I comunisti ungheresi e l'industria

I comunisti ungheresi e l'industria I comunisti ungheresi e l'industria \oslra corrispondeBUDAPEST, gennaio. | Nei campo industriale i criteri adottati ìierpsi non erano; na- conto dell'interesse di singoli in-1 dai rivoluzionari un turalraeiite, clic una pura e sémplice parafrasi delia dottrina marxista. Tutta la nuova teoria del lavoro gravitava intorno all'unico principio secondo cui l'industria capitalistica produce tenendo slusiyo dividiti mentre l'iiidustria sociali vrebbe prodotto in rapporto dèi comuni della società. 1 comunisti dissimulavano conseguenza prima zata abìsógrti non si ed im- mediata della loro .riforma dover essere l'abbassamento «leda produzione; ma di ciò mostravano rammaricarsi iriediòcrehiehte, stimando l'ee-i.-..' di atfivjtà pròprio del- • ,'n avpre il .,1 i-: l'industria capitalistica- non avere il nimò rapporto .col benessere cielle classi produttrici ossia della maggiorala di un paese, giacché i periodi di uuiggiore offerta-i di merci, le cosidetto crisi di sovraprodu-j zione, ;.ono proprio quelli in cui la mano' d'Opera vico.e pagati meno e scemarli con- seguèiiza in essa il potere di acouisto d'iI quelle stessè merci che ' si producono con tanta abbondanza. Pei profossori di Budapesfc l'essenziale non era produrre molto per riempire sino al soffitto un eerto iiu mero di depositi è (li magazzeni chiusi a chiave e riccamente assicurati contro i furti e gli incendi, bensì produrre il semplice necessario per soddisfare alla quotidiana richiesta di un consumo medio, misurato sui bisogni generali' e normali dell'uomo, Disgraziatamente, alla prova, il loro cai colo tradiva due errori. Prima, di tutto, iimitando l'offerto' delle merci, producendo di meno, si sarebbero soppressi anche i so praprofitti smora incassati dai padroni ' d'essere immediata, della socializzazione dei l'industria, che si additava appunto ncll'as- utili e non un il presupposto sicurare agli operai degli salario. Secondariamente, d' seta, troppe pellicce, troppi nastri, troppi mobili di lusso, troppi ninnoli, troppe non trovava riscontro in veruna realtà og getti va. Era esulto -.- e per convincersene bastava gettare lo sguardo sulla mostra di un negòzio-qualsiasi — che si producessero troppi oggetti non necessari, .troppe calze automobili: ma i coniunisti non riilctte vano che la somma di lavoro occorrente, a produrre tutte le belle cose inutili iuso lentamente sciorinate relle. vetrine sciutil laivfci, sotto" il naso dei proletari che non potevano comprarle, era un nulla a parar goné della somma di l«v.ro che sarebbe decórsa per. produrre il semplice, uhiil'a necessario richiesto dalle esigenze del coll suino medio generali. .Fabbricare dieci c.isarebbe ouindi venuta a mancare la ragione ! che la produzione attuale fosse superiore ai bisogni e quindi suscettibile di limitazione mice di seta, molto corte, molto scollate per ogni moglie'o amante ili borghese costava infinitamente meno tempo, fatica e materia prima di quel che non sarebbe eostato i! fabbricarne due modeste di cotone per ogni moglie di proletario. Il sopprimere la produzione delle primo non avrebbe dunque agevolato di molto quella delle seconde. L'industria aveva sempre predi- » »à Mr^i^ più largo campo di lucro quanto priuci palmento perchè la mere" c novera d per, essere ugualmente redditizia* avrebbe-ri- „ ,i; ;_! chiesto da parte loro un impiègo di capi tale e di matto d'opera assolutamente sproporzionalo ai loro mezzi. La piccola industria non era infatti stala sempre l'industria degli oggetti di lusso? Ciò che formava il torto e insieme la ragione dei comunisti era die l'industria non aveva mai posseduto una l'unzione e tento mono un indirizzo sociali, come essi vorrebbero, e giustamente, che.possedesse : era stata una mera speculazione privata, no più nò meno, un fenomeno della vita privata non volto ad altro fine die all'utile immediato di un solo individuo o di un solo piccolo gruppo di individui, quindi svincolato da qualsiasi dipendenza verso criteri di utilità pubblica, di convenienza generale. Migliaia di donne lavoravano nel mondo a fabbricare calze di seta, mentre milioni di altre donne, nonché di uomini, mancavano di miglio di lana: sotto il rispetto di una buona amministrazione della società ciò era certamente scandaloso. Ma l'industriale non amministrava la Società; quella con l'S maiuscolo, amministrava se stesso: o quando i suoi conti tornavano cosa importava a lui che le calze di seta uon fossero un articolo di prima necessità.'