La nostra offensiva da Gorizia al mare

La nostra offensiva da Gorizia al mare La nostra offensiva da Gorizia al mare (Dai nostri inviati speciali al fronte) ' e preparazione i. CASSO, 12 maggio (ritardato). j't! Da stamane il cannone tuona violènto al •'di qua e al di là dell'Isonzo. Gli echi riem■ piono le vallate profonde degli altipiani, scendono a perdersi lungi sul mare. Non è il bombardamento di un1 settore, ina di quasi tutto il fronte orientale. Si ha l'impressione che una ampia e vigorosa azione ; stia per cominciare. Siamo dunque agli inizi della offensiva. Quando,. due mesi or sono all'incirca, . prospettammo l'ipotesi di' una grande offensiva austro-tedesca dal Trentino il fronte dell'Isonzo pareva quasi divenire secondario. Non era improbabile che la guerra stesse per spostarsi anche una volta da un lato all'altro della sua lunghissima linea. I problemi del nostro fronte erano allora e sono tuttora talmente complessi, che le opportunità dell'offensiva possono a un tratto essere superate dalle necessità impellenti, della difensiva. Rimasto .a mezzo il piano offensivo del nemico, c iniziatasi l'azione dei franco-inglesi, il fronte orientale riacquistò subito tutta la propria importali•za., parve dovesse significare, senza indugio, la -ripresa della cosidetta « avanzata verso Tfieste ». E' bensì vero che qualche commentatore militare, che non aveva mai dimostrato di dar molto peso all'offensiva nemica contro il Vicentino, non escludeva l'altra ipotesi di un'azione austriaca, contro , la linea, che "chiameremo dell'Isonzo: contro Gorizia, e contro il saliente Carsico. Ma a noi tale ipotesi non parve mai eccessivamente logica. A che scopo l'avversario avrebbe dovuto attaccarci da quella parte? Perchè e come avrebbe egli capovolta in offensiva una sistemazione di guerra difen«Uva, ecoellerttiemente costrutta, e pertinacissimamente solidificata, su capisaldi naturali superiori ad ogni esigenza? Era per esso questione di terreno c di forzo. Perchè pensare ch'egli avrfclhke sentito il bisogno di mutare da quella parte la. natura stessa, a lui favorevolissima, della guerra ? 11 nemico ha sul nostro fronte orientale una linea naturale di sbarramento così potente da non esserci l'uguale in nessun altro fronte europeo. Il suo problema era di difenderla, non di abbandonarla per venire più avanti. - Abbiamo ampiamente chiarito questo nostro concetto in più di un articolo. Da Monte Rosso a Tolmino, da Tolmino a Piava, da Piava a Monte Santo, da Monte Santo a San Marco, da San Marco alle vette più settentrionali e più alte dell'altipiano carsico; da queste allo sbarramento più meridionale, costituito dall'Herniada, le linee maggiori e minori della difesa austriaca sono invidiabilissime. Non potrebbe il'nemico desiderarne di migliori. Non solo. Ma abbiamo detto e ripetuto la sistemazione difensiva del nemico non essere soltanto per linee, ma per capisaldi, a uno a. uno particolarissimamente, minutissimamente organizzati in due anni di lavoro. Quale ambizione, quale follia avrebbe mai dovuto spingere il Comando austriaco a spostare la propria, difesa più ad ovest, su altri capisaldi in complesso meno potenti, • ognuno dei quali richiederebbe, dòpo la supposta occupazione, tutto un nuovo corredo di opere difensive? E se un'offensiva richiede nell'attaccante all'incirca il tri pio delle forze dell'avversario, dove avrei) fce il Comando austriaco da solo cavato le nuove smisurate riserve di uomini e di riiateriali ? Se pertanto la guerra doveva tornare dal Trentino al Carso, non poteva che significare azione offensiva nostra. Al pubblico è forse sembrato che una tale fase tardasse troppo ad aprirsi. Il pubblico ha una sua idea semplice del fronte unico : quando ha visto che i francoinglesi attaccavano, si è domandato perchè tardassimo noi. In realtà noi non abbiamo tardato. A parole si fa presto a. passare da un'ipotesi all'altra : da quella dell'attacco austro-tedesco dal Trentino a quella dell'attacco nostro sul CaTso. Ma queste due ipotesi importano nelle realtà due diverse « quasi opposte concezioni e sistemazioni