L'arresto a Padova d'un piemontese complice dell'assassinio del calzolaio di via Balbo

L'arresto a Padova d'un piemontese complice dell'assassinio del calzolaio di via Balbo L'arresto a Padova d'un piemontese complice dell'assassinio del calzolaio di via Balbo Il nostro corrispondente da Milano ci telefona: Il mistero che circondava lo strano individuo, arrestato il 9 giugno 1920 a Padova, è stato diradato finalmente dall'ufficio di polizia giudiziaria*di Milano, dopo lunghe e difficili pratiche. Quel sedicente Antonio Bianco, che si diceva nato a Rosario Santa Fè, e del quale vennero raccontate le oscure vicende, è risultato un assassino, un truffatore, finora invano ricercato. Tradotto a Milano, dopo vane ricerche fatte a Roma, il cav. Stivala, che dirige l'ufitcio di polizia giudiziaria, ricorse per riconoscerlo ad uno stratagemma; lo avverti che avrebbe dovuto fario rimpatriare e ricondurre a Rosario di Santa Fè. L'ignoto individuo mostrò di rassegnarsi, ma il mattino seguente chiese un colloquio, al cav. Stivala, e confessò di chiamarsi veramente Francesco Varatela, di Giuseppe e di Caterina Gavina, nato nel 1899 ad Asigliano (Novara1)• Sembrò subito che queste generalità fossero le vere. 11 Varaldu affermava di essere stato soldato del 7.o bersaglieri a Brescia, e dava esatte indicazioni proposito. 11 vice-ispettcra Rizza, recatosi a Bianze (Novara), dov eil Varalda lasciò capire di avare un parente, scopri una sua zia, certa vedova Gavina, che riconobbe il ritratto. Condotto ad Asigliano, il vice-ispettore ebbe dal sindaco e dalle autorità del luogo conferma dell'identità dell'arrestato. Altre circostanze sono poi venute facilmente in luce, che depongono in modo sinistro sul passato del Varalda. E' stato stabilito che egli abitò a Torino, in via Catania, 17, e che un mandato di cattura del giudice istruttore di Torino lo insegue, emesso il 28 gennaio di questo anno, per un fosco delitto dal Varalda compiuto la sera del 6 maggio 1920. Quella, sera il calzolaio Nicola Bono, d'anni 68, veniva assassinato a scopo di rapina con numerosi colpi di martello, in un retrobottega di via Balbo, all'angolo di via Vanchiglia. L'autorità riusci ad arrestare uno dei due assassini iì torinese Agostino Del Piano di Giovanni, il quale confessava il nome del suo complice, il Varalda. Costui però era riuscito a prendere il largo. La gravissima accusa gli verrà contestata; gli si dovranno fare altri addebiti, giacché egli risulta coinvolto in una serie di truffe e di rapine commesse, da una banda di delinquenti torinesi, alla quale il Varalda apparteneva. Fra l'altro, egii è ritenuto re- dvTscsnppMcvecledDpemtenqemptalrdsponsaMlP di furto ad un esercente di. caffè, ari furto di biciclette, di truffa di 3300 lire in tfli.r«n0^m««r?^,?°?Ì?,n,CS M?n1anero. ««• Gli qPS"ei '■ fn* ìlAn^ !?nn0' °"r? cDel Piano, certi Concetto Francesco Calaci, tipografo Pietro Costa Crcsentino di Guido, Marcello Prinetto, DartoKimeo Cavaglià. ed Angela Caterina Fasano di Luigi, cameriera olPAlbergo del Giulio in Torino. Di tutti costoro ormai sglo il Cavaglià è latitante. Non saranno state dimenticate dai nostri lettori le drammatiche circostanze in cui venne compiuta l'aggressione a scopo di rapina sul povero calzolaio di via Balbo, alla quale si riferisce il nostro corrispondente da Milano. La vittima — tale Nicola Bono fu Luigi, di anni 68 — aveva la sua botteguccia in via Vanchiglia, 33, ma con l'ingresso in via Balbo Verso le. 18 del giorno 6 maggio dell'anno scoi so, il vecchio, che sedeva, al deschetto, vide entrare due giovani vestili di palano grigioverde, uno dei quali si fece fare una insignificante rip-arazione ad