Si decida il Governo
Si decida il GovernoSi decida il Governo L'agitazione dei postelegrafici non accenna ancora a risolversi. Attraverso discussioni, comunicati, comizi, ordini del giorno e interviste, il pubblico ha potuto rendersi conto della questione, valutare i termini del problema, riconoscere infine quanto vi è di onesto e di equo nelle richieste degli impiegati, che per unanime consenso degli stessi loro superiori si sono prodigati durante la guerra in una operosità lodevole ed ora chiedono più umane condizioni di lavoro e di vita. 11 Governo non ha l'aria di preoccuparsene : tra i Umidi a si » del Ministro delle Poste (che dopo una mal consigliata sfuriata contro il personale ha dovuto fare non poche ammissioni sui loro <i desiderala ») e il tacito « no » del Ministro del Tesoro, su cui il collega scarica ora la responsabili'à, del rifiuto a migliorare gli stipendi dei postelegrafici, il Governo è assente, non parla, non agisce, non dice nò di sì uè di no, come se il disservizio nelle comunicazioni postali, telegrafiche e telefoniche non lo riguardasse affatto, conio se non si trattasse di sai. aguarda re, attraverso un pili soddisfacente trai lamento del personale, la vita economica del paese. Il singolo cittadino, che la guerra ha fatto docile e paziente ai disagi peggiori, non può rendersi conto abbastanza delle dannose conseguenze di un cattivo servizio postelegrafico : poco male, infine, se la posta ritffida, se il telegrafo non funziona! Ma il Governo, lo Stufo, che devono guardate alla somma delle cosi', all'insieme dello attività nazionali, non possono non avvertire il gran danno collettivo che dei iva dalla situazione attillile. La disorganizzazione dei servizi telegrafici c postali vuol dire In disorganizzazione degli affari, il ristagno delle attività commerciali e industriali più vaste, il lucro cessante e il danno emergente pei lenta paralisi della vita economica del paese, e ciò in un momento cosi delicato come il presente, all'indomani della lunga guerra, quando più preme la necessità ni riallacciale le fila dilla produzione e pdladegrclfapgsdsufscfiandngddLdegli scambi. A H'estero. cose genria sorpresa e persone provenienti da ligi ci hanno espresso hi questo stato di sfiducia. Alcune Londra e da Pastùnore e una «••■ita irritazione di quei ceti commerciali, industriali e K.iianziar.i, i quali non i ieseono da qualche tempo a corrispondere col nostro paese con la necessaria e desiderabile piontevza: i telegrammi o non partono o arrivano... a piedi, le lettele il che fin qualche settimana pei destinazione. K nei circoli epolifici di Parigi e di Loni più volenterosi amici de) i quali non chiedono di li lavorile una più intensa di scambi con l'Italia in questa riprèsa economica di I mondo, il loro male cornspos impiega no giungere a co n orni l'i e dia. anche nostio paese, meglio che attività urgente non nascondono nei vedersi cosi male corrisposti.., nane regie poste e telegrafi, e finiscono per passare ad alilo, per rivolgersi da altre pai ti. Accade, cosi, che per non spendere qualche milione di lire in aumenti di stipendio legittimati dall'enorme rincaro della vita, il nost.ro Governo infìigur alla Nazione, ogni giorno che passa, perdite ben più cospicue, chiude ad essa le vie a maggiori espansioni economiche, le foglie la possibilità di arricchimenti futuri. 11 Governo si decida, dunque! Smetta il comodo gioco dello « scaricabarili >. tra un Miuistio e l'altro. Ira il Ministro tecnico che. riconosce la legittimità dei richiesti migliorànienti pecuniali, ed il riie fa vedere assalititi Ministro del Tesoro, cassaforte vuota. La «li la unn Staio • - collie e eione di scrivere za piena per fai abbiamo avuto occunon è mai abbasfan! spese inutili, per le gli sperperi colposi : nemmeno lauto vuo far ci edere, per far i e doverose della provvidendella pei equazione economi' Bilancio conilo le degli impiegali e per il t'affo stesso ileìa trovarsi in grave e spese superflue, pei ma essa non è mai ta, come si voi i ebbe le spese ut il za sociale e ca. Lo Stato di una nazione civile, che ha latto una gueria costosa ili parecchie diecine