Apelle a Tombuctù (A proposito del "Salon" autunale)

Apelle a Tombuctù (A proposito del "Salon" autunale) Apelle a Tombuctù (A proposito del "Salon" autunale) ( Nostro oorrlsponclenxn partioolare ) PARIGI, novembre, _ Quando, mesi or sono, il sottoscritto osò rilevare qui, a proposito della dilagante moda del « negrismo », la tendenza di * Pallado Atena » ad andare a scuola « a Tombuctù », J. kardoux, l'emerito collaboratore dell'Eclair, poco mancò non lo divorasse, azzannandolo con sdegnosa furia tra due colonne di prosa corrusca e lampeggiante versata nel fido seno di un discreto giornale di provincia. Io vorrei prendere oggi a braccetto l'egregio uomo e condurlo a fare un giro per le sale della Mostra d'autunno aportasi l'altro giorno al Grand Palaie. Scommetto esciremmo di là pienamente riconciliati. Si tratta forse di una esposizione di pittura negra ? Non propriameute : si tratta anzi, della pittura più parigina di cui Parigi ili questo momento sia capace. Ma il colore, il sapore, l'odore formanti la sua essenza intima, la suggestione nervosa e sentimentale che se ne sprigiona tradiscono così nettamente le loro affinità genealogiche, ^he ò impossibile non chiedersi, giunti in fondo alla mostra: Siamo noi a Parigi, ovvero in Africa, in Polinesia, nella Papuaeia? Abbiamo noi pure un naso camuso e dei braccialetti alle caviglie? Siamo noi ileciti di casa armati di arcò e di freccia invece che di un inoffensivo parapioggia? [Divoreremo noi, rincasando, nostra suocera o il nostro padrone di casa invece della consueta innocente bistecca?... Il cubismo ha cessato di vivere. Ma la sua dgepdsiapvrnscliafrtieschvpincacvrppsdcgosvcdJ asuccessione> e stata presa dal canmbahsmo tpittorico. Non dirò che si stesse meglio pn- :sirta: certo, pero, non si sta bene neppure iiadesso. Il cubismo ebbe la sua ragione di gessere, fu anzi un fenomeno inevitabile, nel i cprimo decennio dol Novecento. Il natura- j mlismo, partorito dagli ideali e dalle abitu- gdini scientifici del secolo precedente, aveva econdotto anche in arte all'empirico e al frammentario, facendo perdere di vista quel che c'era di categorico, di universale, di elementare nello cose. Una reazione era necessaria. In arte, uno dei primi momenti di tale reazione venne rappresentato dal cubismo, il quale, pur materiato ffgelmcom'era ancora di pedantismo e di ingenui- i stà sperimentali, fu, senza accorgersene, una E vera metafisica plastica, un preludio a quel- dl'intellettualismo che vediamo oggi ufficiai- i talento ricostituirsi sulla piattaforma del |lpensiero europeo. Senonchè il cubismo, nò «r.v iiu • i -n fpiù ne meno del beresomsmo, per la Prau- r. , 6 il meia non poteva essere se non una tappa, muna tappa del ritorno ali ordine, alla logi-|nca, alla sintesi, ali equilibrio puri: una ttappa, in una parola, del ritorno al clas-, sico. E' quanto si viene constatando da tre o quattro anni. Che il tono catastrofico del mio esordio non scallarmi nessuno. Siamo, anche in arte, sulla I tbuona strada: su quella dell'ovile. Si fa, anche in arte, macchina indietro : verso la moderazione, verso le buone regole, verso pd'il sistema e la tradizione. Ancora un pas-1 so, e direi che si torna all'accademia, come 1 in filosofia si ricomincia ad amoreggiare con la scolastica. Si è riscoperto, per lo meno, il disegno, ed è già qualche cosa, Il cubismo e suoi affini avevano, a questo riguarao, preparato penoso meditazioni micci statico, del ia disciplina delle preparazioni pazienti, dei calcoli n delle misure, avevano rollo la co-1 moda consuetudine dell'improvvisare deter-1 minata da, quella fase di transizione che era stato, all'uscire dal naturalismo, l'impressionismo. Oggi si vedono i primi prodotti di questo purgatorio. Non solo si torna al disegno ma si torna alla composizione, si. torna a a fare » il quadro, ad amare la figura e ad osarne i raggruppamenti, a dilettarsi dei nroblemi di posa, di equilibrio generale, di logica dell'insieme cui da molti anni nessuno più si interessava, tranne i direttori di Gallerie di Belle Arti, per dovere professionale. Che cosa o'entrano, in tal caso, il cannibalismo e Tombuctù? Non c'entrano, appunto, ed ecco perchè li trovo deplorevoli, il fenomeno della riconversione al classico «'effettua sotto auspici