L'arcano del numero

L'arcano del numero L'arcano del numero '■■ Due per due fa quattro. Non è questo il :ipo della verità universale, identica in tutti . secoli e tutte le civiltà? Con la riserva che jii tratta di una verità quantitativa, cioè in "ondo convenzionale e vuota, credevamo di rì. Ma naturalmente c'è chi dice di no. ^ Appunto le ^proposizioni più evidenti del salcolo elementare, come che due per due fa juattro, considerate eia un punto di vista inalitico, diventano problemi la cui soluzione il ottiene — anzi in taluni casi non si è ancora ottenuta — soltanto per derivazione da uperiori dottrino matematiche Questo asserisce, con più o meno stupore li noi profani, Oscar Spengler, pensatore dia moda in Germania. 1 suoi ragionamentiL sull'argomento richiamano attenzione in quanto, per vocazione filosofo, di professione o Spengler è appunto matematico. Sebbene rassegnato a che oramai tutto — bene e male, bello e brutto, giusto e ingiusto — tutto il proprio dell'uomo annaspi sulle sabbie mobili della relatività, il lettore sarà colpito nell'udire — meglio riudire perchè in altri termini la cosa è stata già detta — che nemmeno la matematica dà l'immagine dell'asoluto. La matematica? Lo matematiche si devo dirti. Meisuno di quei sistemi di proposizioni rigide che costituiscono la planimetria o il calcolo intégrale, l'algebra o la trigonometria, nessuna matematica insomma, esaurisce la possibilità del pensiero matematico, allo stesso modo che nessun sistema fiolosofico esaurisce le possibilità della filosofia. Vi sono assai maniere di sottoporro spazio e materia al principio formatore numerico. Vi sono assai mondi di numeri: assai geometrie ciascuna indipendente dalle altre. Fin qui niente di nuovo: a parte il fatto che sapevamo, pur vagamente, della molteplicità delle dimensioni, delle teorie di Kiomann e Lowatehewski, della volgarizzazione di Poincaré, eccetera, quelli tra noi «he hanno qualche sensibilità intellettuale, ricordano tutti, tra le sorprese ■ dell'adolescenza, quella prima lezione d'algebra che rivelò meravigliose cose, ignote alla hanalo aritmetica elementare, come la quantità negativa, e lo zero e l'infinito elementi di calcolo, sì che parve trasferimento in un ambiente cabalistico. Più tardi, prendendo nozione del triangolo sferico o d'un sistema di coordinate o delle tavole logaritmiche, si intravidero altri mondi, diversi' e sconosciuti Come definirli con una formula che tutti li abbracci? Svegliata la mia curiosità dalla lettura di Spengler, ho cercato la definizione della matematica, come scienza unica, in tutti i lessici, generali e speciali, di una grande biblioteca, ma non ho trovato di meglio che questo : la matematica è la scienza deile grandezze. O le funzioni allora, a quale ramo dello scibile appartengqno? Separate dunque le vario matematiche l'una dall'altra, negata la loro consecuzione, negato il carattere che comunemente loro si attribuisce di fasi di un'unica progressiva verificazione, lo Spengler — e qui è la sua originalità e il diletto che nasce dalla lettura della sua opera — tenta di risolverle nella successione delle culture, organandole anzi che una nell'altra, ciascuna nel ciclo spirituale, cioè morale, artistico, politico che idealmente le accompagna. Vi sarebbero dunque una matematica apolliuea (greca) una magica (arabica) una faustiana (moderna). Ma voi e io, semenza del dottor Faust, non capimmo forse perfet lamento, in quinta ginnasiale, il problema del quadrato dell'ipotenusa, che è apollineo sebbene sia chiamato il ponte dell'asino? Spengler asserisco che questa c una illu uacEcpsecvpfsfipdseptfiitppsv«uteuntedmecracfiatfrpdstesclnpvnbcgctecgèntfsione: che gente come noi, la quale lavora, col concetto deh'infinito spazio, non, intende