La smentita dell'on. Giolitti al "Matin,, di Parigi

La smentita dell'on. Giolitti al "Matin,, di Parigi La smentita dell'on. Giolitti al "Matin,, di Parigi Nel pubblicare le recenti confidenze dell'on. Salandra intorno alla dichiarazione di neutralità e alla nostra entrata in guerra, il Matin di Parigi intercalava — com'è noto — nel testo delle dichiarazioni fatte dall'cx-ministro italiano, il seguente pas¬ saggio : e Abbiamo da fonte autorizzata il racconto del colloquio che il Re ebbe con Von. Giolitti. WS ^^^S^^^^^^lun Governo parlamentare: si riferisca al Par. Samento; se questo non approva, siamo liberati dalla nostra parola. « E siccome il Re domandava, a Giolitti sr votar ricaru frette tale onore: — Sono potente nel Parlamento. Salandra ha con se il Paese. Rimanga al potere, T'aiuterò a superare questo cattivo passo. 0 Tali sono i consigli che Von. Giolitti dette.' E' superfluo dire che essi n«i ebbero alcuna influenza sulla lealtà incrollabile di Vittorio Emanuele ». », E' da notare che, secondo il referto telegrafato da Parigi ai giornali italiani, il Matin premetteva al suo racconto questo rilievo, che nelle copie del Matin (giovedì 6 febbraio), giunte a Torino, non si trova: « Giolitti era stato, messo al corrente della situazione da Carcano, uno dei suoi amici nel Ministero. Giolitti conobbe tutti gli impegni presi. Il Re- volle conoscere 11 parere del deputato di Dronero .. Nè è questa la sola variante, che abbiamo riscontrato fra le relazioni dell'intervista pubblicate in Italia e il testo datone dal Matin. In questo giornale manca, per esempio, anche il passo relativo al Duca D'Avarna. Ora, a proposito di questa pubblicazione del Matin, riceviamo dall'on. Giolitti la seguente lettera: Cavour, 6 febbraio 1919. Caro Fra<ta'ì, 1 giornali riti.' ■ ono un'intervista dell'on. Salandra e altre informazioni del giornale Le Ma-tin, relativa ai due periodi storici della nostra dichiarazione di neutralità nel 1914, e della nostra entrata in guerra ncZi(1915. Siccome vi si fa anche il mio nome, credo bene chiarire la mia condotta nei due periodi. Zi Lo agosto 1914 io era a Parigi e mi recai all'Ambasciata italiana: Vambasoiatore Tittoni non era a Parigi. Parlai col principe Ruspali, che ne faceva le veci, e gli dissi, che essendo la guerra iniziata dall'Austria, con l'attacco contro la Serbia, l'Italia non aveva, secondo il trattato della Triplice, obbligo di intervenire e doveva, a mio avviso, dichiarare subito la sua neutralità. Rientrato in Italia, ricevetti dal ministro degli esteri, Di Sangiuliano, una lettera, in data 3 agosto 1914, che conservo, così concepita : a Ruspali mi telegrafa la tua opinione t sulla politica da seguire in questi grati vi momenti. E' appunto quella che sin ■ « dal primo momento io ho proposto a c Salandra e a S. il/, il Re, e che è stata t adottata. Anche questa volta tu ed io c abbiamo avuto lo stesso pensiero, senza € avere avuto modo dì scambiare le no« stre idee ». Sotto la stessa data, 3 agosto 1914, ricevetti una lettera del presidente del Consìglio, Salandra, nella quale è detto : < Ho saputo che a Parigi hai espresso pati rere favorevole alla interpretazione da. * noi data al trattato della Triplice, in« terprctazionc che, oltre ad essere a sen c so mio giuridicamente esatta, corrit sponde al sentimento prevalente nella ■ grande maggioranza del Paese. E la a tua opinione conforme è per me di molti ta importanza ». Quanto alle informazioni del giornale Le Matin, 'relativamente al mio colloquio con S. M. il. Re in maggio 1915, premetto che a mio avviso quando un uomo politico ha l'onore dì conferire col Sovrano, ha il dovere di conservare la massima riservatezza ; mi limito quindi a dichiarare che - il Matin fu molto inesattamente informato. E quanto al Patto di Londra del 26 aprile 1915 io non lo conobbi se non quando fu pubblicato dal Governo rivoluzionario russso. Cordiali saluti. Aff.mo: Giovanni Giolitti. va prendere il potere lui stesso per inca-irsi di questo bisogna, Giolitti declinò^ in ! .