I figli di Othmann

I figli di Othmann I figli di Othmann Chi ba pratica della letteratura innume revole sulla quisttone orientale, ha ragione di chiedersi se mai il problema sia stato posto dagli scrittori europei al punto giusto. Tra questi i turchi trovano di solite denigratori feroci, mentre la opinione co mure di coloro che vivono e commerciano in oriente inclina verso gli ottomani a una simpatia che ai cristiani orientali — bulgari, rumeni, armeni e sopratutto greci — ò di solito negata. Al pari che in altri paesi mediterranei, meno lontani e diversi da noi sebbene quasi altrettanto ricchi di pit toresco umano, accade in Turchia che il malgoverno della cosa pubblica, non escitida affatto le private virtù familiari, l'umanità e la dolcezza nei rapporti fra uomini. La religiosità ottomana, cui una volgare credènza attribuisce i caratteri del fanatismo e della intolleranza, è itUvece dolcemente non curante della fede altrui; ed educa a una saggia mitezza in materia di coscienza che si raccosta meglio al vaca teismo di molti spiriti liberi moderni che non all'implacabile esclusivismo domenicano o puritano. La «guerra santa» cóntro gli infedeli ha carattere politico non rèli gioso. Verso le altre religioni, a simigliar! za di cinesi, giapponesi ed altri asiatici, i turchi si mqstrarono sempre pienamente tolleranti finché la croce non copri lo stra niero ribelle o conquistatore. Noi potremmo conquistare le popolazioni islamiche se queste sentissero la nostra superiorità mo rale. Uh ambasciatore francese che, una ve ir tina d'anni fa, scriveva, sotto la copei tura d'uno pseudonimo, articoli orientali nella Revue des deux mondes, scagionava i turchi del loro davvero incredibile malgoverno, con lo seguenti parole : « Sup ponete che, al momento dei nostri disastri della guerra dei cento anni contro gli inglesi, l'Europa avesse imposto, a noi francesi, di migliorare il nostro stato sociale; e, a titolo d'incoraggiamento, avesse a quando a quando praticata sopra di noi una piccola amputazione. E' il caso della Turchia. Le si rimprovera di non tenero le strade in ordine e di lasciar deperire l'o gricoltura: ma quale zelo singolare sa rebbe quello di chi si affaticasse a miglio rare le sorti di territori che sente gli sfuggono dalle moni! ». E' vero; se i turchi fosscro stati capaci di mutare natura, di arricchirsi del senso dello stato c della co sciènza individuale, retaggio del mondo latino-germanico, se fossero stati suscettibili di quello che noi, con concetto civile non meno che tecnico chiamiamo « progresso », l'Europa avrebbe paralizzate queste virtù con il suo incessante minacciare. Ma nien io prova che tale possibilità realmente vi fosse. Anche nel pieno della potenza militare, e pure facendo prova di possedere talune fra le qualità superiori che fanno i grandi popoli — valore guerriero, finezza diplomatica, nobiltà e dirittura di carat lére —- pure essendo- uomini d'azione, non poterono mai costruire uno stato solido. Sono troppo incuriosi amministratori. Mancarono affatto del senso del particolare. Furono improvvisatori brillanti, capaci dL creare-ma non di mantenere. Forse passar rono troppo repentinamente dalla vita nomade delle steppe alla privilegiata sponda bizantina dove basta chinarsi a terra per raccogliere i frutti di tre o quattro civiltà E la legge del lavoro che, in secoli di dure fatiche, piegò sul solco i Galli errabondi e quei Germani che Tacito vide sordidi e nu di giacere lungo i! focolare le intiere giornate, quella legge dèi lavoro che preparò alla romanità i cacciatori e i pastori del nord dell'Europa, i figli di Othman non l'ap presero mai. Vissero sempre parassiti sopra il lavoro altrui, isolati fra popoli che sottomettevano senza poterli assimilare A chi ripete loro che in Europa sono stranieri accampati e che altrove è la loro giusta dimora, sull'altra sponda, in Asia, i turchi ribattono indignati che avevano già passato il Bosforo al tempo che il re d'Inghilterra si faceva ungere a Reims, che gli Asburgo cominciavano a spuntare e degli Hohenzollern o dei Savoia non si sapeva resistenza! Ma quello stesso turco che, con nobile calma orientale, ritorna fieramente sui titoli storici della sua razza alla comunione europea, uomo di stato dirige la sua politica, cittadino orienta la sua vita, in previsione della partenza repentina che, da un giorno all'altro, bisognerà affrettare, alla quale bisogna prepararsi come a un pre eagito decreto di Allah. Sono essi medesimi già da due secoli, èssi, i turchi, che, pure rivendicando incessantemente la validità dei propri titoli europei, mostrano col fat to di considerarli come il permis de séjou che un paese concede all'ospite «non de siderabile», con la condizione di poteri ad ogni istante, e senza obbligo di spiega zinne, revocare. •Questa volta erano cèrti di dover contro firmare la revoca. Se invece resteranno, se la vittoria della democrazia mondiale sug gellerà, come si dice, il possesso turco so pra la città di Costantino; se i figlino delle rivoluzioni dSnghilterra, d'America ni Francia monteranno, bianchi eunuchi la guardia all'Harem del Padiscià, ir puri to fatale sarà superato. La questione d'Oriente oggi si chiude. Il mondo che nasce avrà dimenticate, sommergendole in soli darictà più vaste, le contese delle religio ni. delle nazioni e delle razze. Un'Europ democratica che lavora alla restaurazio ne dello csarismo russo, un'Europa nazionalistica che restituisce l'Armenia alla Turchia, mentre porta infrancesi nel Pa latinato, firmando il documento delle prò prie vittorie, non firma in realtà che la propria sentenza di morte. Y.

Persone citate: Asburgo, Hohenzollern, Othman, Savoia