Un'ora con Gemito

Un'ora con GemitoUn'ora con Gemito L'eremoe l'eremita - G-emito e 3D'A.nnunzio Diogene, .Alessandro e Plutarco a zig-zag arborati, bianchi e scioi'innti sul verde come lenzuola; e, ad ogni svolta, più la metropoli è ai vostri piedi, e più tra voi e. il mondo si interpone una successione di trincee di carpini; attraverso, diluvi di case, lembi sehtumeggiantl di scogliera, occhi di mare, manate di attrezzature carbonacee dal porto, il pennacchio del Vesuvio che sembra un (il di raso tra le nuvole, d'ambra, recinti di cielo a pecorelle. C'è soprsitutto, dell'eremo l'eremita: l'età, la zazzera sullo spallo come un turbante e la barba ampia come un asciugamani, l'occhio d'una crisi ali ini là primigenia, l'estasi del volto, il collo nudo, la giacca senza un bottone, i pantaloni più gonfi sui piedi che alla cintola e sfilacciati dai tacchi, la persona cosi affinata dal vivere frugale che quasi no traspare il logorìo del fuoco interiore, un tozzo e una boccia d'acqua in un angolo, il giaciglio ruvido e senza capezzale, il guanciale fatto d'una coperta ripiegala su mi telalo... Infine, Gemito. Si sale alla casa di Gemito come ad un e-remo. Ci sono, dell'eremo, tutti gli elementi; u silenzio, rottura, e il vostro fiato grosso; uuymje.dopo il Berte-lini e il parco Grifeo, « Xè ' *"* Che. mi dice: — Ahi ini letterato... Ma avete una faccia calma, troppo calma. Forse non avete trent'anni; ma la. vostra calma è dei quaranta. Per noi, artisti, è un'altra cosa. Noi ardiamo ogni giorno E ci sosteniamo solo a prezzo di questo consumo eccessivo. Di letterati, ho conosciuto D'Annunzio. Venne a trovarmi una mattina, quarant'anni addietro. Era un giovanotto biondo. L'ho rivisto a Roma, nel maggio.del VJVì. Ero con lui nella stanza dell'Hotel quando una fotta immensa sì raccolse al grido: Viva la guerra! sotto i balconi. D'Annunzio si drizzò, guardò nella piazza vociante, chiuse il balcone. D'Annunzio, sono venuti per le » gli dissi ■• Lo so, — ini rispose — ma sono pochi ». « Como pochi, se sano più di centomila'!». « Tutta l'Italia vorrei qui oggi: questa Lorna imbellettata di storia e di fango, è troppo stanca ». Ad ogni mudo, apri il balcone e cominciò a parlare. Io ero sulla soglia, ma non gli suggerivo niente: e elio si poteva suggerirgli? Non vi dico che successe... Non che il discorso fosse una gran cosa; aveva la voce fioca e il balcone era troppo alto. Ma si staccava, solo, nel rettangolo illuminalo, verso la grande piazzi, semibuia e mareggiamo. Sentii allora, come solo noi artisti possiamo sentire, badate, perchè voi non ne capile niente!; ahil fascino di D'Annunzio sulla folla c immenso. Quando cominciò a parlare, fu come so un raggio scendesse a guizzare sulla neve: ci fu come — qui Crinito con la mano, che teneva la ciinininccia riatta pipa, si strappò di capo il berretto è si grattò rabbiosamente noi capelli per pescarvi la parola che non gli veniva — ci fu ionio un illuminato e una liquefazione d'anime: mi capite? Perchè l'artista, se non è un Dio, è corto un mago e ha poteri soprannaturali o misteriosi. Ed io, che sono un urtlsia, compresi la parte di cma ulto: e che D'Annunzio era destinato a prendere nella guèrra. !•'. Io comprese la folla: per-che quando la fotta si raccoglie e si esatta eacclama, rassomiglia all'artista... Forse non mi avete capito. Ma volevo diro che io mi spiego nssolutamente questo mito Clio pare una Statua ciclopica o che si caiama Fiume. La Reggenza, i legionari, ecc.. I.ascif.lelo dire a me che di conduttori mi intimilo. Per voi. qual'è il conduttore più Riandò? Tamerieno, forse, o Avtaserso, o Cosare, n Napoleone? Prosi insieme non valgono ima suola di uno stivalo di Alessandro, Alessandra Magno. A questo punto il còmm. volpo che mi ho introdotto in casa di Cernito, mi tocca un paio di volte 11 gomito quasi ad avvertirmi che si entra nella zona più sacra della pseudofollia di Gemilo e die è affatto inutile conti adirlo. — Se venite con mo, qui, in questa stanzetta dove lavoro, v; racconterò come Alessandro mi ha comandato di seolìpire