Il pennacchio d'airone

Il pennacchio d'airone Il pennacchio d'airone osracrrsponenzaparcoare BUDAPEST. aovembre. Se la reazione ungherese non fosse che un episodio pur*-e semplice della nuova guerra dichiarata dalla borghesia europea, all'indomani dell'altra, per difendere quel potere che le masse edotte e inasprite da cinque anni di sanguinosi cimenti minacciano di strapparle, ci sarebbe senza dubbio da deplorarlo, pel buon nome dell'Europa e per la nostra propria sicurezza, ma la rinutazione del « nobile popolo magiaro » sopravviverebbe ancora una volta intatta alla prova g{fcdptEzgzFortunatamente, dico fortunatamente per In01' una semPhce occhiata agli aspetti as. e si perpetuerebbero sul conto dell'ambiguo j lpaese di cui stiamo occupandoci le illusioni e gli errori che ingombrano a suo riguardo già da oltre un secolo il campo della cultura. . sunti oggi dalia reazione nei vari Stati d'occidente, dal caso irlandese, il più marchiano di tutti, al caso francese, il più elegante, ci prova subito questo dell'Ungheria essere un fenomeno a parte, non avente con l'evento generale se non rapporti di mera concomitanza. L'episodio Friedrich è un episodio c magiaro », e null'altro. Tauto magiaro, che si potrebbe a buon diritto dubitare della necessità di soffermarsi a studiarlo, scrivendo per degli italiani e in un momento in cui tante altre cose più vicine sollecitano l'attenzione del pubblico, ove esso non si prestasse assai meglio di molte dtsquisizioui a spiegarci perchè il a bolscevismo • in Ungheria ci sia stato e perchè non ci sia più; alcune, insomma, fra le infinite ragioni dello scoppiare e dell'esaurirsi di questa enorme crisi sociale e morale nell'Europa del XX secolo. Episodio magiaro, dico : ne v'ha da stupirsene. Era solo un nostro vecchio pregiudizio quarantottesco quello che l'Ungheria fosse il paese della libertà., dello spirito d'indipendenza, della cavalleria. Tutte, o quasi, tutte, le lotte sostenute attraverso i secoli dagli ungheresi per la libertà nazionale non si riducono invece, a ben riguardare, che agli sforzi di una gelosa oliearchia aristocratica in tutela dei propri privilegi. Noi abbiamo scambiato per manifestazioni di una ardente vita collettiva quanto era semplicemente il segno dell'avidità di dominio di una classe. Il lato pittoresco e seducente della storia dell'Ungheria — quello del pennacchio d'airone — è costituito precisamente da ciò che alla storia degli altri paesi si è seni pre rinfacciato come meno simpatico. Un nobile magiaro del secolo scorso, fi Nagy: volentieri annoverato dai connazionali tra i campioni del liberalismo indigeno, soleva dire la nazionalità essere tesoro più prezioso della costituzione: e c'è in questo apprezzamento di valore più che relativo la sintesi genuina di tutto il pensiero politico magiaro. Se qualche avversario del nazionalismo vo lesse documentarsi circa le fonti segrete e gli intimi propulsori di questa modernissima fra le dottrine non avrebbe ebe da venire in Ungheria a studiare dall'interno, se così può dirsi, il « tesoro più prezioso » vantato dal facondo deputato di Fe'.sòbukk. Che cosa i magiari intendessero per nazione, i dibattimenti alle Diete, dall'epoca di Mattia Corvino sin quasi ai giorni nostri, ce lo insegnano a sazietà. Il loro orizzonte politico ricordava, all'ingrosso, quello del cittadino romano in Italia prima dell'Impero. Più numerosa, per un complesso di cause, che ovunque altrove, la nobiltà ungherese, grande e piccola, si comportava nello stato come la civitus antica in mezzo alla turba innumerevole di provinciali privi di diritti. La nazione erano i nobili : gli altri, i borghesi, i contadini, non figuravano che indirettamente ! neua compagine dell'edificio sociale 1 , a e a l a a i a l i i i a . a e i i 8 , o a i e o a Aderendo a sifiatta concezione dello Stato, la letteratura nazionale è venuta facendosi complice di un inganno che ha celato sin oggi ai nostri occhi la vera flsonomia del magiarismo. Subito dopo l'avvento al trono di Leopoldo II, il poeta Baròti scioglieva inni alla riunione della grande Dieta di Buda salutando come il preludio di un radioso risorgimento della patria la maledizione scagliata aucorà una volta da cento netti contro il despotismo, « il cui solo nome riempie diorrore un popolo libero ». Chi