Luca Cortese narra la sua vita e le sue gesta

Luca Cortese narra la sua vita e le sue gesta Luca Cortese narra la sua vita e le sue gesta Le imprese industriali e il sogno delle Ì6Ì e uosa notte w99 Oggi ; 11 piib'ri'l y.p uree gaietto tinaie si Cortese noma, 9, "notte. ;!•? 13 sì è ripreso il processo Cortese, co è ancora più tolto che neile udien(lenti. 11 protorlo 6 invaso da un "l elegante sciame femminile, net notti l'attrice Gina Chinnloni. Luca tese i anche oggi tranquillo e sorridente, ggln mi paio ni' guanti gris-perla, nuovi lu amanti. Appena aperta l'udienza il presidente continua l'interrogatorio di Luca Cortese che esce dal gabbione o prende posto dinanzi al Presidente, dopo aver dato un lungo sguardo circolare Ira il pubblico femminile. ii 'meco per.,, la fidanzata Il Presidente chimi? al Certose: — \'i visitila clic il cav. Colazza fosse al corrente del trucco riguardante il cromili. Diatto e il falso )■ eri'aris? Cortese: - Oliando avvenne all'» Hotel Metropoli di Milano il famoso incontro, me presente, Ira il Colazza e il Piatti, che rappresentava il eomm. Minilo, non soltanto il >-"i;i/.za era a perfetta conoscenza di tale sostituzione, ina esso prese in ingannò me, che di nulla ero a conoscenza. Vidi presentarsi da se stesso il Piatii coinè nomili. Dialto, mentre avevo capito che egli non poteva' essere l'industriale torinese. In, per il momento, stetti zitto per non far sfigurare il Colazza, ma quando fumino all'» Ilùtcl Continentale » dissi chiaro a;i Colazza cito era una lmffonata e che ne ero indignato. Presidente: - Ma per quale ragione il Colazza avrebbe ideato ii trucco del falso eomm. IJiatto? Cortese: — l'er'.questa ragione, che il Colazza, per conquistarsi sempre più la fiducia della sua fidanzata, le faceva credere elle il celimi. Diatto partecipava alle sue speculaaioni. Perciò il CoUr/za ideò il trucco dei falsi piatto e Ferraris, Cortese, fra l'ilari té dell'uditorio, parla del sue primo incontro col falso Diatto alla stazione di Milano, e narra poscia che la trasformazione di Pialli in Diatto fu da lui considerata in seguito come cosa non grave perchè io stesso Colazza. in un Collòquio avventilo a! Ministero di Grazia e Giustizia, dove il Colazza era capo-divisione, aveva assunto formale impegno di far aggiungere al cognome di Piatti quello di rifatto, mediante "decreto ministeriale. o l i e . a e o i , o i i i a e a e i e n a i a. r si eo , o, i aue, a i ee Colazza sdegnata A questo punto il cav. Colazza chiede la parola e dico: — Signor presidente, desidero fare uiia semplice dichiarazione, ed è questa: che se io sto zitto di ironie alle enormità inqualificabili clic sta narrando il signor Corlese, è unicamente pel rispetto che debbo alla decisione del Tribunale di non permettere le interruzioni. Soltanto per questo, sebbene l'animo mia sia in tempesta, neri intervengo perché altrimenti a quest'ora avrei già dieci volte saltato i ferri delia gabbia e sarei piombato addosso al signor Cortese. Per ora, 'mi limito a dichiarare clic tinto quanto dice il Cortese è un cumulo di falsila, o poiché il Cortese sta parlando di lettere mie con le quali presentavo il falso Mi arto, sfido il Corlese, a produrre quéste lettere. Cortése, scherzando e con aria trionfante: •Sfido io che il Colazza mi invita a presentare le sue lettere! Egli su di tare ciò a eolno sicuro, egli sa benissimo the queste lettere non esistono più, perchè egli stesso Ila straniate. — Colazza sorride in aria di compatimento, ina Cortese, accendendosi sempre piti: — Sicuro! 