Debussy critico

Debussy critico Debussy critico Les Bibliophile» fantaisistes hanno prov-Iveduto a raccogliere in una candida ed au-'stera edizione, che le vicende della guerra ritardarono e la morte dell'autore purtrop- po la postuma, gli scritti d'argomento mu- sicale sparsi .da Claudio Debussy in alcune riviste francesi, ed ignorati dai più, a ca- gione della loro irregolare pubblicazione, Il musicista toccava i quarant'anni quando,conimciò a scrivere di musica.nella JXevue Bianche, (1901); duo anni dopo era collaboratore del Gii lìlas; dieci anni di silen»zio, poi la sua firma riapparve, fra il '12 e il '14, nella Sim. Queste date rammentano che, prima d'improvvisarsi scrittore e critico, il Debussy aveva già composto, fra le più notevoli opere, il Quartetto, i Notturni, YAprbs midi d'un faune ed in gran parte compiuto il Pelléas et Melisande. Ora, il volume che aduna i frammenti teorici di Debussy ò da accogliere non solo con gentile emozione, riconducendoci esso un nome carissimo ed un artista che sarà a lungo rimpianto, ma anche con sana curiosità, poiché ci rivela un aspetto ignoto della incute di lui, i pensieri sulla musica, le opinioni sui contemporanei. Non attendiamoci rivelazioni critiche, letterarie, polemiche, da queste brevi pagine. Cronista scettico più che critico convinto, Debussy scrisse di rappresentazioni e di concerti, di compositori e di interpreti, con penna che raramente incide a fondo ma più spesso tocca lievemente .un argomento, in quanto ha di vivo e di sostanziale. Quando l'illustre croniqueur ' parigino attacca di fronte qualche grande questione d'arte, la sua audacia non sembra mossa da una salda concezione estetica o da una secura ed ampia ivisione critica, ma piuttosto dall'agilità e dall'arguzia dello spirito, e perfino dalla simpatia o dall'antipatia; v'attendete, sia pure succintamente, lo scioglimento di un problema d'arte, ed egli delude l'attesa con :una frasuccia vivace e frondista; desiderato un giudice imparziale, e scovrite un rancunier, troppo mite per odiare, ma troppo impegnato por veder chiaro, ■Ad un Monsieur Croche antidilettante, immaginario personaggio, c dalla testa secca o breve, dai gesti visibilmente pronti a sostenere discussioni metafisiche » capitatogli in casa, ini una sera di ozio, egli affida l'enunciazione e la difesa dei suoi concetti 'sull'arte. Fra un sigaro e l'altro, benevolmente ascoltato da Claudio, che veniva a 'trovarsi d'accordo con lui pur senza dirlo, poiché c nulla inaridisce la conversazione quanto un'affermazione », monsieur Croche, fatta la sua recisa dichiarazione di antidilettantesimo e di antispecializzazione (egli « conosce tutta la musica . ed ha l'orgoglio d'essere trincerato contro ogni sorta di sorpresa », tanto che a due battute gli danno la chiave di una sinfonia »), narrò che egli tendeva costantemente ad obliare la musica nota e consueta per intendere quella ancora ignota, del domani, e che s'occupava poco delle opere consacrate dal successo o dalla tradizione, «t Bisogna cercare la disciplina — aggiunse — nella libertà e non nelle formule di una filosofia divenuta caduca e buona por i deboli. Non ascoltare i consigli .di alcuno, se non del vento che passa e ci racconta la storia del mondo ». E non cercare la gloria, a Conoscete un'emozione più bella di quella che può provare un uomo di cui si riveli alfine il segreto, rimasto sconosciuto per secoli? Essere stato uno di questi uomini... ecco la sola forma 'di gloria, che valga ». Ed in ciò nulla di peregrino. Nel i vento che passa e racconta la storia del mondo. », è la formula della sensibilità debussysta, squisitamente tradotta in uno dei Preludii per piano. Per bocca di monsieur Croche, Debussy dice poi qualcosa che va rilevato. A proposito di un elogio