^Al rinnovarsi del Ministero Orlando facemmo subito ampie ed esplicite riserve ■ulla nomina dell'on. Salandra a rappresentante dell'Italia nel Congresso delia pace. Non ci moveva passione politica e tanto meno angustia di parte, ma ci guidava ne.1 nostro giudizio solo 'la piena profonda conoscenza dell'uomo. E l'uomo fi appariva incapace a conoscerò e domi nare la situazione che doveva affrontare, inetto in ogni modo a purificare e sollO' ▼are il proprio animo sino all'altezza .del l'officio che gli veniva affidato. E non sono occorsi molti giorni perchè il nostro giudizio ricevesse pieua e dolorosa conferma dai fatti. Il segno della", grandezza politica d'un uomo di Stato è rivelato spesso dal suo senso di opportunità.- L'opportunità, anzi è parte della stessa sostanza politica. Ci sono momenti gravi nella vita di un paese nel quale l'uomo di Stato deve cercare ogni modo per raccofiliere gli animi, stringerli intorno ad un grande pensiero di patrio interesse. Tutto l^^^^ d«r. apparire ri ciò che divide deve essere da lui tenuto lontano come dannoso allo scopo che si propone; ogni occasione di discussioni laceranti deve essere evitata come pericolosa. L'Italia gioca in questo momento dinanzi al mondo la più arrischiata delle sue carte ; deve ora . raccogliere tutti i frutti degli immensi sacrifici che ha vi- ' e r a e a l i a a i i e a o l e i e n a a o a : a. a a e o o a e l n al mondo risoluta in un'unica volontà che tanti sacrifici non siano frustrati. Solo ciò che riguarda ed interessa la Patria iha valore. Irli uomini spariscono dinanzi ! a.]]a grandezza ed alla . santità dell'impresa, perche tutto ciò che non sia la Satria c l'impresa è miseria o vanita, ra l'on. Salandra appena arrivato a Parigi afilda ad un giornale straniero il racconto di quello che sarebbe avvenuto in un colloquio tra il Re d'Italia ed un suo ex-presidente del Consiglio dei ministri. Colloquio che commetterebbe grave scorrettezza col rivelarlo sia chi ne ha avuto .^notizia diretta, sia chi solo per ragione di Stato ha potuto conoscerlo. E che tale rivelazione sia grave scorrettezza politica, l'on. Salandra ne aveva piena coscienza, perchè mentre lo riferiva cercava nel tempo stesso di nascondere la propria responsabilità con un mezzuccio che farà certo sorridere per la sua ingenuità i diplomatici ai quali egli deve sedere accanto e con i quali deve discutere dei supremi interessi d'Italia. Ed il mezzuccio è di cessare ad un certo punto il suo racconto per lasciare che il giornale narri di proprio, derivandolo da « una fonte autorizzata », ciò che sarebbe avvenuto in quello storico colloquio, e riprendere poi imperterrito, come la cosa più naturale, il racconto sospeso. Scorrettezza dunque cvidente che nessuno spédiente furbesco può palliare, se non anzi l'aggrava, perchè ne rivela tutta la piccolezza che l'ha suggerita. Ma quale giudizio si deve poi fare dell'on. Salandra, se il colloquio fu da lui inesattamente riferito? Fra la versione del colloquio che il « Matin » ri ferisce e la smentita recisa dell'oh. Gio litti, i partigiani dell'on. Salandra