Il duello di R. Bonghi

Il duello di R. Bonghi Torino ci' altri tempi Il duello di R. Bonghi Vn interessante episodio della vita torinese di Ruggero Bonghi è evocato da un artìcolo postumo del prof. Lorenzo Rocco, che nel'ISSO era redattore capo della Gazzetta Piemontese, diretta dallo slesso Bonghi. Oli scruti giornalistici e letterarli del compianto Rocco potrebbero costituire una raccolta preziosa di. fonti e di dati per la storia politica e per la. biografia degli uomini più significativi in Italia fra il '50 ed il 70. S'era nel 1864, a Torino, ed il Bonghi nella sua «Gazzetta Piemontese», che doveva poi -,la .«.^wni'a», appoggiava n. smula natta il sistema di governo di quel partito moderato a cui per cattiveria fu dato dogli avversari il nome di « consorteria ». I|n quell'anno era presidente del Consiglio Marco Mlnghetti c ministro dell'interno linaiamo Periwzi, con Silvio Spaventa segretaria generalo. Ed i c consorti » eue militavano con lorq si chiamavano Rlcasoli, Pisanolli, Massani, Pasini, Sdla, Scialoio,, Lonza, Amari, , fanti, Laanarmora, Giorgini, Broglio, Mena-i brea, Gualtiero, De Biasio, Castromediajio Visconti-Venosta, Sclopls... e cento e cerilo altri, ai quali senza dubbio nessuno poteva muovere rimprovero d'aver canpita la croce del potere senz'aver contribuito ai sacrifici coti» cui s'era reso possibile il risorgimento d'Italia. Ma gli avversari allora non orano meno grandi e meno forti, e nella Camera, di fronte al partito di destra, sedevano alla sinistra Rattaz/.i, Crispi, Mancini, Mordlni, BroJTcrio, Nicotera, D'Ajala, Ricciardi, Fabrizi, Guerrazzi, Lazzaro, Mlgnogrìa, Miceli, Pluli'iio, Sandonato, Braicot, Avezzana... od olir! grandi patriatti i quali avrebbero voluto un sistema di governo diverso per cementare l'unirlcazio'ao della patria e costruire con maggior risolutezza e saldezza il novello edilizio nazionale. Insomma si trottava di due partiti politici che si e ani bali e vano, non per afferrare il premio sull alberq della cuccagna, ma por la nobile ambizione di far prevalere te proprio idee poi bene del paese; ed usavano nella lotta armi cortesi e leali. Ma c'erano poi quelli del centro, i soliti di nessun partito, nè carne nè pesco, gli atrflbii della politica i quali sogliono proclamarsi i soli indipendenti, e lo sono difatti... sino a quando non trovano il loro tornaconto a dipendere da qualcuno. Contro questi del centro la «Stampa» si scligliava assai spesso e li sferzava o sangue. Un giorno Bonghi scrisse delle frasi violentemente sarcastiche all'indirizzo del marchese Alfieri di Sostegno, allora, deputato e proprietario ori ispiratore di imi giornale, porche avea ovulo a male il sentirsi chiamar « consorte» da chi di fronte a lui era. addirittura un codina per sentimento d'intransigenza aristocratica o di clericale autoritarismo. 11 marchese Alfieri mandò un cartello di sfida a Bonghi, rìcorda'adosi che, essendo stato in diplomazia, era uomo, se non di spada... di spadino. Io ero redattore capo della «Gazzetta Piemontese» e Bonghi mi voleva un gran bej.ic. D'improvviso quel giorno egli entrò nella camera dov io mi trovava a leggero i giornali e le lettere delle Provincie, e iVn disse, col uv.o come fosse stato sorpreso e messo di buonumore da un fatto inatteso e strano: — Rocco, sapete che coso son venuti a far qui quei due signori? Meraviglialo delia dimanda, risposi: — Io no di eorto-... Non sapevo iiemme.no elio fuori vi l'ossero due signori in colloquio con voil Egli scoppiò in una risaia, e soggiunse: — Sono due signori, che mi harscio portata una sfida da parte del marchese Alfieri! — Ebbene? — Non so che cosa io debba rispondere loro... Ho colto un pretosto per venire a dimandarlo a voi, che fetrse di queste cose capite più di me... che non ne lir- capilo mai nul'.al E rideva. — Ma In. risposta non dovete darla voi... —aggiunsi io. — E chi? — I vostri padrini. — Ma allora debbo accettare? IO, mi affrettai a spiegargli come ogruitio avesse dovuto regolarsi nella sua circostanza.: — Voi non dovete né accettare nè rifiutare. In massima, quando si ricevo una sfida, non si dice mai no, ma non si dico nemmeno si: 10 risposta, com'ò vomita, la richiesta, si manda per mezzo dei padrini, i quali veggono a quol partito appigliarsi per tutelare l'onore del loro rappresentato. Scegliete due bravi amici che s'intendono di queste cose, ed ossi penserà n> io a tutto. Bonghi mi lasciò subito, ed andò da quei due signori a dir loro che avrebbe mandato 1 suoi padrini. 1 padrini furono scelti e mandati : Paulo FamWji, allora capitano del genio, ed il marchese Guerrieri Gonzaga deputato.