della guerra. Per far fronte all'una evenienza bisogna organizzarsi difensivamente su un dato tratto del fronte : per passare all'altra bisogna, trasportare su un altro •tratto del fronte il concetto offensivo. Si richiede per lo meno qualche settimana. , E durante questo periodo, e svolgendosi questa lontana diversa e opposta fase, giova-anche un po' di silenzio: non nuoce un certo mistero, che disorienta gli impazienti, ma potrebbe anche lasciare qualche dubbio, qualche incertezza nell'avversario. Il quale tuttavia non si lascia facilmente sorprendere; specie per la seconda volta, e specie oggi, mentre non risulta che egli debba ■guarnire di forze il fronte italiano per Imperiose esigenze di quello russo. Sappiamo, di fatto, che il nemico s'attende da parecchio tempo un attacco sui Carso. Sono* settimane e settimane che i suoi giornali prospettano l'offensiva, preannunziando quasi ogni giorno ai propri lettori la cosidetta decima battaglia dell'Isonzo. Ogni nostro episodio di bombardamenti parziali, ogni nostro concenti-amento di tiri, quasi ogni nostra esercitazione di artiglieria, faceva credere agli austriaci che noi •i stesse per cominciare. Da un pezzo il 'nemico era silenzioso, ma nervoso. La sua calma non era che appurante. Trepidava di attesa. I suoi ricoveri crono provveduti di acqua e di gallette per il caso ogni giorno atteso del nostro bombardamento di battàglia. Le truppe avveano l'ordine di vuotare le trincee e di rinchiudersi nelle caverne, non appena fosse cominciato il nostro fuoco senza requie, che impedisce il quotidiano rifornimento, che quasi taglia fuori dalle loro basi i contingenti in linea. Il nemico si rendeva conto — con impaziente anticipazione — della realtà inevitabile. Essa era semita dulie nostre truppe del fronte orientale, le quali la vedevano, ne vivevano giorno per giorno. C'erano in mezzo, .n6 erano parte. Nuove unità giungevano, giungevano sempre nuovi cannoni, e sì piantavano : una batteria dopo l'altra, un gruppo dopo l'altro. I pezzi arrivavano dagli arsenali quasi a. getto continuo. I depositi delle munizioni aumentavano. Si ignorava il numero e di queste e di quelli, ma girando pel -fronte si sentivano pronunciare ai soldati, cifre favolose. Non la conoscenza perfètta) che spetta e appartiene al Comando, ma. una specie di mito, non senza qualche leggenda, non senza le inevitabili esagerazioni» che pur servono ad aumentare la certezza, la fiducia, la fede. La constatazione dei mezzi che s'apprestavano, era uno degli elementi di quella «ergia morale, senza la quale il numero, la quantità delle fanterie contano poco, e elle con nuova cura, il Comando alimentava mandando soldati e ufficiali a parlare alle trappe, a parlare fra le truppe, della guerra, o#f tuoi fini, della sua portata, mrfcsnsiAe a della necessità di uscirne presto e vittoriosi. Si cercarono parlatori appositi, i più adatti al non facile compito. Si m'andarono fino nelle prime linee, nei ricoveri, nelle trincee, a tener crocchio coi soldati. Si diffusero alcune massime semplici, elementari, istruttive, si diedero consigli' illuminati da lunghe esperienze, si spiegarono molte cose. E intanto il Paese continuava a domandarsi : « A quando l'azione? ». L'azione era' già cominciata, l'azione ferveva nel silenzio, in questa attesa e preparazione. luigi ambrosini. Dopo cinquanta ore di bombardamento CARSO, 14, mattino. Ita. cinquanta ore ormai dura, senza tregua, con accanini'emto crescerne, con furore che in, certi momenti -divièros spasmodico, M nostro bombardamento. L'inizio. la prima giornata, le difficoltà, la preparazione di questo colossale lavoro d'artiglieria, che deve arare le posizioni nemiche per seminarvi'la distruzione, la morte, lo scompiglio, il terrore, vi sono già state descritte. Mi rimane da riferirvi la cronaca della seconda giornata. Contro l'Hermada La giornata di ieri.