'l'auto ii Colazza quanto il Piatti venivano da me al momento in cui ricevevo la posta e distribuivo le lettere secondo le varie panilo ai miei segretari ed al mio seguito; mi chiedevano le loro lettere procedenti e le stra.ecia.vano; prendevano cosi le toro precauzioni... Nasce poscia una vivacissima contestazione, rispetto al famoso plico di garanzia per quattro milioni depositalo al Credito Laziale, contenente, quando fu aperto, della caria straccia e delle cambiali senza valore, il Cortese afferma che tale plico era stalo fatto dal Colazza per accaparrarsi sempre più la fiducia della signora Emery. Perciò il plico rimase dapprima costantemente presso in fidanzata del Colazza. 11 Cortese afferma ciò per scagionarsi dall'accusa-tli aver partecipato alla preparazione di questa falsa garanzia; ma l'on, Camerini, difensore del Colazza, insorge chiedendo se il Cortese possa confermare che il plico dei quattro milioni immaginari, venne fatto proprio solamente per la signora Emery, fidanzata del Colazza. Cortese: E' Imitilo die ella faccia della ironia! «Vittima di tutti» On. Camerini: — Per la dignità, del mio ufficio non posso permettere che" il Cortese usi verso un difensore il linguaggio da lui adoperalo. Sappia il signor Cortese che esisto una grande distanza ira ine e lui. lo non sfono un imputato. Troppe prove di rassegnazione stiamo dando assistendo senza protestare a delle enormità come quelle dette dal Cortese! Cortese: — Ma che enormità, io sono qui la vittima di tuttiI Nel seguito dell'interrogatorio il Cortese si sforza, di dimostrare die egli, lino a pochi giorni prima de! suo arresto, ignorò che il tracco dei falsi Diatto e Ferraris potesse costituire un fallo criminoso. — Io, dice, il Cortese, sempre ignorai che il Piatti firmasse le cambiali e sopratutto elio le firmasse col falso nome di Piatto, (ilarità). Me ne accorsi poco prima del mio arresto. Avvenne così: dovevo ricever dal Colazza, per mezzo del Piatti. 150 inala lire; invece, il Piatii mi consegnò soltanto 125 mila lire, lo gli chiesi perché mancassero 35 mila lire ed il Piatti mi rispose: «Ho dovuto firmare come voleva 11 Colazza eoi nome di Diatto e. mi spelta pure qualcosa ». Compresi allora in quale inganno io ero caduto, ina era per me troppo tardi. La corrispondenza con Colazza Il presidente contesta all'imputato che in tulio il fascicolo della sua corrispondenza si trovano copiosissime lettere per un ■lungo periodo di tempo dirette al Colazza e nelle quel» a costui si danno assicurazioni sull'esistenza e sul l« serietà del Consorzio Siderurgico e sull'imminenza di rilevanti incassi. Cortes» risponde che Colazza gli mandava ogni giorno umi o due lettere reclamando risposta immediata, Queste lettere avevano lo scopo di rassicurare la signora Emery donna molto intelligente. Colai'za l-i costringeva ano!io a scrivere spesso al Maufredini. Negli ultimi tempi le lettere, die il Colazza gli scrivevaegli lo conservava ed in seguito le riconsegnava al Colazza che le stracciava dopo averle verificate per accertarsi che erano veramente quelle scritte da lui. Ma poi il Colazza, convinto déil suo procedere cavalleresco, non glie le chiedeva più ed il Cortese le lacerava egli slesso. Del resto, dice il Cortese, la frequente insistenza delle lettere del Colazza era cosa nota, a tutto il inondo. Ricordo che io. come tinti gli artisti e letterati, avevo l'abitudine di lavorare molto olla notte. Qualche volta lavoravo sino olle 4 ed alle 5 del mattino. Mi levavo poi alrte in e mezza od alle 11 e ricordo che spp<sso, uscendo dalla mia camera da. bagno, trovavo nel salotto dieci o dodici personeche sovente mi aspettavano. '1 cameriere mi consegnava varie lettere. Egli, riconoscendo la calligrafia del Colazza, mi diceva: Ecco due o fi e lettere dell'avv. Colazza. Io mi liberavodelle persone dì minore interesse e. rimanendo con quelle di maggiore fiducia" aprivo in loro presenza le lettere quotidiane del Colazza. Ricordo che una vòlta Matilde Serao mi