Dopo la battaglia del Carso

Dopo la battaglia del Carso Dopo la battaglia del Carso < I> cv ii il o dei nostri inviati speciali al fi* o ate > Questo poderoso articolo dèi nóétrd inviato speciale suggerisce varie ed umane considerazioni, che non svolgiamo, Iper che certi che la censura ce lo vieterebbe* e e e i i 3 é n l i ; a a n e 1 e i e i o7 li a e ae 9 e n oa e aeta. * o e a e a oo o a a! ni o ta on a. rpo di o. la n si ri o. QUARTIER GENERALE. 31 maglio. La grande battaglia carsica è già entrata nella sua fase di assestamento. Le lìnee-mggiunte forniranno nuovi punti di partenza pel giorno in cui l'azione sarà ripresa: per ora le truppe vi si soffermano e le consolidano. Quel che l'offensiva del maggio poteva dare ha dato. II mito di Trieste Ciò dimostra, anche una volta che «la frande battàglia,iinicg, èér la conquista di ftesté » é un mio sèMprè più vuotale uno degli idoli di quella iniziale incomprensione della guerra, che non hanno più ragione di essere. Per giungere a Trieste bisogna pensare a una serie di queste prove, ju più di una di queste battaglie, ciascuna. delle quali ha l'imponenza di una battaglia antica. Non sembrerebbe arduo comprendere una tale verità elementare. Se non che coloro che non hanno mai messo il piede fra i rottami di un campo dì battaglia, stentano a capire, dopo tre anni di guerra europea, queste verità fondamentali. C'è gerite ancora che imagina le battaglie a modo proprio, se le cos>uisce -n mente fecondo i vieti schemi coreografici: un campo aperto su cui un esercHo si lancia all'attacco di un altro e riesce a sfondarne tutto 'lo schieramento e ad avvolgerlo. In tal caso la vittoria, viene immediata da una'catastrofica rottura di equilibrio, che toglie alle forze dell'esercito battuto, accerchiato, travoUa ogni possibilità di azione e reazione. Non si esclude che possa anche venire il giórno, il momento in cui una battaglia sia più decisiva di tutte le altre, e costringa U nemico a cedere terreno, uomini, cannoni a tal punto da forzarlo alla pace; ma si vuoi dire che quella stessa battaglia ultimp, grandiosa, conclusiva sarà possibile sólo in seguito ai risultati parziali ottenuti in precedènza; tara essa stessa un momento della grande guerra, nella quale il vincitore raccoglierà dopo anni dì fatiche, di sforzi, di dottori, di sangue, di sacrifici d'ogni genere ciA che ha seminato dal primo giorno in cui si gettò nella lotta. Come nel raccolta si condensano tutte le fatiche durate nell'anno, così sarà in questa immane guerra, le cui offensive più stupefacenti sono già diventale ^episodi di una storia che, travolti i destini di centinaia di milioni di uomini, procede sempre più grave, sempre più faticosa e complessa verso la soluzione. Nel rendere conto ai nostri lettori del progressivo sviluppo e del rendimento finale d'elle recenti operazioni, non crediamo di avere eccessivamente elevato il tono dell'ammirazione e dell'entusiasmo. Ciò che l'animo nostro ha provato in ore indimenticabili di commozione abbiamo espresso sinceramente. E sui giornali delle Nazioni alleate leggemmo elogi e giudizi non meno alti ed entusiasti dei nostri. Si combatte tutti la stessa guerra, e non è possibile che gii uni fra noi misconoscano le difficoltà superate dagli altri. Ma sta di fatto che una parte del Paese, pur partecipando agli entusiasmi, ha sempre una concezione inadeguata, cervellotica, irreale della nostra guerra.