fatto dal critico Lalo alla sonata di •Dukas, evocando por essa la grande ombra di Beethoven, monsieur Croche esclama: « Se fossi .Diikas, no sarei mediocremente lusingato ! Le sonate di Beethoven sono scritte malissimo pel piano; esse sono, più esattamente, sopratutto le ultime, trascrizioni d'orchestra ; manca, spesso, una terza mano che Beethoven sottointendeva certamente; almeno lo spero ». Non risulta che Debussy ' abbia protestato. « Queste ultime parole — egli dice — furono espresse da ■M'. Croche con un'imperturbabile freddezza ; erano da prendere o da gettar via. Io ero troppo interessato, e lo lasciai continuare... ». E via! troppo cinico l'uno e troppo indifferente l'altro ; e l'uno c l'altro sono poi tutt'uno. Malissimo scritto pel piano, le ultime sonate di Beethoven? Già, son frasi che possono fare fortuna ; le ripeteranno — le frasi, s'intendo, non le sonate, le quali sono accessibili soltanto a pochi grandi piamisti privilegiati — e con entusiasmo, molti novissimi concertisti d'oggidì ! Ma, di grazia, con buona paco di Dukas, le sonate di Beethoven sono belle o brutto? Debussy s'è scordato di dircelo, ed ha pronunciato invece la più deplorevole critica, la meno oignificativa, riducendosi a criticare il a fatto o scritto, bene o male », ciò che non da ragione di un'opera d'arte. Voleva egli dire ene, per essere scritte malissimo, non sono belle? Voleva diro soltanto che in alcune' di esso v'è un'ampiezza di concezione, degna più della multammo orchestra che del pianoforte? In tal caso Debussy avrebbe potuto pensare che nulla vietava a Beethoven di scegliere il più vasto mezzo d'espressione ; Beethoven aveva già da un. pezzo abbandonato la' sonata per piano e violino, angusta, per il Quartetto, per la Sonata; e la stessa Sinfonia andava ampliando con la vocalità corale. Si può, dunque, esser sicuri che se Beethoven non sinfonizzò uè orchestrò le ispirazioni concretate nelle ultime eonate, ciò avvenne perchè sentì che quelle ispirazioni gli erano sorte per formerò sonate e por essere adeguatamente espresse dalle sonorità pianistiche. Non gli sarà mici man :ata la carta rigata por partitura ! Perchè, dunque, tirar fuori la banale immagine delia trascrizione dall'orchestra al piano? Insomma, per Debussy, le sonate di Beethoven sono belle o no? La risposta gli rimase, purtroppo, nella penna. A proposito, poi, di Sonate e di Chopin, Debussy resta ancora fuori della critica quando constata ch.e la « nervosità di Chopin seppe piegarsi male alla pazienza che la confezione d'una Sonata esige ». Debussy fa, dunque, consistere la riuscita d'un'opera nella « pazienza » •, peggio, nella « confezione »Son, queste, osservazioni, procedenti da un arijbi^a^njust^formalismo, che non si I conciliano con. propositi di libertà e di in'dipendenza. Più avanti, tornato squisito e sensibile, Debussy nota che Chopin inaugurò una maniera personale di trattare la So nata, e che in quell'occasione inventò una deliziosa musicalità. Ed ancora su Beetho von, nota che la IX Sinfonia costituì « una geniale indicazione, un magnifico desiderio ,di ingrandire, di liberare le forme abituali, dando ad esse le armoniose dimensioni di un affresco > ; della Sinfonia Pastorale dice che « essa è fatta col malinteso esistente generalmente fra la natura e gli uomini. Vedete la scena del ruscello... Tutto ciò è inutilmente imitativo o di un'interpretazione puramente arbitraria. Alcune pagine del vecchio maestro' contengono un'espressione più profonda della bellezza di un paesaggio, e ciò semplicemente perchè non v'ò imitazione diretta, ma trasposizione sentimentale di ciò che è <r invisibile » nella natura » a ' i a a e e e ! i i y e a n i Interessanti giudizii dà il musicista doi suoi contemporanei. A proposito dell'opera Les barbares