disse in napoletano: e Ma mandatolo adiavolo questo signor Colazza! ». Devo poi dichiarare che avevo interesse di stracciare le lettóre, perche in esso vi erano accenni a situazioni sentimentaji mie che interessavano la mia persona ». A questo punto (-olezza dice di volere parlare circa queste lettere, ma Cortese continua a parlare dando spiegazioni sumodo metodico che usava circa la sua corrispondenza e nel suo dire ritorna sovente ad accennare al « mio seguito », al " mio saOott.o intimo». Dice che il contegno del suo procuratore generale cav. Colazza era risultalo insufficiente ed arbitrario a tutti i suoi conoscenti ed amici, giornalisti, uomini politiciuomini ii affari e letterati. « Clio io scrivessdelje lettere a Colazza. sulle minute ohe invenivano inviale, — prosegue Cortese, — e che stracciassi le lettere olio mi pervenivano era cosa notoria a tutti coloro che mi frequentavano. Di ciò possono fare fede Treves, Marengo, Procida, Russo ed altri. Pres. : — Perché avete scritto ad altri delle lunghe lettere sul tono di quelle scritte al' Colazza? — Cortese: Presso la signora Emery si trovava l'ultimo mio figlio ammalato, il quale era ignoto a mia madre ebe voleva conoscerloOnde la necessita,, da parte di mia madre I recarsi presso la signora Emery. Fui indottopoi a far restare il mio bambino presso ria a a e e o o o 0 o o , n i » a e » o i a i , e e e i e a e e i o e, i a o o] n o l ie a o e rl d o no, i i e o nae i e . signora Emery dalla necessità di non far sapere alla signora Tilde Teliti che avevo ancora un bambino da mia moglie, dalla quale! la Tel-di credeva-che io" mi fossi diviso. E'! none si sappia che lo posseggo un'anima di • poeta e di artista. Fui vinto un tempo da un sentimento di vero amore per questa affettuosa signora, dio poi ho ingannala, tanto chej oroponeVo di divorziare dà alia moglie. Per' lei che mi ha confortato tante velie-, (ila rità vivissima) lo tesi anche d.versi inganni che non posso non riconoscere, pur manifestandole nuovamente un grato ed affettuoso ricordo. Ritornai dalla mia decisione di divorzio quando fui richiamato al senso del dovere du.l pensiero di quella santa donna ih mia moglie e della mia famiglia ». U conte concludo questa digressione affermando che j rutto le bugie espresse nella sua lettera erano unicamente rivolte a.l proposito di eludere ed ingannare cosi la signora Emery come Tilde Telrti. Gli Intrighi coll'avv. Capo Pres.: — Parlatemi precisamente del vostri rapporti cos'Imputato aw. Capo, ora latitante. — Cortese: Mi fu presentalo dai Colazza che propose di trovarmi denaro in presi ho. lo accettai a condizione elle il denaro fosse versato per assegni. Egli mi assicurò che avrebbe trattato soltanto*'con persone rispettabilissime e riservate e mi fece alcuni nomi tra cui quello del seti. Crnciani ,'tMhrancV Mai sospettai che l'avv. Capo, per trovare questo denaro, si fosse valso di effetti cambiari e, per giunta, falsi, e perciò il solo responsabile della imputazione, che ini si fa, cioè del reato di truffa in danno del Credilo Centrate del l.iiziip per avere falsificato 53 cambiali, è. l'avvocate Capo. Questo reato è in correlazione colla truffa in danno di Rolìand. La ragione per la quale l'avv Capo volle essere presentai':' al Pialli deve ravvisarsi nel fallo che egli volava conoscere il eomm. Di'atto, ritenendo die Piatti fosse ii vero industriale torinese. Quando poi Capo ini propose e. mi parlo vagamente del prestito della Banca Latina io opposi recisamente, un riliuto, dicendo che io oro insolvibile. , Presidente: — E' vero che parlaste eoi Piatti delle varie proposte fatte, da! Capo? — Cortese: — E' vero, ma gli consigliai, riferendogli quelle proposte, di essere soltanto gentile perdio ero sicuro che il Capo si sarebbe doluto