L'artefice

L'artefice L'artefice (Nostra corrispondenza particolare) PARIGI, febbraio. Ce lo diceva Aristide Briand l'altra mattina — la censura non sgrani gli occhi: una frase non è un'intervista. — « L'attefice segreto, costante, tenace di quest'armonìa, definitivamente sigillata tra i due principali popoli latini, è l'ospite silenzioso di palazzo Farnese, il signor Barrare ». Le vicende della politica e della guerra han minacciato cinque mesi fa di sottrarlo alla penombra, nella quale da trent' anni si complace... E' l'episodio più misterioso dell'ultima crisi ministeriale francese: tra un tenUativo di rimpasto del moribondo Gabinetto Viviani e l'avvento di Briand, il telegrafo tra palazzo Farnese e 11 Qual d'Orsay vibrò nel novembre ultimo in modo insolito... Durante quarantott'ore, almeno, il signor Barrère fu in predicato di ministro. Sissignori. C'è a Parigi qualcuno che, durante quello spazio di tempo, giurava una sera in un crocchio d'averlo Visto sgusciar fuori dal treno dell'Italia e, salito in un fiacre modesto, dirigersi verso l'appartamento sempre pronto ad accoglierlo, nella pensione elegante e discreta di rue Boccador... Ma evidentemente lo ambasciatore non s'era scomodato che per supplicare di essere lasciato tranquillo nella sua dimora romana, ove ora gusta soddisfazioni, forse più pure, di quelle riservate al titolare del Ministero di una repubblica democratica... «*» Non mi pare, che qualcuno si sia fermato mal a vagliare al crivello della realtà le molte leggende le quali, da quando il signor Bassère venne ad abitare Palazzo Farnese, corrono il mondo sul conto suo. Queste leggènde han messo un certo alone d'enigma intorno al profilo del più popolare tra i membri del Corpo diplomatico romano. Che cosa è, che cosa è stato il signor Barrère, per lunghi anni in Italia ed altrove, agli occhi di parecchie rispettabili persone? Il rappresentante della Francia, sissignori, ma anche l'avvocato abilissimo d'un partito, d'uno dei partiti, dominanti nella, Repubblica. Di là ad attribuirgli una attività speciale, sconosciuta agli altri ambasciatori — e che si traduceva nel favorire e oell'incoraggiare lo sviluppo, tra noi, della parte politica, le cui tendenze corrispondono a quelle dell'altra, con cui l'ambasciatore di Francia era supposto legato a filo doppio nel suo paese —il passo era breve... Il signor Barrère ha visto, per ciò, cristallizzarsi nella Penisola, intorno a lui, odii ed amori; a certuni è apparso sotto l'aspetto d'un cheiubino, ad altri sotto la veste d'un mèfistofele. Chi ha torto ? Chi ha ragione? E se gli uni e gli altri si fossero ingannati? . Il piccolo problema indiscreto d'etopen in'è parso particolarmente interessante dal giorno in cui i -dispacci di Roma annunciarono al mondo, che il trattato della Triplice era lacerato, e che il successo della diplomazia francese, in Italia, era completo. E m'è tornato più acuto (il signor Barrère non l'avrà sospettato) una certa (domenica nel salottino verde della pensione elegante, dove per la prima volta, nell'atmosfera parigina, mi fu concesso di contemplar da vicino la barba grigia a ventaglio ed i baffetti da gentleman dell'ambasciatore. Il signor Barrère ■ appartenne, in ilio tempore, alla nostra corporazione. Il giornalismo conduce a tutto; anche a Palazzo Farnese. Suo padre era, sessant'anni or sono, professore di letteratura in un liceo di provincia di Francia. Processato e condannato per le sue. idee liberali, esulò a Londra, traendosi dietro il figliuolo. Nell'ambiente dei fuorusciti repubblicani, dove il signor Barrère fu educato, mentre l'impero tramontava, è naturale che si fos se portati a benedire, come una fortuna, l'avvento di un Governò di Sinistra sulle rive della Senna, Perciò quando la Comune scoppiò a Parigi, insieme con altri esuli, egli si trovò in mezzo ad essa. A quell'ora della sua vita risale l'epiteto di comunardo, che certi avversari non han mancato ogni volta di scoccargli. Una piccola ingiustizia. Il «comunardo» non fece, durante l'effimero Governo, che formò come una parentesi rossa nella storia delle origini della terza Repubblica, non fece 'mai nulla di quel che caratterizza il tipo del comunardo nella leggenda e nella realtà della storia. C'era nel 1871 —• e c'è ancora oggi — presso