Salviamo l'Italia!

Salviamo l'Italia! Salviamo l'Italia! Gli uomini che nel Maggio del '15 hanno precipitato l'Italia nella guerra europea possono essere contenti. Il delitto da essi compiuto produce ad uno ad uno tutti i suoi effetti. Ingenuità sentimentale, folle ambizione o venalità turpe li abbia spinti, mai fatto storico ha superato in catastrofica grandezza il fati* cui essi hanno 'dato l'abbrivo. Il eambio con l'America a '400 e la svalutazione quasi completa della nostra moneta non è che l'aspetto più recente di quell'unico fatto. Ma non l'ultimo purtroppo. La corsa continua e la concatenazione degli avvenimenti si salda con logica fatale. Di colpa in colpa, di errore in errore, sempre più forte, sempre più giù per la china spaventosa. Or hanno i deputati, hanno gli uomini' politici nostri non diciamo coscienza ma presentimento soltanto del termine fatai© ove tale corsa ci trascina tutti, popolo e reggitori ? Tra i furori della passione che \H intorbida e la nebbia delle chiacchiere onde si avvolgono, sospettano essi il baratro verso cui il delitto di alcuni sconsigliati ha spinto la patria, ma nel quale anche la fatuità della loro condotta politica coopera ad inabissarla ? L'esempio triste che i deputati danno di sè in Parla mento, il vuoto sconsolante delle loro discussioni direbbero che quasi tutti hanno chiuso gli occhii alla realtà. Le divisioni di partito non sono che distinzioni vane per ingannare il pubblico. Cattolici, socia listi o liberali, borghesi o proletari che siano, se avessero gli occhi spalancali, tra sparirebbe dai loro discorsi il senso tra gico di spavento per l'imminenza del pericolo che sta per inghiottire tutti. I giornali stranieri sonano il De •profundis all'Italia, le Borse d'oltr'alpe e d'oltre mare ne presentono il caos economico, e si rifanno dalla paura annullando i nostri più sudati valori. Gli uomini di preda annidati nei Consorzi, nelle Banche, nel Governo continuano imperterriti i loro affari, sotto la protezion del Governo stesto e dei giornali, e per far razzia di carta moneta, oramai purtroppo quasi straccia, sconvòlgono tutta l'economia nazionale. Ma intanto nei partiti politici nulla. Discorsi, accademie ; concretatone nessuna. Un velo pigro pare ai sia appesantito sullo spirito italiano. Stanchezza della lotta onde si è usciti ; scetticismo politico o intorbidamento ideologico che sia, il fatto è che tutti assistono spettatori indifferenti el turbine che sempre più s'addensa, che finirà con travolgere tutti. Si discute sulle colpe e non si sente la forza per ri movere dal timone gli uomini che hanno portato la nave in mezzo alla tempesta ; si chiacchiera sui piovveilimenti e nessuno afferra il timone per allontanare la barca dalla voragine turbinante ove è diretta. L'abisso si spalanca per inghiottire la nave, e i marinai si dividono in gruppi e incrociano le braccia nella speranza che l'eredità tocchi al proprio gruppo. Come se alcuno si possa salvare quando la nave si sprofondi, o gli scarsi rottami che gal leggeranno dal naufragio bastino a ricompensare i superstiti di quanto avranno perduto e di quel molto più che ^avrebbero potuto guadagnare quando avessero por tato la barca a salvamento. E' una follia che ha vinto tutti, ma della quale devono rispondere dinanzi alia storia soprattutto i partiti, perchè ad essi spetta la direzione del popolo. Il popolo buono e lavoratore non domanda che di essere salvato. Esso non può misurare la gravità spaventosa del disastro ove è caduto; ma esso c disposto a qualunque sagrifizio, è tollerante di qualunque fatica, se i partiti hanno forza di chiederlo. Bisogna restaurare lo Stato, affondare il coltello 6Ìno all'osso per togliere dal corpo ogni carne imputridita, resecare tutto ciò • che non sin strettamente necessario; risparmiare fino all'ultimo limite, attivavo una politica risana» riee in tutto diversa dalla follia sperperati ice e parassitaria del passato: intenderci con le ulti e nazioni per "la comune salvezza dal flagello comune, impedire che qualche nuova follia non ci precipiti aneli'1 più in fondo dell'abisso di miseria in cui giacciamo, insogna fare tutto questo, e più altro ancora, «e vogliamo sollevarci a j iverlcie il sole. Ma i partiti nulla i'onuo, ij