se fosse stato trattato male 'da un industriale come il eomm. Diatto. -- Presidente : — Non è vero che invitaste il Pialli a concludere l'affare? — Cortese: — Insisterò sempre nel dire die invece sconsigliai il Piatti arV assumere qualunque impegno. Nego che. parlando col diret. tore.della Banca Latina, avessi a costui detto clic non facevo questioni intorno alle provvigioni, perdio ero abituato a largheggiare. Nego anche di avere detto al direttore della Ranca Latina di concludere l'affare con profitto. Questo' direttore ha detto .delle inesattezze. Ritengo che siano state pronunziate ed espresse per vanità personale, quasi per dire e dimostrare clic fu più avveduto e più astuto di altri suoi colleglli. -■• Il presidente quindi mostra a i^irtese una lettera riguardarne, le operazioni'di sovvenzione eolla Banca Latina. L'imputato riconosce la sua firma solamente, mentre dici:.ara ebe il testo della lettera non è stato scritto da luì. Spiega quesla diversità di scrittura col fatto ebe l'avv. Capo dovette ricopiare uno dei fanti fogli in bianco che egli spesso firmava. L'imputalo vorrebbe spiegare, dettagliatamente,ricordando particolari e fatti già noti, questi metodi di amministrazione personale, ma il presidente lo invita, ad essere più sobrio c meno prolisso. Cortese: -- Signor presidente. Mi scusi e mi perdoni l'ampiezza delle mie dichiarazióni, ma io ho insogno di essere chiaro, e preciso, sperialmente intorno a ciò che riguarda la mìa vera c reale attività industriale, specialmente perché da questa verità risulterà chiaro il passaggio da una siInazione, veramente esistente alle invenzioni poi venuto intorno al trust siderurgico. -- A questo punto, dietro preghiera di un avvocato, l'udienza é sospesa pei' qualche minuto di riposo. Cortese fa un po' di autobiografia Ripresa, poco dopo l'udienza, continua l'interrogatorio di Cortese. Questi parla diffusamente interessando vivamente l'uditorio, delle sue imprese industriali, del suo sogno teatrale, ed anche delle sue scappale amoroso. ■Signor presidente, dice l'Imputato, occorre che io spieghi al Tribunale in che sono consistiti i miei altari industriali, "quali siano quelli di cui mi sono realmente occupato e come essi, abbiano poi servito agli altri per inventare fandonie del tipo di quelito del famoso trust, siderurgico. — Pres.: Va bene, ina siate breve. — Imputato: Esporrò per sommi capi, ma dovrò sempre farlo con una certa ampiezza. Sino all'anno 1000 fui ufficiato del- i 1 ' ; j l'esercito. Quando lasciai l'esercito 'ero chi stato trasferito all'arma dei reali Vnt_iM,viDv: ed - carabinieri ognuno sa che, per passare, in tale arma, occorre avere illibatezza indiscutibile di vita Por ragioni di salute lasciai l'esercito ina continuai a rendere servigi ai carabinieri eri all'arma di finanza. Mi dedicai ai predi 1p.ui studi letterari che ini costarono ingenti somme. Allora dovetti cominciare ad occuparmi d'affari. Non mi interessai di industrie perché lavoravo per alcuni giornali, e posso citare ti 'Giornale d'Italia», e non volevo die si credesse che io scrivevo per interesse. Feci un buon affare con un gruppo inglese ed americano nel 1!)11 per la vendita' di una nave Ropo di ciò, assunsi la. direzione dell'azienda giornallstica-militare che aveva, un passivo annuo ingente e che io trasformai poi in Casa Editrice Nazionale. Io assunsi un passivo di trecentoniila. lire e ciò a.l ministero della Guerra si sapeva e fu lo stesso Ministero -- eravamo al tempo della guerra libica — che mi invitò ad occuparmi d'affari di forniture. Allora varie ditte proposero di unirsi a me e fu cosi che ini posi in rapporto colla Ditta Fcrrario o Gitlardi. Gli affari industriali ■ Noi non facevamo che opera di mediatori, ina il Gittardi volle fare opera