Lazzaro nel sepolero di Luigi Ambrosini

Lazzaro nel sepolero Lazzaro nel sepolero Nel pubblicare questo secondo articolo di Luigi Ambrosini sul Partito Popolare Italiano, dobbiamo ripetere l'avvertimento che noi lasciamo al nostro collaboratore, la più illimitala libertà di giudizio. La timidezza morale dei popolari, il loro difetto di originalità intellettuale risultauo, fra l'altro, dalla incertezza e superficialità del loro atteggiamento postbellico di fronte alla guerra. 2\on possono i popolari gloriarsi di averla voluta, non osano proclamare ili averla avversata. Nel considerare la guerra come fatto politico non dimostrano nessuna sicurezza, nè prendono posizione. "Nel primo nttmeio della recentissima Civitas l'on. Meda crede ancora d'attualità riprodurre un suo discorso alla Camera, nel quale si parla nientemeno che della violata neutralità del Belgio. Manca l'accenno alle mani mozzate dei bambini ; e siamo in pieno umanitarismo intesofilo, in isfato di' commozione generica, che non ha nulla a elio vedere con la fredda ragione politica, l.-n altro fatto. Fra i popolari l'on. Giolitti ebbe ed ha avversioni diffuse, appunto poi suo arieggiamento verso la guerra. L'alta figura morale dell'uomo, non fu mai capita nè sentita per quello ohe fu. Una coraggiosa difesa di quest'uomo calunniato e solitario nessuno dei popolari ha mai avuto il coraggio di farla. .Nfel seno dello stesso partito i più irriducibilmente avversi alla guerra •non sono stati sollevati all'altezza nè del simbolo nè dell'esempio. E' slato più sincero il liberalismo. Ed è tutto dire. Ma ptendianio i recenli Atti parlamentari, cerchiamo il giudizio sulla guerra nello parole pronunziate dall'on. Crispolti in risposta al discorso della Corona: parole pubblicate sui giornali del partito sotto titolo di programma politico. Verso la sua fine l'on. Crispolti, parlando dei liberali disse: a Xoi toniamo loro conto... di aver preso in mano e condotto a termine l'indipendenza d'Italia». Che è non solo una giustificazione della guerra, ma un riconoscimento del merito acquistatosi dai liberali con l'aver fatto la guerra. E' proprio questa l'opinione delle masse che il 16 novembre votarono per i candidati popolari? Secondo queste parole, che cosa manca al P. P. I. per addivenite domani a una rimessa in valore dei Salandra, dei Sonnino e dei nazionalisti? Così sì è venuti al voto per l'inchiesta economica, quasi che la guerra fosse da , guardarsi unicamente come un fatto" di amministrazione. Ma inchiesta politica niente. A questa osservazione un deputato popolare opponeva : «Gli uomini che hanno dichiarato la guerra sono morti e sepolti ; perchè dovremmo obbligare un partito giovane e nuovo, assetato di aria e di luce, a riaprire i sepolcri e a rovistar fra le ceneri?». Ma come? Gli uomini ai quali un leader del partito afferma che bisogna «tener conto di aver preso in mano e condotto a termine l'indipendenza d'Italia» son dunque morti e sepolti per un altro? E questa è coerenza di giudizio e di sentimento? E può venirne coerenza di condotta? A parte l'apparente contrasto fra queste due affermazioni, che di fatto non ne formano alcuno, per essere ambedue retoriche, questa similitudine del morto e del sepolcro dimostra che i popolari sono ben lontani dall'aver capilo che cosa potrebbe e dovrebbe essere, per un partito giovane e nuovo, non un'inchiesta amministrativa (sui danari, sui furti) ma un'inchiesta politica sulla guerra (su idee, principii,,. ideologie, metodi e sistemi che nel maggio del 1915 precipitarono il paese in guerra). Questa inchiesta potrebbe essere l'atto di nascita intellettuale del nuovo partito. ?son si tratta di rovistare fra i sepolcri, nè di dar la caccia ai pochi sopravvissuti, oberati dal peso di enormi responsabilità; ma di un pi imo, doveroso e legittimo processo storico di revisione delle moralità, delle direttive mentali e consuetudini politiche, dal cui prevalere è dipesa la vita e la morte del paese, è dipesa e dipende la sua realtà odierna e la sua storia contemporanea. Da queste critiche illuminate, approfondate, il P. P. I. dovrebbe erompere come forza nuova costruttiva, come nuova persóna politica, come affermazione di vita coscientemente caratterizzata, nettamente differenziata nei metodi e nei sistemi. 1 popolari se lo mettano bene in mente : non si sfugge con una frase, con unaimagiue, con una spallucciata, con un atteggiamento di ironica sufficienza, al fatale processo mentale di revisione dei valori e dei subvalori della guerra. Non sfuggono gli individui, tanto meno i partiti. Le guerre- pesano sulle generazioni, sullo coscienze di intere generazioni. 2ìon bastano le firme di quattro ufficiali di, Sfato Maggiore apposte a un verbale djjt* armistizio, per relegare una guerra diquattro anni al di là, al di fuori del circolo della vita attuale, presente. La guerra non è il passato in genere (come le Crociate o il Kisorgnnento) ina è il nostro ancora imminente, sovrastan-' te, dominante passato di ieri, che nessuna arbitraria finzione opportunistica, nessuna cieca illusione ottimistica, può annullare o liquidate alla data della pace. La coscienza popolale, gli oscuri movimenti di orientazione delle masse, gli attuali istinti prorompenti o celati, le nuove sensibilità, il bisogno, la sete di altri valori, le nuove direzioni del pensiero, le nuove forme di cultura, i fatti, i sen-1 timentl, i libri, le idee muovono da quel fatto, non cominciano al di qua e indipendentemente da quello. Tali limitazioni cronologiche sono vuoto finksti

Persone citate: Crispolti, Giolitti, Meda, Salandra

Luoghi citati: Belgio, Italia