Un'altra unità navale passata illecitamente a Fiume

Un'altra unità navale passata illecitamente a Fiume Un'altra unità navale passata illecitamente a Fiume La notizia ufficiale Roma, 9, notte. UAgenzìa Stefani dirama il seguente comunicar/) ufficiale : c E' giunta notizia che anche il cacciatorpediniere Espero, appartenente alle forte navali dell'alto Adriatico, si è recato irregolarmente a Fiume. Il grave fatto è stato denunziato all'autorità giudiziaria militare per l provvedimenti occorrenti ». Dopo il Bronzetti e la torpediniera '« 68 P. N. » ecco il cacciatorpediniere Espero. Un'altra nave da guerra, un'altra r.nità della Marina — che lo Stato mantiene perchè serva la patria in giuramento di fedeltà — ha disertato per Piume, con ammutinamento violento della ciurma dannunzieggiante. E c'è la Dante ''Alighieri che, ricevuto l'ordine di lasciare le acque .fiumane, non parte ma si lascia imbottigliare in quel porto; e c'è dall'uno all'altro di questi ormai quotidiani episodi tristissimi, tutto uno spirito di defezione, di rivolta, di disgregamento morale, che dia ponti di navi italiane dilaga come un veleno nel cuore della nazione, attenta all'autorità dello Stato, corrode il credito del Pause. Quale paese, quale Stato potrebbe tollerare a lungo un tale stillicidio di follia disgregatrice, senza (precipitare a rovina, senza scardinarsi? n Tradimento » ha detto il Presidente del Consiglio a quel deputato, che dalla visita a Piume mostrava di avere riportato una certa indulgenza verso il protagonista di una precedente defezione marinara; e tutti' gl'Italiani intendono, col capo dui Governo, che il tradimento sussisto quali che sieno i motivi sentimentali, le ragioni ideali, le passioni politiche per cui l'ufficiale o il mozzo viene meno alla consegna ricevuta, manca alla propria fedeltà giurata di soldato. Anche se è per Piume, anche se in nome dell'italianità fiumana ! ]N'on solo perchè niun fine nazionale potrebbe mai giustificare cotali mezzi di sovvertimento delle più gelose forze nazionali; ma anche perchè, nel caso di Fiume, la buona causa italiana è stata servita, quanto meglio era consentito allo Stato, con l'accordo di Rapallo. In verità, i tristi fenomeni d'indiaci plina e ai rivolta attorno a Piume vanno ormai assumendo una ripetizione troppo allarmante, perchè il Paese — come ben nota il nostro inviato ad Abbazia — non debba sentile, nel suo buon senso, nel suo schietto amore di patria, la doverosa necessità di una reazione morale auoa stanza energica da ravvedere gl'illusi e gl'ingenui e da ammonire quelli che illusi ed rngenui non sono. Bisogna che la coscienza del Paese, col sorreggere il Go verno nell'arduo compito di risolvere la crisi dannunziana — la quale non può essere risolta se non con la esecuzione lea le del Trattato di Rapallo, pena il peggiore fallimento d'Italia — dica chia ro e forte obe è ormai l'ora di finirla con le avventurose speculazioni a danno della sicurezza e dell'onore nazionali ; che non' vi sono due modi di servire la patria tra fratelli, tra cittadini della si.es ea terra ; che nessuna esaltazione poe tiea, nessuna ambizione eroica, nessuna IL mesia di epiche gesta, possono passare e far passare sopra ai supremi interessi morali e materiali dello Stato italiano. Le ciurme che fanno violenza ai propri ufficiali e li sequestrano per mutar rotta alla nave, non hanno forse, prese come massa o gruppo, una responsabilità così grave come certo l'hanno quegli individui dotati di qualche personalità intellettuale o politica, che ieri od oggi, od oggi come ieri, a parole o a fatti, dettero e danno il cattivo esempio della indisciplina e della ribellione al dovere, e tuttora continuano ad indulgere sentimentalmente o faziosamente ad osmi pe»gìOti eccesso di la dal mare, e invece di renderei interpreti autorevoli della realtà evidente che s'impone all'interesse nazionale, soffiano nel fuoco della retorica dannunziana, la quale di tanto ormai tra^icende ogni umana ragionevolezza da non potersi più considerare se non come un prodotto di esaltazione cerebrale. Ma la vita di una nazione civile non può ridursi all'avventura di uno o di pochi campioni di estetismo letterario; nè la star'''"'dall'Italia si ha da scrivere come