nell'intimo spirito la geometria dei greci, I più di quanto un coetaneo di Archita, Eu- dossio o Platone, matemafcizzante solo per immagini visibili, avrebbe inteso che cento! moltiplicato por zero fa zero o che il prodotto di due quantità negative è'"una quantità positiva. A quei misuratori del mondo plastico, un'equazione di quarto grado, che, tradotta plasticamente da uno spàzio a quattro dimensioni, oioè pensabile ma non visibile, sarebbe sembrata giuoco di logica a6tratta, deviazione ualla vera scienza. Ora se si considera che, molti secoli prima, il pensiero di sapienti indiani e sacerdoti ca'dei percorreva gli spazi astronomici, l'illusione di un progresso continuativo viene a essere sbandita anche dalla scienza deduttiva per eccellenza. In confronto delle anteriori matematiche dello spazio, l'euolidismo, matematica di figure, non è nè progresso nè regresso. E' altra cosa, diversa e inconfrontabile. Così il passaggio, per opera di Diofante, dall'antica aritmetica all'algebra, cioè dalla matematica delle quantità determinate & quella delle quantità indeterminate, non è arricehimentc del già posseduto bensì atto di possesso di un'anima nuova ; e così la grandezza di Cartesio non consiste, come forte egli stesso credette, nell'avere applicato un metodo nuovo alla geometria esistente, bensì di aver creata una geometria originale liberandosi dalla servitù della figura. Gauss ceppe, ma, u per paura uolto schiamazzo dei beoti » si trattenne dal dirlo, che vi sono più stereometrie ugualmente legittime, tra le quali le età che si succedettero scelsero liberamente, per fede. Benissimo. Se non che, a questo punto, Spengler impone arbitrariamente dilemmi. Scegliete — pare che dica — tra Pitagora e Descartes : o la quantità come grandezza o la quantità come funzione. Tra Leibnitz e A. ihimede : o l'analysis situs o la misura dei solidi. E così via. Poiché queste non sono, come credete, verità ma simboli, e ogni simbolo vale, una volta sola insieme col modo di essere di cui è espressione Acute sono tali distinzioni, e geniali le deduzioni ; ma dileguano ito. fumo se si consideri che, nell'atto stesso che registra la morte delle antiche matematiche e culture, lo Spengler le rivive pensando queste e applicando quelle : e afferma rundversalità del pensiero proprio mentre la nega poiché ripensa, cioè comprende, quello stesso che dà per incomprensibile e misterioso. Fumo ! Ma svanisce verso il soffitto della biblioteca in volute bizzarre e leggiadre, popò la lirica di Nietzsche, sebbene a grande distanza, ouesta è forse la più dilettosa fra- le pseudo-filosofie di cui è ricca la letteratura contemporanea. * Come altra volta ho riferito, lo Spengler tenta di delnmearo una morfologia storica, cioè un rinnovamento dell'idea di Giambattista Vico — autore che egli del resto ignora •— la famosa idea dei corsi e ricorsi; e però ripartisce il flusso della storia in culture individuate, reciprocamente straniere e incomprensibili, come ogni uomo si dice sia a ogni altro uomo, ma tutte, al pari degli uominj, sottoposte a un'unica legge di nascita, sviluppo e marte secondo un ciclo fatale. Però in Lutti gli aspetti — simboli —di una singola cultura, arte, scienza, morale, religione, Af costumi, ecc., lo Spengler scopre un volto comune. Lo scopro o non piuttosto lo disegna, con la sua mano sciolta e leggera di artista in analogie ? Quando siamo a definire la comunione di tante diverse attività spirituali, e che in fondo è la coltura stessa, cioè, iT<concetto fondamentale della filosofia spengleriana, l'autore usa parole rivestite di misteriosità e si ha l'impressione che egli sia vittima di illusorio rassomiglianze esteriori La rispondenza di. ogni ciclo matematico u un ciclo artistico (che talvolta