Possibilità e limiti della colonizzazione

Possibilità e limiti della colonizzazione X*© nostre Polonie lit>iolxe Possibilità e limiti della colonizzazione Nei due articoli da noi pubblicali lo scorso meie, Rumi esponeva quella che, a parer suo, è la situazione attuale delle nostre colonie libiche, e più particolarmente a\ deficienze della nostra politica coloniale. *» questo d'oggi, egli tratteggia invece la possibilità di organizzazione e utilizzazione delle colonie medesime. Lasciamo, naturaitnehie, a lui, anche in questo articolo, piena ibertà di parola. Lo agitazioni interne che, dopo la nostra occupazione, hanno travagliato continuamente le colonie libiche hanno contribuito a. diffondere sempre più la opinione che queste,. occupate e. tenute per ragioni meramente politiche, costituiscono e costituiranno per noi un onere e nulla più. Tale opjiiione del resto ò, almeno in parte, quella dominante nelle "sfere ufficiali; ma a realtà delle cose e assolutamente diversa. La Libia non è certo quella « terra promessa » che venne celebrata all'epoca della sua occupazione; ma non e neppure quella regione deserta ed inospitale, assolutamente chiusa alla nostra opera di colonizzazionc che tnolti proclamano. Nessun esperimento. di vera e propria eolon.-zzazione ò stato finora tentato. Il nostro Governo, mostra ancora di credere che sia possibile giungere ad una sicura e durevole occupazione dello colonie libiche mediante la realizzazione pratica di «un programma di protezione e di sviluppo degli nteressi economici della popolazione indigena, eli cui gli agricoltori rappresentano senza dubbio la pai-te più importante ». Abbiamo tolto da un documento ufficiale questo accenno ad un programma di collaborazione economica fra italiani ed indiReni, programma che ha già avuto un principio di attuazione nel campo commerciale ed industriale e che, negli' ambienti ufficiali, si confida di poter attuare anche nel campo dell'agricoltura. Tale programma, per quanto possa apparire seducente e risponda allo correnti di idee dominanti in Italia nei riguardi della Libia, manca assolutamente di base. Certo l'associazione tra italiani ed indigeni non può non riuscire di somma utilità cosi nel riguardo economico, come in quello politico; ma tale associazione, se ò stata possibile nel campo industrialo e commerciale in alcuni dei centri maggiori, non può essere estesa, almeno per il momento, nel campo agricolo, specialmente al di là del territorio posto sotto la nostra immediata protezione. Quando si afferma che Ogni indigeno che sapremo fissare alla terra sarà un elemento guadagnato alla nacifìcazione dei paese e all'organizzazione civile della Colonia, quando si confida di fare scomparire il fenomeno secolare del nomadismo u profitto dello sviluppo agricolo e della sicurezza della Colonia, sviluppando una fitta rete di comunicazioni intorno alle linee ferroviarie, si dimentica onesta verità elementare: che la esecuzione di un tale programma presuppone quella pacificazione, che proprio per mezzo di esso si vorrebbe raggiungere. Pur ritenendo che in Libia la via da seguire sia appunto quella della, penetrazione pacifica. 6 bene non dimenticare che tale penetrazione solo allora potrà riuscire quando si disponga anche della forza necessaria per potere, in ca«o di bisogno, imporre L'adempimento decrli obblighi assunti alle popolazioni reluttanli. e sopratutto proteggere così gli Individui e gli organi per mozzo dei quali la nenetrazione si rnmoie, come le popolazioni die, pei- mezzo di pssa. siano state già attratte nell'orbita della nostra influenza. i davvero affidando a capi indigeni la inistrazione delle varie regioni dello Condizione prima per la messa in valore 'dello Colonie libiche è adunque la salda e sicura occupazione delle zone, donde la azione economica pesa irradiarsi, e verso le quali vengano attratto con legami di reciproco interesse anche le popolazioni che più si mostrano irriducibili al nostro dominio e alla nostra influenza. Tali zone potrebbero essere, in Tripolitania. quella costiera da Zuara a Misurata Marina, per una profondità varia, determinata così da necessità militari, come dalle condizioni demografiche e agricole; in Cirenaica la parte dell'altipiano che corre, da Uengasi a Derna, tra il maio e la linea di spartiacque. La smilitarizzazione delle Colonie, e specialmente quella della