Il Lucrezio degli insetti

Il Lucrezio degli insetti Il Lucrezio degli insetti Gli uomini del Rinascimento, andando in Villa, portavano seco, viatico spirituale, le \Biicphchc e le Georgiche di Virgilio. I loro nipóti del Settecento preferivano gl'Idillii di Gesncr e le Riveries d'un promcneur solitaire di Giangiacomo. Oggi, la lettura preferita nei languidi ozii della villeggiatura 'sono i Souvenirs Entomologiques di Henry iFabre : ne ho trovato abbondanza nella piccola colonia, che in questa cittaduzza della [penìsola sorrentina ha cercato rifugio dall'arsura di questa interminabile està. Sopratutto tra le signore Fabre è assai popolare, !ed ancor più, credo, ne crescerà la popolarità a misura che l'editore I>alagrave andrà sostituendo alle vecchie e brutte edizioni dsi 'Souvenirs i volumi della nuova, di cui or ora è uscito il primo, stampata in bella carta, con illustrazioni colorate che fa piacere vederle e, sopratutto, straordinariamente costosa, che nei nostri tèmpi di peBcecanismo la diffusione di un libro è in, ragione diretta del suo costo venale. La fama di Fabre cominciò a diffondersi sopra 'tutto dopo che Bergson, in quel meravigìiobo secondo capitolo dell'Evoluitoli créatrice, che ha la grandiosità poetica di una cosmogonia dell'antica Grecia, espose con la .musicale magìa del suo stile i risultati delle sue ricerche, e su queste a historiette des guèIpes », secondo il rimprovero sprezzante di Un critico, edificò alcune delle sue- più importanti teorie : dopo, ò andata sempre crescendo, ed oggi tocca il culmine. Sull'opera idi Fabre abbiamo oggi, oltre l'ottimo voluWB del' Legros, un buon saggio espositivo éel prof. Antonino Anile, nel volume Nella kcienza e nella vita, di recentissima pubblicazione (Bologna, Zanichelli). Sfoglio i volumi dei Souvenirs, e dinanzi alla fantasia sorge la visione del « Laboratorio di entomologia vivente «, la fattoria perduta nella pianura provenzale, nascosta da un selvaggio caos di piante ed arbusti, attirante gli insetti da molte leghe lontano, idove, isolato dal mondo, visse per quarant'anni, dedito allo sue ricerche l'« incomparabile osservatore », comedo chiamò Darwin, il « Virgilio degli insetti », come Io chiamò Edmond Rostand. La fantasia ne vede la figura contadinesca, dalla faccia atepra glabra rugosa, dove la piega delle labbra mette un'espressione d'indicibile _ainarezza, dove gli occhi neri dalle pupille Idilatate, occhi di veggente aperti sul mistero delle cose, balenano sguardi di straordinario splendore, andarsene con un pezzo 'di pane e un frutto in tasca per la campagna solitaria, fermarsi dinanzi a un nido d'insetto, e starsene per oro e ore steso a terra a studiare le abitudini o le occupazioni del suo abitatore, ignaro che su lui si china, a sorprendere il segreto della sua minuscola esistenza, uno smisurato gigante « che sospende il respiro per non rovesciare e spazzar via col suo soffio i nani che osserva », ovvero dinanzi al gran tavolo del suo studio, intorno a cui i suoi passi lenti e regolari hanno scavato un solco profondo, curvarsi per intere giornate sui suoi reattivi nello sforzo di scoprire quei misteriosi recessi, asilo delle .Madri, dove la Natura, seduta dinanzi ai suoi fuochi, attende a quell'alchimia trascendentale che, con un semplice spostamento di molecole, trae dai detriti della combustione organica l'abbagliante magia dei colori degli insetti. Da che antologie tratte dalla selva dei Souvenirs ne hanno popolarizza!» la conoscenza, chi ignora quelle meraviglie dell'istinto o scoperte da Fabre o da Fabre descritte con nuova e superiore precisione cho