-E lo dimostra andando con le chiacchiere molto al di là degli stessi meravigliósi avvenimenti. Ogni qualvolta giunge in Italia l'annunzio di un nostro principio d'azione sul Carso_ si pensa comunemente e si seguita a dire da molti: uQuesta volta andiaéio a Trieste ». Accade così che le avanzate più stupefapefiti delle nostre fanterie rimangano di qualche''ehiìamèifo didietro a questo'o quel plinto già dato come raggiunto dajle fantasie più incompetenti e sfaccendate. I non combattenti vanno sempre più avanti degli eroi, e conquistano un paese al giorno. I nomi di tre o quattro borghi rappresentano tutta la loro cultura e conoscenza dei luoghi tremendi nei quali si lotta. Il terreno non esiste per chi non combatte: non esistono monti, nè fiumi, nè boschi, nè doline, nè rovine di borghi, più sistemale alla guerra rlrllc piazzaforti rìiun tempo. Costoro camminano di paese inpaese, di città in città, come gli aerei nu mi di Omero di nube in nube, misurando con pochi passi l'empireo. Fa pena accogliere l'eco di certi discorsi dopo aver veduto quassù quel che si è visto, dopo aver dovuto riconoscere che quella realtà che non basta alla gente delle retrovie merita il nome di miracolo. Costoro immaginano battaglie senza fine, azioni offensive che (contro un nemico come il nostro, su un terreno come quello attorno a Gorizia o sul Carso) durino un mese, due mesi, senza posa, senza sosta, senza-intervalli, riassumendo in sè tutta la guerra, portandola direttamente alla fine. In tanta idiozia è un fondo greve d'immoralità : è una fondamentale incapacità non solo di capire ma di sentire^ la guerra. Bidùrre questa nostra immensa formidabile lotta quasi a una favola breveche altro nome più proprio merita una tale leggerezza? Per quale altra via, sotto le false specie del patriottismo, si può riuscirealla incomprensione della grandiosità e durezza dèlia nostra guerra, cioè alla sua negazione? Eppure, come un tempo tutte le strade conducevan» a Roma, oggi pare che a Trieste conducano tutti i sentieri. Sì confondono le vie dell'anima e, diciamolo purele fatali vie della storia, con le desolate mulattiere del Carso, lungo le quali i nostri soldati muoiono per la difesa di un muretto, e per la occupazione di un fossoo con le aride sassaie del Santo dove pur di non ripiegare, pur di restare, pur davanzare di dieci passi si sopportano i più furibondi bombardamenti della guerraDappertutto sì vedono strade dirette e porte aperte e difese sfondate e il nemico rovesciato, rotto, fuggente. Ma il valore, là grandezza dei nostri combattenti escono proprio, tali quali sono, alla realtà gloriosa da elementi opposti di realtà. Tuttle vie sono state chiuse, e bisogna aprirla una a una: tutte le porte sono state sbarrate, e bisogna sfondarle; tutti i sentiertono resi impraticabili e pur li percorria i mot tutte le allure sono munite e pur le occupiamo; tutti i cannoni nemici sono schierati'e pur li respingiamo .addietro: tutte le bocche da fuoco sono cariche e pure a volta a vòlta le facciamo tacere; e i nuovi progressi costeranno sangue e pure saranno compiuti: e l'Italia vincerà la guerra, ma dopo altri miracoli, dopo altre prove, superate altre di queste riprese mirabili e di queste soste inevitabili e necessarie._ Certo, il rendimento finale, di ognuna di queste azioni parziali è quella d'una grande battaglia d'una volta; è quella di una vitto-1 ria; ma la vittoria vera, conclusiva e 'finale, \ che coinciderà con la pace, 'non può essere il fruito di una di queste pur così, grandiose azioni offensive: sarà il premio ultimo della ,lunga guerra, le cui.più strepitose azioni offensive non -sono che fasi e momenti. Bisogna inchiodarsi mella mente questo concetto per misurare in tutta la grandezza, estensione e-durata la lotta nostra cjhe sosteniamo e che ha tutti i caratteri e segue tutte le leggi della guerra europea. La sosta Nella nostra azione siamo riusciti perfino a imporre al nemico una nostra volontà strategica. Abbiamo manovrato — per così dire — con le trincee: lasciando perplesso l'avversàrio sui punti fondamentali d'attacco, attirando la sua attenzione ora su un'ala ora sii un'allra, costrìngendolo a trasportale riserve da un lato che non pareva