la =tia figura. Ecco: vedete questa (està di bronzo? Questo è Diogene, il legislatore. Ora, uh giorno, ch'io ero appoggiato con uri braccio a questa mensola e con la nuca verso il sole elio entrava dalla finestra, io vidi nell'ombra do] mio corpo proiettala su questa lesta di bronzo, fermarsi l'anima ilAlessandrino. E la faivia di Diogene ne rimase cosi investila, che, orni mattina, alzandomi, ce la ritrovavo. Alla fine, gli domandai : -- Ma tu sei ancora Diogene o sci giù Alessandro o sei Alessandrino? — Io non sono Alessandro. Ma Alessandro ti comanda di scolpire Alessandro. — Ma. dimmi Diogene, comi: lo scolpirò io se non lo conosco? — Voltati, Gemito, che Alessandro ti si è presentato. "ili voltai o lo vidi: cioè non lo vidi, che ini volgeva le spallo. E fu bene : che so mavesse volto la fronte, come avrei poltro fissarlo? Cli Del e g'-i eròi sono corno I! soìoè impossibile sostenerne la faccia. Ma l!:^,st.i mano vedete, questo pollice e.'.quest'indico che da cifiiquanl-'anni modellano la creta e la plnstcilina, io levai s.ino aliti tesil•M Alessandro o tutta la palpai, dal sincipite su su sino all'occipite e poi giù per lo lempia sino a!!'i Imnie o agli incassi dotte o-biio. Non osai toccargli il naso e riccif-:srella borea e carezzare il mento. Non os?i. no[icivlsé sr'no un'artista, sì. ina sempre un uomo indilo: o Alessandro è Alessandro. Ma tutta la costruzione cranfeo di Alessandro io la ho qui uri palmo detta mano chiusa sotto i miei polpastrelli, descritta: o ci starò finché avrò respiro. Mi misi, allora, a/rnecocliero quontp (■■•«i'i Alessandro ti siano rimasto, fhill'nnlichtlà. Vedete questo? E' di Fidia. V Kt'attrn* E' di Pfnsvlldit». 15 "■"■''^ E' finii ignoto, d'uno f'ei 'Mscapòì rinvenuta rinnruaiit'annl addio'ri nono; Poi léssi nlln pattina rf| PI :|i:n•ora; Sandro giovinetto aveva il ì Ercole, il inerito n lo pna! i occhi e la fronte di Pa'.iadc Atena li Apòlli •i-oirAle*. Hi furiosamente a mettere insieme quanti più busti e testo possibili di Ercole, di Apollo e di Pallade Atena.-Guardate: lo studio ne e pieno. Mestava ancora da trovare un modello: un modello degno di Alessandro, Immaginate. Di Greci non c'è ne più: sod gracculi, ora. Volli un romano almeno. Ma, quando l'ebbi trovato, dovetti rinviare ancora l'inizio del lavoro: ci credete ch'io fui capace di far posare il modello di Alessandro su una seggiola? Mi decisi immediatamente a costruirgli il cavallo: vedete, questo. E' tutto smontabile e movibile, pezzo per pezzo. Credete a me: è un prodigio meccanico. Mi è costato tre mesi di lavoro. Ma il modello di Alessandro non può posare che a cavallo! Solo cosi ho potulo scolpire Alessandro vedete, in diverso età. In questo primo gessct e ancona giovinetto, con le clavicole evidenti, il collo asciutto, il vaso magro e nervigTio: dico infatti Plutarco che Alessandro giovane ascoltava i profeti del deserto e non si nutriva che d'acqua c di frutta, c non conosceva la donna: guardate gli ho scavalo netto sguardo diritto, la purità e l'innocenza. Quest'altro gesso è Alessandro uomo, che ha c.ià disfatto cento eserciti sulla sua via e fntld scorrerò fiumi di sangue; qui è tutta fronte, perchè usila fronte è l'imperiti ed è più grasso, perchè è divenuto feroce e crudele. E questo infine. Alessandro, guardatelo, ncll'azzurrissima luce della gloria e del mito. Ditemi se non vi pare un Dio: il Dio delia giustizia o detta stragcl Da inalti anni ormai Alessandro è con me, ma questi busti non li vendo; e chi potrebbe comprare Alessandro? Un, giorno o l'altro, c quando mi sentirò vicino alla morte, io li forò tornare ni caos da cui il mio pollice li ha tolti. Ve dote, questo — e preso uno degli ovali di ges aq, e, con agilità da discobolo nello smilze membra settantenni se lo roteò due volte intorno alla testa come per prendere impeto ai lancio — questo, Jo gitterù nell'Oceano, quest'altro noi cratere dell'Etna, questo sulllmalaja: cosi finirà Alessandro, #** Gemito lavora. Un filo sonilo tiene appena insieme i lobi di quesito cervello grandioso, flabellato dalle