- domencca, 13 maggio, rimarrà memorabile per tutti coloro che vi hanno assistito. L'aria di tutta la zona di fuoco, pia pesa ardente dal terribile tòro del giorno innanzi, è percorsa da brividi caldi. Da Tolmino a] mare nell'afa di -un'aurora che ricorda le calure di luglio, indugiano pigramente foschi vapori pesanti, e stagnanti. Effetto del bombardamento, oppure del temporalle deilla notte? E' più probabile il primo caso, poiché il «ole è splendente e limpidissimo l'orizzonte. Intanto, dopo una notte agitata, in cui l'avversario noni fu lasciato tranquillo uh sol minuto dalle nostre artiglierie leggere, e durante la quale giunsero risposte rabbiose ria Costanievica e da Sedo, e divani parono incendi: meHe lontane regioni delle retrovie austriache, .fra Temnica. e Vo.isc.izza, fra. la vai di Chianpowmo. e quella del Vippacco, l'infernale oiyheBtJ-a di tutti i calibri nostri ha ripreso la sua tragica sinfonia. Cannoni, obici, .mortai e bombarde spa.raiiwy insieme. Tutte le vette fumano, levando contro il oieilo azzurro caligini nerastre. Fumano, da Auzza in giù, il .Fratta e il Kuh 711. lo Jelenik ed il Kobileki Torio estremo della quota. 3f>3 di Piava ed il Kuk 611. le gobbe di Vortice e il Santo, le recede, di Santa Caterina e il -San Gabriele. Che differenza .tra questi « santi » come vengano chiamati comunemente dalle truppe, già biichernidi .e spazzati dalla battiglia, e le alture più settentrionali dei due Kuk, che s'affacciano sul medio Isonzo, rimaste a lungo atìdornienfate in urna guerra ferma e lenta, e ancora fresche di praterie intatte, e ancor profumate, tra l'odor d«Ua. polvere, di .giovine primavera! Ormai il bombardamento inesorabile uguaglia, tutta la zona. Vette e scosceiiiiìimentt, rocciè e praterie subiscono la tempesta delle granate. Il convento del Monte Santo, jvTeso sovakite in pieno. ' è. straziato di ferite e di squarta. Ogni tanfo s'innalza, dalle sue mura in rovina la fiamma di un incendio. Bisogna ohe le caverne ove i suoi difensori s'annidano, come quelle dei Kuk. di Santa Caterina e del San Gabriele, siano bene inferrate e profonde, per resistere alla pioggia furibonda e micidiale, .che si rovescia loro addosso. San Marco, la tetra collina irta di scheletr:- d'alberi,, che dall'agosto dell'animo passato. inT-^mbe su Gorizia col tormento continuo dei suoi proiettili, assume in certi istanti' l'aspetto d'un vulcano, tanto è fitta la gmagniuola che i nostri cannoni vi gettano su. E o"otc vicine, la 174 e la 166 di Salcano, o\i . i ostri, per tenerne i.l possesso, dovettero .-"^tenere tante lotte violente, si avvolgano del fumo che viene dalle posizioni antistanti, martellate senza tregua. Dal San Marco, la 'i/nea di creste che si spinge sino ad Ovete Dra.cra è tutta una teoria di pennacchi grigi, e nembi di fumo ogni tanto si levano dal giallo ventaglio di rolline e vallonceilli disgradanti dal San- Marco al Vippacco. E già spaventevoli tiri d'infilata costellatilo di buche te quota 126 — questa .sentinella avanzata del Carso, sulla sponda del Vippacco e più in là il Golnek e quota. 484 in faccia al Fajti. Si vedono incendi in lontananza, ai pie;!! del Causo, lungo le pendio!- che dal Dosso F'ajti scendono al nume. Che brucia laggiù? Forse qualche casa di Spaoa.pani, di Martiniec o di Vintsce, questi poveri, paesi che la guerra ha ucciso. A sud del Fajti. verso Costanievica, Hudi Log e le quote di Monfalco-ne, tutto il Causo austriaco ulula e si -lamenta. Ma dove specialmente si concentra il nostro fuoco niinrtel .laute e saettante è. sul misterioso., e minaccio so baluawlo nemico, l'Hermeda, e contro la sottostante valle di Btestovizza. Da tutte le parti, di fronte e di fianco, dalla vetta alla base. l'Hermada e colpito. Più volte le nostre granate incendiarie fanno ardere qualche lem bo delle sue chiomate boscaglie. Parrebbe ohe quella robusta fortezza naturale dovesse spro fondare sotto la valanga di feiiro che la copre e l'allaccia, ma rimane là impassibile, enigmatlica, buia-, a. sba.rrare la strada di Trieste E tutta la terra trema, via per le quote e le doline carsiche sino alle paludi del L'sert alle officine dell'Adria Verone, alla marina di Monfalcone. Nell'aria calda i numerosi pai Ioni-drago intercettano, segnalano, si tengono in continua comunicazione coi comandi. E le