un ronfi ho alla a Corrado Brando». Dalla reazione morale d'ella sana coscienza nazionale deve giungere ai fratelli di • Piume il buono aiuto a ritrovare il senso esatto della realtà nel proprio stesso interesse d'italiani, a superare il fenomeno psicologico creato da un uomo ; fenomeno dal cui sviluppo non può venire alcun bene alla città sorella. Finché le navi che tradiscono, le navi che disertano, trovino sull'altro lido e fiori e inni ed incensi, il grande e verace sentimento di amore che ha riunito Fiume all'Italia proverà strappi dolorasi, trafitture atroci, donde non può sgorgare ohe il male, e per l'Italia e per Fiume. Uno che fu ad Aspromonte Roma, g, mattino. L'on. Napoleone Colajanni, parlando nei corridoi della Camera della questione fiumana, ha detto le seguenti parole : « Non è lecito mettersi contro l'Italia. La nostra situazione in vs?2S, è abbastanza critica, specie dal punto di vista economico. Giuseppe Garibaldi non fece inai atto di indisciplina; anche ad Aspromonte, ed io ero presente, disse ai suol soldati: «Vi prego di scrivere la più bella pagina della vostra storia. Essa consisterà sopratutto nel non rispondere alle fucilate». Bisogna qnindl eseguire il Trattato'che l'Italia ha firmato, non c'è più teinpò per rimediare alle manchevole* ze che io ho ripetutamente rilevate; quindi oc corre tener fede ai. nlfti èPalGlliuiAcmpafnsmfevtpfanecpssp à a e n è e a i o o o n e o l e n a i a, ti e e, i on en * c V " Espero „ (Dal nostro inviato speciale) ABBAZIA, 9, ore 17,30. Un altro cacciatorpediniere — l'Esperò — è passato a Fiume ! La notizia perviene da Pola, ove il cacciatorpediniere trovavasi ancorato. Ieri sera l'Esperò usciva dal porlo ver sostituire un'altra unità in crociera. Giunto in alto mare, l'equipaggio si ribellava all'ordine del comandante e usava violenza verso oli ufficiali per mettere in atto il proprio proposito di recarsi a Fiume: ufficiali e comandante vennero messi nella imvossibilità di tentare ogni opposizione. Al comando di un sottufficiale, la nave faceva poi rotta per Fiume. Risulta lassativamente che gli ufficiali fecero quant'era loro possibile per opporsi al movimento. Tristezza Telegrafo mentre ancora non ci sono arrivali j particolari sulle accoglienze fatte dal D'Annunzio a questa terza unità navale che, in pochi giorni, ha. mancalo al suo dovere. Con tanta amarezza ed accoramento sì accoluono le notìzie di queste defezioni, che è una sofferenza scriverne ! Si eviterebbe volentieri di farlo se non servisse ad avvalorare il grido di aliami' contro il persistere di sensazioni ottimiste, che pericolosamente gli ambienti romani diffondono. Certo, segnalare le tristi defezioni alla disciplina è doveroso, ma contemporaneamente è consigliabile spogliare questi episodi dalle manifestazioni teatrali che li conchiudono, poiché niente è più dannoso, pericoloso e contagioso: trattasi di gente semplice, alla quale per mesi e mesi dagli stessi ufficiali e comandanti, per una imprudenza che essi oggi lamentano e deplorano, è stato detto e ripetuto sino alla sazietà che l'Italia ufficiale calpesta ed oblia i sentimenti e i diritti italiani ; che l'Italia non è dove si fatica penosamente per sistemarne il presente e preparare un meno oscuro domani, sibbene l'Italia vera sarebbe in quel focolare ove tulle le aspirazioni ardono senza controllo e senza limili. Con l'approvatone del trattato di Rapullo, seguito dalla constatazione concorde di tutta la stampa che le aspirazioni italiane si potevano considerare temporaneamente raggiunte, si era diffuso anche fra la gente di mare un senso di sollievo e di soddisfa-1 zìone. L'opposizione fiumana, le notizie esageratamente pessimiste diffuse da Zara per la via di Ancona, il muoversi inconcludente della Commissione parlamentare, hanno di bel nuovo inlosGata.l'atniosferu, Una visita inutile La forza navale concentrata in Adriatico si disgrega, ed. intanto, pel momento, non rimangono che i presidi del generale Caviglia, esposto alle frecciate sanguinose del comandante di Fiume. Non si può considerare senza ironia il bel risultato della missione dell'ori. Barrcse e della conseguente passeggiata dei rappresentanti dei gruppi, che poco videro a Fiume, perchè troppo poco sostarono