Roncisvalle

RoncisvalleRoncisvalle LONDRA, luglio .v- ' Halto sunt li pili c tenehrns e grant, i Li vai partimi, o Ics ewes curanz. Sunent cil graisle c dcrere e ilcvant, E tuli racatent encuntrc l'Olifant. JGoii si pub più leggere i contemporanei Ktpttì scrivono come ossessi, benché le ba6i di fatto non siano mai state così opache e fluide) senza raffigurarsi Babilonia al colmo della sua confusione, e senza meglio apprezzare la dignità del' silenzio. Si chiude perciò con tedio anche il fascicolo in corso della massima rivista politica inglese, che pure ragiona ancora più chiara e diritta di tonte altre. Ma, sull'ultima pagina del fascicolo chiuso, sta inquadrata la rubrica meno inattendibile dei periodici d'oggi, quella degli annunci a pagamento ; e si e colpiti dal * grpBso titolo d'un libro che un editore include nel suo catalogo di primavera. E' una nuovissima versione inglese della Chanson de Rolaiid. Qualcuno ha dunque ritrovato la punta della spada con cui un mentitore ed un sauto scandirono mille anni fa le lasse della canzone di gesta? L'editore dice che la versione è condotta nel metro originario; e aggiunge ch'c già pronta la seconda ristampa. Ecco alfine una voce nitida attraverso la nuov«a Baoele. Porta bensì appeso un prezzo di "oltre sette scellini ; ma sembra che la prima edizione sia già bruciata via. Il tedio sfuma, le idee si chiariscono. +++ ìhe c'entra, nell'arruffio dei tempi, la hansnn de Roland? Babieca giace svenata nel retrobottegaNJei beccai, in conrrenza coi quarti di bue del triist americano ; e Durindana ò impopolare fino in Prussia. Gli ultimi sedicenti Paladini impiegano il loro crepuscolo a scuotere stupidamente l'albero sul quale i frutti del potere maturano per cader nelle mani delle classi operaie ; e in ogni paese della terra Carlomagno non ò più imperatore che di nome o d'illusione. Pure, in tutto questo, la Chanson de. Roland c'entra almeno come l'orchestra in un'opera. C'entra più dei presunti statisti che nella guerra travidero perfino un toccasana contro i sussulti sociali (essi continuano ad abbracciar tutto, ma non stringono più niente). C'entra assai • più dei cosidetti nuovi plutocrati, i quali stringono l'oro ma non il ferro, che è più forte dell'oro; ed è superfluo parlare dei consiglieri di perfezione e dei cavadenti che scrivono le ricette dei rimedii sovrani sulla sabbia l'ungo il mare irato. Perchè solo nell'epopea millenaria si rintraccia netto il nocciolo di tutti i problemi odierni, insieme col loro itinerario. Non è che una leggenda, rivestila di una ruvida scorza militare. Come mai non è dimenticata? Basta penetrarne la scorza per travedere ch'essa è martellata in realtà a contenere una tremenda insurrezione morale. Basta leggerne il titolo per riudire il richiamo spaventoso nel quale spirarono le anime di uomini fedeli e innocenti che furono traditi e lasciati indietro. Ciò è indimenticabile. Giammai l'eco del corno di Orlando, — vaticina la leggenda, — si spegnerà tra le gole dei i'irenei ; e la nota terribile ha varcato i secoli, si è diffusa per il mondo, ha penetrato sempre più acuta le spire di tutte le grandi crisi umane. Essa è la voce, per taluni indistinta e inesplicabile, che oggi si ode. in toni diversi entro-le innumerevoli gole della crisi mondiale. Molto squallide sono le fondamenta isteriche della canzone. Carlomagno anelava ad estendere il suo impero in Iberia. Fer mato a Saragozza, rotolò giù per il versante franco. Al piano fece spiegare le bandiere, e rientrò a cavallo nel suo bel reame; assicurò che