la chiesa di San Tommaso d'Aquino a Parigi, un recesso tranquillo, dove si trova un minuscolo museo di storia dell'artiglieria. Poiché il posto era disponibile, il signor Barrère vi fu nominato. conservatore. Conservatore, precisamente !. Niente, dunque,. di meno rivoluzionario, anche nel tramestìo della Comune. Questo non jgli tolse, però, di essere travolto in uno dei tanti processi politici, che imperversa rono, quando i versagliesi ebbero forzato, sotto il comando del generale Gallifet, le porte della capitale. Un tribunale, presieduto dal generale Appert, che fu suo collega in diplomazia più tardi, lo condannò, non sa niù bene, a che cosa. Costretto ad uscire di Francia di nuovo, ■l'Inghilterra gli si offerse ancora ospitale; !ed allora, poiché il bisogno premeva, e poiché scriveva l'inglese alla perfezione, 'entrò nella redazione di un giornale della .City. La guerra turco-russa scoppiò ed egli ebbe l'incarico di seguirla come — specie 'rara in quel tempo ! — inviato speciale. E riuscì magnificamente, riuscì al punto che. ^piando il Congresso di Berlino venne convocato, fu spedito colà dal suo direttore a far concorrenza a Blowitz, il quale vi era giunto per conto del Times. Ma a Berlino dovevano anche cessare : suoi rapporti corporativi col quarto potè re. Ultimamente Giuseppe Gajtier narrava che Leone Gambetta, il quale aveva notato certi articoli del giovane scrittoro nella République Francaise, gli aveva prò posto di fargli cambiare mestiere, aprendogli il varco della diplomazia. Gambetta è un po' il deus ex machina della storia del primo ventennio della RepubblicaTroppi BMriÉI * Inppe colpe gli sono afc tribuiti, che veramente non gli spettano. Per quel che riguarda la parte ch'egli ebbe nella vita del signor Barrère, ecco qua: La vocazione diplomatica del futuro ambasciatore ò venuta fuori da quel Congresso di Berlino, dal quale Bismorck pretese fosse venuto fuori anche lo statuto definltivo dell'Europa. C'era là come pieni' potenziarlo della Francia, il Waddinglon, uno tra i capi del partito moderato, appar tenente ad una delle più opulenti famiglie industriali della Normandia, buon politico ed abile negoziatore. Era un uomo che aveva il fiuto che occorro ner scoprire gli uomini. Questo fiuto permise "al signor Barrère di trovare in lui un protettore. Il giorno in cui il Waddington, colpito dalla facilità con cui il giornalista franco-britannico trattava nei suoi articoli lo questioni più complesso, intorno alle quali sciupavano lo loro meningi i diplomatici del Congresso, gli ebbe offerto francamente di proporlo al buo ministro per fargli cambiare rotta, si senti rispondere che c'era una piccola difficoltà, quella tale condanna politica, quel precedente del « comunardo », che io aveva già costretto ad allontanarsi dal suo paese. •Un decreto di grazia del Presidente della Repubblica venne' a buttar giù l'ostacolo. E Blowitz contò, quel giorno, un concórrente di meno. ranloma nnsigno a a - « Cominciarono con l'offrirgli un posto di esordiente: lo nominarono membro della Commissione intemazionale del Danubio: poca cosa. In realtà l'attività diplomatica del signor Barrère- non cominciò che al Cairo dove ardeva viva la lotta per l'egemonia tra Inglesi e Francesi. E' chiaro : per un uomo legato ancora per milifl vincoli al paese rivale, la missione di difendere gl'interessi patrii era un po' difficile. Ma egli non esitò a sacrificare quel phe occorreva. Andò troppo oltre? C'è chi lo crede. In ogni caso egli venne a trovarsi in conflitto diretto col signor Freycinet, at tuale ministro di Stato, che era allora ministro degli esteri, e dal contrasto derivò un costrutto melanconico : il .signor Barrère fu spedito, in disgrazia, a Stocolma. A Stocolma apprese a coltivare lo sport favorito, che ha latto di lui, a Roma, il compagno dei cavalieri rosso vestiti degli appuntamenti delle cacce alla volpe. Quegli, che un certo suo collega faceto chiamava «il centauro del Corpo diplomatico » è divenuto tate nella capitale nordica, grazie agli ozii impostigli dal suo Governo. Il cavallo ch'egli cavalcava nei viali ombreggiati di pini della KungstTaedgardem apparteneva ad un vecchio generalo, il quale, come tutti i capi militari di quel tranquillo paese, aveva la buona abitu dine di cederlo a