Tripolitania compiuta sotto il governatore Mercatelli, se ha permesso . di realizzare qualche economia nel bilancio coloniale, ha avuto per contro conseguenze gravi in ogni campo, così in quello politico come in quello economico. Non amministrazione Colonie che potrà ottenersi quella pacificazione che deve essere il fino della nostra politica. In genere i capi indigeni mirano a mantenere la loro .autorità personale piuttosto die a. rafforzare quella del Governo. E se in alcuni momenti può essere buona politica ostentare indifferenza verso l'atteggiamento jrondeur o addirittura ribelle di alcuni capi,, l'assumere a norma politica costante l'assoluto disinteresse verso l'azione, dei capi non può condurre che a gravi conseguenze. Ogni volta che tale azione leda i nostri interessi, sia direttamente, sia rivolgendosi contro i capi e le popolazioni fedeli, è necessario dare immediatamente tangibile dimostrazione della nostra forza e capacità di operare. Alla sicurezza del possesso delle zone indicate gioverà, oltre alla organizzazione militare e alla occupazione dei punti di maggior importanza strategica, lo sviluppo di una rote stradale facile e sicura, che permetta e garantisca la rapidità delle comunicazioni. La linea ferroviaria TripoliKussabat-Homs, già costruita, con la prosecuzione da Homs per Zliten a Misurata Marina, progettata da tempo, avrebbe per la Tripolitania un'importanza non soto strategica, come quella che assicura col possesso dell'altipiano di Tarhuna il dominio di tutta la zona, ma anche e sopratutto economica, poiché allaccerebbe da Mi> surata Marina a Zuara, la regione delle oasi, e cioè la parte più coltivata e più fittamente popolata della colonia. Così in Cirenaica non sarà possibile tenere saldamente la zona che abbiamo indicata fino a quando non sia aperta la grande via di comunicazione da Bengasi a Merg e Cirene a Derna, secondo il progetto già approvato e di cui si è iniziata l'esecuzione. Solo quando si sia provveduto alla sicurezza della zona di reale occupazione o, se meglio piaccia, di diretto dominio, potrà attuarsi con processo la politica di collaborazione tra italiani ed indigeni. Per disposizioni delle Leggi fondamentali il Parlamento è chiamato a deliberare sui criteri direttivi dei servizi pubblici gestiti con i fondi stanziati nella parte ordinaria 'del bilancio. Considerazioni elementarissi me dovrebbero far ritenere che il contributo dello Stato, che attualmente è di circa settanta milioni per ciascuna delle due Colonie, non sarà compreso nella parte ordinaria del bilancio, non essendo ammissibile che gl'indigeni siano chiamati ad amministrare, nel loro interesse ed anche contro di noi. il nostro denaro. Ed allora, inscritti Della parte ordinaria del bilancio solo i normali proventi della Colonia, certp_ assai esigui — poiché, com'è noto, nelle nostre Colonie non si pagano tasse e non è da credere che il Parlamento sarà sollecito ad imporne —la competenza del Parlamento, nei riguardi dei servizi pubblici, vaio a. dire dello forme in cui dovrebbe estrinsecarsi tutta la sua azione politico-amministrativa, verrà ad essere sostanzialmente ridotta. Ne conseguirà un accrescimento nell'importanza dei Consigli municipali elettivi — e specialmente di quelli delle città costiere — i quali, per la vasta rete d'interessi economici che ad essi fa capo, saranno il centro di tutta la vita politico-amministrativa della Colonia. Non sarebbe adunque difficile riparare all'errore commesso nelle Leggi fondamentali ponendo l'elemento metropolitano in condizioni di inferiorità rispetto a quello indigeno. Al che dovrebbe giovare anche la disposizione del nuovo ordinamento politico-amministrativo redatto dal Governatore della Tripolitania, conte Volpi; e di prossima attuazione, per cui è in facoltà del Governo di fissare il numero dei posti che, nel Consiglio elettivo di ciascun Municipio, spetteranno rispettivamente a Italiani, musulmani e israeliti. Gli effetti della collaborazione nel campo commerciale e industriale hanno avuto già una benefica ripercussione nell'attività economica delle due .Colonie. Nel 1910, vale a dire sùbito dopo la ripresa dei rappòrti con le popolazioni dell'interno, il commercio delle due Colonie \ con la metropoli ha raggiunto la notevole j cifra di L. 11Ì.118.