i confini del sud erano rettificati, e proseguì la sua politica in direzioni più igieniche. Soltanto, certi suoi cavalieri di buon sangue non lo raggiunsero più, perchè, tagliati, fuori nei. Pirenei, giacquero scannati e invendicati come cani. E storicamente non avvenne altro. Seguì nondimeno uno dei fenomeni più profondi e grandiosi, Dalle ossa degli abbandonati alzò il volo una leggenda la quale non può che implicare l'esistenza di mi vasto moto d'animi. La comTinità medievale fissò gli sguardi non sulle bandiere spiegate dell'Imperatore, ma sulla sorte dei cavalieri rimasti a morire tra le montagne in olocausto alla sua politica. L'erede del Sacro Romano Impero, il padrone del mondo, dovette inchinarsi a quegli oscuri moti di coscienza. La sua prima cura fu di salvare se stesso ■ ma la seconda di riconoscere che su quel manipolo di martiri si torceva il cuore della comunità. Incominciò la propaganda della menzogna insieme con quella del riconoscimento. Carlomagno era innocente. Egli aveva consegnate alla retroguardia dei paladini interventisti il corno di richiamo. Orlando fece un po' male a non suonarlo che quando, nella gigantesca battaglia di Roncisvalle (mai esistita), Oliviero e gli altri prodi erano ormai caduti, ed egli sanguinava di ferite. Ma, non appena uditolo, l'Imperatore aveva risalito a spron battuto le pendici dei Pirenei, sbaragliato i Saraceni, composto il Paladino nella bara, decapitato il traditore. Perchè l'intiera colpa era de! neutralista Ganellone ; ad ingannare e a tradire il. fiore degli eroi era stato lui (che non esistette mai). Naturalmente, si ammetteva, anche la tristezza della sorte di Orlando e dei suoi, mescolando le lacrime ufficiali a quelle popolari. Comunque, più tardi, dei trovieri agguantarono la curiosa storia, e presero a cantarla a modo loro. Questa fu la Chanson de Roland, destinata a riecheggiare nei secoli, e a divenire il libro del 1920 nella metropoli più vittoriosa. -'.|Ìà?',.- •'-■:■''-: +t-t 1 Al basso dell'epopea troviamo un'impalcatura di falsificazioni. Esse circondano la Santa Gesta dell'Imperatore e la santità delia sua condotta. Tuttavia, sebbene l'immeusa ombra di Carlomagno, accanto al simbolo della. Croce, coprisse l'età medievale, i cantori della Chanson, de Roland non riservarono all'Imperatore la parte di protagonista, ma lo nominarono semplice comprimario. I loro occhi/ ebbero l'ardimento di concentrarsi sull'uomo fedele, tradito e lasciato indietro. Non miravano a tessere un'apologia, ma a lanciare un grido. L'impalcatura di menzogne non è che di contorno, un muro di cinta per salvare le convenienze. Il cuore della canzone palpita altrove. Ogni lassa del poema tende sol tanto al culmine, come una cattedrale alle sue guglie. E la guglia suprema, —. ai alto ni disopra del Sacro Romano Imperatore fuori del tempo, nell'atmosfera delle libertà insoffocabili, — è l'appello disperato e furibondo degli abbandonati che cadono. Carlomagno scende nel suo bel paese di ■Francia colla certezza di aver almeno sbarrato i confini del sud, e terminata la guerra. Ma dalla giogait ttfa sue spalle gli j giscmadritjcoil vilinfepotrnepevastdenovichdibrchveCncitracrasidOselesomrlaleaappsiCudEtoPmssCslpmlgvtamftonctètomsdcrsvdlrPg e o o a a o . l a a . o i i , i a, a a . nn ea ane o ed di ce ia a o. di le ta l le to e r e o. di rrgli giunge improvviso l'aggelante urlo dei la¬ sciati indietro, la voce del disastro e dèlia morte. La canzone lo discolpa; fa riudire ad Oriundo in agonia il grido degl'imperiali che accorrono a vendicarlo : a Montjoie, MontjoìeI ». Senonchè la tragedia ò compiuta. L'Imperatore fa giustizia, ma il prode dei prodi giaco in una bara. Ha vissuto l'inferno in terra. Ha spezzato Durlindana, « sa borine épée », sulle roccie, fendendo di colpo tutta la montagna ; dopo l'ultima nota mortale ha infranto contro le rupi anche il corno dell'Imperatore; nei rantoli dell'agonia, confessando i suoi peccati, si e drizzato a un tratto, e ha levato il guanto contro il firmamento. Giustizia è fatta; perchè non si spegne l'eco del richiamo terribile traverso i monti? No, non si spegne, ne si spegnerà mai. I trovieri hanno ripetuto di castello in castello che nei Pirenei quella nota di morte si udirà in eterno. Ce lo ripete ora l'ultimo libro della stagione, stampato con le macchine del nostro secolo e sciorinato nelle vetrine dei librai londinesi d'oggi. La Chanson de, Roland non ha voluto essere se non il ricettacolo di quégli squilli agghiaccianti. Ha incastrato per sempre la loro eco tra i picchi tenebrosi, le valli profonde, le acque correnti dei Pirenei, che ripercuoteranno per sempre quelle note di martirio. Al fondo di tutte le voci indistinte che si odono oggi per la terra, non c'è che l'eco diffusa e accresciuta del corno del Paladino. Ogni grande guerra che l'aite politica non seppe finire a tempo ebbe la sua Roncisvalle, e moltiplicò il suono angoscioso trasmesso dai secoli. Via. via la coscienza della comunità tosa fino a spezzarsi potè venir raffrenata con le risorse dell'abbaglio o della forza, — con la leggenda apologetica, con le alabarde o con la mitraglia, — ed essere adagiata in un letto ardente di parole. Così avvenne anche al termino delle guerre, napoleoniche ; ma gli uomini di Roncisvalle principiarono allora a. non voler morire, e si dimenarono per molti anni sul giaciglio. Carlomagno non poteva già più offrir loro una leggenda, e la sna certezza sulle virtù della mitraglia cominciava ad incrinarsi. Egli vinse la partita, e mantenne la sua autorità; ma udì chiara la voce dei Pirenei. Pure, un secolo dopo, doveva agire esattemente come se non l'avesse udita mai. Chi sapova che l'eco non era spenta, ma più souante di prima, inorridì vedendo come Carlomagno impiantasse, in ogni paese, la sua nuova guerra gigantesca. Si presentiva l'ineluttabilità di una Roncisvalle enorme, perchè la guerra era condotta dovunque al modo di un'elezione, politica. Turbe di galoppini elettorali sotto il nome di propagandisti correvano le nazioni come l'onore vole Turlupinante il suo collfegio, promettendo l'età dell'oro, vezzeggiando come eroi anche le ordinanze, baciando i bimbi più mocciosi, garantendo ogni provvidenza, e facendosi in quattro sino al giorno del voto, per poi squagliarsi, come fa sempre l'onorevole. Gli uomini votarono fedelmente col sangue, ed attesero. Ma chi avrebbe potuto mantenere le promesse? La guerra non è un'elezione politica, bensì la più tormentosa delle azioni politiche. Quando le promesse di un'elezione risultano ultra-vacue, se ne tiene un'altra; ma soltanto uomini di un coraggio e di una' stupidezza ciclopici come il dottor Eapp possono credere che, rinnovando le promesse della prima, si possa tenere difilato una seconda guerra. Chi vota col sangue in fedeltà ed innocenza non dimentica gli affidamenti della vigilia. Le leggende non valgono più ; la questione si riduce in termini di pane. Ma per anni il fragore degli esplosivi sommerse l'eco. dei Pirenei, che pure ingigantiva, col prolungarsi della guerra. Solo qualche solitario lo udiva; e Lord Lansdowne giuoco tutto