diretta e fornire, sotto il nome di Rossi Messina, il ministero o tré a. mia insaputa. Quando venne i'oijdifie di sospendere la fornitura, il Giitardi mi confessò ri fatto,' lamentando di essere rovinalo. Mi adoperali per salvarlo, imi il Gittardi non mi credette. Prese impegni cambiari e così giungemmo al fallimento. In quell'epoca mi misi in rapporto coi fratelli Perrone, proprietari della Ditta Ansaldo, la quale, pur essendo la sola azienda italiana capace di costruire completamente una nave, dallo scafo alle artiglierie, non riusciva inai ad ottenere da'l ministero un'ordinazione completa. ! Perrone si lamentavano giustamente di ciò. Mi occupai di loro e riuscii a.d ottenere l'ordinazione completa. Altri affari importanti feci loro 'concludere. Quando i0 venni poi In dissidio con Pio Perrone. dovevo ancora liquidare certe importanti somme. -Per questo, venni per la prima volta in rapporti coll'avv! Parodi. L'ing. Perrone non ha potuto negare i rapporti con ine. però ha sostenuto di non dovermi più nulla, Molti i rapporti coi Perrone, i miei amici industriati inglesi ed americani mi proposero di costituire un Sindacato industriale italiano ed è così che =' tm-'A di farne presidente il eomm. Dante Ferraris e di metterci dentro il eomm. Diatto ed mitri Scoppiata, la guerra, il Sindacato non fu potuto costituire, lo ne avevo parlato a! Co. lazza, die tirò poi fuori la storia del trust siderurgico, lo conobbi il Fenoglio. — prosegue Cortese, — quando i miei amici nazionalisti attaccavano la Ranca Commerciale. Mi reca.' da lui ed ebbi tali spiegazioni ie mi convinsero essere ingiusti gli attacchi dei mie» amici. H eomm. Dante Ferraris lo cnnnhbj allorché si dimise da presidente della Società editrice dell'» Idea Nazionale », appunto in seguito agli attacchi contro la Commercialo. In quell'occasione, il Ferraris mi disse: «lo so quali porcherie vi ha fatto Ha ditta Ansaldo ii. Cortese conclude questa parie del suo dire affermando che aspetta ancora la liquidazione del suo avere dai fratelli Perrone. Pres.: — Informavate di tiiMo il Chiazza? Cortese; — 11 Colazza lo conobbi all'epoca della liniiiidaziofut Ferratrio-G.ittardi, ma io non informai il Colazza de.l miei 'propositi, sia nel campo industriale, sia in quello politico. Ora, vorrei djTC qualche cosa sulla, mia azienda teatrale Il sogno di «Millo ed una notte» Presidente: — iParlate, ma siate breve. Cortese: — Non voglio che si creda che la mia azienda artistica fosse mia cosa fatta vagamenti e pei- diletto. Se io tassi nato miliar-ìgli affa¬o i darlo, non mi sarei dedicato prima a li industriali. Gli affaci i«au'i»ii fpimm ren doro molto, li mio amministofctore generale, cav. Paradossi, era un viaggiatore, ma attuaimente possiede del mUtoni. La mia fondaz'one si dilaniava Istituto Teatrale buca Cortese, e doveva comprendere teatri, repertorio e compagnie, la volevo diventare, poco a poco, i! proprietario di tutu i teatri, In modo die fratelli Chiarella, Paradossi e Franco Liberati, sarebbero diventati miei impiegati e ciò consacrato da contratto, lo volevo sostituire ulie volgari pocketles .delle buone comme.di« taliano Noi non afobianjo ancora, purtroppo, un Teatro italiano, non abbiamo ancora degli autori, né si possono averne sino a quando scrittori e giornalisti, che oggi si divertono a cantaro sui mici dolori e sulle mìe angoscio, vivono una vita di miseria.. Io stavo stipulando l'acquisto di tutto il repertorio col Re Riccardi, ora arrestato per nitri motivi. 