiarito nell'ultimo articolo, si rafforzano le nuove linee, e il nemico provvede al collocamento in posizione delle nuove artiglierie. .Abbiamo una sosta, che sarà più o meno lunga; e l'occasione ci si offre di gettare ano sguardo all'accaduto per spiegare gli avvenimenti, per chiarirne la portata. Non credo che la cronaca minuta abbia finora esaurito un tale compilo. Penso che la situazione si possa anche meglio illustrare nel suo complesso; se ne posta esaminare, con la maggiore calma e maoniore freddezza, la prima fase, che com prende il nostro abbandono delle avanzatissime linee, e il nostro ripiegamento al di qua delle principati. Quando si parla di linee avanzate, nella zona fra Adige e Brenta, il lettore ha una chiara idea delle parole? Penso che non l'abbia e dedicherò questo articolo a un tale chiarimento. Fra Mori e Asiago Fra aprile e maggio io visitai la nostra tona fra Mori ed Asiago, che il comunicato indica con la designazione fra Adige e Brenta, fui in Val Lagarina, in Vallarsa. in Val d'Astico, in Valle d'Assa. E non inviai di là se non due corrispondenze, nelle quali descrivevo, il più minutamente che m'era stato possibile, la cittadina di Mori, le nostre posizioni avanzate verso Rovereto, una parte di Val d'Adige, e niente più. Avevo compiuto il mio giro d'espiar fi zi one, ma non avevo voluto assolvere il mio compito di corrispondente. Dicevo fra me-. Per parlare di queste posizioni sarà più opportuno attendere che l'offensiva austriaca si pronunci. Allora avremo agio c modo di porre in luce il vero valore di ognuno di questi settori, e di descrivere la resistenza che potremo fare in ognuno dei loro punti C'erano alcuni dubbi, nel mio animo, volli attendere a scrivere, per non incorrere tn facili errori. Naturalmente pensavo che se l'offensiva austriaca si fosse sferrata di proposito contro quelle posizioni nostre disposte a catena attraverso le cime e le valli dei monti, sarebbe slata polente, e, per necessità, avrebbe in una prima fase mutato non pochi aspetti delle nostre linee, specie delle più avanzate, le quali non avevano c non potevano avere che una scarsa efficienza. Noi c'eravamo, dì fatto, avanzati di molto verso Rovereto, da Val Lagarina e da Valiarsa; nella Val d'Astico; sotto il Lusemn e il Basson avevamo spinto dall'altipiano d'Asiago infiltrazioni ardite e leggere, linee che dovevano cedere al primo potente assalto del nemico. Queste cose nor- potevo dirle, ma i Comandi le prevedevano. Qualunque profano sarebbe venuto in una tale persuasione. Ora che quei luoghi sono occupati dal nemico, possiamo parlarne liberamente, e per esempi. lo narrai di Mori occupata e descrissi la solitudine c il silenzio della cittadina nella quale ero penetrato — e dove erano alcune voche truppe nostre — mentre il comuniiato non aveva mai fatto cenno di una tale occupazione. Essere a Mori o non esserci non aveva importanza capitale. Occupazione aleatoria Era una occupazione aleatoria. Sopra la fittadina si leva il massiccio formidabile tei Biaena, in mano al nemico, con le erette cariche di cannoni. Scaricando le sut trtiglierie su Mori il nemico ci avrebbe cuUretto ad evacuarla; era evidente. Non a- vevaretrlevcampepole tirpescnenoe stzadeinarBcaScsttei lomtrDdtimfUneratapcolaLpsidamridsucomcal'sotafabcibfafrqtoscnaaMmtatepcvtomugppvpsccmpAvrintzb vevamo possibilità di coprirci. Ci riparavamo con un sistema di graticci {che del resto il nemico usava anch'egli per certi tratti delle sue posizioni, lungo i quali voleva mascherare il passaggio di truppe e cannoni) tanto perchè non ci vedessero camminare in paese ; ma le pallottole sibilavano per le strade, le bombe cadevano dall'alto, potevano precipitare sui nostri occupatoti le pietre, tanta è l'imminenza del monte. La strada che conduce a Mori era sotto il tiro diretto delle artiglierie, quasi tutta scoperta Ogni tanto si vedevano paletti con su scritto: » Strada sotto il Uro nemico», il nemico non faceva spreco di munizioni, e noi si poteva, con qualche cautela, andare e venire. Lavoravamo e il nemico non disturbava troppo i nostri lavori. Seguendo