se stesso sopra una carta nel tentativo di troncare la guerra prima di una nuova, inaudita Roncisvalle. Ma con un vocabolo naturalmente plagiato dal francese lo chiamarono un disfattista, e la corsa a Roncisvalle proseguì. Poi venne la vittoria che si giudicava intiera, e gli statisti si unirono a Parigi per coglierne i frutti. Fu come una festa; l'aria, era piena di musiche; la Conferenza sembrava stringere il mondo ; e Carlomagno Pensava ad Acquisgrana. Ma anche là pochi sventurati non udivano se non una voce profonda che infirmava ogni decisione : il richiamo di una nuova battaglia oscura clic stava ingaggiandosi in tutto le lontananze. Oggi la ode chiunque, e lo stesso Carlomagno. Ma molte sorti sono già compiute. Egli non può lanciare una leggenda : oggi vale soltanto ciò che significa pane, e troppe rotative roteano nel mondo. ison può tornare indietro, come in realtà non tornò mai : oggi i Saraceni sono invulnerabili sequele logiche del passato. Non può dedicare ad Orlando una bara illustre, perchè Orlando è la vita. La sola cosa che può fare è attendere la gente di Roncisvalle, la quale stavolta non vuole essere lasciata indietro, e marcia verso di lui. Questo è quanto avviene dal più al meno da per tutto ; e qui sta il nocciolo d'ogni problema. Il mondo rigurgita di uomini che hanno lavorato e combattuto come giganti per cinque anni, e che ora si credono ingannati, traditi e lasciati indietro. Essi hanno l'animo di Roncisvalle. Sentono arrivare, inattesi, i Saraceni. Non vogliono essere sconfitti; o traverso il corno di richiamo" non soffiano soltanto la l'oro furia, ma una formidabile volontà di vivere. Le loro idee sono affollate e sobbalzanti come il cervello d'Orlando allorché egli sospese la sua confessione per levare il guanto verso il cielo. Perdono così il senso dei Saraceni ; non pensano più che a Carlomagno e alle sue buono promesse. Che fa egli dunque? S'illude forse, giù al' piano, che tutto il mondo sia pianura? Perchè non sta a Roncisvalle con la retroguardia? Quali confabulazioni imbastisce laggiù? +++ Volgendo le spalle al nemico, la marcia è incominciata più o meno rapida da ogni pai-te. La sua procedura è incalcolabile. Ma sono esattamente calcolabili gli effetti di ogni contro-procedura che continuasse ad ignorare ciecamente il nocciolo di tutti i problemi attuali:'il fatto incontestabile che giammai nella storia, Ta quale pure è un tessuto d'inganni e di olocausti giganteschi, esistettero più vaste masse di uomini persuasi d'esser vittime d'un inganno, e in pericolo di andar sacrificati e abbandonati. Questo è il problema fondamentale. Tutti gli altri sono piccoli corollari. La gente di Roncisvalle ha eretto; nello sforzo dell? guerra, mille piramidi di Cecrope, ha riedificato dieci volte Ninive e Babilonia. E' buona, al fondo, come Orlando anche nell'istante che lanciava la sfida a Dio ; e la sua spada, che resta intatta, può spaccare le montagne per farne prorompere la vitamscmstinRIIfegucogil'dalbutoOfioribdTpbselaplaintislimedntaè PgrdrccdecpatdCstiincpaGmbsesdsiGZCctandtsI anziché la morte. Vi c soltanto un solco profondo nel suo cuore ; e guai a Carlomagno se non lo riconoscerà tra poco, come riconóbbe quello che perturbava la comunità medievale di Guascogna. Nella canzone è scritto che, dinanzi al cadavere d'Orlando, mentre le roccie si levavano intorno a testimoniare il suo martirio, l'Imperatore si inginocchiò e pianse. MARCELLO PRATI.

Luoghi citati: Acquisgrana, Francia, Guascogna, Londra, Parigi, Prussia, Sacro Romano, Sacro Romano Impero