&Ì5 — di cui 95.170.641 perle importazioni e 18.9i8.20i per le espor- fazioni — vale a dire quasi il doppio della cifra raggiunta l'anno precedente (lire l61.764.905, di cui L. 49.729.835 per le impor- j tazioni e L. 12.035.070 per le esportazioni); ; e non è senza fondamento la previsione che osso raggiungerà presto i duecento milioni di lire. Traffico che, cessato oramai completamente il grande commercio caro van.iero clic faceva cano ai porti della Tri ..,-.1;-....:.. ii /-'■.. * • j■ a. ■ i _ politania e della Cirenaica, è costituito, per'quanto riguarda l'esportazione, esclusiva- mente di prodotti locali, come le lane e leipelli, e, dal 1920, dei prodotti di alcune in-1dustrie locali, tra le quali fiorenti e piene ;di promesse quelle della pesca delle spugne e della pesca del tonno. [Com'è noto, le spugne che si pescano lun- ! go le coste libiche, specialmente lungo quelle Idella Cirenaica, sono tra le più ricercate ed:apprezzate sui mercati europei, ed il coni- mercio di esse potrà costituire una notevole fonte di rendita per le Colonie, special-jmente se si riuscirà — ciò che sembra possibile, data l'abbondanza del prodotto — a vincere la concorrenza delle spugne di altra provenienza, come quelle tunisine. E' necessario a tal fine evitare provvedimenti fiscali troppo gravosi, còme quello del novèmbre 1920, per cui il diritto di esportazione sulle spugne venne d'un tratto elevato da dieci lire al quintale al 15 0/0 ad vdlprem, ridotto poi al 5 0/0; d'altra parte, dare 11 necessario sviluppo al credito por l'armamento delle barche. Comunque, solo nella campagna invernale del 1920-21 vennero pescati Kg. 141.525 di spugne per un valore di oltre 14 milioni di lire —- e l'esportazione ha raggiunto un valore di circa 24 milioni, con un beneficio per l'erario di L. 333.146. Non meno promettente è la pesca del tonno. Nella campagna di pesca del 1920 le tre tonnare di Gargare.sc, Sidi Abdul Gelil e Dzcira, lo sole allora in esercizio, hanno dato un prodotto di Kg. 736.600, per un valore di circa L 4.200.000. Oggi le tonnare concesse sono 19 in Tripolitania e 3 in Cirenaica: di esse 8 — tutte in Tripolitania — hanno esercitato la pesca nella campagna estiva del corrente anno, con buoni risultati; ed ora, mentre sono in istruttoria altre domande di concessione, si pensa d'istituire un Consorzio che accoglierà la maggior narte delle tonnare in esercitelo e provvedere anche alla istituzione di una tonnara sperihientale. Altri prodotti, che danno e potranno dare notevole contingente alla esportazione 'sono, oltre i datteri compressi in pani per il nutrimento del bestiame e la distillazione, la henna, di cui. nonostante la concorrenza della henna egiziana, si esportarono nello scorso anno oltre duemila quintali, per un valore di L. 1.411.137; il crine vegetale fabbricato con foglie di palma; lo iodio estratti», dalle alghe marine, e sopratutto Io sparto.' Com'è noto, qwsta graminacea, che cresce spontanea in tutte le steppe della Tripolitania. servo alla fabbricazione della pasta da carta, e prima della nostra occupazione veniva largamente 'esportata in inghilterra. Il commerciò dello sparlo è stato ora vipre so e iiX " Società Italiana per il commercio dello sparto » ha concentrato a Tripoli ed Homs una grande quantità di questo prodotto; die. selezionato, disseccato die, selezionato, disseccato e commesso, viene spedilo in Inghilterra in quali, lità di tre mila tonnellate al mese. Nonostante questi risultati così incoraggianti, la differenza tra le importazioni e le esportazioni si manterrà sempre alta ed andrà ognor più accrescendosi fino a aliando, nella zona, occupato, l'onera di colonizzazione non si rivòlgerà all'acricoltura e all'allevamento del bestiame., i due campi di attività nel quali è la ricchezza avvenire delle nostre Colonie. La zona di occupazione che abbiamo indicata por la. Tripolitania — fatta eccezione per l'altipiano di Tarhuna — è costituita da una serie di oasi divise da tratti stepposi, ricche di palme (circa 2.500.000), di olivi, di agitimi, di alberi da fruita, con culture a tipo irriguo, le quali profittano della falda d'acqua che si rinviene nel sottosuolo a scarsa profondità, e con culture a tipo seeco;Ma zona indicata per la Cirenaica è la più fertile della regione, ricca di boschi per un'estensione di qualche migliaio di chilometri quadrati, non priva di acqua e adatta a svariate culture. La popolazione della Cirenaica, già di molto