equivale ad una scoperta? Chi non conosce la stupefacente storia, frutto di quarant'anni di osservazioni ed esperienze, degli insetti paralizzatomi ? Quesito vespe non si nutrojno che del succo dei fiori, ma alle loro larve, 'che esse non debbono mai vedere, è necessaria carne fresca ove palpito la vita. La vespa scava nel suolo un antro, ove depone l'uovo donde uscirà la larva e, con l'uovo, un grillo o un ragno o un coleottero o una larva che servirà di nutrimento alla sua; poi, mura l'entrata dell'antro, e non vi mette più piede. Si pone allora il problema: «c che diverrà nella stretta camera dell'antro la debole creatura che un nulia offende, fra vigorosi coleotteri che per settimane intero muovono le loro lunghe gambe speronate, oppure alle prese con una mostruosa larva che dà colpi di groppa e di mandibole, che arrotola e svolga le sue tortuose pieghe? ». Tale l'appassionante enigma, la cui soluzione è la maggiore gloria di Fabre. Prima di essere chiusa nell'antro, la vittima è fltata dall'insetto paralizzatole afferrata e punta col dardo precisamente negli invisibili gangli nervosi il cui meccanismo comanda i movimenti : la puntura l'ha resa paralitica, ed essa non può' più fare, un movimento; peraltro non solo continua a vivere, ma non ha'nemmeno bisogno di nutrirsi. Uscita dall'uovo, la larva dell'insetto paralizzatore troverà la carne ' fresca di cui ha bisogno: essa divorerà la sua vittima vivente, rosicandone le membra a poco a poco, cominciando dalle parti meno necessarie per finire a quello essenziali alla vita. Si assiste così allo spettacolo atroce « di un animale che, divorato vivo, particella a particella, per quasi due settimane, si vuota si smagrisce ai accascia'su sè stesso », pur conservando fino alla fine la sua succulenza e freschezza. Quale spaventosa agonia per la vittima, se nel suo minuscolo cervello vacilla ancora la fiammella della coscienza ! Quale incubo pel piccolo grillo strappato alla gran luce dei campi e murato vivo nell'antro tenebroso dello Sphesc ! E si pone il problema: poiché l'insetto paralizzatore nasce, come tutti gli insetti, orfano di padre e di madre, chi gii ha insegnato che la sua larva non si nutre che di carne fresca e di una certa qualità, che, per fornirgliela, bisogna paralizzare senza uccidere, che, per paralizzare, bisogna colpire quei punti determinati dove sono i gangli e non altri, pungendo i quali sopravverrebbe la morte? Donde ha attinto la sua scienza entomologica doublée di una chirurgia sapiente? La risposta è: dall'istinto. Ma cos'è l'istinto? Tutta l'opera di Fabro è consacrata al formidabile problema, di cui la scienza invano tenta esaurire il mistero. Al momento preciso, la cui scadenza è come segnata dallo squillo della tromba di un invisibile arai do, gli insetti sono subitamente dominati da una forza irresistibile, obbediscono senza resistenza ad un misterioso comando interno, ad un invincibile fascinazione, e, senza averli mai imparati, fanno gli stessi gestì, dei loro genitori e compiono- ciecamente il loro destino. Poi, passato il momento, gli 'stinti scompaiono e non si risvegliano più. Mentre la caratteristica dell'intelligenza è Hi riflettere, di essere cosciente, di collegati l'affetto alia causa,, ad una demanda di fapadi scaorl'ipaunadsuinsanunonaspuotucafanonenue noinlecopldiecgnstsozasusnmè vialdtedpamgbchcosezastmblocjciinremguusmspoisdcntNtqPotddmmfidslqvcptsschmDgn«pncaCèpnrVftfdztdcci i a e , a i a e e a , e e a ù a e a a i i, », uoroo u ! aredi r ire li bna a al nto li ti za rza tì, il li ù. è adi far seguire una risposta e, sopratutto, di parare