Il convegno di Versailles

Il convegno di Versailles Il convegno di Versailles L'Italia e i suoi interessi in Adriatico (Servigio speciale della STAMPA) e a a a a o l e e a o ti i a i * o i * h a i l e o i to el Preliminari Parigi, 29, notte. Lloyd George, lord Milner, Orlando e Crespi, tornati ieri sera da Londra a. Parigi, dopo un lungo colloquio in un salone della Stazione del Nord con Clemenceaii, venuto a.d attenderli, traversata la capitale in automobile, presero ieri sera stessa possesso a. Versailles degli appartamenti che occuperanno durante la conferenza interalleata, dove li ha raggiunti l'on. Sonnino, arrivato oggi a. Parigi. I lavori della, conferenza cominceranno solo domani. Per le ore 10 ò indetto un convegno preparatorio a cui assisteranno soltanto i tre primi ministri dell'Intesa: Cleraenceau, Lloyd George, Orlando. Questa prima riunione sarà seguita da un'altra plenaria, che avrà luogo alle 14, al Trianon Palace, sede del Consiglio superiore interalleato, ed alla quale assisteranno anche gli on. Crespi e Alfieri, i ministri francesi membri del Comitato di guerra e gli altri ministri inglesi presenti a Parigi. Al pianterreno del magnifico edilìzio che si eleva sul limitare del gran parco reale, di Versailles, fervono i preparativi per la. riunione. In un ampio salone che da un lato guarda sul parco stesso è stalo disposto un gran tavolo coperto da un tappeto rosso intorno a cui siederanno i delegati. Quattro tavolini ai quattro canti sono riservati ai segretari. Non si tratta, è bene ricordarlo, di «conferenza". L'annuncio corso prematuramente in Italia, non rispose mai alle intenzioni dei Governi coalizzati, i quali credono che basti oramai, per la condotta normale della guerra, il provvedere ad applicare il sistema elaborato a Rapallo, alla base del quale sta l'impegno dei capi dei Governi alleati di ritrovarsi insieme una volta al mese, almeno, con delegati speciali. Ma il carattere normale e regolare del convegno i domani non toglie nulla a quello che è stato già detto sulla sua importanza. Le mpcriose esigenze del «caos» russo e dela. crisi di viveri di cui tutti i popoli indistintamente soffrono in misura diversa, restano, come per l'ultimo convegno, mateia di discussioni e di deliberazioni. Il biancio esatto della situazione diplomatica, non è un tema meno urgente, dopo le manifestazioni successive dei discorsi di Lloyd "eorge e di Wilson da un lato, di Czernin di Hertling dall'altro. Ma pare che si sia orso troppo nell'affermare che una risposta collettiva degli Alleati ai due Cancellieri degli imperi nemici debba uscire dalle sedute di Versailles. Almeno le nega una nota ispirata. Sarebbe cosa contraria non solo alla verità, ma anche al senso comune. Se vi è difatti una conclusione evidente che possa trarsi dalla recente partita diplomatica è l'assurdità del sistema che consiste nello scambiare discorsi spezzati su una piazza pubblica- « Sin quando si trattò di spazzare il terreno da questioni minori e raziocinare su grandi idee trascendentali, i discorsi poterono dare l'ini pressione d'un progresso verso la méta scrive il «Journal» —, ma appena si volle affrontare, direttamente le difficoltà ed esaminare la realtà si rivelò il vizio fondamentale del metodo. Nessuna discussione, è possibile quando nessuna, delle parti può modificare il suo punto di vista sotto la pena di apparire al cospetto del mondo come pronta a capitolare». La redazione di una nuova dichiarazione collettiva sembra dunque da scartare. Per precisare però certi punti lasciati nell'ombra nelle recenti manifestazioni da Lloy.1 George e Wilson, è possibile che i couvenmti ritengano sufficiente un comunicato il quale confermi il valore degli accordi stipulati. Certe espressioni di malumore, notate in Italia e qui riprodotte, non sono ignote più a nessuno dei Governi alleati ed ii prevedibile che i