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La tragedia montenegrina sotto le inaudite violenze jugoslave

La tragedia montenegrina sotto le inaudite violenze jugoslave La tragedia montenegrina sotto le inaudite violenze jugoslave gpopolo di re Nicola rimpiange il turco e l'austriaco!,, (Servizio speciale della Stampa) FIUME, ;.'->, notte. Proveniente da Coriù trovasi qui Elia .Ma. tanovich, ex-deputato montenegrino, cù' quale ebbi un colloquio assai interessante. — Ritorno dal contine della. Cernagora — mi disse — ove potei compiere una impor; tante missione: di poma re colà il saluto di Re Nicola e la fede che la giusta causa del Montenegro trionferà contro la cainn fratricida opera di servaggio clic ci tentano imporre i megalomani di Belgrado. Ilo corteo non lievi pericoli, ma mercè l'aiuto di alcuni influenti albanesi, che amano noi come odiano i serbi, la mia sicurezza personale era garantiva. Ilo potuto perciò rag-, giungere Corfii e veniro qui col piroscafo dell'Ungaro-Croata al servizio dei francesi. — Può dirmi qualcosa delia situazione del suo paese? — Sino a due mesi fa ero in Francia, ove ancora credo si trovino numerosi montenegrini emigrati dopo il terribile nostro disastro. Ho lasciato l'ospitale suolo francese assieme ad altri connazionali e al nostro Re, quando ci siamo accorti di essere Guardati di mal occhio, di essere degli intrusi, gente incomoda e appena tollerali. Nicola Pasich, l'uomo tiiù nefasto della stirpe serba, che tradì in passato due suoi-Re le che non ama certo neppure il presente, aiutato dal venale Andrea Radovich, che tradì come Giuda il \ occhio Re Nicola, e dai devoti servitori degli Asburgo, e che oggi fanno i grandi patriotti a Parigi, tutti fcostoro in mirabile accordo, fecero e fanno contro il nostro Re e i fuorusciti montenegrini la più infame campagna di denigrazione, di calunnie ed infamie di ogni specie, che purtroppo poterono trovare credito presso all'i circoli in parto interessali ad avvalorare le calunnie e in parte a eroderci per quella crassa ignoranza che americani ed inglesi conservano sulle cose nostre. E' doloroso constatare come la libera America del Nord possa dare ascolto e credito a tutto quel cumulo di menzogne, che a Parigi si ammonniscono ai suoi rapprèsenitnnti, i quali inconsciamente tengon il sacco iier soffocare l'indipendenza statale del piccolo Montenegro, il cui eroismo si oppose per secoli all'avanzarsi della Mezzaluna nel centro di Europa. Che dire su ciò che succede nel mio povero paese? Incendi di villaggi, massacri in massa, spogliazioni e ruberie di ogni genere, stupri di donne e bambine e infamie senza nome! Che cosa era quello che fecero gli austro-tedeschi •quando occuparono per pochi mesi il Montenegro in confronto a quello che fecero e fanno ancora i nostri fratelli serbi, aiutati da orde di volontari così detti jugoslavi di Croazia? La storia si vergognerà un giorno di registrare tutto il tormento e la sofferenza di un popolo che diede tutto se stesso alla causa degli alleavi e associati e che oggi si vede così cinicamente tradito in nome di quei principi che il grande Wilson venne n predicare in Europa. Si guarda bene egli dal mandare i suoi emissari nel Montenegro, onde non constatino quello che farebbe fremere ed inorridire il grande popolo americano, qualora esso conoscesse l'orribile martirio di un popolo, che con freddo proposito si vuole sterminare perchè non gridi a Dio la sua vendetta e non esista più e non possa rispondere sepolto fra le insanguinate sue roccie, qualora a Pa rigi, non sapendo come cavarsela, i saggi del direttorio ordinassero, puta caso, un solito plebiscito. —■ Ma come è possibile tanta infamia? — Non è esagerazione la mia.. Constato quello che purtroppo è vero. Se i nostri padri vivessero, benedirebbero il secolare nemico mussulmano. Le nostre vedove, le nostre figlie — ò tutto diro — ricordano l'oppressione temporanea austro-tedesca e oggi nelle chiese diroccalo, nei casolari incendiati, nelle desolate campagne, fra i dirupi delle nostre montagne, imprecano e maledicono al fratello serbo, comandato da Belgrado. — Come e quando finirà il vostro martirio' — Tutto ha un fine. A Parigi, mercè l'opera dell'Italia, la nostra sorte attira ora una certa attenzione. N'oi non abbiamo il mezzo di fare della propaganda; per noi non s'interessano i tanti Steed, i Sexton, i Watson, gli Evans e i tanti Gauvain che • irridono al dolore e all'esterminio di un popolo : il Montenegro è povero, ma ha però ricehe risorse naturali che si potranno sfruttare annegandolo nello stupefacente ritrovalo jugoslavo. L'alta finanza, che tende ad ipotecare pel suo sfruttamento l'intera Baleania, non sa che farne di noi montenegrini: asserviti invece alla Serbia, serviremo ad essa se non altro come gregge aggiogato. — Ma è possibile che Pietro Karageorgevich e il Principe reggente, genero e nipote del vostro Re, non usino della loro influenza almeno per riguardo del mondo civile? — Non lo vogliono, nè lo possono fare. L'ambizione è talvolta una bella e talvolta una brutta passione. Re Pietro, malaticcio, forse non sa tutto; di suo figlio il reggente taccio onde non esprimermi come vorrei. Completamente in mano di Nicola Pasich e di certi arrivisti jugoslavi, croati e dalmati, il reggente balla come essi suonano. Qualche mese fa, a Belgrado, si pensò di tentare una specie di riconciliazione con Re Nicola; si esigeva da lui una rinunzia formale ed ecco come: Si scrisse una lettera a Re Nicola, mentre egli era ancora in Francia, firmata dal reggente Alessandro a nome del padre, in cui lo si interessavo di rinunziare spontaneamente al trono da' memento che la sua causa doveva conside rarsi come perduta dinanzi agli allenti ed associati; in compenso a tale... spontanea rinunzia, si prometteva a Re Nicola e alla sua famiglia vistosi appannaggi ed ai pi-in cipi Danilo e Pietro gradi di generali nel l'esercito serbo. Re Nicola rispose presso a poco in questi termini : « Accetto di rinun ziare al trono ad una condizione, cioè di sottopormi al giudizio dell'intero popolo serbo. Sono io il più vecchio Re della stirpe serba e che per tutta la mia vita ho combattuto per il" suo nome e la sua unità. Che il ponolo serbo decida fra me e Re Pietro Karageorgevich e on libero \oto dica eh' dei due debba lasciare il trono. Se il popolo serbo darà a me torlo, io me ne andrò senza rimpianti nei miei tardi anni a vivere in qualche paese ospitale, nell'oblio, senza appannaggi di nessuna sorta, nè per me nè per i miei, fermo nella mia coscienza di aver corrisposto sempre, dinanzi n Dio e al'mio popolo, al mio dovere di sovrano e di serbo». Questa lettera di Re Nicola non ebbe contro-risposta e la campagna di denijrrar.ione e di calunnie riprese la sua corsa più accanitamente. Non disperiamo .incera Mila nostra giusta causa, di restare cioè uno Stato indipendente: meglio cnsì nn«he ^er la futura pace nei Raloani! Perchè soggiogalo il Montenegro dal fratello traditore, esso non potrà che divenire un 'ocoJaio di continue turbolenze e di vendette feroci contro il fratricida oppressore, che ha annerato cento volte nelle sue violarne e brutalità l'odiato austrìaco.. P. c.