potrebbero essere tentati di prestar fede al loro devoto. Rimane però fra lo due af fermazioni una differenza, che basta da sola a metterlo tutte e due nella loro vera luco morale e ad assicurare i lettori onesti sul grado della loro credibilità. L'on. Salandra .si nasconde, rome si è veduto, dietro il giornale e non assumo la responsabilità della sua affermazione : Giovanni Giolitti assume la responsabilità pienn di quanto assevera firmando come fanno tutti i galantuomini. Pure noi vogliamo concedere che la passione di parte possa trascinare così gli animi sino a farli passar sopra al valore morale dei fatti e indurli a prestar fede a chi asserendo e colpendo fugge. Rimane però un fatto che comprova in modo perentorio l'inesattezza, per non usare parola più grave, della versione dell'on. Salandra. La veridicità di tutto il colloquio si fonda sulla conoscenza che l'on. Giolitti avrebbe a- e a e a o e, O' l o ua io ua a di on vuto, nel momento che esso avveniva, dei]legami che univano l'Italia all'Intesa nel maggio del 1915. Ora l'on. Giolitti af-Wferma che il « patto di Londra del 26F•1 im= v i, aprile 1915 » egli a non conobbe se nonLquando fu pubblicato dal Governo rivolu- zionario russo ». E il Re, Salandra stesso e parecchi uomini politici sanno cometale recisa affermazione corrisponda a sto-rica, verità. Verità che getta tutta la sualuce sulla storia del maggio del 1915. Del resto, non' solo nel riferire il colloquio dell'on. Giolitti Antonio Salandra è poco veridico. Con la sicurezza che dà la scienza delle cose avvenute, l'on. Salandra confida al « Matin.» che appena egli seppe, il 25 luglio, deWultimatum dell'Austria alla Serbia, egli, presente von Flotow, ambasciatore di Germania, esclamò : è il crollo della Triplice, a C'est l'effondremont de la Triplice ». La Triplice era per Antonio Salandra crollata, ma novo giorni dopo egli faceva, sotto la sua responsabilità di presidente del Consiglio dei ministri, faceva dal capo dello Stato telegrafare all'Imperatore d'Austria inneggiando alla forza della Triplice stessa, ai benefici inestimabili che i suoi trent'anni di durata avevano assicurato ai popoli, c assicurando che, conforme alle clausole del trattato —• secondo il. capo del Governo oramai crollato — l'Italia avrebbe conservato non soltanto la neutralità, ma una benevola neutralità. I documenti ufficiali non consentono interpretazioni a posteriori; ed c perciò che la storia si chiederà come mai, se il grande crollo era nel pensiero dea on. Salandra avvenuto, egli si' scegliesse, dopo la morte del Sau Giuliano, a ministro degliaffari esteri proprio l'uomo che alla neu-tralità deli Italia era stato sin dal primo momento contrario, c favorevole anzi alla sua partecipazione nella guerra con sr, imperi centran. La quale circostanza, che a noi era ben nota c mai abbiamo rivelato, noi ci saremmo guardati bene dal manifestare, se giornali avversi all'on. Sonnino non avessero da tempo .dolorosamente messo in luce, ciò che per gli interessi d'Italia era opportuno ancora tacere. Perchè noi pensiamo che su certi falli, in certi momenti, convenga avere la virtù del silenzio, per quanto questo possa costare. Sul patriottismo illuminato degli uomini che hanno saputo tacere anche quando le passioni più violente sio scatenavano contro di essi, ed essi potè- vano con una sola parola calmare la; tetri- ! dpesta, darà un giorno la stona-il proprio! sgiudizio. Noi ' sapevamo ' dell'ignoranza adel Patto di Londra per parte delì'ono-:arevale Giolitti, ma giudicammo di ser- bare sul