10 stavo, come diceva taluno, per realizzare 11 sogno di «'Mille e una notte», ed avrei dato all'Italia il suo Teatro. Volevo moralizzare il Teatro e, per conseguenza, io provvedevo il vestiario alle piccole attrici perchè potessero vivere senza vergogna. Mi assunsi anche i debiti di parecchie grandi attrici, ma, verificandosi un abuso, diramai una circolare a tutti ì miei capi-comici che regolassero il vestiario alle prime attrici. Così cercai anche di fondare una grande sartoria teatrale, Mi preoccupavo di dare all'Arte l'iutificio che spesso è la bellezza della realtà. Vango ora ai doni, che mi vengono imputati. Feci doni in occasione di serate d'onore, ma | sempre in una data misura.. Feci anche doni'ja due intere compagnie: quelle di Emma e [di Irma Cromatica, perchè• avevano dato s/j- perbaniente il GiulUmCesare, di Shakespeare, Fu questo un mio adissimo sogno d'arte. Poi ; venne il carcera. i»P, i! dittatóre de! teatro. Amato e te- muto, vi fu una gara di attori per dimostrarmi Ciie non volevano abusare di me.. Avevo unigrande programma da svolgere -e. per V'attua- i zionc del mio piano, avevo giti acquisiate ne ve Compagnie: delle, signore Grammi" di Tinti ■'. Lorenzo, 'di tt Uggeri, di Sainati, di Tempesti, di Amedeo Chiantoni e di Tuuiiaii. e trattavo con altre 3? Compagnie di minore ordine. Intendevo legare quest'opera .il mio nome ed a quello dei mie: tigli. La mia opera era cosi seria e cosi ione che I.yda Bordi: e Piperno, che non avevano aderito al mio piano, vennero poi da me per tratta,e. Tut.ii i teatri di prosa apeni in Italia dovevano diventare mia proprietà. Realizzavo poco a poco il mio programma, clic era il monopolio dei teatro italiano. Vi furono alla Società degli amori discussioni con me, perché quel Sodalizio si preoccupava delle conseguenze die avrebbe ponilo arrecare al teatro un mio eventuale abbandono. A me quindi I denari non furono dati perchè li restituissi. Fui io, ad un certo punto, che mi accòrsi che potevo capitalizzare le mie imprese. Allora pensai che sarebbe stato bene che restituissi il denaro, lo mi determinai a ciò anche per non vincolare la mia impresa ad mi istituto confessionale, ricordandomi che Massimo D'Azeglio, nel Parla me ulo Subalpino, disse die l'Austria aveya per quarant'anni premuto il LombardoVeneto con il teatro della Scala. L'accordo che io avevo col Credito Centrale era non solo per le aziende teatrali, ma anche per l'Unione riviste e giornali e la casa editrice di mia fondazione. L'Unione riviste e giornali avrebbe abbracciato undici giornali, ali'infuori de! cinque cattolici già esistenti. P. M. : — Vorrei che l'imputato spiegasse questo fatto. I.e sue aziende hanno cominciato a funzionare verso il 1917. Come mai 4- conti del Credilo Centrale risalgono al 1915 e già per cifre rilevanti? — Presidènte: — Questa è una contestazione che mi ero proposto di rinviare dopo tutto. — Cortese: — Preferirei chiarire subito questo punto. Nel 1015 Colazza provvide alla liquidazione delle mie passività: poi venne la guerra ed io fui richiamato in servizio. Dopo essere stato congedato, si trattò dell'azienda teatrale e delle altre ed è logico che l'organizzazione teatrale si formasse sul finire del 1916, poco prima cioè dell'inizio dell'anno comico. I conti degli alberghi e dei gioiellieri «Nel 1910, però, cominciarono a funzionare alcune compagnie senza clic ancora apparissero di mia proprietà. 'Per la Casa editrice mi ero già inteso con eminenti uomini d ogni parte o di ogni fede. Avevo parlato con D'Annunzio, avevo scritto a Roberto Marvasi. avevo invitato Falbo, direttore del Messaggero ad interessarsi dell'Unione riviste e giornali. Dovevo poi recarmi al Messaggero a dissipare ogni dubbio a Falbo sulle fonti dal mio denaro, ina poco dopo fui arrestato. II Presidente viene, a questo punto, a contestare al Cortese, le imputazioni minori di truffe, ad albergatori, a negozi di moda, a gioiellieri, ecc. Presidente: -—'Parliamo della truffa a Tagliati? — Cortese: — Si tratta di un semplice prestito. Il signor Tagliati