una scarpa. Data "appunto la lieve entità del lavora, gli sccliosciutl, che tenevano contegno allegro e cor- scPzpediale, proposero, a ino' di pagamento di bere I rta compagnia un bicchiere di. vino. Il i5oino ! [zdzsmrsncgaccettò non senza sorridere della singolare proposta, e i due gibvtnotti si allontanarono1, ritornando pero dopo con una bottiglia di vino. 11 Bono trasse tre bicchieri che depose sul deschetto, venne versato il vino, e la piccola comitiva si accinse a bere... In questo stesse islan.te gli sconosciuti furono addosso al poveretto, afferrandolo alla gola e cercando di soffocarlo. Lo trascinarono dietro' ufia tenda che divideva in due piccoli vani la BOfe teguccia e poiché egli gridava e si dibatteva. nuno degli aggressori corse al deschetto, vi qèslneCcpresela martello, e con osso vibrò alcuni col-1 trapo al disgraziato. Questi cessò di gì dare, e con un rantolo si abbatte sul pavimento, méntre il viso gli si insanguinava completamente. Credendo forse di avere uccisa la loro vittima, i malfattori la lasciarono a se, affrettandosi verso tin armadietto a mnr<\ che fiorirono e rovistarono affannosamente. Essi speravano di fare, un buon bottino, porche il ve efbtctchio aveva, fama di danaroso, e qualche tempo lprima gli erano stale rubate alcune cartelle ddei prestito nazionale lasciatagli in eredità ! dalla moglie. SenonchèJe loro rirerche furono cinleiTOtte dal pro-\-vidonzinle intervento di una vicina, corta Francesca Pomoro, ni"s?a sull'allarme dalle grida dol Bono. .Alla vista della donna, i malandrini proserò la fuga. Essa li inseguì gridando, ed una diecina di persone accorse si posero alle calcagna dei fuggitivi. Costoro pen*) andavano come il vento. Percorsa via Vanchiglia e sbucati in via Napione, furono affrontati da un signore montato in side-car che fermò la macchina e sparò loro contro un colpo di rivoltella per intimorirli. Essi, al contrario, intensificarono l'andatura, l'no sparve dopo aver fatto di volo lo scalette die dal corso Machiavelli conduco., no in via Napione: l'altro infilò il portone di via N'apirine fi. mettendosi in salvo con mezzi da consumato acrobata e da scaltro trasformista. Scavalcò una balconata, si gettò dall'altezza di qualche metro nel cortile, di qui infilo un portóne verso un vicoletto che separa lo stabile da un attiguo stabilimento di maglierie, si levò giubba, panciotto e cappello, e... ritornò poi tra la folla che si era andata radunando davanti a via Napione 9, Ungendo di interessarsi 0 di assumere informazioni sul ricercato; poscia si "allontanò. Il Remo venne trasportato al San Giovanni, dove gli furono riscontrale ferite fiacei'o-co.ritu.se. che lì poi' li non apparvero ai sanitari inolio gravi. Egli venne infatti giudicato guaribile in una ventina di giorni. Ala alcuni giorni dopo il povero vecchio peggioro, e circa due settimane appresso culi morì per sopravvenute complicazioni delle ferite, aggravate dalle conseguenze dello « choc » nervoso subìio A.1 Ssvn Giovanni L'operaio Giovanni Mata cria, d; unni, amianto In via Ormoa, 10. mentre passsVa al!'a.ngoio di corso Vittorio con via Madama Cristina, venne- Investito ria 'in o dista clic lo g.tto al suolo, producendoeli una ferita al la Miro superiore: Accorapiegnato al San Giovanni da una guardia regia, il ferito ebbe 1'- cure del dottor Andreoll che lo giudicò piiar bile In otto giorni. — il tredicenne (iinsepne Francesclietti, dimorante in via Uoi-go Dora. scolaro, mentre si trascinava con alcuni ccctanel sul I.umro Dora, venne ferito al torace da una isa-j>aia lan.-i.ua da un compagno, certo Dino. 11 dottor Andreoll me lo ebbe a medicare lo dichiarò g-uarilj.le jD £ei giorni