minacciato su un altro in pericolo, cògliendolo ogni volta in una relativa erisi da nói avvedutamente provocala. Dobbiamo anche a questo accorgimento i risultati ottenuti. Alcune unità nemiche furono fatte prigioniere proprio mentre erano buttate sul campo della latta, ignare ancora 'dei luoghi e delle posizioni -, non abbiamo neanche contesso loro il tempo di combattere. Altre fiìtono scHiacdate, annientale dai fuochi dell'artiglieria mentre erano in movimento sulle strade retrostanti: mentre si avvicinavano alle difese. Alcune sono giunte sui luoghi quando la minaccia già aveva rivelato il suo carattere di diversione e di finta; altre a fase critica fatalmente superata; quando l'attaccante- già s'era impadronito di eccellenti posizioni di difesa, e le aveva munite di mitragliatrici e di batterie leggere. Ciononostante l'azione offensiva del centro c dell'ala destra, ha dovuto anch'essa, al termine di alcuni giorni, chiedere una sosta. La battaglia cosi si è calmata su tutta la fronte. Perchè? Perchè una offensiva a un certo punto sì ferma, è costretta a fermarsi? Perchè nella guerra moderna la profondità delle difese è tale che nbn può essere superata tutta da nes suno slancio di fanterie; perchè un fronte non è da confondere con una linea o con due a tre linee di reticolali e di trincee; queste si sfondano, ma un fronte non si sfonda; perchè le risorse degli eserciti attualmente in campo sono sempre enormi anche dalla parte del più debole; perchè le risorse dell'attaccante quanto più sonograndiose tanto più è difficile metterle tutte a un tempo in azione; perchè -questa è guerra di artiglierie e non solo di/uomini, man mano che gli uomini avanzano vanno verso artiglierie nuove che entrano in azione sólo quando la fase incomincia a farsi critica, mentre le artiglierie dell'attaccante restano indietro; perchè in una parola, un moderno schieramento di esercito è talmente aderente al terreno, ha tali strettissimi rapporti col terreno, che i suoi 'movimenti hanno una eiasticità relativa, limitala, arrivano sino a un certo punto e non oltre. La base di qualunque offensiva è nella sua organizzazione materiale meccanica-, è in una specie d'impianto, di macchinario: questo macchinario, questo impianto, questa organizzazione complessa e pesantissima, la cui realizzazione sul terreno richiede mesi e mesi di tempo, non può essere trasvortata avanti nel. giro di poche ore o di pochissimi giorni. Cosi le offensive si fermano. Qualche esempio Chiariamo con qu'alche esempio tratto . dalla nostra ultima azione questi concetti i alguanto generici. Nelle prime ore della noo r e a o e n l o a a , e e^ e e , e n ; r i ù . e à o e e rri tira offensiva sul Carso alcune batterie av versarle si rivelarono incerte, esitanti. Qua le era la ragione? A quota 235 noi avevamfatti prigionieri dodici ufficiali austriaci dartiglieria. Essi erano osservatori e da quelle posizioni importantissime, contro le qual'il nemico doveva sferrare i più tenaci atacchi, avevano il compito di regolare il tirdi-numerosi pezzi. Distrutto il loro osservatorio, catturati gli osservatori, le batteriaustriache che erano alla loro dipendenznon poteron più agire. Alcunché di similaccadde in parecchi altri punti, e per tamodo, colla conquista di parte delle primlince nemiche, veniva anche a indebolirse a disgregarsi la sistemazione d'artiglierinemica. Noi approfittammo di' quésta fascosi critica per spingere avanti le nostrcolonne, specialmente nei punti sui qual'artiglieria avversaria non agiva. Il bombardamento, inoltre, opera su tutto il campo nemico di queste distruzioni parziali, distrugge su vasta scala non solo gli osservatsrii, che sono gli occhi delle batterie, mi collegamenti telefonici, che ne sono i nevi sénsorii. Dimodoché esiste sempre iogni offensiva questa prima fase di