lo crederebbe? Di lì a pochi giorni, quella Dieta medesima, insorgendo contro lo proposte di riforme liberali presentatele dal nnovo sovrano, reclamava fra .l'altro che ai nobili fosse mantenuto il diritti» alle pene corporali contro contadini! E si era nel 1790! Ancora alla fine dell'ottocento, d'altronde, uno storico magiaro, nell'esporre gli avvenimenti d'Ungheria contemporanei alla Rivoluzione francese, osserva quasi con compiacenza come mentre la Francia, al dire di Alessio di Tocqueville, immolava lo spirito di libertà allo spirito di eguaglianza, l'Ungheria sagrificasse questo a quello. Si ammette, cioè, tuttora che l'eguaglianza sia stata - sagrifkata ma si seguita a parlare di c libertà ». Quale libertà? Non certo la libertà dell'individuo come la sentì e la volle la grande Rivoluzione, ma la libertà dei nobili magiari, la libertà per una classe di svilupparsi e fiorire a danno delle altre. Quando, uel 1794, di questa libertà pochi generosi tentarono, ancorché in proporzioni minime, una applicazione nel senso originale, il tentativo fu soffocato nel sangue. E il processo non venne fatto ai colpevoli, in Vienna da austriaci ma iu Buda da patrizi ungheresi. Circa il concetto tradizionale magiaro della libertà gli stessi monumenti della giurisprudenza locale ci istruiscono ampiamente. Stando al famoso Decretum tripartttum juris consticiudinarii, che risale alla metà del cinquecento, il nobile e inviolabile uei beni come nella persona e può resistere agli atti illegali dell'Autorità, nessuno essendogli superiore all'infuori del Re. Egli è inoltre esente da imposte. Contro i contadini invece il legislatore, una delle maggiori glorie del paese, Stefano Verboczay, sfoga senza ritegno il rancore della propria casta offesa dalla rivolta servile del 1513 : c L'insurrezione da essi osata ha fatto loro perdere ogni libertà (quando mai ne avevano goduta?), sottoponendoli ai rispettivi signori in servitù pura, semplice e perpetua, xi villano non può citare un nobile in giudizio nè possiede diritto alcuno sopra la terra che lavora >. Erano questi, non me lo nascondo, i tempi in cui anche fuori d'Ungheria altri e msg- Duds gioii Verboczy infierivano contro i motte* {)lici Goetz di Berlichingen levatisi a fan e vendette delle plebi conculcate. Ma hi Bie' forma lasciò almeno dietro di sè qualche cosa, nell'ordine sociale dei popoli ohe l'a#>. dottarono; nè va dimenticato che pure in/ paesi-disgraziatissimi, come, ad esempio, l'I* talia, principi illuminati ed • umani quali Emanuele Filiberto favorivano l'emancipar zione delle masse rurali e lottavano per migliorare almeno la procedura e l'amministoazione delia giustizia particolare, laddove al- j l'incontro in Ungheria gli sforzi disperati di T , i a e a i e , i i i o i? , a o e o e a e i e a . s l i i e l a i , ù n e >. pi g- Dozsa non fecero che piombare il paese in una notte più nera. Il geloso spirito conservatore delle classi dirigenti magiare era, entro i confini dello stesso Impero d'Asburgo, così notorio- dia uno dei mezzi escogitati negli ultimi secoli dalla politica austriaca per aver ragióne dello spirito di fronda dominante a Buda» pesb consisteva nell'agitare davanti allo Diete lo spettro di progetti di riforme .libe» rali. Quando questi progetti si volevano im* porre per davvero l'urto scoppiava, immanr1 cabile. Maria Teresa e Giuseppe II, due sovrani pieni di buon volere e di buone inten-' zioni, ci rimisero invano il loro tempo. ~LìUr* barium teresiano, mirante all'affrancamento! dell'agricoltore dalla servitù dalla gleba, dal vincolo professionale e dallo sfruttamonto fi> scale, riesci appena, dopo sei anni di sanguinosi conflitti agrari, a trovare applicazione n qualche punto secondario. E l'inganno delle parole fu nondimeno sempre così abilmente coltivato dai gruppi dominanti magiari, che quei sovrani, per aver voluto imporsi alla « libertà » della Dieta, passarono' per anticostituzionali e i reazionari latifondisti della puzsta per paladini della costitm zione e difensori del « popolo magiaro ». Sospesa momentaneamente, con la prima decadenza del giuseppinismo, quella politica c il cui solo nome riempie d'orrore un popolo libero », fu una violenta retrocessione verso l'antico, mascherata appena sotto i brillanti colori di un ritorno al patrio