all'accidentale, a nuove circostanze di adattare una nuova condotta, l'istinto è scatto automatico, concatenamento lineare, ordine fatale e necessario di movimenti, che l'insetto percorre senza ritornare sui suoi passi. Ad un'Ape fabbricatrice presentate una cella già piena di miele: essa si ostinerà ad appròvigionarla di tutto il miele che la sua larva reclama, perchè l'impulso che la incita ad approvigionare non è ancora esauritó. Ma vuotate di tutto il contenuto la cella che essa ha riempito, e l'Ape non ricomincierà il suo lavoso. L'approvigionamento essendo completo, l'impulso che la spingeva non .agisce più : essa depone il suo uovo nella cella vuoto, condannando la futura larva alla morte per fame. Rompete a caso un solo raggio della tela che l'Epeira fasciata tesse di un colpo ogni sera: essa non saprà, non tenterà, non si accorgerà nemmeno della necessità di ripararla. « Si nule al' corso d'acqua che non sale lo chine e non rimonta alla sua sorgente, l'insetto non ritorna sui suoi atti, che si succedono invariabilmente gli uni agli altri, e che _spno legati fatalmente fra loro in un ordine~necossario, in modo che il seguente è il complemento obbligato di quello ohe ha immediatamente preceduto, come una serie di echi che 6Ì svegliano l'un l'altro... Esso i gnora i suoi meravigliosi talenti, come lo stomaco ignora la sua chimica sapiente. Esso costruisce, tosse, caccia, pugnala, paralizza come digerisce, segrega il veleno della sua arma, la seta del suo bozzolo, la cera dei snoi raggi, sempre senza rendersi il menomo conto dei mezzi e del. fine ». L'istinto è una cosa, l'intelligenza un'altra, e non vi è per Fabre transizione alcuna dall'una all'altra. Qua e là s'intravvede come un rù dimento di coscienza, un risveglio dell'intelligenza : così il Xilocopo, che nei tronchi di alberi e nelle vecchie travi scava corridoi per le suo larve, sa utilizzare le gallerie artificiali non scavate da lui stesso. Ma manca sempre e previsione e giudizio e ragionamento, ed anche quando l'istinto sembra cedere all'intelligenza, questa non rode che pochissimo sul dominio di quello. Inconscio dello scopo che lo fa muovere, l'insetto non profitta delle lezioni doll'esperien za, nè innova nei suoi usi fuori di uno stretto cerchio. Non vi sono nè scolari nè maestri in questo mondo dove ognuno obbedisce per suo conto alla voce interiore che lo conduce, nor solo senza occuparsi di ciò cjie fa il vicino, ma senza pensare affatto a ciò che fa egli stesso. L'istinto è una scienza infusa che ignora sè stessa Perciò Fabre respinge tutti i tentativi diretti a risolverlo nelle proprietà fisico-chimiche dolla materia o a iarne un'intelli genza meccanizzata trasmessa per eredità o una serie di piccole variazioni accidentali utili addizionantisi ; e vede nel trasformismo una « enorme e luminosa vescica ». Le specie nascono tutte d'un pezzo, portando ognuna insieme col suo organismo i suoi istinti innati e indelebili, come e tante me daglie immutabili, battute ognuna coa-_un conio distinto, su cui il morso dei secoli non ha presa che per annientarlo presto o tardi ». Egli è spiritualista, e vede nella Natura l'opera di Dio. Non perciò la Natura riveste ai suoi occhi i rosei colori coi quali appare ad un Bernardin de Saint Pierre, ad esempio: questo facile e beatoii'scimipiaè aessle,bitin demamosteza il recht'uvimmofinmenodinUpetravitazaazzafinrenoceCostchcol'edatelibmdoogtucosteidposemè steinmomdaststlodeall'el'teè i Dscottimismo gli repugna. Fabre ha l'orecchio troppo fine per non avvertire, accanto alle divine armonie, le diaboliche dissonanze della