? I comunisti ora insorgevano a dire : Bisogna smetterla con le calze di seta pei sibariti e mettersi a fabbricare delle maglie di lana per tutt:, Dicevano bellissimo. Solo che pei introdurre nel meccanismo ciecamente economico dell'industria questo giudizioso concetto filantropico sarebbe occorso poter fare annunto di ciò che oro un affare privato un affare pubblico, sarebbe occorso che l'industria cessasse di essere il monopolio di podio diecine di ca- ,pitehsti e di poche migliaia di operai per, diventare il patrimonio, 1 occupazione la vita di tutto un popolo A produrre il ne- cessano per tutti, uon bastano cento, due-"cento, trecento mila operai con cento o duecento milioni di capitale: bisogna che il paese intero si "converta in un'officina e che l'intero popolo vi lavori e che fiuterà ricchezza nazionale vi sia investita. I comunisti ungheresi invece, come dal tronde anche quelli russi, nel loro sforzo \ per trasformare l'anarchica produzione in-j 'lustriate contemporanea in uno strumento• intelligente capace di soddisfare ai bisogni. essenziali della generalità del Paese non' po- levano contare dio su un esiguo numero dihlavoratori, « quali, in luogo di pre-tasi. \ còme sarebbe stato necessario, a lavorare] .1" più, non chiedevano che di lavorare di m.iio. o su un capila!© d impianto ormai rarefatto, esausto, che solo un. lungo pe-!riodo di intonsa attività creatrice avrebbe potuto rinsanguare, Essi videro .benissimo quale era la chiave del problema : moHipH-( care gli operai moltiplicando i proletari, la chiave, o quasi, del problema agricolo ; ì denza parti colate) | precipitare negli alti forni del proletariato l'enorme massa fluttuante dei borghesi sen za professione o con professioni parassitarie — i militari, gli impiegati in soprannumero, i rivenditóri non necessari, gli affaristi, i consiglieri di amministrazione, i ricchi perdigiòrni, tutta la gente inutile ab prossimo, insomma, consumante i beni e 1 aggravante i pesi della comunità senza renderle in cambio nulla di cui questa abbia bisogno. Il primo vizio die aveva attirato lo sguardo dei comunisti nell'assetto capitalistico dell'industria era, stata, la sproporzione tra la remunerazione del lavoro e quella del Canitale. Nel 1916 i dividendi distribuiti • principali mulini di Uuriuiet avevano : oscillato tra il 4o e il 100 0/0! j\on iavo- rando che 3.6 ore per settimana, la Er*te ^"^"i"s!l'r DmnyfcnmvJue.ii A. 0. era^ riu- i scita ad aunientere d. proprio Jondpodi ri-., j 3 - > <J . , az',;I,de per la lavorazione c.et I serva di S milioni. Dieci anni prima, nel'! 1906, ' ' legname esistenti in Ungheria avevano reaMzz... . ci -eiph-divamente un utile netto di. 30 xni'lioiii di corone, non spendendone per salari è stipendi che -33: calcolato, vale a dire, che in inedia, ogni officina impiegasse 10 operai, 6tiS padroni avevano guadagnato quanto li!>80 operai. Era uua sperequaziona ohe non si poteva decentemente lasciar sussistere all'in finito. Senònchè, quando fu l'ora di sopprimerla si vide subito che la buona volontà e il radicalismo dei riformatori non bastavano all'uopo. Dividere i; sopraprofitti tra "li operai invece che lasciarli intascare dall'industriale? Nulla di più semplice,, almeno quando si trattava .di aziende destinato alla produzione di oggetti di consumo generale. Ma perche anche ili ! cl"est0 tali sopraprofitti seguitassero ad esserci come e orano prima sarebbe occorso che gli otierai seguitassero a lavorare quanto lavoravano prima. E dove trovare gli operai i quali, sapendo di guadagnare di più, sì adattassero a non lavorare di meno! Lo scopo principale — superfluo, il dirlo —? per cui l'uomo tiene tanto ad elevare la. misura dei propri guadagni è precisamente quello di