la linea delle trincee che avanzavano verso Rovereto lungo la destra riva dell'Adige, se ne prevedeva ugualmente la insostenibilità sotto un fuoco metodico di artiglieria. Quelle trincee correnti sotto il Biaena, diramantisì ai suoi piedi, erano, carne Mori, dominate dalle batterie nemiche. Scavate nel profondo sottosuolo sabbioso costituito dai depositi del fiume, poche granate le avrebbero otturate, avrebbero bloccato i passaggi, sconvolto in poche ore tutta la loro configurazione. Percorrendo quei camminamenti scoperti, soffermandomi nelle trincee, mi vedevo il Biaena quasi sul capo Dall'alto il moiite guardava necessariamente dentro le nostre difese. Eravamo sotto il tiro della fucileria. Queste posizioni erano dagli stessi Comandi qualificale tanto meno sicure quanto fUii notevole .era la distanza loro dalle trinnee un ini.: he. Poiché molte, volle, nullo guerra di posizione, la vicinanza e quasi il contatto delle due linee avversane, serve a coprirle ambedue dal fuoco dell'artiglieria; come accade generalmente sul Carso, dove la difensiva nemica assume altri aspetti. Laggiù, il nemico difende il terreno metro per metro-, qua stava preparando un'offensiva- ampia e gagliarda, che doveva fondarsi sullo sconvolgimento delle posizioni col mezzo dei più grossi calibri. Ora l'artiglieria vuole lo spazio avanti a sè, la valanga dei proiettili deve rovesciarsi comodamente sul nemico. Non bisogna dunque cercare i contatti e le vicinanze delle due fanterie-, ma lasciare il più possibile sgombro il campo di tiro. Venendo dalle posizioni sull'Isonzo, nelle quali le trincee avversarie sono quasi addentate le une alle altre, una tale caratteristica colpiva. Come le nostre fanterie avrebbero potuto resistere al bombardamento delle trincee nelle quali, coi fucili, le mitragliatrici, i cannoncini, le bombe, anelavano di affrontare lattacco delle fanterie austriache ? Non c'era proporzione fra i mezzi che avrebbe usati l'attaccante e quelli di cui doveva disporre l'attaccato. Quanto al Biaena, i nostri avevano tentato di rafforzai ci.vi a mezza costa. Erano salili, si erano aggrappati alla roccia, avevano costrutto un fortino. Quando si dice che i nostri soldati sono meravigliosi, noi che li abbiamo veduti ricordiamo tali episodi di audacia di tenacia, di eroismo e sacrificio Ma la questione è sempre la stessa ; il nemico che abbiamo dinanzi nwi cerca la lotta alla baionetta; lavora con le artiglierie; tende a schiacciare l'audacia col ferro. Sarà più o meno bello, ma è cosi. E i nostri por chi soldati aggrappati al Biaena non potevano che assolvere un compito da osservatori. Lo stesso nemico non li tormentava molto. E ricordo che in quel settore era diffusa una certa aria di calma, pareva in alcuni giorni di essere in un'oasi della guerra. Da parte nostra sì procedeva ai lavori d'approccio, e da parte loro anche si lavorava. Finché è venuto il giorno in cui improvvisamente gli austriaci si sono scossi ; il loro piano essendo fatto, la loro preparazione essendo compiuta, hanno iniziato l'offensiva con assalti di artiglieria furibondi. Quelle printc nostre lince non potevano non cedere; le presero i proiettili, non i fanti nemici. Nel settore di Asiago Se, per completare la nostra visione delle prime linee avanzate, passiamo al settore di Asiago, estrema destra di una tale linea, troviamo l'uguale fenomeno, le stesse caratteristiche. Tra la linea nemica Luserna-Vezzena e la nostra principale di Cima Novre-Cortesin-Fortino, erano altre di queste infiltra, zioni provvisorie e leggere, che non si sarebbero potute tenere in caso- di offensiva. Pic¬ cocooi trchar.osardzuvfitsdqsArdatsalmgprvalcugi dEsaiidemmcptSMàomacfdfvndpddmedcppnnmrn coli assalti di pattuglie si sarebbero infranti contro quelle difese-, e difatti si infransero ogni qualvolta il nemico le tentò. Bastavano i reticolati, le bombe, i fucili, le mitragliatrici, a tenere a bada oli attaccanti. Se non che la offensiva non avrebbe assunto un tale andamento nemmeno qui. E perciò tali linee r.i servirono, finché le tenemmo, di posti di osservazione ; furono utili