Natura. Dappertutto la strage e la morte: per un germe che riesce a vivere milioni eh© abortiscono; il vivente è sacrificato agl'interessi della specie, e la legge del ventre è la leggo universale. « L'intestino governa il mondo », e per assicurare la vita a sè ed alla progenie, quali astusie quali ferocie, quali orrori ! La morte ò dovunque, nascosta in ogni foglia, sotto ogni ciottolo: contro l'insetto che passa uncini pugnali dardi denti pinze tenaglie svie si tendono minacciosi. Drammi spaventosi si svolgono nella luce solare, nell'ombra misteriosa delle notti stellate. Se il nostro orecchio potesse percepirli, udremmo Une rago tlgrespe et tlescris léonlns Rugir profonrt6ment dans ees unlvers nains. Ognuno vive a spese di altri ; « ognuno ha le sue astuzie di guerra, i suoi procedimenti di attacco, il suo modo di uccidere ». Dappertutto « un'atroce attività, un brigantaggio sapiente ». Perchè tanto dolore nel mondo ? Perchè, parassita eterno, il' male « veleno del Bene » si è insinuato nell'opera della creazione? Fabre, angosciato, non sa rispondere alla domanda : il Dio che egli vede passare nell'ombra e di cui adora !a traccia angusta non è il Dio dei Cristiani, che trasse la natura dal nulla; è piuttosto il Deminiurgo che lotta con un principio di disordine e di male, che egli noti ha creato, che gli resiste e che non riesce completamente a domare. Più che il Virgilio, Fabre è il Lucrezio degl'insetti. pdteIn Fabre lo scrittore non è di minor forza dell'osservatore e dello sperimentatore : l'attuale voga dei Souvenirs, che .ne fa salire la vendita a cifre fantastiche, è dovuta, non meno che alla meravigliosa bizzarria dei racconti, alla straordinaria potenza della visione artistica. A differenza di Maeterlinck, in cui si sente il dilettante che mira all'off òtto, Fabre non ha in vista che la precisione della rappresentazione ed ignora le astuzie letterarie. Il suo stile è bonario, alla mano, rifuggente da inutili tecnicismi, ricco di espressioni popolaresche, con qua e là un zinzino di buon umore contadinesco, uno spruzzo di "ironia, amara in fondo, sorridente alla superficie, dell'uomo che la sa lunga sulla vita, di una straordinaria felicità di avvicinamenti ed intensità di evocazione, sempre colorito plastico fresco di vita. Di fronte ai suoi minuscoli amici egli è nell'atteggiamento di un osservatore curioso e benevolo, divertito a volte, a volte intenerito, a volte spaventato: la trascendente amoralità della Natura, turbine vitale in cui sfruttati e sfruttatori girano in cerchio senza mai posa nè tregua, lo riempie di melanconia profonda, di tenerezza commossa per quei piccoli esseri. Anche contro i più orridi e crudeli egli non sa sdegnarsi: come la bella Signora della Sensitiva, che porta via in un canestro nei boschi profondi, lungi dal suo giardino, gl'insetti micidiali_ed i vermi nocivi, ma nel canestro mette erba e fiori selvatici pei poveri esiliati: whose intent althongh they did ili, was innocent, anche per essi Fabre ha una parola buona, una pennellata amorosa della sua magica tavolozza. Riprendiamo per nostro conte il problema «Ila natura dell'istinto, lasciando da parte quello della au» Sii è gpkvV etapdgoghmspctedn« chnlatocsflhlecdislaAdedDdsnsrcpeloUdsprddlmsmmsdcttcfTpiLldbèaPVd« ii'aitra: coscienza, libertà cosa in noi che, senza giungere all'infallibile sicurezza dell'istinto, è il primo passo sulla via in fondo alla quale questo si trova i l'abitudine, che trasforma l'azione volontaria e cosciente in una meccanica inconscia successione di movimenti. Il fine o termine dell'azione riflessa e volontaria è un