A Treviso la deserta

A Treviso la deserta A Treviso la deserta i(Da uno dei nostri inviati speciali al fronte) Traviso, febbraioIn Piazza dei Signori a Treviso ritrovo un capitano' del « Novara » (i gloriosi bianchi lancieri) già commissario italiano a Monfalcone. Ci scambiamo uno ii! quegli abbracci serrati e bravi, di una bruschezza che vuole tagliar corto alla commozione; quali si danno pjli amici al rivedersi dopo una sventura cocente. Ci si dice tutto senza aprir bocca. Un vecchio lanciere di Monfalcone Richiamato all'inizio della guerra e inviato a quc| posto nella Amministrazione civile delle terre invase il buon genovese alacre e sagace ha conservalo la propria figura di vecchio lanciere, immune di ogni traccia di abitudini sedentario. La piega del oa.no verso Ja spalla destra sembra avergli fissato nulle vertebre del collo l'impostatura raccolta del cavaliere che rompe di fianco addosso al nemico. La verità è che per oltre due anni il commissario di Monfalcone ha vissuto da fante tra i fanti. Tutti laggiù lo conoscevano di nome e di persona, i lupi delle trincee. Dai gropponi di Sei Busi ai guazzi verdi lungo il m'ire, per tutto ti basso Carso, -non c'era forse una guida più spericolata di lui, un più consumato conoscitore di tutto e di tuttiLui c il povero maggiore Ederle. Di cose ne ha vedute quante forse nessuno; di pericoli no ha corsi quanti i giorni e le ore vissute laggiù; di granate ne lia sentite sibilare u scoppiare tutto intorno, a centinaia di migliaia, uccidendogli più d'una sentinella sul l'uscio, fracassandogli a una a una le varie sedi dell'ufficio, andandogli a cadere nella va sca da bagno (a Monfalcone c'erano di queste oasi di lusso, fra le rovine) o perfino sul letto. Si sarebbe detto che le batterie austriache avessero un conto da regolare con. lui; benché egli non si sia mai impacciato a sparare neanche un colpo di fucile. Mi pare di averlo sempre veduto girare disarmato, come un buon sindaco che non ha. bisogno di ricorrere a mezzi estremi per farsi rispettare dai suoi ani min istinti., E quanti ne aveva di amministrati 1 Tutte le dimore dei nostri poveri e santi morti erano sotto .la sua giurisdizione. Ini quanti sepolcri non ha egli dovuto comporre amici e conoscenti, passati da lui, per salutarlo, un'ora o due .prima,, o qualche giorno avanti, e diretti alle linee! Di quante tombe non. ha avuto pietosa-cura, di quanto non ha Inviato alle famiglie un vivo e visibile ricordo! E ora lo ritrovo a Treviso, in quest'altro luogo d'i solitudine, di abbandono e, pur troppo, anche di rovina. „ — Ma lei è sempre nei posti brutti — gli disse un di questi giorni il Duca. — Altezza, \ado dove mi comandano. Povera n bella Monfalcone ! A ripensarla c<gi sembra una sede dorata. In giro per Treviso Facciamo un giro per la città. E' l'ora do! tramonto, e le piazze e le strade si vuotano ancln- degli ultimi viandanti fretto! i^i. io case restano abbandonato alla solitudine morta della sera. I.o spettacolo è di una tristezza che non si riesce ad esprimere con pa- role. La minaccia del cannone diffondeva su Gorizia molto meno squallore. Gorizia aveva il movimento, la nerezza e l'ardenza del combattente che resiste sulla linea delfuoco. Arsa, lacerata, battuta, non cedeva, non poteva cedere. Aveva un'animazione mi- litare costante, ed una persistenza di vita ci- vile meravigliosa, commovente e pur seni- plice e naturale. Era una vittima, ma aveva l'orgoglio del proprio sacriticio necessario e proficuo. Treviso è la vittima che ha dovuto cedere. A cento metri dalle prime linee si resta, quando ci si'è; a dieci chilometri bisogna fuggire. Sotto il cannone c'ò molta gente — anche donne, anche vecchi, anche bambini — disposta a tentare la sorte, a sfidare giorno per giorno la morte. Sotto le. bombe degli aeroplani, sotto le incursioni aeree, clic durano ore e ore, talvolta dalle sette della sera alio sette del mattino, non vogliono restare neanche gli audaci, neanche quelli dei quali si dice u che non hanno paura ». — La verità è — mi dice l'amico '-• che tutti hanno paura e che tufti se ne