fanno di (ulto per peggiorare, ago,avare la situazione, ognuno guarda se stesso, ognuno pensa a ife; c mentre lutti sono ^responsabili e stanno per essere travolti, tutti si palleggiano davanti al popolo accuse nella speranza di accaparrarsi l'eredità. Eredità di miseria e di stragi che farà dell'Italia un deserto come fu nel medioevo. Sono i partiti italiani impazziti? I socialisti accusano la borghesia d'impotenza organica a reggere lo Stato, e non si accorgono della impotenza anche più grave cha insterilisce loro stessi nelle chiaevUieie. T popolari non si risolvono ad un line dee ildpidsaldsgnsgdesePftzlpdiddldmzsdstqioneamente voluto; 1 liberali aniauauu dietro a a i o i a , . l o ò o a a i a , . o , a e i n a a T il passato. In renila i partiti noti sono che [sdei sopravvissuti; perchè tutti, esistendo prima della guerra, si erano creati una inlideologia conforme elle esigenze del pas- ssato, e nessuno oggi è capace di adattarsi Gai nuovi bisogni, nessuno sa buttare via I Sle teorie del tempo che fu per derivare dalle necessità che la distruzione universale ha portato idee rispondenti all'urgenza delle nuove concretazioni. Sono cinque anni che da questo posto, nella notte della patria, mandiamo, come sentinelle vigili, al popolo nostro il nostro grido ammonitore. Sono cinque anni che dal posto di combattimento che il dovere e la passione ci ha fissato assistiamo allo strazio disonesto che una turba di cupidi e di fanatici viene facendo dell'Italia. Prima del Maggio del 15 — mentre una folla briaca di giovinetti urlava al nostro tradimento, e gli svergognati che l'aizzavano, nascondendo nelle ampie tasche la mancia straniera, ci additavano all'odio pubblico — prima ancora che il grande delitto si compisse, svelammo al popolo ingenuo e buono tutti i pericoli e tutti i danni dell'impresa ove era gettato. E dopo quel Maggio nefasto, sempre che l'occasione si presentasse e la severità della censura lo permettesse, in un modo o nell'altro, richiamammo l'attenzione dei pubblici poteri e del popolo trascinato al macello sopra l'aggravarsi del danno, il moltiplicarsi del pericolo, che sarebbe presto diventato una falla che tutto e tutti avrebbe inghiottito. Ah! se quegli economisti che oggi — sotto la pressione della minaccia — confortano il pubblico dal disastro avvertendo che oggi si lavora per l'avvenire e che fra pochi anni, se si perseveri, tutto ritornerà nello stato primiero, se quegli economisti ci avessero porto allora ascolto, essi che meglio degli altri dovevano sapere e che meno degli altri potevano venir ingannati ! Se quando VEconomisl di Londra scriveva francamente della prossima rovina, tutti gli studiosi avessero fatto il loro dovere, da noi come negli altri paesi, e avessero rappresentalo al popolo la gravità del disastro cui inevitabilmente andava incontro, perseverando nella sua follia guerriera, oh! allora quella maletlizio- dlnacinleccclLszillbancprdvfpfnne della guerra sino in fondo non avrebbe trovato eco negli animi, e i Governi sa-j rebb'ero stati costretti a conchiudere la pace. Perchè, anche una pace di compromesso sarebbe stata incomensurabilmente più proficua all'Europa che la continuazione j della guerra. Solo gl'imbecilli e i Giuda potevano chiamare la pace di compromesso pace del Kaiser. E dopo la pace, sino dai primi giorni, mentre le folle ebre di vittorie e di speranze s'abbandonavano ad ogni eccesso, di nuovo noi alzammo il nostro grido. Non un passo fecero i nostri uomini politici, nulla fu tramato o tessuto alla Con-1 fetenza di Parigi, che noi non lo additassimo al pubblico italiano, che non avvertissimo quale era l'unica politica che ancora cJ ( poteva salvare. E il nostro tormento più atroce, la passione nostra più delirante fu elle mentre il popolo buono e devoto accoglieva la nostra parola come verbo di verità sanatrice, i politicastri sgovernanti la patria contiiuavano pei la folle loro strada, cercando un successo che più avanzavano più sfuggiva loro dinanzi e si tramutava in disastro. Non una delle sventure e dei dolori che si sono verificati per effetto di quella po- litica sfuggì alia nostra previsione. 