costume. Agli osanna dei magnati dal pennacchio d'airone rispondevano i gemiti della vera Ungheria, dei proletari, come diremmo noi oggi, cui ì primi rifìutavansi di concedere financo l'elemosina del diritto di caccia sulle proprio terre. E ai malcontenti si spiegava essee stata la Provvidenza, col P maiuscolo, a vo- ; lere che nel mondo fossero re, nobili e servi ;| concludendosene che in luogo di mitigare lo stato di servitù convenisse, pel bene e l'ordine generali, tornare piuttosto agli antichi rigori. Tutto ciò vari anni, varie decadi dopo) che nella serva Italia erano fioriti intelletti quali il Giannoue, il Verri, il Beccaria, il Filangieri, e mentre a Parigi si proclamavano i Diritti dell'uomo! Ancho i poeti, che in tutti i paesi del moiM do sono sempre stati rivoluzionari, in Ungheria furono generalmente conservatori. A$ giorni del Direttorio non usciva forse per Id stampe quel poemetto del Csokonai sulla vib» torta della Giustizia {Az Igazsàg diadalma) in cui la democrazia è detta € moderna chi" mera, mostro dalle teste rinascenti » ed esal> tato... ilSultano. che libererebbe l'Egitto dai « briganti francesi » apportatori della fune* sta libertà? Ma il secolo XVTII è già troppo lontano^ saltiamo al 1835, in pieno XIX e alla vigilia del famoso '48 di Eossuth, e troveremo anche allora l'Ungheria ferma allo stesso punto. La borghesia urbana non possiede alcuna importanza politica, a dispetto dei reiterati tentativi fatti in suo favore dal Governo di Vienna. La popolazione rurale, esclusa dai diritti d'ogni genere, è tuttora attaccata alla gleba, paga sola le imposte, presta sola il servizio militare. Della totalità dell'area coltivabile nazionale due terzi appartengono alla nobiltà, grande e piccola. Istruzione elcmentare nessuna ; in molti villaggi non esiste un uomo capace di fare la propria irma; Il giorno in cui il Nagy, il liberale già menzionato, a una delle prime Diete del secolo prende la parola a favore di un pro¬ getto di sgravio dell'imposta sul sale, inteaei a sollevare la miseria dei contadini, l'Ae» serablea indignata e scandalìzzato gli gridai sul vÌ3o: Ne stvltizetl Non dica sciocchete I Senonchè, a sua volta, tra non guari, questo campione del liberalismo, scandalizzato dalla giornate di luglio, si confesserà in preda a] timore che d'ora innanzi liberarsi della democrazia non torni più difficile che liberarsi dai Tartari... Che più? Nel 1843 la Dieta ha ancora il coraggio di bocciare un progetto di legge promuovente l'uguaglianza dei cittadini davanti al fisco 1 E gli storiografi tughe-, resi a vestire di fioretti rettorici questo lussuria di egoismo di classe, adducendo-a sua discolpa che i nobili non volevano ritirarsi dalle proprie posizioni tradizionali unicamente per «• amor proprio » e per « spirito; di legalità! ». Tutta la politica ungherese di ieri e dì oggi obbedisce, del resto, a questi principi a a queste tradizioni. La germanofilia di Tisza che altro è se non la parzialità del patriziato magiaro verso 1 imperiale pilastro del diritto divino e dell'iuukerismo? Budapest ha fatta) la guerra contro le democrazie occidentali —« allora erano o parevano ancora delle demo-, crazie — in omaggio all'identico criterio che nel 1797 la spingeva ad offrire d'un colpo ai spontaneamente centomila soldati e 30 mi* lioni di fiorini alla coalizione scesa in campai contro la Rivoluzione dell'eguaglianza. Una delle cause dell'odio magiaro contro Vienna era l'ascensione lenta ma irresistibile del socialismo che da vari anni veniva iijirn inlimi Come avrebbero potuto non Mutarsene minacciati uomini cotanto- evoluti in fatto di criterio politico da avere solo noi 1836 ac* consentito ad abbandonare l'osa del latina»' nelle discussioni della Disio, an mqu tut>; tavia vaticinare che lo sfratto del mèusjinn avrebbe segnato ir principio della lavina delle patrie istituzioni? La lenta infiltrazione di elementi ìasgisi? nell'amministrazione comune doll'Impen» so* gnalata da parecchi già prima delU pmii non era che una delle tante miMiiftwàl.Miijii dello sforzo sostenuto dalla gra»'dé e dafla) piccola nobiltà aVgherese per ih hiSmh fa»! decadenza dell'istituto monarchico s dm. partiti di destra in Austria. Finita 1» gasar» 9 dileguato, fra molti tuoni e poche ssetto, il temporale rivoluzionario, è ""f ■■aita