febbri d'una creazione convulsa; ma Gemito lavora. L'ho trovato che dipingeva il ritratto di un'americana: per 2500 lire, Gemito; il degno contemporaneo ed emulo di Augusto Rodini o di Costantino Mounier! D'altra parie, e con occlctiismo leonardesco e perizia celllhlana, allattava su un anello un merluzzo d'oro millimetrico ricavalo da un gran merluzzo di terracotta scolpito in un vivido guizzo: commissiono di poche centinaia eli lire! Gemito lavora In uno studio minuscolo come una scatola, ingombro conio un salalo, dove l cavalli e i fregi del Partenone e le riproduzioni di Fidia e di Prassitele mai coprono una signorili' Indigenza e dove smisurano, ccjme cetacei in uno stagno, i fantastici giganti iniperiatt olio si drizzano sulla soglia indistinta tra il genio e la divina follia dolo scultore. .. . , Ora, mentre il Maestro corro a rifugiarsi Ririrnalmente tra lo grandi ombie di Alessandro e di Carlo V, egli clic pur cominciò dal brivido di felicità napoletana e quasi Luciana de! «Pescatore», è giusto eli; litallii consenta a lasciargli fare il pniore a 2500 lire per le mogli degli imballatori di stocco, del Nord America? Non si vuol qui ripigliare il vecchio metro della sconoscenza della patria. Ma fece pronino male il Maestro a rifiutare 1 assegno vitalizio di lire 0000 elio il Governo gli concèdeva l'anno scorso quasi o titolo carit-tivo ed evidentemente perchè non morisse alla lettera di fame? Meglio non sarebbe stato continuare il farlo vivere nel mito imperiale e nel fragore delle armi, attillandogli una commissione grandiosa e d'interesse nazionale, largamente remunerala, così che l'ultima vecchiaia di Gemito potesse esserne in definitiva assicurata? Non si potrebbe, ai! esempio, fare opera di civismo patriottico e di civismo artistico insieme col commissionare a Gemino un monumento che celebrassi» la guerra o la vittoria, monumento in cui il Maestro saziorebbe il suo titanismo insonni; è pauroso e pacificherebbe In sua aniina eieriiiindo nel bronzo e nel marmo lo sforzo immane della Nazione? Intanto, Gomito lavora, al sommo del viale solitario, sulle robinie di via Tasso. Lavora dall'alba alia som. Alla sera si stende, vestito, su un divano senza guanciale, come da quarant'anni. Fa il disegnatore, lo scultore il pittore, il meccanico. Ogni tanto qualche disegno, in cui seni ite la spaventosa potenza del genio, gli fuoriesce dalie diui inconsapevoli. Bisogna Alessandro, i grandi Pontefici, Carlo V, e carico la pipa. Ama i « pittori voluminosi »; pochi pittori: Murillo Tiziano, Leonardo, Velasquez, ltubens, Vnn Dych. Si nutre di due biscotti e d'una tazza di the una volta al giorno, alle ctnqne. Etl è così pieno di vitalità! Se si nutrisse seriamente, immaginate che diverrebbe questa che adesso non 6 elio congestione fantasiosa e febbrile! Spesso, non mangia ohe uno del due biscotti, qualche vòlta nessuno. Oliando non è contento di sé, del suo lavoro (iella giornata e erode di dover ras-chiaro la irla o sformare con una manata la creta non giunta all'espressione vìié '-«li volevo, si punisce hello stomaco. Digiuno. K niente 6 più interessante 'dio sentirgli descrivere le line tra la sua rame ò II biscotto che è accanto alia plaslellina.c che egli non divora sin che la plastilina nini 6 diventata creatura di vita com'egli lo vede. Ci accompagna sull'uscio raccontandoci questo ultimo aneddoto: -IV una vir-hia iibltudUie. CI punivamo eoe, quando ero a Boriiti, Con Mancini Mancini, che pure lia un formidabile appetito; non mangiavo pur un giorno, per due, se non riusciva ad imbrattare la tela. Ma, se riusciva e qualche cosa secondo il suo critc- ' '•io, jM'iv'ió ii'ìii era mai cornpletnmenie con: 'itii di : ':. comprova duo 6 tre rotoli di Jean:'. : j (i se i-i- >uidain Succhiando e ridendo nei le m" in :a in noit"! lo vi giuro che. se 'oii'i.'ii i."i'i. umilmente, una pittura di suo • — >n'i|" •'!!■"•• ho i*iunotl|.» ohe fiIVO- .(.i'i in ttnn si.ra lutti i ristoranti di Roma. Napoli, dicembre. Umilio Scaglione.

Luoghi citati: Como, Fiume, Italia, Napoli, Nord America, Roma