poter abbassare la misura della propria fatica. Socializzato le industrie, gli operai ungheresi lavorarono di meno, ed ebbero perfettamente ragione ; ina i soprapro fitti scomparvero, e anche questi non ebbero torto, "Si comprese cioè, e i capi del Governo, sebbene professori o forse appunto per ciò, obbero ancora una voLta' il buon senso di', riconoscerlo subito, che il principio delia ' divisione dei profitti'eia, nel campo industriale, quel ohe nel campo agrario era ili principio della-divisione delle terre: una, ubbia, o piuttosto una funesta contraffazione de! regime borghese. Con la divisione dei profitti, oltre che cadere nell'assurdo di sopprimere ciò che si voleva spartire, si sarebbero convertiti gli operai in altrettanti piccoli capitalisti, allo stesso modo che con la divisione delle terre si sarebbero fatti dei braccianti e dei coloni altrettanti piccoli proprietari. La tendenza in questo senso annnncic.vasi anzi tanto marcata, cho sin dalle prime settimane di vita delia Repubblica i principali membri del Governò, il Varga in prima linea, avevano sentito la necessità di.spiegare agli operai come con la socializzazione io officine non dovessero- , ^«dorarsi aivcnute loro proprietà parta ! colare della oliale potessero disporre a piacimento, ma fossero semplicemente entrata a far parte del patrimonio nazionale, di cui essi non orano che temporanei curatori, o gestori nell'interesse generale. Nella pratica, insomma, anche questo essenziale capitolo del programma russo, che da oltre un anno tanta parte aveva.) avuto noli efiV•rve.scenza rivoluzionaria delle i masse lavoratrici d'E-uro»a, veniva dai comunisti di Budapest prontamente c risolutamente'scartato, in omaggio a una visione più scientifici:, più genuinamente socialistica e. starei per dire.* più onesta, nel suo radicalismo, del problema economico. Si concludeva, cioè, clic in un regime di perfetto colletti vistilo un solo assetto dell'attività: industriale fosse possibile: la statizzazione.Coloro che sinora erano stati i salariati di pochi capitalisti sarebbero divenuti i salariati del Governo, proletari di Stato, non altrimenti che i coloni e j braccianti, giji salariati di pochi latifondisti. Nel loro sebe-, matismo armonioso di loici statolatri, il Varga e l*Hevesi ragionavano egregiamen-, te. Si nonché, come nel caso dei coloni e dei' braccianti, la conseguenza, pratica di telo orientamento della rivoluzione non potevaessere che il disinganno più o meno rapido e il progressivo distacco dal Governo di quanti dalla medesima si erano riprome^i. benefici immediati e tangibili e non la riproduzione di uno stato di cose analogo se non identico a queiio anteriore : vide a aspirazione dei'i dire di tutti gli operai, quali era diventare borghesi e non restare' proletari. La posizione latra a costoro dalla' Repubblica non rassomigliava invece che' assai vagaménto a (pialla dipinta alle loro , ingenue fantasie dalla confusa e. apoealit-: , (-,;a pro,)aj..m{Ja rMS3(1. invece di divisione di proftttì, d[ pariti di mercedi, di retri--1, blI1,ione ?A OIV) m a un pa;0 (li mesi ",,: travagliose esoerienze non si offriva loro he un ritorno puro e semplice alla retri-buzionc a cottimo integrata da un sistema di premi per ^bi lavorava meglio e chi fa- j ce va delle, ore in soprannumero! Era il fallimento della rivoluzione-cuccagna, della rivoluzione-riposo. 1 salari venivano : por- \ feti dal Governo a una media di 40 corone j giornaliere, pressappoco come pei proletari;■ • agricoli, ina la conclusione era sempre che," . percepirli bisognava rimettersi "a' lavo-: r8re sui serio : e allora perchè si era fatta ha rivoluzione? i buoni operai lodavano il \ rjovemo di una -^ciMone intesa a rimettere ] finalmente iti valore la loro superiorità :; ma maggioranza — i mediocri, gli sv> gliati, i cattivi — si rifiutarono a vedere ! quanto c'era di Errando e di sano, di vera-' ;.,,„.,. democratico udì ;ndiriz™ die si voy, j8va traeei.-iro all'attività, razionale, e al/' ( bandonarcuo il Governo .-. se stesso. I| OONCKfTO PETTINATO, ì

Persone citate: Hevesi, Varga

Luoghi citati: Budapest, Cimone, Oiv, Ungheria