vanno. E' convenuto — una convenzione come un'altra — che non vale la pena di fare la morto del topo. E poi c'è un grande argomento che dà l'ultima spinta anche ai coraggiosi: non si può dormire. Passare in bianco tutte lo notti di una settimana di luna non è possibile per chi non possa ne dormirò né riposare di giorno. — Cosicché, anche tu te ne vai? — Io che c'entro? Io riesco a dormire. E se non dormo, riposare mi basta. Treviso è proprio la vittima che ha ceduto. Ha dovuto cedere, nella speranza ;che la ferocia nemica avesse una ragione per dichiararsi placata. Treviso è un agglomerato di case, non è più una città. Obiettivi militari non ce n'é più. Popolazione civile neanche. Dunquer... Dunque, con la nuovi luna i « Gotha » torneranno a fracassare qualche altra diecina di case. Sono le esasperazioni pazzesche di questa immane guerra scientifica. Guasti e rovine Nel nostro giro diamo uno sguardo ai segni delle recenti incursioni. Una bomba Goduta in piazza dei Signori ha sollevato il soffitto del portico della Cassa di Risparmio della Marca Trivigiana e sbocconcellato Io colonne, schiantando vetri ed imposte di alcune caso vicine. Hanno avuto scalfitture — che rimarranno a ricordo di queste belle impreso — le due lapidi in piazza, quella del plebiscito del 18G0 e quella garibaldina. Dna bomba caduta nella sede del Consiglio provinciale ha fatto cadere metà del soffitto a cassettoni del 1878. Il non lontano Monte di Pietà, con affreschi del Fiumicelli, é stato risparmiato, al paro dell'antico Palazzo della Ragione. Ma intorno a questi monumenti sono molte le rovine di casupole, alcune delle quali si sono rovesciate sulle anguste stradone, otturandole con montagne di macerie, in vicolo Rialto una bomba incendiaria cadde sul magazzino di una drogheria e sviluppo un incendio, sul quale gli aviatori volteggiarono a lungo, gettando altri proiettili per impedire l'opera di spegnimento. In via Manin è crollato metà dello stabile della Banca di San Liberale. Il custode, che s'era rifu, giato nella saletta della cassaforte, fu sepolto e ucciso. Altre vittime si trassero dalle macerie. In via Bordone, in via dell'Oro altro casupole furono colpite e squarciate: cosi pure in via Risorgimento, in vicolo Cantarano, in via Castel Medardo, e la casa N. 8 io corso Vittorio Emanuele, la casa N, £2 ia via Carlo Alberto, vicino alla chiesa di San Gaetano. La villetta del cav. Coletti è tata spaccata in due ; una meta s'è rovesciata in un cumulo solo di mattoni e di mobili sul giardino; l'altra resta in piedi tutta crepata. Pezzi di tappeti, scaglie di muro, sbarre di ferro, gambe di sedie, lastroni di zinco, frantumi di vasca da bagno, lembi di abiti, di coperte furono proiettati a molti metri di distanza, e in quel che avanza si fruga come, in un pattume, da cui non si riesce n cavar nulla d'intatto, di servibile e di pulito. Anche il davanti dell'Ospedale civile fu colpito e nel vuoto delle pareti rotte spicca la campana della cappella., che al momento del crollo diede uri lugubre rintocco lungo. Fu quello {.come il più tragico singhiozzo di morte che si udisse in quella dimora di tante miserie e di tanti dolori. Tristi constatazioni. E l'avvenire? So ne parlava appunto con l'amico mio e più tardi con il generale che comanda il presidio, un vecchio combattente d'oltre Isonzo, alta e aristo, erotica figura di soldato e di patrizio, con sangue trentino nelle vene. Impedire la. guerra aerea è impossibile, è assurdo pensarci: ma si tratta di trovar nuovi modi di difesa e di offesa. Nel caso particolare di Treviso il ricoverarsi è difficile, data la mancanza di cantine e di grotte, e l'impossibilita di sbavare profondo nel terreno che scopre subito l'acqua. Bisogna ricorrere alla difesa aerea, moltiplicare le batterie, preparare grandi fuochi di sbarramento; e sopratutto si tratta, e questo è il compito più generale ma fondamentale dell'aviazione, di sviluppare sempre più la potenzialità offensiva delle nostre squadriglie da bombardamento e da caccia. Si verrà certamente anche alla caccia notturna; e al bombardamento preventivo