convenuti a VerSail les ne terranno conto. Bainvillc lo afferma nell'Action Frangaise, pigliando da questa assicurazione lo spunto per criticare a fondo i cervellptici piani di un nuovo orientamento proposto all'azione della diplomazia italiana da giornali che voi conoscete e che pretendono di giungere ad ottenere la scomparsa dell'Austria accordandosi colle varie pietruzze dei vari pezzi del mosaico austro-ungarico per disfarlo. «L'Italia Iva torto — scrivo — di credersi abbandonata e minacciata nei suoi interessi, appena osserva che l'attenzione 'degli alleati si concentra sulla Germania. Sarebbe dunque Inutile dimostrare agii italiani, non an cora convinti di questa verità elementare, che lo smembramento dell'Austria avrebbe l'unico effetto di sostituire gli HohenzoIlem agli Asburgo nella difesa degli intetessi comuni della Confederazione, germanica? La- Germania tiene a conservare Trieste all'Austria, non già per lealtà di alleata, ma perchè considera Trieste come uno sbocco necessario e fisiologicamente indispensabile a se stessa. Se l'Austria muore, la Germania sarà la sua erede generale. La Prussia scenderà, sino alle alpi Giulie e l'Italia subirà il vicinato prussiano ». E' fare oltraggio al senso politico degli italiani supporre che possano preferire il contatto dell'organizzazione 'tedesca a quello della burocrazia viennese. Suscitare mia Lega, di popoli slavi? Quale chimera! Come, mai si può credere ancora baso vitale e sufficiente per la politica italiana, una Lega di popoli slavi? «Questa idea, sbocciata, in Francia prima della rivoluzione, non resistette all'esame. Da. allora sappiamo per esperienza quello che vale a resistenza dello slavismo. Dall'esempio della Romania, vedemmo poi a quali poricoli si espongono i piccoli Stati anche eroici affrontando i grandi. E dovranno essere proprio gli italiani a fondar speranze su A fafigrInsiimzit itvproFchdlomCePmpnmslasiiepaCdscCBscgncgcdcrspqtfcaqenazioni in pillole, non ancora nate, per far contrappcso alla massa tedesca?». Deci- samente lo scrittore non riesce a ricono- score in questa idea gli eredi di Machia- velli. La questione delle nazionalità nondev'essere considerata dagli alleati se non nine un'arma contro l'IAuslria della quale bisognerà sapore servirsi. «Ma si ò siculi per esempio, die il movimento operaio partito ila Vienna non -svanirebbe se gli austriaci di lingua tedesca vi scoprissero per esempio un carattere czeco? I tedeschi, prima ili essere proletari, si sentono tedeschi. Speculare sul socialismo e anche sul massimalismo austriaco ó una cosa; sperare nei conflitti di razze estreme un'altra. Por non confondere, bisognerebbe distinguere Infine l'esempio dell'Ungheria, italofila quando non era ancora autonoma, dovrebbe insegnare ai nuovi apostoli della nuova crociata ad essere più cauti. « Dio sa cosa è divenuta nell'Ungheria contemporanea la u ! scl'segppA quella di uno Stalo eia maturo che hai efatto le sue prove. Questo basta, a. giusti- ; aica re la bontà della loro causa stessa. Gli; cgrande amicizia di Kossuth per l'Italia! ». n conclusione lo scrittore nazionalista sconsiglia ai conservatori nazionalisti gli slanci mprovvisi in favore del principio delle nazionalità. « Sappiamo benissimo quello che nostri alleati desiderano. La loro causa taliani non hanno che da invocare i ser vizi tesi e da porre in .valore quelli che possono rendere ancora. Ecco argomenti robusti per l'Italia nei Consigli dell'Intesa. Facendo dipendere il suo avvenire da altro che dalle realtà, rischierebbe al contrario di dare l'impressiono che essa dubita della loro forza ». D. R. L'Agenzia Stefani comunica da Parigi. 