di Sainit-SaSus, l'homme qui sait le mieux la musique du monde entier: « Come potè dimenticare d'avor fatto conoscere e di aver imposto il genio tumultuoso di Liszt e la sua religione per il vecchio Bach? Perchè questo malsano bisogno di scrivere opere, e di cadere da L. Gallet a V. Sardou, propagando il detestabile orrore che occorre « fare del teatro », ciò non si accorderà mai col a fare della musica? ». — Di Massenet: « Forse egli non mancò che di pazienza, e disconobbe il valore del silenzio... La sua influenza sulla musica contemporanea è manifesta, e misconosciuta da alcuni, che gli devono molto... La musica non fu per Massenet la voce universale che udirono Bach e Beethoven ; egli ne fece piuttosto una specialità affascinante... Si sa quanto questa musica è scossa da fremiti, slanci, abbracci, che vorrebbero eternarsi. » — Di Franck: « Era un uomo senza malizia, cui l'aver trovato una bella armonia bastava alla gioia di una giornata... Si è molto parlato del genio di Franck, senza dire mai ciò che egli ha di unico, cioè la ingenuità... Mai egli pensa male e non sospetta la noia... Nessuna forza al mondo poteva imporgli di interrompere ut* periodo che egli credeva giusto e necessario; per lungo che fosso, bisognava udirlo tutto... Franck partecipa di quei grandi musicisti per i quali i suoni hanno un senso esatto nella loro accezione sonora; essi ne usano nella loro precisione, senza mai domandavo altro all'infuori di quel che contengono. Ed è tutta la diiferenza fra l'arte di Wagner, bella e singolare, impura e seducente, e l'arte di Franck, che serve la musica quasi senza domandarle gloria ». — Di Grieg : a E' un musicista delicato, quando assimila la musica popolare del suo paese, benché non sappia trarne il partito che Balakirew e Rimski-Korsakow sfruttano, usando la musica popolare russa. A parte ciò, egli non è elio un astuto musicista, più interessato all'effetto che alla vera arte ». — Del Till Eulenspierjel di Strauss : a Questo pezzo somiglia a Un'ora di musica nuova fra i pazzi; i clarinetti vi descrivono traiettorie perdute, le trombe suonano a perdifiato, ed i corni, prevenendo uno sternuto latente, si affrettano a rispondere correttamente: « Sa Iute »; una gran cassa fa dei bum-bum, che„. f. ,. -, , • , ' , .sembrano sottolineare il colpo di ptode deiclowns... Ciò non impedisce che questo pez-zo sia geniale, per un certo verso, ed innanzi. .. 8 , ' 1 . • , tutto per la sua prodigiosa sicurezza orche-strale... ». — Di Moussorgski ricorda bre-vemente la Stanza citi piccoli, « un capo-, ■ • t • 1 j V lavoro »; un musicista « qui a des droitsnombreux à uotre dévotion ». — Alla scuolaLrussa è dedicato questo periodo: « La gio-, _ j. i« i- • • 1 vino scuoia russa tento ui ringiovanirò lasinfonia, togliendo alcune idee ni temi po-polari; riuscì a cesellare scintillanti gioielli : _ • j "i • « i-i • ma si determino una sgradevole sproporz:o-ne fra il tema ed il suo sviluppo. Rapida-mente la moda del teina popolare si diffusosull'universo musicale ; a vecchie bocche pae-sano furono strappati ingenui ritornelli, maravigliati di ritrovarsi vestiti di armo-m'osi merletti- eri imneriosi rnr.rr-mr.nnti mosi merletti, ea imperiosi contrappunti li forzarono a dimenticare la loro origine ». V'è acume, v'ò spirito, in queste brevij ii. t -i osservazioni, ed a molte di esse concorde-mente si sottoscrive. Vi sono frustato gar- Date, qui 0 là, giusto e opportuno. Di Siegfried Wagner dico: « Certo è da figliorispettoso'.l'aver voluto continuare ciò che il padre cominciò; seulement, ces choscs-là ne se font pas avec la faciliti què Von peni mettre à reprcndre un commerce de bonnetcrie. Come direttore d'orchestra, mi ò parso inferiore a qjÉd che la Germania csporta abitualmentem ». Ed a proposito