Fatale epilogo

Fatale epilogo Fatale epilogo La sciagurata avventura dannunziana "volge al suo fatale epilogo. Invano ogni cuore italiano deprecò il fratricidio ; invano il Governo, longanime, paziente, magnanimo, tentò ogni mezzo conciliativo per richiamare il dittatore di Fiume a qualche ragionevolezza di fronte ai supremi interessi dello Stato," all'imperativo- categorico della sovranità nazionale. Invano !. Perchè di contro all'accorata passione del Paese, di contro alla invocazione fin supplichevole della Patria, di contro alla cauta azione governativa, stava una fredda calcolata volontà di resistenza ad ogni costo ; un uomo che, reputando se più grande dell'Italia, all'infuori di ogni limite di umanità, per amore di frenetiche gesta, per desio di a bella morte », da niuna più mostruosa aberrazione si sarebbe guardato, deciso a tutto le violenze, a tutte le rivolte, a tutte le follìe, pur di non cedere,' pur di non riconoscere alcuna 'volontà al disopra della sua, manco la volontà di quaranta milioni di italiani concordi. Ed ecco, infatti, che questo lirico cantore dell'egotismo estetizzante, rompe gli indugi : dai ripetuti colpi di mano pirateschi, dagli appelli alla sedizione, dagli assassinii in ordine -sparso, D'Annunzio è passato alle aperte ostilità contro le truppe nazionali, come da nemico a nemico ; è passato all'attacco in piena regola, con le sue forze in linea, secondo un suo piano preordinato, con tutte le armi a sua disposizione, non escluse anche le più sleali, che già furono rimproverate ai a barbari nemici » : l'insidia, il tradimento, l'assalto proditorio. Niuu dubbio è possibile sulla provocazione dannunziana. Basta leggere i suoi comunicati, i suoi <t bollettini di guerra » : con tadorniano stile —. che pure a lui parrà senz'altro napoleonico — il D'Annunzio parla di i fronte i, di « attacchi e contrattacchi », di a collegamento », e annuncia « perdite » e a catture », e segnala che da parte avversaria mancò ogni « preparazione di artiglieria ». E tutto ciò contro i soldati italiani, contro le forze legittime dello Stato italiano ! Ma in così trista tragedia, già colorata di sangue, lo Stato non può arretrarsi nè indugiare. Poiché il Comando dannunziano, tenendo la cittadinanza fiumana fiotto il terrore, domandone sanguinosamente ogni conato di liberazione, ha rivolto le armi contro l'Italia, bisogna ben che l'Italia si difenda, che abbia tosto ragione dell'insana follia fratricida. Il compito che il gen. Caviglia sta assolvendo è certo dei ,più dolorosi che mai potessero toccare a soldato italiano, ma poiché egli è un vero e leale soldato, un 'servitore fedele del suo Paese, saprà condurre rapidamente a termine con tutta l'energia necessaria l'operazione di polizia, donde non solo ha da uscire integra l'autorità dello Stato, avvalorata la firma d'onore posta dai suoi legittimi rappresentanti su di un Trattato internazionale, ■ma anche la libertà, la pace, la sicurezza di Fiume italiana. Non come nemici i soldati dìTiaviglia avanzano nella città desolata, ma come liberatori ; e a liberazione awjnuta, quando la feroce tirannia dannunziana sarà spezzata, i cittadini fiumani li ringrazieranno fraternamente. Questo sarà il conforto all'ingrata fatica; la riprova'che lo Stato italiano, difendendo la sua ragione di essere, il suo prestigio nel mondo, avrà pur difeso la Inuma causa di Fiume. Certo, dopo tanta guerra, in tanta crisi, tra così enormi difficoltà di vita quotidiane nell'anelante ricerca dei nuovi assestamenti sociali per la pace e il lavoro, l'Italia non meritava quest'ultima prova, che è davvero uno strazio. Ma poiché essa fu imposta, superarla bisogna con virile animo. La opinione pubblica sta unanime col Governo. Il Governo, pur nella viva ambascia dell'inaudita vicenda, trae la sua forza morale dal profondo della coscienza nazionale, che vuole salvi l'onore e la sicurezza della patria. E nella storia della patria, piuttosto che di una nuova Aspromonte, si leggerà: la Nazione italiana dovette un giorno difenderai da un pericoloso sovvertitore armato, che, già illustre scrittore di romanzi e tragedie alla a Corrado Brando », volle scrivere, per la sua vanagloria, una più clamorosa avventura intingendo nel sangue dei suoi concittadini.

Persone citate: Caviglia, Corrado Brando, D'annunzio

Luoghi citati: Fiume, Italia