2sTon t.. i„ . fu superiore intelligenza politica; era l'ardor di passione per il nostro paese che avremmo voluto salvare che ci dava lume a vedere e coraggio a parlare. Ora da questu coscienza del dovere sempre compiuto, da questa passione che ci ha angosciati per anni, in questa ultima ora della pallia, prima che il mare si rinchiuda ad inghiottire la nave sbattuta; deriviamo la forza per il nostro ultimo grido. E lo volgiamo a tildi, borghesi e proletari, pur che siano cittadini italiani, pur che si sentano semplicemente uomini, perchè ci vogliano ascoi iure. Persino coloro che abbiamo combattuto vogliamo pregare. Se non fu solo turpe ambizione che li mosse, se non «olo cupidigia di lucro ignominioso li spinse, ma carezzarono un sentimento ingenuo di patria,-oh ! allora per la patria che dicono di; amare e forse ainano — prima che la vendetta popolate passi terribile su loro — essi, in questa ora tragica, devono far sacrifizio di sè. Sparendo dalla vita pubblica, ritirandosi in privato ad espiare la loro colpa, essi renderanno più agevole l'unione degli al- j • 3' •' i .j ,. i tri cittadini, toglieranno ad una grandeclasse la scusa o il nretesto per non unirsi [ttcsto tentativo di salva- i ,. . , o► .Non e 1 ora ouestu di ripetere che cosa agli altii t zione. si debba fare. Lo dicemmo chiaramente in tanti e tanti nostri articoli, lo formulammo pur l'altro ieri nel nostro ultimo scritto : Al Poterei Bisogna costituire un Governo che restauri lo Stato, onde lo Stato s'imponga ad ogni categoria e classe di cittadini, per tutte le economie, per lutti i sagrifizi die sono necessari. Eco nomic spietate, sacrifizi durissimi, fatiche! cht i htj i: „ • _„ Alaspre. In una parola: 1 Italia a razione come e anche più che durante la guerra. Feiua solo economie, sagrifizi, fatiche, inzio-j!^ne ci possono salvare. L'Italia deve a qua- Lde! ;udolo5 rlunque costo essere salvata ! Bisogna gettare via l'ultima maschera e le ultime illusioni. Non è la rovina d'una classe, non il disastro di alcune categorie che minaccia; è la catastrofe dell'intera collettività. Classi borghesi e classi proletarie tutte saranno del pari travolte. Le une tenteranno la rivoluzione, le altre si sforzeranno per la reazione; ma rivoluzione e reazione, uccidendo, sperperando, inaridendo, cospireranno allo stesso fine: l'ultima distruzione. E la distruzione italica saia peggiore delia russa. Sarebbe bene che il proletariato nostro, se avesse ancora un'illusione bolscevica, leggesse nei giornali e nei documenti ufficiali russi che cosa è avvenuto dell'economia di quel paese. E la Russia è regione d'immense risorse naturali, che poteva e può vivere da sè ! Nulla di tutto ciò in Italia. Sulle rovine della patria uno scarso popolo di affamati, superstite all'eccidio delle lotte civili, della fame, dei saccheggi, dell'inoperosità generale, uno scarso popolo di affamati, diventato foise per vivere colonia dì stranieri, maledirà a tutti gli attori della sua tragedia. A coloro che l'hanno nel Maggio del '15 iniziata, a quanti l'hanno per gli anni della guerra continuata; ma anche a quelli che dopo la pace e gli spropositi di quei primi l'hanno, o per inerzia mentale o per fanatismo ideologico, proseguita. Tutti, tutti egualmente colpevoli della rovina d'Italia. 10 lipM11 PrAfdista pljtisediracitCvbeinsolasocostTInleuVnodQgsoofel'pntìllntodsScgssnOr l'Italia non può morire. Per la sua | fstoria, per le. sue stesse sofferenze, per1 l'ofììrio che ha esercitato e che deve an-'|eCora esercitare nel mondo. l'Italia si deve!™rifare. Un popolo di 40 milioni, e un tal popolo, non può essere sagrincato uè alle jdj ambizioni nè alle ideologie di alcun par-j' tifo o iti alcun uomo. Tutte le ideoiofi dp j onue affermammo tante aspi e 1 (alia! Iqi r-lfgvdure verità, in quest'ora terribile sentia- j 'ino di poter asseverare la certezza della i'm... . _ -resurrezione del popolo nostro. La nostrajafede nella sita vita ignora ogni limite, va- s.. . ■ _J? & ' nDea ogni ostacolo. 3* ci nostro affetto bru- sdante nei- onesta nitri*» rlistmtli nivn cemme pei questa pania distrutta uoiUconosciamo partiti; stringiamo solo fra- Pfelli. E diciamo a- tutti: : Salviamo l'I 1 e tutti i sentimenti devono far sagrifizio ili sè alla vita dì tal popolo. E noi con la stessa nettezza di visiono tante e traeb

Persone citate: Eco, Kaiser