29, ] mattino : Una. conferenza, alla quale assisteranno Clemenceaii, l'on. Orlando e Lloyd George e i ministri degli esteri barone Sennino e plisninsgfauilnppdPichon, avrà luogo a Versailles domani, bmercoledì mattina, alle ore 10. Alle 2 del pomeriggio, sempre a Versailles, sarà tenuta una riunione del Consiglio superiore militare interaileaito. Il presidente del Consiglio italiano, on. Orlando, il ministro della guerra italiano, generale Alfieri, il presidente del Consiglio inglese Lloyd George, il ministro britannico Lord Milner, arrivati ieri sera, allo 19,15, con treno speciale, provenienti da Ca.lais, sono stati salutali alla stazione dal presidente del Consiglio, Clemenceau, e dagli ambasciatori d'Italia e d'Inghilterra. La nota officiale sui colloqui di Londra Londra, 20, sera. L'u Agenzia Reuter» è autorizzata a dichiarare che la visita d.el presidente del Consiglio italiano on. Orlando nella Gran Bretagna ha dato risultati completamente soddisfacenti. /" stalo ancora una volta constatalo che il più compialo accordo regna tra la Gran Bretagna e l'Italia e i nostri alleali, su tutte le questioni politiche, navali ed economiche che si collegano con la condotta della guerra. Qualche punto su cui vi, era forse possibilità di incertezza, è stato interamente chiarito con completa soddisfazione dell'Italia. Si riconosciuto che queste incertezze non riguardavano una questione grave qualsiasi, ma provenivano soltanto dai diversi punti di vista sotto i. quali una stessa questione può essere considerala. Si è contemporaneamente riconosciuto che la perfetta solidarietà e la reciproca fiducia che esistono fra gli alleati si estendono anche ai diversi ordini -di concetti coi quali si può giungere, ad una pace giusta e, durevole, ad. una pace, quale, desiderano i Governi democratici degli Stati Uniti c dei Paesi dell'Intesa. L'on. Orlando c profondamente commosse delle simpatie, chi gli sono state manifestate ed apprezza altamente la considerevole importanza delle diverse decisioni prese durante il suo soggiorno a Londra. E' inutile dire che il Governo britannico ha riconosciuto nella loro pienezza gli obblighi che derivano dalle sue convenzioni con l'Italia, ed ha reso ancora una volta chiaro che la storica simpatia britannica per l'idea della completa unità del Regno d'Italia rimane intatta. (Stefani). Il nostro corrispondente da Londra ci telegrafa in data 29, notte: I termini del comunicato ufficiale sulla visita di Orlando a Londra rispecchiano chiaramente — scrive il « Times » — il carattere e i risultati dei suoi scambi di idee con i vari membri del Governo inglese. Anche il generale Alfieri — rileva il giornale — fu profondamente impressionato dalla cordialità dell'attitudine delle Autorità militari inglesi verso di lui. Ogni malinteso è stato rimosso e «i ministri italiani vanno alla conferenza di Parigi colla certezza che l'Inghilterra e gli altri alleati sono in perfetto accordo con loro su tutte le questioni politiche militari ed economiche, nonché sulla giusta e duratura pace che gii alleati intendono di raggiungere». Poscia il «Times» attesta che le apprensioni suscitate in Italia da certe frasi di Lloyd George sono state placate. « Gli espliciti' impegni che l'Italia ricevette dall'Inghilterra, dalla Francia e dalla Russia avanti il suo intervento — dichiara il « Times » — regoleranno la posizione alleata nei riguardi degli scopi di guerra italiani, ammenoché l'Italia stessa, dopo le sue esperienze di guerra e in seguito ai recenti mutamenti della situazione alleata, non voglia renderli più adeguati al raggiungimento dei fini che essa e gli alleati si propongono ». Ripetendo la sua solita distinzione il giornale constata che tali impegni « coinvolgono il pieno riconoscimento delle domande giuste dell'Italia per l'integrazione della sua unità nazionale e dei mezzi che l'Italia al tempo della stipulazione credeva necessari per garantirsi la sicurezza, sulle alpi e nell'Adriatico». Quindi il «Times» torna a citare certi influenti organi italiani che sarebbero pronti a rinunciare all'applicazione