di miliardi, non pini drizzare le colonne d'Ercole del legittime aspirazioni dei lavoratori, che la guerra vengono .... *\ insostenibile disagio economico: non lo potrebbe nemmeno se il Governo avesse l'assoluta coscienza, di non avere'sprecato manco un centesimo di quei molti miliardi, che ha speso fuor d'ogni conti olio per la guerra, compiisi i milioni del Commissariato per la propaganda softo la ditta Gallenga-t'omandini, per le « missioni a IP l'Isti' u» n dei suoi lavoriti ai quali l'aria del fronte avrebbe potuto far male, ed i milioni... non ricuperati delle forniture... sbagliate, delle provvigioni troppo generose, dei contralti per materiali guerreschi da consegnarsi... dopo la tipe delle ostilità! Come lo Statò, e per esso il Governo, denaio che ci voleva ha trovato fufio i per fare la guerra e da ha speso senza guardare signore lo per il sot¬ tri un tanto il Governo devono necessari a i ipuiare file, cosi lo Sfato ed ben trovare i milioni le ingiustizie creato o appiofondite dalla guerra, per ristabilire l'equilibrio Ira stipendi e cosfo della vita, per rimettere la Nazione in'grado ili lavorare e prosperare, senza di che la stessa vittoria resulterebbe sterile di benefici. Mai come adesso, è vero, dopo l'enorme salasso, s'impone ai Govèrni una politica severa di economie, ma economia vuol dire non spendere male il pubblico denaro, non gettarlo impioduttivamente, tagliare nel bosco troppo folto del parassitismo e dello sperpero, e non già nega- slpdPndCncaadfsda[IdCegsaasfmepuptppf'bqmlteg re l'indispensabile ai lavoratori ed aiIservizi dello Stato. Non è, no, sulle sniil-1 ze borse degli impiegati che il Governoipuò fare economie, mettersi sul piede della parsimonia. Per ricuperare al bi- j lancio statale qualche milione da spen- der meglio, —- per i postelegrafici,, aillesempio, e per le altre cafegorie d'impie-1 gat.i non meno peggio frattale — baste- rebbe solo, tanfo per accennare a qual-'cosa di attualità, sburocratizzare un fan-Ilino il problema della'smobilitazione, af- frettare la restituzione alla vifa civile e!al lavoro ntile di migliaia di militari, uffi-ipiali e soldati, che non chiedono di me-|gliò che di alleggerire il bilancio del Mini- stero della Guerra, dei loro stipendi c in- domita e soprassoldi e cinquine, a loro slesso giudizio non più giustificali da una iutile prestazione di sei vizio. Sfollare, il j fronte degli elementi non più indispen-|sabili militarmente e utilissimi invece a casa propria, nel proprio campo od ufficio; mettere un po' d'armistizio, se non ancora pace addirittura, nei cospicui eniolumenfi, che sotto varie forme di indennità e soprassoldi di guerra confinila no luche dopo guerra a raddoppiare ! gli stipendi dei più alti gradi, vorrebbe dilo non soltanto neccie.)aro la ripresa|della, vita normale del paese, ma anche risparmiare, ogni giorno clip passa, som-| me considerevoli per le opere, essenziali della ricostruzione, della giustizia econo mica, della provvidenza sociale, Ma questo non può essere detto che incidentalmente. TI Governo non dovrebbe aver bisogno dei lumi del pubblico o rlei suggerimenti dei giornali per bene intendere l'economia del pubblico denaro. Quel che invece sembrò utile e doveroso dirgli, caso mai non se ne fosse an-ì cora accorto, si è clic in Italia c'è una: seria agitazione dei postelegrafici. Di: fronte a questo il Governo ha il preciso dovere di risolvere il dilemma: questa.; agitazione c giustificata, o no? Non c questione di momento, di opportunità,] come altri ha detto: è questione di so-! stanza. Se i milioni non si trovano oggi, con molta probabilità non si troveranno doiuani. Sulla sostanza, tuffi, compreso il Ministero, per mezzo dei suoi giornali, h« conc.hiuso clic le domande dei postelegrafici erano • t'ondato. Per cui devono essere esaudite: il pubblico ha diritto di pretendere il retto funzionamento di un servizio cosi importante com'è quello postelegrafico-telefonico. 11 Governo ha già avuto il torto di lasciare insoluto fino ad oggi il problema. Non si deve più procrastinare: lo risolva e subito. III i [
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