strani, in condizioni che se da un lato gli conferiscono una discreta originalità dall'altro gli tolgono gran parte del merito, effettivo o supposto, cui or ora alludevo di avere rimesso la nittura sulla < buona strada ». Il Lothe, il Marchand, il Friesz, il Dunoyer de Segonzac e cento altri hanno imparato a disegnare, ma non vogliono ancora imparare a dipingere. La nota carattoristioa di questo Salon, il ->iù espressivo, forse, che sia stato aperto a Parigi dopo la guerra, è una sorta di fobia del Colore, un daltonismo generale, uno stato morboso epidemico della retina. Guardatevi ■intorno: non vedrete che toni bistrati, fughe di tele color terra di Siena, simili a macchie di carbone, a buchi d'ombra o a finestre aperte su un sottoscala. Immaginate l'impressione di ottenebramento che dà all'occhio una sala di museo o uno studio di pittore in un pomeriggio piovoso d'inverno, Quando si comincia a non distinguer più un colore dall'altro e ad aver voglia di andarsene a casa, e avrete un'idea di quel che è questa mostra sotto il più bel sole meridiano. Ottone Friesz espone Bei tele balneari ben composte e non prive di sincerità, Giovanni Marchand una Madre che allatta disegnata con schietto amore e con senso di umanità commovente, il Dunoyer due paesaggi di buona fattura, il Lothe due donne sdraiate sulla spiaggia e curiosamente avviticchiate, il d'Espagnat tre o quattro nudi interessanti. E c'è indubbiamente, nelle visioni di questi artisti, qualcosa di più che la consonanza mnemonica inconsapevole di un ritorno in città dopo la stagiono dei bagni, >Jol cervello ancora formicolante di forme femminili, di marine popolose e infocate. C'è un concorde amore del corpo, che va x>ltre l'aneddoto e la galanteria, un comune interesse pei problemi di prospettiva e per la studio anatomico che si era interamente dimenticato, una ricerca degli scorci arditi e dell'esatta individuazione dei piani che farebbe pensare a un improvviso risorgere del culto di Luca Signorelli e dei nostri grandi disegnatori. Sono, per lo meno, anche questi del Latapie, del Bissicre, del Patelliere, del Bosahaiid, del Linquist, della Chauvet, dell'Iser, del Kars, del Liansu, del Quelvée, della <£rissay, e non nomino che i principali, nudi seri, studiati, corretti e messi in pulito i lo si vede, e talvolta lo si vede •mohe /troppo. Ma perchè — ecco il nodo perchè andare a dipin- della questione gerii in cantina? In cautina? No: sono dipinti all'aria aperta, anzi ; o, per dir meglio, pretendono di esserlo. Ma la novità, la malattia, coniste appunto nell'esserci presentati all'aria aperta, in pieno solleone, coi colori che avrebbero se fossero dipinti in un sotterraneo. Com'è accaduto lo strano caso? Non si tratta di un caso, si tratta di una scoperta. Una scoperta dovuta al coloniaismo. Arriviamo a Tombuctù. Sino a pochi anni or sono, le coionio non esistevano, di fronte alla coscienza artistica delle risnettivo madri patrie, se non come elementi di esotismo e soggetti di pittura di genere. Pochi artisti avevano avuto occasione di avventuratisi, e quei pochi non ne avevano portato a casa se non quadretti superficiali, invariabilmente vincolati al vecchio luogo comune dell'» Oriente » rutilante di sole e accecante di luce, uniformemente composti, come lo sono, ad esempio, ancora oggi le vedute algerine di L. Mainssieux, di terrazzo e cupole in biacca pura sotto cieli di puro cobalto. Il Novecento, mettendo in primo piano gli interessi coloniali e abbassando improvvisamente la statura ideale della vecchia Europa di fronte alla preconcetta barbarie delle terre lontane, spingeva gli ingegni a considerare queste ultime con occhio diverso, con una sorta di serietà rispettosa, con un sentimento non molto di verso da quello che aveva animato, un se colo e mezzo prima, Rousseau e Bernardino di S. Pierre. Era un sentimento romantico, ancora figlio dell'Ottocento, e come tale po trà Bembrar strano si voglia toglierlo a giustificazione di un orientamento il quale oggi, in Francia almeno, tradisce tanto di clasgjco. Ma proprio per questo ho detto, dianzi, cbc ia novità « non c'entra » : perchè il romanticismo coloniale se n'è andato, dono il gigantésco salasso subito dalla razza bianca, ed è rimasta, in vece sua, un'altra cosa: la formula