fatto il più rigoroso silenzio, vNon era ora ui parlare finche la' guerra ddurava,^ a nostro avviso nemmeno que- rsto è ancora il momento di parlare, au in"cotcsta virtù di patriottismo a lui ben nota faceva appunto conto l'on. Salandra per divulgare al mondo la sua versione, e bene ha fatto perciò l'on. Giolitti ad opporre una misurata rna recisa smentita. Ma all'on. Salandra, il quale -after méntre il Patto di Londra — che fu, poi noto agli italiani soltanto molto" tempo dopo — faceva obbligo immediato e tas€sativo ai firmatari di dichiarare la guerra an- tcsil quale -a ma che sino dal '14 fu a lui e al popolo j litaliano a rivelata la brutalità della Ger-jlmania», sareobe anche da domandare! (ine mai egli abbia potuto innalzare injtCampidoglio un inno alla « dotta," alla potente, alla grande Germania, mirabile esempio di organizzazione e di resistenza » : concludere .nel 10 maggio del 1915 un trattato con la Germania, e andarsene via d*l potere senza aver dichiarata la guerra proprio alla stessa Germania, ietfra anche alla Germania. E di pvf cato anche di sincerità ve gravi danni ha avuto l'Italia, netvavnnIntesa'lla diffi-'i densa di cui ancora oggi qualche circolo ] straniero ci circonda, e dovuta appunto j alla slealtà di coloro che hanno mancato, ad un impegno preciso. [ Del resto i'on. Salandra che piega cos'i volentieri la storia ad illuminare 1 ignoto della sua opera, come è inesatto quando riferisce i colloqui che seppe dei vivi, e inrsatto e crudele con i morti. Del duca triouisruo a tutta prova », egli racconta cho « colmato d'onori da Francesco Giù- seppe » era e estremamente turbato » per l'imminenza della guerra e sentiva i do lore a dichiararla! ». Cosi nella concezione politica e pa- tria di Antonio Salandra i favori di_un imperatore straniero possono avere effica- eia d'addormentare la coscienza patriot- tica d'un rappresentante d'Italia e met- ferlo in dubbio sulla sua azione nel mo- nunto decisivo per gl'interessi supremi di essa. Ma non fu così per fortuna d'I-italiu. Anche questa volta la vlrità è di- versa, e il vecchio diplomatico se venne j a Roma per dare le proprie dimissioni, lei volle dare per ben più alte cause che non fossero i miserabili onori che aveva nella sua lunga icarriera ricevuto. Ma, l'on. Salandra che riferisce inesattamente i colloqui dei Sovrani, tace dei colloqui e dei rapporti dei morti. E tace nou a easo, perchè dai colloqui e dai rapporti del duca d'Avarna egli ne uscirebbe grandemente sminuito. Il duca d'Avar- na, benché «diplomatico della vecchia scuola », non credette mai alla guerra dei tre o dei sei mesi, e nemmeno di un anno. Non credette ad una guerra per la quale sarebbe bastato un miliardo o Il proprio come la maggioranza degli am basciatori italiani, ebbe la visione net ta ui una guerra lunghissima che nessuna fretta obbligava ad indire. Questa visione, non il pensiero dei favori rice- padeci- vuti, turbava la sua coscienza di triotta nel momento solenne della i eione. Ed è l'angoscia di cotesta visione che angosciò' il cittadino venerando fin sul letto di morte, quando tra gli spasimi | E dell'agonia, ma nella lucentezza dell'orai P' ' dvhpputirisoasatev suprema, mormorava parole dolorose sul la lunghezza terribile della guerra intra presa. L'ora della storia non è certo ancora venuta, ma quando sonerà, quel giorno non saranno certo coloro che per carità patrio hanno taciuto che si dovranno la mentale del loro silenzio. E certi silenzi riceveranno allora la consacrazione dalla pienezza del loro significato. '•1I pftcpcdtsÌ