squadriglie degli ai-eoplani tengono a d stanza i velivoli nemici, lanciano bombe, s battono in duelli drammatici a base di mi tragliatricr, recano informazioni ai nostri Co mandi di artiglieria. La risposta austriaca HI nemico anche ieri ha risposto, assai te nucemente nella zona del Carso, più debolmente da Gorizia a Tolmino. La reazione austriaca è il fatto nuovo di questo bombar damento. il più grande senza dubbio che la guerra nostra" registri. Le altre volte, durante le pi-cedenti offensive sull'Isonzo e sul Carso, mentile il nostro tiro di distruzione si abbat teva sul campo opposto, l'avversario taceva o rispondeva appena con radi colpi, che servivano .soltanto a dimostrare come esso - avesse i ]>ezzi, ma non intendesse adoperarli, colp senza effetto e senza meta. Ora la condotta austriaca è diversa. Benché il nostro tiro lo abbia sbalordito e confuso, cosi da non la sciargli comprendere dove e quando si svol gerà l'attacco, benché di solito, dopo venti quattro ore di bombardamento, sopravvenis sarò le ondate delie fanterie, benché non mai come questa volti il nostro tiro di contro batteria sia stato efficace e preciso, benché ad ogni tentativo più audace l'artiglieria avver su ria sia stata ridotta al silenzio, pure, con ostinazione nuova, l'artiglieria austriaca ri spose coi grossi, coi medi, coi piccoli calibri e colle bombarde. E la risposta, che, ripeto tu debole e fiacca, nel settore delle alture isou tino, ebbe qua e là. in certi momenti ed in certi punti del Ca.rso, quasi il carattere di un contro-bombardamento. Se dallo Stol, dalle spalle di Costnnievica, c più In su dalle itàaccliie del San Marco, le batterie austriache lavorarono ad Intervalli, specialmente contro 11 Fajii, fu dalla valle di Brestovica o Brestovizza e daM'Hermada, ohe si pronunciò la reazione maggc'iore. Tirarono di là i grossi calibri sui rovesci del Carso, sulle vie di comunicazione, sui nodi stradali, sui camminamenti, nei.luoghi ove supponevano l'esistenza di sedi di Comandi, ti.rairono al di qua dell'Isonzo, In certi paesi' tranquilli e ridenti, che da tempo avevano dimenticato l'urlo sinistro della granata. Altri paesi più esposti, come ad esmp!» RooM, furono bombardati in parecchie ripnese. Monfalcone ricevette. molte granate (e thrìno ebbe la nostra degna risposta), e tutte le nostre Unse litoranee furono nel pomeriggio bersaglio alle battere avversarie. E oltre a ciò. il nemico si accani contro le nostre posizionili di Bosco Malo, di Lucat'c, di quota 208 nord, d.i quota 144, toccando anche il Vallone e la strada di retrovia. VizimtiniiOppacchiiasell-a. Intervenute sempre le nostre azioni di contro-batteria, i calibri nemici furono ridotti al silenzio. Si può dire che i colpi austriaci arrivarono al massimo alla proporzione di uno contro dieci nostri. Effetti sicuri Cosi il nostro bombardamento sorérchiente. sistematico, continuò intenso sino a sera, dando risultati evidenti e constatati dalle pattuglia negli intervalli del tiro. Oltre agli incendi frequenti e risibili a distanza, furono annientate le trincee, battute linee avanzate e linee arretrate, i rovesci dei monti, le eomunifcaaioni. i depositi', le baracche delie truppe e quelle dei Comandi, i centri stradali, i paesi annidati nella depressione, di Britof, nel Vallone deil Roliot, e in vai Chiappovànò, nella bassura di Gargare, nelle valli del Corno e del Viippacco e quelli che campeggiano .sul Carso, al di 'là di CostaaVevica e al di' là di Solo! In molti punti, come nel settore di Piava e in quello di Gorizia, sT .sono pws&nì&ti gruppi di disertori atterriti dal bombardamento, che dava l'impressione — disse qualcuno — di non finire più. I disertori confermarono che il nemico ha molte vittime e subito danni enormi. Dovunque, si trovano trincee sconquaissate e reticolati sconvolti. Durante la giornata di ieri fu a più riprese giocato aill'avversa-iio • un inganno perfettamente riuscito. Si i'ivtemrppe il bombardamento in date zone, quiadi si allungò il tiro, come se .stensero per uscire le fanterie e slanoiaaisi all'assalito. L'avversario vi credette e com-iuiciò