coloniale, la « scoperta », e potrei forse già dire l'accademismo coloniale. La scoperta la fece il Gaugouin, pittore geniale e spirito avventuroso, giustamente esaltato, anni or sono, in un intollieente volume (l'eintre c'es races, Bruxelles, 1909) dai meticci Marius e Ary Leblond, durante i suoi viaggi a Tahiti e alle isole Marchesi, Essa consisteva nello sfruttamento artistico dl lma osservazione molto semplice: la gran uce non determinare 1 esasperazione bensì la soppressione del colore. L espressione « accecante di luce », che aveva avuto tanta fortuna per opera degli esotisti della prima . ' 1 , ,°. . . , ' ., maniera, venne da lui riconosciuta esatta : ma yen in rf fc appiicat.aj ci6 che non g; cra an(£ra ^ Mo££e j vecchi it_ torij cio6) bench& accecatii aveVano dipinto ,0 stess0) egli uon dipinse più, voglio dire ridusse la propria tavolozza a quel che co stituisce effettivamente la visione di un occhio abbacinato : a una ristretta gamma di toni cupi, sordi, opachi ; il contrario, nè più nè meno, della luminosità. Era quella una delle tanto manifestazioni del rinascente soggettivismo e rientrava, quindi) a buon diritto, nel movimento ge nerale dell'epoca. Il guaio fu che la formu la, enunciata in un momento in cui ridesta-i vasi nel vecchio mondo l'amore della vita1 all'aria aperta e confermata nello spirito di mo,fci dalle esperienze dirette cui la guerra mpQdqsilsGaleftasCguèccemsslmpdszpGms; il paesaggio dentro gli studi. Più, anzi : " f»™»s6"' s" """"'•.*•*"'.'•■""'-,,1 P01ch,c *uand° 31 faceva «-la"a h£era » stando ln casa non si commetteva che un falso, mentre il fare, senza muoversi da a e r e e l i i Montmartre, i Tropici e, per soprammerca to, gli interni ad uso dei Tropici è commetterne almeno due. Si può senza difficoltà consentire che il sole troppo forte si mangi il colore invece di farlo valere, e arriverò fino a lanciaro l'ipotesi che i negri sieno diventati negri solo a furia di vedersi tali ; ma corno giustificare la scomparsa del colore quando si dipinge sotto il mite sole di Francia o, peggio, quando si dipinge fra le quattro pareti di ;una camera nemmeno sempre fornita- di lucernario? Ora è proprio questa l'aberrazione in cui incorrono i pittori francesi che ho nominati e molti altri cho non ho nominati e molti altri che non sono francesi e ohe potranno domani anche essere italiani. I! disegno, la composizione, lo studio, la diligenza sono riapparsi, ma si è appiccicata loro icldosso, per uno strano concorso di circostanze estrinseche, una maniera che vizia, sir>ora, la volontà di risanamento insita in quella ricomparsa. Anchei Giardini di Armida dal Quelvée, YElor/io della Beltà del Girieud e la Spiaggia di Etrctat del Frietz, che vanne annoverati tra gli esemplari più felici del genere, cadono per questa smania di veder tutto color cioccolato, di rotolaro i propri nudi nel fango o nel carbone, di ritoccare i propri paesaggi con l'inchiostro di China. L'ideale delle Prax, dei Gernez, dei La prade, dei Waroquier, degli Chavenon, uei Liasky, dei Tobeen consiste nel dipingere senza muoversi da Parigi, ciò che Marcello Gaillard, fortunato titolare di una borsa di viaggio per le colonie africane, e J. Morrice sono andati a dipingere di là dal maro: epidermidi tenebrose, vfluppi di membra in libortà; tutta una umanità, per lo più femminile, allo stato di natura, anteriore persino al contratto sociale, non ad altro intonta se non a prendere il bagno e ad arrostirsi al sole, a rotolarsi in letto e sull'amaca, e ad esercitare, a tutto sollazzo degli spettatori, l'elasticità dei propri muscoli mettendo in mostra la rotondità delle proprie formo. Corrado Brando, Mafarka ■ e l'Atlantide sono, si capisce, passati di qua. Ma il loro viaggio è finito, mentre quello di questi pittori comincia adesso. Aspettiamo che finisca anche questo : è la sola conclusione cui una visita al XIV « Salon » autunnale conduca l'osservatore. Non è impossibile — anzi, tutto conforta a sperarlo — che, tornato da Tombuctù, Apelle ci dia di nuovo, domani, qualcosa di più mediterraneo o, se non altro, di meno equatoriale, e che, forato il bozzolo del nuovo accademismo, ap paia anche in arte la farfalla di quell'urna nesimo che l'intera coscienza francese som bra vagheggiare. CONCETTO PETTINATO.