* E il duello fu pure stabilito. Mentre pendevano lo trattative, d.'accordo con Fambrl, condussi Bonghi dal maestro di scherma per preoara.rsi alici scontro. •\llora Achille Parise, vecchio patriotta ed 11 più forte, maestro della scuola napoletana •li scherma, aveva a Torino la sua sala, d'armi assai frequentata. E da lui era state poco innaii/.i preparato Rattazzi por ma duellci. Nel presentargli Bonghi, questi gli disse ri¬ I!! , i dendo, elio non aveva mal In vita presa in maino una spada od una sciabola. — Lo> credo! — rispose Parise. La prima lezione incomincio senza che Bonghi smettesse di ridere. Parise gli spiegò parecchie coso, gli mostro il movimento dell'arme; lo mise in guardia. Allora risi anch'io, porcile Bonghi era corto e pieno di polpa, a la sua prima mossa in guardia lo forzava, a corte mosso a cui il suo corpo stentava a piegarsi. E Bonghi rideva sempre, corno ridevamo Parise ed io. Ma finalmente la prima lezione oblio, termine, e ite fu (Issata una seconda por la sorai dello stesso gloìrino. E questa seconda lezione fu più seria, perchè Bonghi, il quale non poteva più diro di non aver mai presa, un arme in mano, parve aver compreso elio coi consigli dell'ahUisslmo maestro v'era mozzo di difeiicrsi e fors'anche di offendere. E smettendo il riso, acquistò quella fiducia! in sé stesso che ,non avea prima. I.o scontro era fissato pel di seguente all'alba, dietro il cimikiro, ch'era 11 campo solito per tutti i duelli a Torino. Bonghi, invece d'andarsene a casa., se no rimase a dormire all'ufficio del giornate In via dell'Ospedale, numero 10. 10 gli dovevo- far compagnia. Egli stelle a leggero od a scrivere tutta lai sera, e mi parve proprio che pensasse per nulla al' duello, sprofondato com'era nello studio d'un volume dello Stunn-Mill o degli appunti elio vi prendeva o segatava su pezzettini di carta. A mezzanotte, per la mia insistenza, andò a letto. Od io presi l'impegno di farlo troverò in piedi all'ora dell'appuntamento coi padrini^ L'indomani, (piando- andai a, risvegliarlo, egli dormiva prof indamente. Mentre si vestiva, diceva ridendo, ma un pochino irritato: — <_'iuard;tte in qual posiziono ridicola si debbono tri-vare due uomini serri, nel capriccio e per la.boria d'uno... eliti invoce d'uomo serio ci tiene tanto a mostrassi un..-1 Qui dava una qualifica assai poco luSltte I ghiera al marchesa avversario. E soggiugevii : — Sta bene!... Vuol dire che anch'io mot! tev'i un tinello nel mio stato di servizio.', pcf gl'imbecilli! • e ni me colazione di buon appetito, avendo fallo apparccrhlnre per l'occasione un pózzo (il carne amistiia, ed ufi bicchiere di marsala. E con la maggiore serenità egli si diffuse a parlare contro il duello, quantunque costretto a subirlo. ! .Ki.nalmente entrò nel coitile la vettura in cui orano i padrini e-l il chirurgo. Bonghi, nel prendere il cappello per andar via e nel vedére ch'io lo accompagnavo all'uscio augurandogli un felicissimo ritorno, mi chiese sorpreso: — E cornei... voi non venite? Non meno sorpresi gli risposi: — A far die.? Egli si fermò fissandomi, e piti soggiunse, dando un passo .indietro: — Se non venite voi, io non vado più! — Ma perchè'-.-. Che c'entrò io, se voi avete il vostro padrino ed il vostro testimone.,, e c'è anche il chirurgo.,, chi nitro volete cha venga con voi? Ed egli insistendo: — .Non capite!.,. Ma se sono ferito., in quali braccia cado?... Fonibri intanto era venuto su, ed io gli espressi il vivo desiderio di Bonghi d'avermi vicino. Sènza imbarazzarsi, Fambrl mi disse: — Prendete una vettura e seguiteci..- Ma sopratulto non perdiamo tempo... clic il marchese Alfieri non s'impazienti od aspettarci! Uscimmo tutti. In quei momento era pura sopraggiunto preste Portatimi, amministratore del giornale e non meno di me affezionato o Bonghi : ed entrambi in una vettura seguimmo (niella dei duellanti, fermandoci a pochi passi dal terreno dello scontro: il tristo cimitero. Sul terreno Bonghi non ismentl la serenità ed il sangue freddo che l'avevano fin allora mantenuto indifferente per qualunque conseguenza, dovesse avere il d'iell'>- 11 marchese Alfieri di Sostégno, che forse avea sognato di vedersi innanzi un uomo impotente a reggersi in piedi per la straordinaria emozione, od aveva perciò preparato desile poso accademiche e dei colpi riservati, dovette rimanere fortemente sconcertato dal contegno fermo e risolino di Bonghi. Difatti, a.lla prima messa in guardia si fece còlnire al braccio, ch'egli slese andando ad incontrare la punta della sciabola dell'avversario o riportandone la camicia tagliata od una ferita superficiale lungo mito il braccio conio lo striscio d'uno spillo sull'epidermide. Il duello, fissalo a primo sangue, ebbe termino... ed in realtà v'erano stale delle stille di sangue! ("ìli avversari si strinsero in mano. DI ritorno all'ufficio del giornale, Bonghi ricominciò a ridere. Ma allo congratulazioni mie. di Portalutpi e" degli altri redattori ed amici rispose facendosi serio: — Figliuoli miei... è la prima volta che ho fatta ima figura ridicola! LORENZO ROCCO.

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