piano o programma, cho deve essere e non è ancora, che non è necessariamente ma può essere o non essere : una possibilità, un'ideale, che dipende da noi realizzare o no. L'abitudine trasforma l'azione riflessa e libera in inclinazione o tendenza spontanea : il fine dell'azione cessa di apparire come programma o possibilità o ideale, s'incorpora nel movimento, non se ne distacca, ma per ciò stesso cessa di essere cosciente. La coscienza è misurata dall'intervallo che corre fra il movimento ed il fine che' il movimento realizza, intervallo che l'intelletto misura, che la volontà supera. La coscienza fa tutt'un» con lo sforzo. Quando il fine del movimento, s'incorpora immediatamente col movimento e coincide con esso, .quando il fine dell'azione si esegue da sè, spontaneamente, senza sforzo nè attenzione, allora, non vi è più coscienza. Al limito dell'abitudine è l'istinto. Cosa è, dunque, l'istinto? Un modo di aziono in cui non vi è coscienza perchè non vi è sforzo, non vi è sforzo perchè tra cip che si fa e ciò che si dovrebbe fare non vi è scarto : il fine dell'azione non si proietta dinanzi a questa come ideale da realizzare, ma s'incorpora immediatamente nella azione e coincide con essa. Tutta la differenza fra l'uomo e l'insetto è questa: che il fine dell'azione da realizzare, all'uno appare come ideale che può essere realizzato© no, come pura possibilità, e per l'altro, invece, si realizza spontaneamente nell'azione. Conseguenze incalcolabili derivano da questa fondamentale' differenza. Il fine dell'azione è per l'uomo un ideale che da lui dipende realizzare o no. L'ideale così si stacca dal reale, il dover-essere dall'essere, il futuro dal presente, il possibile dalla realtà. L'uomo acquista coscienza del tempo e delle sue tre dimensioni. Appare la libertà, e con essa l'errore il male la vita morale la Storia. L'uomo si oppone al mondo elle lo circonda, lo distingue da sè come oggetto da soggetto, dice io e tu. Nulla di tutto ciò nell'insetto. Il fine dell'azione incorporandosi immediatamente nell' azione stessa, manca ogni distinzione di reale e ideale, di essero e dover essere, di realtà e possibilità, di presente e futuro. Non c'è senso del tempo nè libertà nè errore nè male nè vita morale nè Storia, L'insetto non è nel mondo come un io dinanzi a un sistema di cose, non dicevo, non dice tu,, è in uno stato di sonnambulismo perpetuo. Il mondo gli appare come un caos di luci di ombre di colori di odori, che- non distingue da sè e che gli fluttua davanti come l'indistinto miraggio di un sogno. E' questo lo stato cui tende a ridurci il venir meno dello sforzo, del senso dell'ideale, il prevalere dell'abitudine : cette vietile au pas monotone endort. la jeune libertà : et tous ceux o^ie sa face obscure a gagnés insensiblement sont des hommos par la figure, des choses par le mouvement. E' il senso dell'ideale che strappa l'uomo alla fatalità, alla monotonia spaventosa, al l'eterna ripetizione della natura, e gli apre l'infinito oceano della libertà, con le sue tempeste ed i ouoi naufragi, dove la vita è navigazione dolorosa e riconquista di tutti i giorni, ma perdo stesso novità e coscienza. prsel'rolemclmvota'staovrafrtisipte1$recfacassccpecsplapcSazadsapdtgrmmbdEvvccnrscci1splmlltlaclspssrscfSmnrnsccpAc , bDa una parte: perfezione, fatalità, «.co-1 Vscienza, eterno ritorno perfettibilità continua, novità, linea aperta dai due capi. Dove è maggiore felicità ? Eterna domanda, che non avrà mai risposta. ADRIANO TILGHER. circoirohiusò DTal- x, circolo chiuso. Dal j certa, imperfezione e j vlCeagpu

Luoghi citati: Bologna, Fabro, Grecia