disorientamento e di impotenza dei mezzi denemico, e le fanterie quanta più hanno slancio, tanto più approfittano deH'pra e del mnuto.. Ma, cLaltra parte, anche le nostre artiglierie hanno bisogno di organizzarsi pel'avanzata su sempre nuovi punti di osservazione. Esse proteggono i progressi dellfanterie fino ji certi limiti di visualilà, oltri quali gli osservatorii non possono più regolare il tiro e i pezzi debbono di necessitsospenderlo. Non solo, ma quando l'azione, comincia, Comando d'artiglieria ha dinanzi a sè benindividuati tutti i punti delle difese che costituiscono il suo bersaglio. Sa che esistono determinate trincee, nelle quali s'annj da il nemico, e su quelle concentra i suoa- tiri, come li concentra sulle doline piene d riserve,' sulle imboccature delle caverne, sulle seconde e terze linee, dove affluiscono le riserve, ecc., ecc. Ma dopo dieci o venti ore di battaglia, di scontri, di attacchi e contrattacchi tra fanti e fanti questi bersagli fissi non esistono più, la lotta si frange in cento in mille episodi particolari, si sminuzza, e non è assolutamente possibile il proteggerla sistematicamente, anche perchè il tiro nemico disorganizza più o meno anche le ■ nostre comunicazioni telefoniche, strdecelaquanchsudimam, e. nel tumulto del bombardamento reciproco an non è assolutamente possibile la organizza- un zione rapida e completa di tutti i mezzi del- oi e n i i n e e o i o l'attaccante, in rapporto ai sempre nuoui tubisogni, alle esigenze che mofttrono di mi- 'nonulo in minuto. prQuesta dei bersagli è una delle ragioni chfondamentali che portano pila tosta. Poiché *>ele artiglierie leggere si possono portare a-, luvanti, ma lo schieramente complesso dei demezzi artigliereschi non si può assoluta- Dimente spostare con la rapidità stessa che è unpropria delle fanterie. Le quali generalmente grfanno i primi rapidi ed essenziali progressi innelle zone sulle quali UAiro nemico è lem- Leporaneamente paralizzato, ma non si può basempre pretendere, e non sarebbe neanche nebuona tattica, che fino dai primi istanti mdell'avanzata le fanterie siano ostacolate e e°decimate" dal fuoco. La vera resistenza, il stvero eroismo, la vera tenacia nel maggior nenumero dei casi le fanterie la dimostrano didopo ■ quando occupata una posizione cade Ciinevitabilmente sovra essa il fuoco di quelle tobatterie nemiche che, superata la crisi, rie- biscono a riorganizzarsi e a preparare il con- chtrattacco. Nel maggior numero delle posi- seioni si arriva senza difficoltà estrema, ma [il vero peso della battaglia cade sui gloriosi fanti al momento in cui essi si trovano nel cuore delle difese nemiche, sotto il flagello chdelle artiglierie d'ogni calibro e fra il tor- chmento delle mitragliatrici, che rimangono fasempre in maggiore o minor numero a pre- chsidiare le linee sfondate. dLa schieramento dav"»61•«»««»»» pdelle artiglierie nemiche cNessuno avanti l'azione s'era mai fatto millusione sul numero e sulla qualità delle e artiglierie nemiche^ Si sapeva che gli au- sostriaci ne avevano portato sul Carso in gran- mde abbondanza, è le avevano sistemate con trquella cura e quella intelligenza della qua- sle hanno sempre dato prova. In varii mo- hmenti il nemico aveva fatto di quesiti sudi qmezzi dimostrazioni aperte, grandiose, vio- fulente. Negli ultimi giorni eravamo riusciti ba individuare circa quaranta batterie nuo- dve. che fino allora erano state tenute in vsilenzio. Potevamo presumere che altre ancora avrebbero parlato, quando fosse giunto il loro momento. Lo schieramento delle artiglierie austriache sapevamo che comprendeva ogni genere di pezzi, e in quan- mdcamtità rilevante i più grossi calibri del man- pdo. Il terreno si presta mirabilmente atte gpostazioni segrete, alle concentrazioni grati- mdiose, comandate dalla natura stessa del