un fuoco infernale di shrappnels contro le prime linee e contro i rovesci: persino qualclie mitragliatrice entrò in az>'one. Ma dei nostri nessuno .si muoveva, e poco più tardi'riprendeva più terribile il nostro cannoneggiamento. Lii notte (13-14) passò più catana. Le nostre artiglierie leggere furono adoperate, cune nella notte precedente, in un fuoco di interdizione per impedire al nemico di riattare, colla protezione del buio, le sue tLVeee soonvolte. Stamane, dopo cinquanta ore di fuoco mjnterrotto, il tiM si va accelerando, diviene 'più nervoso, più precipitoso, più incalzante. Le fanterie all'assalto A mezzogiorno reparti di fanteria si slanciavano daUe linee avanzate suUe pendaci delle colline ad est di Gorizia vèrso Tivoli, sulle, alture ad oriente della Vertojbizza e si arraTiipicavano, tra i reticolati sconvolti, fra le trincee r'dotìe in frantumi, verso le più elevate posiziouiiavversarie. Immediatamente il nenii■o apri un- fuoco terribile con una serie di Daterie leggiere rivelatisi all'improvviso; mentre Gorizia, e le posizioni arretrate erano percosse dai grossi calibri e con granate asfissianti. L'attacco prosegui dal basso in alto tra ostacoli iix'.redtbi.ii. In vari punti si accesero.combattimenti vivissimi die durarono tutto il pomeriggio. Dagli osservatori si vedevano i segnali delle truppe in marcia avanzare, salire, avverare d'artiglieria per i vari a-Iflungamenti del tiro durante 1 progressi del fanti-. Due eroiche brigate combatterono cosi accanita.mente, duramente, implacabilmente fino *a sera, resistendo contro le cortine di mitraglia e di shrappnels, tra continue alternative di brevi retrocessioni e brevi avanzate. Per tutta la giornata e per la notte successiva, si succedettero gli attacchi e i contraitta«xhi, le dìspute rabbiose per il possesso d'un'altura, di •una, gobba, di un rialzo del terreno. Vi furono momenti in cui la schiena giallastra e pelata che il Sani .Marco espone verso Gorizia sembrava schiantare, ferirsi di voragini, trasformarsi in vulcano e lanciare in aria getti di pietre, di scheggle e di membra umane. Si videro giri- eroici fanti aggrappati ai pochi tronchi d'alberi rimasti in piedi, e restare immobili!, impassibili sotto le raffiche tremende. Le colline ad est della \'ertojhir.za erano velate da una lunga striscia di fumo rossastro, sotto la quale sparivano i combattenti. Anche a settentrione e ad oriente della regione settentrionale del Causo, specialmente nella zona del Fajtà, le fanterie furono molto attive. E ananto, a sud, verso Costanievica, verso Lukaiik, verso il mare crepitava la fucileria, rombavano le cannonate. GIOVANNI CORVETTO. Commenti inglesi e francesi all'offensiva italiana Londra, 16, notte. I giornali danno un posto preminente alle prime notizie intorno all'offensiva italiana che vengono accolte con evidente soddisfa zlone e con vivo interesse dal pubblico in glese, tempre pronto a simpatizzare ooll'Italia ed a rallegrar*! dei suoi successi. Parigi, 16. notte. L'E.rcelsior vede nell'offensiva italiana ..una nuova .prova dell'accordo che piesiede ai disegni dell'Intesa in un momento particolarmente opportuno. L'Excelsior scrive: «Gli eserciti tedesco ed austriaco sono alle prese con una vigorosa offensiva che li priva della libertà d'azione, ciò è per I nemici una profonda delusione e le conseguenze degli avvenimenti nelle attuali circostanze possono es sere considerevoli ». _ Carlo I nell'anniversario... Zurigo, 16, notte. L'imperatore Carlo arrivò "ieri in treno nell'occasione dell'anniversario dell'offensiva austriaca nel Trentino. Si recò a Folgaria, ove assistette alla Messa, e salì poi al castello (dice un comunicato), dal quale l'anno scorso diede l'ordine dell'attacco, le ri sera l'Imperatore ripartì per Vienna. (Aff. Stefani). Il Cancelliere andrà a Costantinopoli Zurigo, 16, notte I giornali neutri e berlinesi recano che il Cancelliere dell'Impero tra breve si recherà a Costantinopoli per restituire la visita recentemente fatta a Berlino dal Gian Viair..

Persone citate: Bosco Malo, Cannoni, Dosso F'ajti, Giovanni Corvetto