mi prestò 75 mila lire, ed io firmai per 150 mila, lo credevo che fosse stato liquidato dal Colazza, mentre poi seppi die doveva ancora avere '-Ti mila lire. — Presidente: — E per la truffa a danno di .Stopparli? — Cortese: — Io nulla ho mai satputo delle 1 mila lire die costui avrebbe dato al mediatore Filipponc. E' possibile che io commettessi una piccola truffa, proprio mentre maneggiavo centinaia di migliaia di lire? — 'Presidente: — Parliamo della trulla a danno del signor Della Casa, proprietario dell'Hotel Vesuve di Napoli. — Cortese: -- Il Della Casa io non lo conosco. All'Hotel Vesuve io scesi per invito di amici miei, ivi -alloggiati. In un anno io ho pagato a quell'albergo almeno 50 mila lire. Ora ini accusano di '(ruffa perche l'albergo è rimasto insoluto, a causa del mio arresto, del conto per l'ospitalità da me offerta a Tina di Lorenzo e ad Armando Falconi. — A richiesta del Presidente, Luca Cortese, spiega il funzionamento degli assegni- bancari ed il sistema, da lui seguito >per effettuare i pagamenti N'essuno fu truffato — afferma il Cortese perchè erano le Ditte che venivano insistentemente ad offrire merci. Col gioielliere Grassi, di Napoli, la cosa è pero diversa. Egli era stato protetto dalla mia famiglia. Quando e gli apri il negozio di oreficeria si lagnò con alcuni miei amici perchè non facevo acquisti da lui. Cosi mi indussi a fare acquisti nella sua gioielleria. Egli mi dichiarò la sua piti viva riconoscenza e diceva che io. ed ti Duca d'Aosta eravamo i suoi migliori ciientl I doni .' Egli ini pregò di servirmi da lui per 1 doni agli artisti nelle serate d'onore, lo mandai da lui la Tina di Lorenzo e Falconi a scegliere un dono e poi gli richiesi il conto. Finse quasi di offendersene, lo, tuttavia, benché costretto a partire per il Comando Supremo, dove do vevo trovarmi con d'Annunzio e col colonnello Barbarici! dell'ufficio stampa, mandai uno dièque di fiOOO lire. Non è vero che non vi fossero denari a me intestati alla banca. Vi erano 80 mila lire a me intestate. Diecimila lire, ri-cordo, erano destinate alla signora Cassetta e le avrei date quando il Colazza mi avesse scritto di farlo». Nei riguardi del gioielliere Confatomeli, il Cortese si rimette alla deposi ziono scritta protestando .la sua innocenza. Esaurita questa deposizione il presidente domanda a buca Conese perche- egli si facesse chiamare conte e professore. Cortese dice che per discendenza diretta della sua famiglia di origine spognuola, il titolo nobiliare gli spetta, tanto che aveva pregato il Colazza, non per sè, ina per il llgiio suo, di fare registrare la di scendenza presso la Consulta araldica. « Io dice il Cortese — sono di origine spagnuola e discendo da Fernando Cortes (Commenti) Per il titolo di professore — continua — non ritengo che sia indispensabile un attestato accademico. Ilo permesso che qualcuno mi chiamasse così perché ho insegnato la sto dell'arte drammatica e materie militari. Tengo però a dichiarare che tutti i miei intimi, letterati, poeti, giornalisti, artisti, rni hanno conosciuto col semplice nome di Luca Cortese e cosi rni hanno conosciuto il Colazza, il Manfredini ed il Folcili. » A domanda del presi dente sul primo incontro, die ebbe col cav i Casti, capo dell'ufficio investigazioni a Roma ' l'Imputato dichiara che fu egli stesso a solle, citare questo colloquio dopo avere parlato col direttore generale della P, S. al quale fu presentato da Matilde Serao. —- Nel colloquio che volli avere col. Casti, gli dissi chiaramente che io attingevo I fondi al Credito Centrale Idei Lazio. — Le contestazioni dovrebbero prò | seguire su quest'argomento, ma l'ora è tarda t ed il presidente rinvia a domani il seguito | dell'interrogai.irio. L'aula si sfolla tra i più vivi commeusìs