Integrale del trattato, giacche questo non sarebbe, secondo essi, sufficiente a garantire la sicurezza nell'Adriatico. Il «Times» naturalmente torna a rincalzare tale arr gomento rinnovando la propria tesi che l'Adriatico può essere reso sicuro solo ille- elianto difese terrestri, «al completo pos- pesso delle quali l'Italia non può aspirare ni e non aspira». Implicita conclusione pel n «Times» è quindi che l'Italia farebbe mee glia a rinunciare al possesso di tali difese- cclpGGu—dlmcfniGnspmanptdL-UtpcLrcssr . e r a a a a nella misura che essa aveva preconcertata attidandole invece ai jugoslavi mercè un accordo con questi. Il tono del giornale indica che. come era naturalissimo, la questione, così come esso la interpreta rimane, a dir poco, in sospeso. E' evidente che il principio della dignitosa e sagace fermezza non è slato ancora abbandonato. Orlando nell'intervista concessa alla vigilia della sua partenza ha detto: «Ciò che l'Italia vuole e domanda è niente più di quanto le è necessario per la sua unità nazionale e per la sua difesa ». 11 presidente del Consiglio ha rammentato quindi che l'Austria stessa aveva ricouo- scinto alla vigilia del nostro intervento l'italianità .della medesima Trieste, ha eselama.to: «E' curioso che una questione già chiusa dall'Austria in favore nostro, possa, venire considerata come tuttora aperta ad alcuno dei nostri alleatil L'Italia entrò in guerra ad onta di tutte le offerte austriache e questo l'atto certamente prova clic il nostro obbiettivo era grande e iru- portante, vale a dire liberare quegli italiani che, contro la loro volontà, stavano sotto il giogo straniero. Noi non siamo una nazione aggressiva e non ri è imperialismo in Italia. Nel Mediterraneo domandiamo soltanto che l'equilibrio dell'Italia non venga disturbato». Tali dichiarazioni vennero fatte in replica, a certi appunti mossi da un giornale minoritario americano contro il nostro trattato per l'Adriatico e non suonarono apologia, ma soltanto giustizia, perchè vi sono e vi saranno sempre gruppetti incontentabili i quali, quand'anche cedessimo perfino la nostra camicia, direb- boro che essa non è pulita. Precedendo il e i a l a o i , i a i a . i o n » e e l e- comunicato ufficiale. Orlando fon poi dichiarato che non esiste tra l'Inghilterra e. l'Italia ombra di malinteso. Certe interpretazioni del recente discorso di Lloyd George — aggiunse egli — furono errate. Gli italiani resisteranno fino al giorno di una giusta vittoria, — proseguì Orlando, — la quale non potrà mancare. «Guida delle nostre azioni non è la. violenza, ma la. giustizia. In nome di questa, non rìfugiremo da alcun sacrifìcio. T recenti eventi militari hanno dato una nuova e terribile conferma alla necessità di ottenere ima. frontiera che non sia a discrezione del nemico ». Commenti romani Roma, 29, notte. Alla vigilia della conferenza di Versailles i giornali commentano l'avvenimento. Il Giornale d'Italia scrive: « Il Governo italiano, dopo i discorsi di Lloyd Gerge e di Wilson, fu criticato da una parte dell'opinione, pubblica, ma i fatti si sono incaricati di dimostrare che la, nostra diplomazia fu bene avvisata nell'astenorsi dal partecipare allo nuove enunciazioni dei fini di guerra e dei prouTammi di pace, mantenendosi fermamente sulle direttive opportunamente tracciate, e dal prestarsi a discussioni ed a revisioni. L'Italia è sicura di poter compiere sino alla -Une il proprio dovere alla condizione, naturalmente, che gli alleati tensano fede ai patti giurati e diano i mezzi materiali per completare il suo bisogno di rifornimenti. L'ima e l'altra condizione gli alleati hanno realmente dimostrato di voler soddisfare, sic. chè, in conclusione, possiamo attendere con serenità i risultati della conferenza di Versailles dalla quale uscirà una nuova affermazione della volontà e dell'energia delle Potenze che lottano per