Il processo in appello dellaSocietà Italiana Cascami

Il processo in appello dellaSocietà Italiana Cascami Il processo in appello dellaSocietà Italiana Cascami orte d'Appello di Torino). Il 10 luglio u. s., dopo parecchi giorni di udienza e di larga ed intensa discussione, il Tribunale Penale condannava l'aw Enrico Leone Levi, presidente della a Società Italiana Cascami », ad S anni di reclusione, ed il notaio Severino Ferrari alla slessa pena per anni ti ed 8 mesi, perchè entrambi ritenuti colpevoli di falso in atto pubblico. Si concludeva cosi, con una gravissima condanna (sebbene la misura della pena fosse stata dal Tribunale tenuta nel limite del mimino possibile un primo episodio, del complesso piocedimento giudiziario, che contro la ■ Società Italiana Cascami » fu iniziato dopo una prima accusa di commercio col nemico. La precisa imputazione, che si moveva al notaio Severino .Ferrari era quella del reato previsto dagli articoli &?5 e 27ti Codice Penale, percliù nella sua qualità di notaio, il ai settembre 1917, nell'esercizio delle sue funzioni, rogava il verbale, facendo fede oer leggo sino a querela di falso, dell'assemblea straordinaria degli Azionisti ddia « Società Anonima italiana Cascami » (S. A. I. C), corrente in fforino, attestando nel suddelto verbale come veri e seguiti alla sua presenza, falli e dichiarazioni non conformi a verità, cine, attestando la presenza personale o per rappresentanza all'assemblea di un certo numero di persone, attenstando ancora di avere constatato che le saddette persone possedevano o depositarono nel termine llssato dodicimila quattrocentocinquanta Azioni complessivamente, mentre invece.le persone medesime erano, nè presenti, nè legalmente rappresentate all'assemblea, dando ancora atto contrariamente al vero, e con possibilità di nocumento della legalo costituzione dell'adunanza medesima. Si imputava l'aw; Enrico Leone Levi il concorso nel reato di falso in atto pubblico, per avero determinato il notaio Ferrari a commetterlo, ed avervi colla sua presenza immediatamente cooperato. Contro In sentenza i due imputati interposero appello, e ieri essi comparirono — sempre in istato di detenzione — dinanzi alla Corte per la. discussione della loro istanza; istanza,, che conclude, come, già in Tribunale, per una completa assolutoria, e che fu corredata da numerosi ed ampi « Memoriali » dei difensori, ai quali, in questo secondo grado del processo, si sono aggiunti gli onorevoli Porzio e Fabrizi. Appena aperta l'udiènza ed ottenuta la dichiarazioni- delle proprie generalità dagli imputati, che siedono piuttosto accasciati sul banco d'accusa tra i carabinieri, il presidente dà la parola al consigliere cav. Denotimi i>or In relazione della causa. Due ore fe durala la diligentisplma relazione, che riscuoto te approvazioni dei difensori per la scrupolosità colla quale sono stati dal magistrato messi in evidenza, gli argomenti defensionali accanto a quelli dell'Accusa, così da rendere un quadro completo, preciso della causa, preparando un ottimo terreno per la discussione, che si prevede molto viva, ampia e profonda, dopo questo incombente delia causa, il presidente si è rivolto agli imputati per chiedere loro se non avessero altro da dichiarare o da aggiungere a quanto largamente avevano (retto in loro difesa nel primo giudizio. Il notaio Ferrari, coir voce vibrante d'emeciiie, ha risposto: « Non devo aggiungete nulla a quanto dissi davanti al Tribunale perche là tutte dissi le ragioni che sono ; mia discolpa o che provano la mia correttezze • lu mia innocenza. Devo pero deplorare che il iribnnale non abbia fatto nella sua sentenza alcun conto di quéste mie ragioni, o le abbia aravlsato completamente. Solo i'aluo Cjiorno Ito potuto leggere quella sentenza, e sono stai, dolorosamente impressionato di non trovàry accenno agli argomenti defensionali... Questo hi) voluto dire... Altro non ho da aggiungere a quanto ho dotto in Tribunale ». Più .conciso — con .intonazione dolorosa e grave nella