della direzione di una sinfonia di Beethoven: 0 Perche tanta minuzia? Ciò la diminuisce, rendendola anche un po' ridicola ». Ma qualche altra osservazione è troppo spensierata e superficiale; ad esempio, quell'amena descrizione del Till Eulenspicael sarebbe verosimile, oggi, soltanto nella penna d'un maravigliato provincialotto. V'ò poi dell'altro, cui non si può sottoscrivere; ed è l'autigluckkino. Sorgendo indifesa di Rameau, Debussy si scaglia violen-temente contro il tedesco che, egli dice, uocque alla chiarezza ed alla semplicità del-la musica francese. « La sua arte fu essen-zialmente di apparato e di cerimonia... airìnvp 1 lui l'aver fatto m'edomin-u-e l'ayio deve a, lui 1 av<.r ratto preaominare l azio-ne del dramma sulla musica... Jt,gli ha be-iitìficialo delle diverso e false- iuterpretazio-ni della parola: classico; ha inventato quelrnn mn drammatico che nermetre Hi -^nniivi ron-ion drammatico cuo permetti, ai =oppn-mere ogni musica... Kameau era infinita-mente più "reco di lui; in più. era lirico,« oi?> r\ r-rmveniva sotto tulli i i-.nr.fi Aiciò ci conveniva sollj tutu i punti aivista; noi dovevamo restara lirici, senzaaspettare un secolo per ridiventarlo..-.Gluck conteneva il germe delle formule wagneriane, e ciò è insopportabile; prosodiava molto male; faceva dejla lingua francese una lingua di accentuazione, mentre e-sa ò una lingua di sfumature... Dall'avorio conosciuto, la musica francese ha tratto il vantaggio di cadere nelle braccia di Wagner... ». Si può sentire di peggio? Quanta angustia di pensiero ! Debussy sembra rinnovi la famosa disputa secentesca, fra la musica francese e l'italiana, musicata dal Lulli: Gentil musica francese, il mio canto in che Vojfese? Son v'è amore dell'arte nazionale che giu■tifichi l'odifNtè fabussysta per Qlusk; 4 potrebbe,' innanzi tutto, notare che se la musica francese subì tanto l'influenza gluckiana, ciò accadde per la semplice ragione che non aveva una forte Bua caratteristica; o-non certo Lesueur o Méhul potevano lottare con l'autore delle Ifiejciiie, di Alceste, di Armida; poi, come può un artista, come l Debussy, detestare un- formidabile creatore come Gluck, o disconoscerne l'importanza storica, solo perchè la musica della sua nazione assorbì momentaneamente spiriti e forme gluckiste? e se fosse vero, nel senso assoluto alfermato da Debussy, che da Gluck procede Wagner, può un artista dolersi che tale germinazione abbia favorito la creazione di opere d'arte come quelle wagneriane? Ma tanta angusti:; montale nois iiorprende. Rara è l'indipendenza assoluta dai preconcetti, dai pregiudizii, pure negli artisti di raro ed altissimo valore come • Claudio Debussy. Vedete? Egli credeva di aver pronunciato la più solenne professione di libertà spirituale, facendo esaltare dal suo monsieur Croche la disciplina della Jibcrtà nell'ansiosa attesa della musica di Hfómani ; e intanto i pregiudizii dell'ieri gli annebbiavano la mente o la coscienza, e gli vietavano di godere e di comprendere, fuor della cerchia degli interessi francesi, l'opera di Gluck. Tutto ciò menoma il carattere veramente critico degli scritti, riducendoli a frammenti. brillanti, acuti, bizzarri, ineguali, d'un croniqueur d'eccezionale sensibilità. Il quale, è da notare, ha il buon gusto di non parlare inai di se. Tanto che, se vogliamo sapere quel che egli pensava dei detoussysti, dobbiamo ricorrere alla testimonianza di Un suo amico, René Peter. Questi, nel 1915, gli confessò, timidamente: Ecoute, Claude, Ics ucoussystcs m'agacent... — Moi, ils me Utenti — rispose DebussyStavolta egli aveva esattamente compreso la storia contemporanea. A. DSÌ.LA CORTE. Claude Debussy. — dilettante »; Paris, « Monsieur Croche antilopi, 25 fianchi.

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