e non ebbero contatti che con i rappresentanti ufficiali. Ha servilo forse, per un momento, a sminuire l'elettricità dell'ambiente ; ma quando questa già si era scaricata in seguito ai chiarimenti del Governo relativi al blocco ! Prolungando invece una situazione tesa*, ha, favorito lo svolgersi di episodi di defezione, a parer mio, molto più gravi. Colpi di mano, secondo la promessa dannunziana, non se ne sono avuti più per parte dei legionari ; nta sono cominciate le fughe, e tutto ciò mentre da una parte — a Fiume — si afferma sempre più il proposito dell'intransigenza assoluta, e dall'altra — a Roma — si persiste a dichiarare che è possibile un accordo. La notizia che il Presidente del Consiglio ha sgombrato il terreno dall'equivoco generato dalla Commissione parlamentare sulla richiesta del riconoscimento della Reggcna, è pervenuta qui oggi. Si pensava che non avrebbe tanto tardato. L'equivoco era così evidente, che non si riesce a capire come possa essere avvenuto. II. D'Annunzio ha parlato molto chiaramente che il riconoscimento della Reggenza deve significare annessione di Fiume all'Italia, la libertà di Fiume di aggregarsi tutti i territori che crede, in altre parole l'inadempienza del trattato di Rapallo. Come l'on. Barrese ed i suoi illuminati colleghi abbiano potuto pai pzRnrimcrzbi sare che poteva farsi il riconoscimento nel- la forma voluta dal D'Annunzio e rispettare insieme il. trattato di Rapallo, non si capisce. Il D'Annunzio li ha abbacinati con le sue parole ; è parso loro di scoprire un nuovo mondo di possibilità mai pensale nella situazione da lui prospettala del vicino sfasciarsi della Jugoslavia (sfasciarsi che da un anno il D'Annunzio prevede a distanza di qualche giorno, ma che ancora non si e verificato), e così essi. — i deputali — non hanno più visto nulla, più nulla compreso. Il " Dio della patria „ Sta di concreto che, dal loro viaggio, gli onorevoli Hurrese. Gaxparotlo e compagni, non hanno ricavato nulla, e lo prova il [alto che. tornali a Roma, continuano a parlare di malintesi da chiarire, di situazioni da superare, e si fanno belli di aver strappalo al D'Annunzio la promessa che sarà un umile ed un devoto soldato della patria! Verissimo! Egli ne ha dato le prove nelle ore più difficili della guerra, ma dimen, ticano di aggiungere che egli ha anche detto che farà quello che il a Dio della patria » gli comanderà... Il « Dio della patria », sinora, è sempre stata la sua volontà inflessibile, nuli, altro. Oggi, se non si vuole correre incontro a rovina totale, è tempo che gli sorga di fronte, concorde, decisa, sicura, la volontà nazionale. Solo in tale modo potrà evitarsi- quell'urto che, quanti sentono amore di patria, /deprecano. GIGI MICHELOTTI. Gli anti-dannunziani di Fiume preparano fina dichiarazione di protesta Fiume 9, sera. Oltre t 500 soldati congedati da D'Annunzio, altri 200 legionari hanno abbandonato la Reggenza. Un comunicato dice: » n Comitato nazio naie fiumano, costretto per la tutela del diritto di autodecisione dnl popolo di Fiume ad interloquire anche In questo grave e doloroso momento nella questione fiumana, dichiara che i fiumani non hanno mai accettato di riconoscere la Reggenza italiana del Carnaio e la. sua costituzione, respinta recisamente, con voto unanime, dal partito autonomo, dal partito socialista e da quello popolare di Fiume, fi perfino dal Consiglio nazionale di Fiume, poiché la costituzione e stata elaborata e procianvata senza il concorso dei legali fattori legislativi di Fiume, anzi contro la volontà dei cittadini fiumani; constata che per conseguenza nè l'Italia nè la Jugoslavia possono sotto nessun rapporto riconoscere un ordinamento politico interno di Fiume, non riconosciuto dagli stessi fiumani, il quale costituisco una Biave lesione del diritto storico e pubblico, e di quello di autodecisione di Fiume, e rileva che il riconoscimento della Reggenza italiana del Carnaro da parte dell'Italia e di altro .Stato costringerebbe i fiumani, ora o più tardi, ma inevitabilmente, a formulare una solenne dichiarazione di protosta e di riserva, pari a quelle del 177G, 1848, 1861, 1868, 1883, 1890, 1901 la quale og-gi tornerebbe utile soltanto agli interessi della politica jugoslava ».