e necessarie per sbarrare il passo alle pattuglie nemiche che avrebbero potuto avanzare di notte' fino alle retrostanti linee principali-, erano sottili veli di copertura, filamenti e nervelti di ascoltazione e di vigilanza. Ogni tanto ci si faceva un prigioniero, ogni tanto un disertore veniva a batterci contro, e passava nelle nostre file, riferiva notizie del campo nemico. Ogni tanto avevamo morti e feriti, perchè s'era sotto la minaccia continua delle bombe e della fucileria ; ma la guerra assumeva in quei luoghi un aspetto di guerriglia. E tuttavia non bisogna credere che fossero stanza piacevole per i nostri bravi soldati. Andare nelle trincee di Milegrobe voleva dire passare una decina di giorni poco comodamente, sacrificarsi, patire il sonno, non avere la più piccola comodità, essere sveglia ti dai topi, non potere muoversi di giorno senza rischiare la vita, stare continuamente all'erta. Ricordo una notte ch'io passai a Mandriele, dove era — adesso si può dire — un comando di reggimento. Ero partilo da Asia go nel pomeriggio, e mi si era fatto scuro per via. Avevo lasciato al piano la primave ra, trovavo lassù l'inverno, il freddo, la ne ve, la nebbia. Nelle baracche degli ufficiali ardevano le stufe. Andai a dormire avvoltolalo nelle coperte. E fuori, per la strada che conduceva alle nostre linee avanzate, s'udiva un batlaijlione che andava proprio a Milegrobe in trincea. Si distinguevano nella notte i passi degli uomini e dei muletti, e a quando a quando s'afferravano lem,bi di dialoghi. Erano soldati piemontesi, e passavano, passavano, nell'oscurità, fra gli alti fusti degli abeti, nel fango della strada. Dovevano dare il cambio. Ed ecco, verso l'alba, tornarono indietro per la medesima strada gli uomini del battaglione che avqva ricevuto il cambio, e che marciavano da parecchie ore. Erano mollo stanchi, s'erano sgranati lungo il cammino, non finivano più di passare. Salii a cavallo e rimontai la lunga e lenta colonna, passo a passo. L'alba livida sbiancava i volti, ogni tanto apparivano dei gruppetti fermi Sulla neve che prendevano un po' di riposo. Mi tornava alla mente una scena simile veàula all'alba di un giorno di marzo laggiù, oltre Cormons, per dove passava un reggimento di ritorno dal Podgora. E capii che anche nel Trentino la nostra guerra era dura : che anche nel Trentino mostri soldati hanno fatto in tutto silenzio cose meravigliose. Andai fin che la strada venne a morire nel fango, il cavallo non poteva più andare avanli. Mi si impantanava fino ai garretti, non riusciva a tenersi in piedi sui lastroni di neve ghiacciata. Dovetti balzare di sella, poi fui forzato a fermarmi .e a tornare addietro. Eppure quello era il sentiero battuto dai nostri soldati! Quanti ne abbiamo lasciati, di questi calmi eroi, laggiù rielle posizioni più lontane e più arrischiate? Le truppe vi hanno sopportalo serenamente molle e gravi fatiche. E' bene che lo si dica, è bene che lo si sappia. Il soldatino che fa la guerra e non la vede, che combatte per dieci metri di terreno e non conosce i piani generali dei capi, soffre ad abbando nare le posizioni che ha conquistate e tenute per tanti mesi; per le quali ha veduto morire il compagno, nelle quali è stato ferito. L'abbandono delle primissime linee, che non ha nessuna o quasi nessuna importanza nell'andamento vasto dell'azione, è stato lamentato e pianto dalle truppe. Noi che non siamo strateghi dobbiamo ricordare questo dolore. Non dobbiamo credere che le prime lìnee siano state cedute senza lotta: furono anch'esse difese strenuamente-, furono illuminate dalla poesia mesta del sacrificio. Quanti di coloro che morirono laggiù nel fondo di Val Morta e u Milegrobe ignoravano che la posizione si poteva difendere, ma non conservare! E rimasero fermi al loro posto, come sentinella fedeli alla consegna 1 Il nemico già sconvolgeva le linee principali coi grossi calibri, appiattati nelle caverne del Lavorone, e quelli si battevano per pochi metri di terreno, che dovevano poi essere abbandonati al nemico, LUIGI AMBR08INI.

Persone citate: Assa, Basson, Cortesin, Mori