voce, ferma però — l'aw. Leone l'evi, Interpellato dal presidente, risponde soltanto- „ Mi rimetto a quaato ho detto a mia discolpa dinanzi ai primi giudici, e confido nella giustizia riparatrice della Corte Lece! lentissima... •. Come nhhiamn più su ricordata l accusa connetteva l'imputazione di falso ad ultra assai più grave, di tradimento, perchè la costi tu zione della S. A. I. C. non avrebhe rappresentato se non una masiboratura dolla ditta VVolf di Stoccarda la quale possedeva una Alialo in Monza. Mio scopo di sottrarre tale filiale a sindacalo come ditta i cui componenti erano di nazionalità nemica, la S. A. 1. C. ne avrebbe ipparentemente fatto l'acquisto. E poiché questa ditta commerciava e lavorava il cotone, di cui la Germania aveva grande necessità nor scopi bellicosi lormulò contro la S. A. I. C aacho l'accusa di commercio col nemico e di Tradimento per essersi mantenuta in clandestini rapporti cou ditte germaniche ed austriache allo scopo di rifornire al nemico il cotone indispensabile alla confezione degli esplodenti per 1 grossi calibri. La ditta Wolf di Stoccarda, allo scopo di potersi provvedere di filati di cotone, aveva creato una Filatura Kunz di YV'indlsch (Svizzera) che doveva rappresentare il punto di riferimento e tramite desìi ,'sportatori italiani di cotone. Alla S. A. I. C. •,i fece appunto l'accusa di aver inviato cotone alla ditta Kunz; ma nessuna prova fu dato dell'esistenza di tale commercio. L'istruttoria, avocata a so dalla magistratura militare, terminò con dichiarazione di non luogo a procedere contro il presidente Iella S. A. I. C. aw. Enrico Levi, e contro tutti gli amministratori, parecchi dei quali erano stati tratti in arresto. L'istruttoria aveva però rilevato la illegalo costituzione della S. A. I. C, il cui atto notarile del notaio Ferrari aveva attestato come presenti i signori : Orefice Raoul, avv. Ripa di Meana Gualfredo. cav. Orazio Grasso. Giacomo Fantin'. ing. Ettore Levi. Angelo Cravnlji<> prof. Marie Carrara. Teresa Lauthier, Ni- 1 --"-i c^hi Ore- flce, Ugo Lombroso, Eugenia Martini e Cesare Barge, attcstando clic esse erano portatrici di 12.-150 azioni complessivamente, mentre tali persone non erano riè presenti nò legalmente rappresentate all'assemblea. Da questo fatto sorse la Imputazione e la condanno, dell'aw. Enrico .Leone Levi e del notaio Severino Ferrari. Lo difese dagli imputati — cui nell'udienza di ieri si riferirono — si conorettarono dinanzi al Tribunale pel Ferrari nella dimostrazione della piena regolarità del suo operato e della formazione dei verbale dell'assemblea, avendo dato scrupolosamente atto di quanto aveva dichiarato il presidente che solo aveva obbligo di fare lo verifiche ed i controlli. Il Levi a sua volta sostenne che l'assemblea era validamente costituita, secondo le prescrizioni dell'art. &) dello statuto: egli rappresentava effettivamente lo azioni, di cui era il possessore, col fatto stesso del possqsso dei biglietti d'ammissione, ijuindi furono affermate nel verbale coso vere: e del resto il verbale attestando che il prasidente aveva affermato tali cose dà una constatazione di fatto inoppugnabile, poiche non tocca al nota.ro veriilcare se quanto il presidente afferma corrisponda o no alld verità. Ciò esorbita dalle funzioni di certificatore di fatti secondo le prescrizioni della legge: Levi era effettivamente il possessóre di tntte le azioni il padrone, della Società, e pertanto non si vede la possibilità di nocumento per altri; che altrimenti il falsario... falsificherebbe per danneggiare $è stesso. Tali lo accuse e le discolpe, attorno alle quali verte la causa In appello. D»po un 'irevc riposo, e incominciata la di scnssiono da parte dei patroni. Il processo durerà due udienze. Siedono alla Difesa gli avvocati: onorevoli Porzio e Fabrlzl. Cava glia, De Antoni. Farinelli e Ginatta, Presiede il comm. Giro. Oratore della Legge il cav. Lavagna. Cane. Zarabino.

Luoghi citati: Germania, Meana Gualfredo, Monza, Stoccarda, Svizzera, Torino