inferiore a quella della Tripolitanin. nell'ultimo decennio è stata decimata dalla guerra, e da pestilenze e carestie, cosicché osrgi può valutarsi a poco più di 250.000 abitanti, distribuiti più o meno uniformemente in tutta la regione; nella Tripolitania. invece, la popolazione, che ragaiunce i 560.000 abitanti, è inegualmente distribuita, con ogglomprazioni più fìtte in ouella zona delle oasi, che dovrebho essere interamente occupata e direttamente soggetta al nostro dominio. Cosicché, mentre è possibile un laverò movimento di immiirrazione di coloni italiani in Cirenaica, in Tripolitania le inizialive nazionali dovrebbero proporsi la collaborazione con l'elemento indiireno, in modo da realizzare un proaramma di colonizzazione associala. Nell'una e nell'altra regione condizione sfavorevole alla colonizzazione è la scarsezza delle terre miri o demaniali, che ammontano in tutto a poche diecine di migliaia di ettari. La Commissione per lo studio agrologico della Libia, ritenendo che la colonizzazione dovesse rivolgersi specialmente alle terre metrukè, di proprietà o uso collettivo, e alle terre muàt, torre morte o disponibili; aveva proposto die le une e le altre venissero dichiarato demaniali per la conservazione dell'uso delle popolazioni indigene nei limiti dello stato di fatto e del loro bisogno economico, e per la utilizzazione del territorio rimanente ai fini dello colonizzazione esMlusiva n suu»r.»in*o dei nazionali italiani. La proposta non fu accolta ed oggi, distribuite in qualche centinaio di) concessioni le poche terre demaniali, non vi sarebbe più territorio disponibile per la colonizzazione, perchè questo è tutto in mano degli indigeni. Se non che questo ostacolo, per quanto grave, non e insuperabile, essondo possibile ottenere dal proprietario, sia individuo, sìa tribù, la estensione di terreno da mettere in valore mediante contratto di mugharsa. Per tale contratto, molto in uso nell'Africa del Nord tra i. musulmani di filo maledica, il proprietario concede una estensione di terreno nudo ad un agricoltore (mughàris) che si impegna di piantarvi alberi fruttiferi permanenti (palme, ulivi, viti, albicocche, melagrane, ecc.) a condizione che, quando essi daranno frutti il fondo venga diviso fra proprietario ed agricoltore, secondo proporzioni stabilite. Cosicché il colono munito del capitale occorrente, agendo da mugliarla, dopo qualche anno può divenire proprietario di un estensione più o meno vasta di terreno. Questa via indicava alla nostra colonizzazione il prof. E. De Cillis in un suo lucido e convincente articolo pubblicato nel Bollettino di informazione del Ministero delle Colonie (inaggio-giugno 1921), articolo nel qnale dimostrava le possibilità di avere in Libia, con i sistemi di aridocoltura, venti milioni di ulivi, con un valore fondiario di cinquecento milioni di lire, ed una rendita netta annua di quaranta milioni" e la convenienza di impiegare il capitale in tale coltura, poichò questo, al di fuori dell'interesse composto, sarebbe triplicato in 20 anni. Del resto non solo la coltivazione di piante fruttifere a coltura aseiuttu o irrigua può prosperare in Libi sì anche la coltura dell'orzo e del frumento. Leone, attuale direttore del R. Uf- Il dott fido Agrario di TiipolK die non è davvero fra gli entusiasti delle nostre Colonie, di mostrava in un recento studio, sulla base di esperimenti per più anni ripetuti, che l« la scarsezza delle pioggie non deve più soverchiamente preoccuparci», poiché adot; tondo le pratiche proprie del dry farming locale è possibile « trarre produzione di ce reali più costante e più elevata dell'attuale, coltivare la massima parte del territorio ed elevare di molto le condizioni economiche della Colonia». In attesa, che si riesca ad 'isolare una razza di frumento resistente al l'azione del gln'bli, che permetta di avere i una larga produzione, converrà insistere 1 nella, coltivazione dell'orzo, che, prestandosi ; meglio di quello delle regioni limitrofe alla fabbricazione rifila birra, notrà essere lar[tramonte esportato; e diffondere la coltiva- ! zinne delle foraggere, sia per la rotazione I con i cereali in coltura asciutta, sia per : l'incremento dell'industria zootecnica. dr> cui non meno che dalla agricoltura eieri vera la futura immancabile prosperità della j Libia. RUMI s

Persone citate: De Cillis, Mercatelli, Sidi Abdul Gelil