sarebbe, ahi ahi I solo latente cioè inespressa, comò nella colonna dorica che porta implicita l'idea H Euclide o nella cattedrale gotica la quale conterrebbe, crediamoglielo sulla parola, il principio del calcolo infinitesimale), tale rispondenza, anche dove allo Speng.er pare evidente, ricorda il procedimento con cui ^f, costruiscono le figure retoriche. Giudicatene voi stessi." Nell'analisi "•eometrica e nella geometria projettiva del secolo decimosettimo si manifesterebbe il medesimo spirito che nella musica strumentale e nella pittura a olio in fioro a quel- tempo, essendo la prospettiva propria di questa e il contrappunto propino di quella, geometrie anch'esse, l'una dello spazio tonale l'altra dello spazio aereo, ignotr entrambi alla pittura e musica antiche. E perchè? Perchè il greco, sia nella vita pratica sia nella contemplativa, concepì solo il finito, il conchiuso, il corporeo, il razionale, il limitato, il molteplice: i microcosmi politici serrati da un muro e una tossa, ^li dèi personali pertinenti al luogo, le statue in pieno rilievo visibili da ogni parte, i propositi e i fini che non oltrepassano il giorno volgente : perchè, in una parola il greco fu «apollineo» non <tfaustiano» che vuol dire uomo dalla volontà che non s'acqueta e della tensione che non rallenta, uomo del dio unico e invisibnile, • dello spazio infinito e innumerabile, dei monismi di ogni sorta e natura, della Wille tur Macht, del-« più oltre » eccetera. Ondo si capisce che fra uno e tre. dnve noi alloghiamo innumerevoli cifre intermedie, il greco non ne collocasse che una, egli che dell'infinito non possedeva il concetto, tanto che, praticamente, operava nel raggio- di pochi chilometri... Davvero? Ma. a parte la confusione fra vastità fisica e concetto dell'infinito, non si spinse Alessandro fino alla piana del Gange, e Anassimene non attribuì al primo elemento appunto il carattere dell'infinità? La verità è che siamo di fronte a un caso frequentissimo del oonfusrortismo contemporaneo, e che consiste nell'imporre un nome storico a una posizione eterna dello ^spirito umano. Ammesso anche che solo' nella mentalithà magica degli arabi, potesse nascere l'algebra, questa genesi, del resto imperscrutabile, importa poco : quello che importa è l acquisto in perpetuo che con l'algebra si è fatto e che le matematiche venute dopo non potevano annullare appunto poiché ponevano e risolvevano problemi cjiJ versi. Se il concetto di zero come quantità non può essere che indiano, poiché solo il bramanesimo cerca il nirvana (tra le specificazioni spengleriane scelgo nqn le più peregrine, ma le meno sibilline, come avviene che un ragazzo quindicenne, in occidente, di temperamento certa antinirvanico risolve con quel concetto, ,il suo problema di algebra ?■ Al' pari di ogni simholistica, auche quasta è una dichiarazione d'impotenza a possedere il vero che non ò sdoppiamento in cosa sconosciuta e cosa' conosciuta, bensì unità. Infatti lo Spengler sorride all'idea della matematica come mistero. Il che non stupisce chi conosce gli sforzi che da oghi parte si fanno per sbandire dalla filosofia contemporanea la ragione. Le età che furono religiose sentirono l'arcano del numero: la nostra che a, per dilettantismo simula religiosità, doveva e avere il filosofo che immao-ina di risentire I quell'arcano. Al tempo della Rinascenza ri- fiorendo, anche l'idea pitagorica, le matemar tiche sembrarono a uomini che pure si chi-ao! * ■ o , JInSmavauo Pico, Cardano, Reuchling, il vestibolo dell'astrologia. Si.direbbe che siamo maturi per il ritorno di queste speculazioni. Aspettiamoci la fondazione di una cattedra universitaria di Cabbala, almeno come libera docenza. Uno che ha viaggiato M

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