salvare n mondo intero dall'intollerabile brama di preda e di dominio delle autocrazie teutoniche». I.a. Tribuna, occupandosi della conferenza di Parici, dice: «;Essa dovrà sopratutto occuparsi, dal punto di vista, militare, della, costituzione dell'auspicato esercito di manovra che costituirebbe la. più immediata e la più pratica forma di applicazione del dibattuto probiema del comando unico, di cui irli avvenimenti stessi posero una spontanea quanto provvida attuazione sul Piave all'indomani deeli avvenimenti di Caporetto ». Quanto al lato diplomatico della conferenza, la Tribuna, scrivo: «La situazione generale non presenta soltanto urgenza di carattere militare, ma è anche caratterizzata da opportunità più puramente politiche di portata internazionale messe in evidenza dal. la più attuale fase del dibattito sugli scopi di guerra e cioè dalle più recenti manifestazioni ufficiali dei due sruppi di belligeranti, come i discorsi di Lloyd Georffp da un lato e quelli di Hertling e di Czernin dall'altro ». li Tempo osserva che la conferenza di Parigi sesuo ad una serie di scambi di vedute fra i premiers dei Governi alleati e che l'onorevole Orlando si è occupato a Parigi od a Londra non solo della sistemazione delle questioni degli approvisionamenti, ma di un esame più realistico della pruerra. L'on. Orlando, vincendo cerni difficoltà e indugio volle subito mettersi a contatto diretto con i Governi alleati, e nei colloqui con Clemenceau e Pichon a. Parigi e con Lloyd George e iBalfour a Londra ha potuto avere una sensazione più chiara e precisa della situazione e dei propositi che da essa logicamente derivano. La conferenza di Pari*i. por ciò, può essere considerata corno un corollario dei colloqui dei tre pre.miers dell'Intesa». L'Osservatore Bomano. organo ufficiale dèi Vaticano, cosi conclude il suo commento sulla conferenza di Parigi: « Siamo di fronte a. quella revisione del patto di Londra, a.tla quali» accennava il discorso di Lloyd George sugli scopi degli alleai, resa, opportuna darli avvenimenti russi che modificarono notevolmente quel patto- stesso,- dove si parlava de-lla russificazione di Costantinopoli. Ora. cortamen'o è cangiato U programma dell'Intesa. L'opera perciò dell'on. Orlando, per quanto riguarda lìltal.ia, si sarebbe specialmente dedicata a preparare la riunione ufficiale di Parigi in modo che i-I paese, di cui egli re.gjre !e sor!:, non sia pregiudicalo nei suoi interessi in occasione di tale revisione del patto di Londra. In questa nuova magna citarla della Intesa chn si stabilisce alla, vigilia della ..riapertura del Parlamento e coli'initervento stesso del Ministro degli Estori, on. Sonnino, sarà certamontn tenuto presente tinto quello ohe sul patto di Londra si è detto e si è scrìtto fino ad oggi ». rè e ee e o. ie di à o o-ltisce, Sulle intenzioni della Casa Bianca circa la proposta di Czernin '.Servizio spee*ale della Stampa) Londra, 29, notte. Restiamo tuttora in alto mare per quanto concerne l'attitudine di Washington di fronte al discorso di Czernin. Sebbene questo sia stato pronunciato giovedì scorso, nessun commento americano intorno ad esso è ancora pervenuto qui. Secondo il «Times», gli ultimi ragguagli da Washington non mostrerebbero in Wilson alcuna disposizione a prestarsi al giuoco preconcertato tra Berlino e Vienna. Senonchè il corrispondente da Washington del giornale riferisce soltanto le impressioni che prova irebbero alla Casa Bianca sulle condizioni avanzate da Hertling e indicanti che la Germania vorrebbe soltanto una. pace tedesca. Le impressioni presidenziali sulla mossa di Czernin restano invece inedite, come rimangono varie porzioni del discorso Czernin pel pubblico anglo-americano. Ero corsa voce che le aperture austriache fossero state comunicate a Washington avanti di essere esposte nel discorso Czernin, ma ora l'America la smentiti !{■