o simultaneo dei maggiori campi nemici ili aviazione. Bisognerebbe poter riuscire a cancellare o a diminuire con una strabocchevole potenzialità dell'arma aviatoria la fatale inferiorità del fronte. Quelli appena s'alzano sono iti casa nostra; noi purtroppo anche quando andiamo da loro siamo in casa nostra e voliamo su popolazioni nostre, su nostre dimore, su nostri beni. Fra i rimasti Treviso contava in tempo di pace circa 40.000 abitanti. Oggi conta parecchie migliaia di profughi. Per tutta questa gente anche lontana, la città continua-ad esistere: debbono continuare ad esistere almeno i principali uffizi, o in un luogo o in un altro. A Treviso è rimasto e rimano il prefetto, conte. Bardesono di Rigras. funzionario energico, sulle cui spalle si sono accumulati molti oneri, e dei più gravi. Li ha retti e li sta reggendo con ammirabile costanza. La prefettura di Treviso é diventata un posto avanzato di combattimento. Bisogna a quando a quando fare i conti con qualcuno che non è precisamente il Governo. Il Presidente dello Deputazione provinciale, romm. Dalla Favera e il signor Battistelli. profugo di Belluno, nominato commissario prefettizio, esplicano anch'essi in difficili condizioni un'opera utile, quanto necessaria. A delegato municipale del j là città è statoTiomlnato il cav. Tito Gazze ne, illuminato conoscitore, e. benemerito cròni? i sta di Treviso. L'on. Cicogna, deputato d"l ]secondo Collegio, assiste i suddetti funzionari iè le. autorità con la più continua operosità, '/ottantaduenne don Bayle, 11 creatore del Museo di Treviso, il buon prete che iroim ricordi conserva della, dominazione austriaca, e. """"'f^1,1 rimasto in citta come un tutore vigile delle sue memorie. Ed e rimasto il |vescovo Longhin con quasi tutti i suoi par. roei. Nelle trisii circostanza più o ìneno re centi, il clero trevisiano ha dato esempi non dimenticabili di virtù patrie e cittadine. Non <■ da stupire che contro questi modesti e volonterosi rimasti sia volata sibilando maligna' la freccia di qualche eroica figura di Parto in fuga. LUIGI AMBROSINI. Lotta d'artiglieria sul fronte anglo-francese Londra, 16. Un comunicalo del maresciallo Haia, tu data di tarserà, ilice: Stamane d\ buon'ora le nostre pattuglie hanno sorpreso un dislacpamcnto di lavoratori nemici ad est di Lens. E' stato immediatamente aperto ùn fuoco di mitragliatrici, e il distaccamento è stato disperso. Nostre pattuglie hanno dì nuovo fatto un certo numero di prigionieri in altri punti del fronte. L'artiglieria nemica è slata più attiva che abitualmente durante la giornata fra Goudcaucourt e la Scarpe, nonché nel settore di Lens. Vi è stata pure una certa nllività di artiglieria durante* la scorsa, notte e nella .giornata d'oggi a nord-est di Ypres. Le nuvole basse e la nebbia hanno di nuovo molto ostacolato le operazioni aeree nella giornata del 14. ìlalgrado queste sfavorevoli condizioni, i rioslri velivoli hanno tentato ricognizioni lanciando bombe sulle retrovie nemiche. Un convoglio e truppe nemiche sono stati mitragliali dai nostri apparecchi c,he volavano a bassa quota. Una nostra macchina manca. Il comunicalo pomeridiano di ìlaig dice: Le nostre truppe del Lanchashire hanno effettuato al principio della notte un colpo di mano con successo in vicinanza della ferrovia Ypres-Staden ed hanno preso undici prigionieri. Le-nostre perdile sono state leggere. Durante la notte l'artiglieria nemica si è mostrata attiva a nord di Lens e di. fronte a La Ttassée. Il comunicato francese delle ore 15 dice: In Champagne nella regione di Ville sur Tourbe ed in Atta Alsazia i francesi respinsero tentativi di colpi di mano nemici. Da parte loro i francesi in una incursione nel settore di Vauquois fecero un certo numero di. prigionieri. Areoplani nemici lanciarono la notte scorsa parecchie bomba nella reciane a nord diNancy: sono segnalali morti e feriti nella popolazione civile. Arrèsto di tedeschi a Reval Amsterdam, K Si ha da Riga che i massimalisti hanno arrestato a Reval i tedeschi e gli estoniani. La nobiltà tedesca della regione è stata messa fuori legge*