tCarso, dalla configurazione di quella im- cmane terrazza retlangtilare che va dal rciglione settentrionale verso il baluardo co- gstiero dcll'Hermada. Dal mare dunque su qsu fino alle Porte di ferro gli austriaci ave- ' vano stemaz gliori cannoni. E neanche potevamo illu-\ co ava nermuuu, uui mure aunqut su- qno alle Porte di ferro gli austriaci ave- b■> raccolto e ordinato a potentissima sì- ptastone difensiva le falangi dei loro mi- dderci sul munizionamento che è sempre stato abbondantissimo così in tutte le loro offensive come alla vigilia di tutte le offensive nostre. Passale le prime ore dell'attacco, duran- sbcgpte le quali fu visibile un grande sconcerto odelle artiglierie austriache, specialmente in sdirezione del nostro centro e dell'ala destra, vedemmo a poco a poco l'artiglieria avversaria organizzarsi e lanciare all'arresto delle nostre truppe grandinate di proiettili, concentramenti spaventosi dei più grossi calibri, coi quali nella guerra moderna si fanno ormai tiri accelerati come coi cannoni più leggeri. Le nostre fanterie furono soUo quella prova del fuoco superiori a se stesse non solo sul Carso, ma su tutta la linea d'attacco da Piava al mare. Ricordia mo un bombardamento sul Vodice e sulle fgrmdrcmDsv a o di lli to ae a e al me si a se re li mm e ra rn oel nirer rle re eà il ne ooioi di , tpendici occidentali del Monte Santo, duna dviolenza estrema che avrebbe fatto dire a 1chiunque che su quel terreno non poteva desserci più neanche l'ombra di uno dei no- stri. Il bombardamento durò per più di due ore con centinaia di colpi da 305, e quando fu cessato e nuclei di fanteria nemica vennero fuori dalle caverne per occu pare le posizioni battute, vedemmo i no stri balzar fuori dagli improvvisati ricoveri, attaccare essi per i primi e far prigionieri gli altri. Ma non si può durare a lungo a tenere su un fronte di chilometri migliaia di uomini allo scoperto. Bisogna provvedere alla costruzione delle nuove linee, ordinare i la-\quando vede i nostri avvicinarsi lancia sul terreno da essi occupato un razzo o due, visibilissimi di pieno giorno. Così senza K„oTneZicTsa d'ove MarTe Isuoi V^ntì li esegue appunto con le artigUerie. Le fanterie austriache f — vari, e così si ritorna dopo due o tre giorni di movimento alla lotta di trincea, alla guerra di cordone. Bisogna assolutamente SITprire, interrare nei soliti posti, dietro le solite costruzioni sistematiche i combatten- ti, bisogna sottrarli al logoramento e allo strazio dèi tiri, dell'artiglieria avversaria diretta col noto metodo del .lancio dei razzi, Un soldato austriaco appostato in una ca-> verna, accosciato in un avanzo di trincea, Ma per spiegarci l'accanimento della lot- ta e tutte le ragioni che conducono alla so-, sta, il pubblico deve tenere nel dovuto cori- in in -fnrrrt di rpnstpnzn In hranurn p in- f ì,tl wili* n^SJh* ZZi tenacia delle fanterie austriache. Novità- hant propendiamo a una rappresentazione pessimistica delle forze umane di reststen- sa che ci oppone il nemico. Abbiamo torto, La verità vera è che l'Austria fabbrica an- coro soldati eccellenti. Porse i tedeschi su- perano gli austriaci nella potentialità e nell'organizzazione artiglieresca: ma noi crediamo fermamente che le fanterie air striache non siano affatto inferiori alle te* desche. Non crediamo che inglési e fraiU. cesi abbiano contro di sè difensori più oculati più tenaci, più votati alla morte di quelli contro i quali dobbiamo lottare. Non andiamo a cercare i mezzi, le pressioni che si esercitano dagli ufficiali austriaci sui lorq uomini. Abbiamo trovato in gran* dissimo numero t mitraglieri legati m'arma, obbligati così a resistere fino all'ultima, metro di nastro. Il fatto è che gli austriaci ancora dopo tre anni di guerra dimostrano una durezza, una caparbietà nella resistén* che rende