nolo nei giorni che non gli occorreva. Certe Legazioni poco remunerative, nelle capitali fuor di mano, dove si è liberi dai pregiudizi delle società più clamorose, non mancano di attrattive. A Monaco di Baviera, dove il signor Bar irère passò poco dopo, egli ebbe un amico intimo: il nunzio pontificio, Mons. Agliardi. L'armonia tra i duo personaggi era assoluta. Il futuro cancelliere di Sacra Romana Chiesa e l'ospite futuro di Palazzo Farnese S'incontravano a pranzo due volte per settimana almeno. A qualcuno che, un giorno, si stupiva di questa familiarità, e citava al prelato la vecchia accusa del « comunardo», l'altro rispose: Il signor Barrère è un galantuomo. Questo basta a me e basta anche al mio padrone. Ma Monaco fruttò al signor Barrère anche un'altra cosa; fruttò la conoscenza profonda dei problemi fondamentali della politica tedesca. Molti lati della vita di Corte, molti segreti d'alcova, difficili a cogliere a Berlino, a Monaco sono noti. Oggi gli archivi del Quai d'Orsay conservano certi rapporti sul futuro Guglielmo II, dovuti al signor Barrère, i quali paiono profetici, almeno come quelli che Giulio Cambon spediva, due anni fa, da Berlino. Sarà permesso di soggiungere che, tra i segreti che il signor Barrère fu il primo a svelare c'era quello della malattia del Kaiser, tornata, un mesa fa, tra i temi di moda. Gran lavoratore, il diplomatico francese aveva nello sue ore d'ozio in Baviera, una occupazione preferita, quella dei concerti wagneriani. In casa, gli intimi lo sorprendevano spesso, nella stanza più remota dell'appartamento, a strimpellare — pardon 1 — ad allenarsi virtuosamente sul suo violino. Una breve dimova a Costantinopoli d'onde tornò colla sua signora, la quale ha le qualità di pratica intimità che caratte rizzano le donne delle ..vecchie famiglie armene. Poi, un piccolo intermezzo : la Legazione di Berna, quindi, a Roma. aDnnazTml'MandFrsdepstdtetedaPdncStitgelgidnsgpvsgetspqbgrneGuildrcvmdrmrrsndllompancmùiIursmdvispL'ambasciatore romano, visto da Parigi è una « silohuette » che offre aspetti nuovi perfino ai quiriti. Quanti, tra essi, han so spettato, che il rappresentante della Francia presso il Quirinale fu ad un filo per essere spedito presso il Vaticano? La morte di un suo collega deciso delle sue sorti, per quella volta. C'è qui più d'uno, che giura oggi che se il signor Barrère fosse stato dall'altra parte del ponte egli avreb be, sicuramente, spiegato — nel consolidare i rapporti oggi rotti col Vaticano — quella stessa energia che ha messo, lavorando, a diroccare — si può dirlo — l'edifìcio della Triplice. Non si svela più nessun segreto di Stato, quando si ricorda che, oltre- a quelle che sono state dette le pietre miliari dell'alleanza franco-italiana — l'accordo commerciale, là convenzione pel mar Rosso e l'accordo pel Mediterraneo — un altro fatto politico, ancora ignoto ai profani, venne a togliete in tempo al trattato che ci stringeva alle Potenze centrali, il carattere offensivo che esso avrebbe potuto assumere, automaticamente, per virtù di testi, ad un certo momento, di fronte alla sorella latina. Forse si cercherà in quel fatto, il giorno in cui esso potrà divenire materia di storia, la benemerenza più solida dell'ambasciatora verso il suo paese, il quale, diciamo anche questo, non ha avuto sempre'a Parigi collaboratori ideali. Se il signor Delcassé affermò costantemente la più assoluta concordanza di idee col rappresentante della Francia a Roma, la stessa cosa non può dirai di qualcuno tra quegli che lo prece- Ddaddg dettero. Il signor Clemenceau, per esempio, non fu mai ministro degli Esteri : ma se lo fosse stato, c'è da scommettere non si sarebbe trovato in un'atmosfera d'idillio, trattando col signor Barrère. Certe cose si sanno. E si sa per esempio, il nome dell'uomo che era parso a certuni più adatto, qualche mese prima della guerra, a brillare nei saloni di Palazzo Farnese. Ora pensate al bel giuoco da fanciullo che il principe di Biilow — di felice memoria! — avrebbe potuto offrirsi, giungendo a Roma come plenipotenziario del Kaiser, nel decembre del 1914, se avesse trovato innanzi a sè, come avversario, invece del signor Barrère, un novellino, come il signor... Sentite? Le forbici cigolano: quel nome non si può dire... OOMENIOO RUSSO.