sempre più splendida la Vir- tu offensiva del nostro soldato. E' vero cftet , 'noi abbiamo - fatto migliaia 'e migliaia di prigionieri, specie nelle caverne ; ma i art- che vero che migliaia e migliaia di caia* *>er* ricoprono i tratti che il nemico ftojpow luto difendere e che ha tentato di rtpfèjù, dere non una, ma dièci, ma venti volta Disprezzare in tal modo il nemico, fargli una fama inferiore alla realtà sarebbe "uni grave errore da parte nostra, sarebbe une . ingiustizia a danno dei nostri combattenti, Le fanterie austriache sanno ancora tuper* bamente resistere e morire, ed eccellono nelle difese parziali, individuali, special mente di pochi uomini, mentre vanno an e°™ verso i macelli più sanguinósi. DI que sti contrattacchi in massa che. il comando nemico ordina senza badare alle perdite,. », di queste difese sporadiche, saltuarie spe Cialmente di mitraglieri, bisogna tener con? to per spiegarci gU ondeggiamenti ineviiai bili della nostra linea, i contrasti durissimi che si dovettero superare, i sacrifici che re sero gloriose le nosttre Brigate, [,e fatiche immani'dei Combattenti 1 Ma non avremmo detto tutta se xnon rh chiamassimo il pernierò del lettore a quelle che indipendentemente dai pericoli sono la fatiche immani di una battaglia. Le truppe] che sferrano gli assalti su dodici chilometri di fronte consistono in parecchie migliaia d* uomini. Questi uomini per due, per tre, per quattro notti non possono chiudere oei . chio, vivono nell'ansia, nella foga, nel tori, mento, nella tensione estrema della volontà e dell'attenzione. Si richiede loro unajjd, somma di fatiche, un tale eon'sUmo A'ené^ffi morali nervose fisiche che dopo tre o quat* tro giorni d'azione questi tk*mini non pò* sono assolutamente dare più di quanta hanno dato. Bisogna cambiare o tutte a quasi tutte le truppe distese sulla linea dei fuoco. Bisogna rinsanguare i reggimenti, Ì4 brigate, le divisioni. Dalle divisioni ai Corpt d'armata il passo è breve. Ma le truppe che] vengono a sostituire quelle che vanno ai meritato riposo debbono appunto protine* dere a quella sistemazione delle opere di copertura e di difesa, alle quali abbiamo accennato più sopra. Esse potrebbero (adi* mente essere gittate nella fornace per owi« pliare l'incendio, ma le buone leggi della guerra vogliono che si provveda pensata' mente al risparmio e alla protezione del tanto prezioso materiale umano, al quale s\ chiederà poi, dopo il periodo della sosta, un rendimento commisurato alla bontà dell'or* ganizzazione difensiva. Altrettanto dicasi d{ quelle altre migliaia di uomini che colla* ' \ chiedono tanto movimento di mezzi di irà queue aure migliaia ai Uomini Che colla* borano a queste azioni lungo le retrovie prendendo parte agli innumerevoli «efv<zi di rifornimento. Nei giorni d'azione che rti sporto si trovano per le strade intermina* bili colonne di autocarri guidate da soldati che anch'essi hanno due, tre notti di vi* gilia, oppressi dal sonno e dalla fatica. Se passate per i comandi d'artiglieria, negli osservatori, alle batterie, trovate dappertutto soldati e ufficiali che hanno negli occhi la a o e a e febbre delle notti trascorse vegliando, dei giorni vissuti in mezzo al lavoro e ai pericoli. Insomma, tutta l'enorme macchina w mano, e meccanica di ognuna di queste a* ioni offensive ha bisogno, dopo alcuni giorni di una fase più o meno lunga di riposo..Là resistenza umana non può andare olirà certi limiti. Ci si sofferma e ci si riposa final* mente.nella coscienza del dovere compiuto-. Dalla somma dei sacrifici individualmente sopportati, dei risultati individualmente at¬ tenuti, dalla congerie di migliaia e mialiafk a di piccnle e arandi eouaborazioni esce ah a 1nrn nej,0 XJ)iendore sintesi a MIanc£ a dena vut0ria "r™ - LUIGI AMBROSINO ' i

Persone citate: Luigi Ambrosino, Tuttle