I Cavalieri della libertà

I Cavalieri della libertà I Cavalieri della libertà i Negli ultimi mesi del regno di Carlo Felice, finito appena il famoso processo Mazziniano dei Carbonari di Genova, un altro ee -^a imbastiva a Torino contro i Cavalierdé§a JMbertà. S'intitolava cobi un'associazione segreta di stampo prettamente massonico, cha si prefiggeva l'intento di secondare le rivoluzioni dell'Italia Centralo con una nuova alzata di scudi in PiemonteCome dieci anni innanzi, si mirava a trascinare l'esercito, adescando gli ufficiali in genere, le Guardie del Carpo di S. M. in ispece per dominare e sgominare la Reggiaì Della società s'oran fatti principali istitutori Giuseppe Barsani, Angelo Brofferio, medici Anfossi e Balestra, nel gennaio 1831dopo un breve periodo d'incubazione stranissima. I due medici, abbindolati dal Borsoni, avev-au creduto ini origine di partecipare a un, innocuo circolo massonico, istruimento di burle! Ma accolto nel sinedrio i•Brofferio aveva prestato efficacissimo conpórao al .Bersani nel premeditato disegno d.convertire, ia politico-rivoluzionario il carattere del!.sodalizio scherzoso. Del nomo djFranchi Muratori continuava il Bersani a ivalèrsi solo coni qualche ingenuo, per meglio irretirlo. - Oriundo romano, dal 1825 stabilito per ragióne di parentela a Torino, era il Bergami vera tèmpra eli cospiratore astuto, tenace, fanatico, sotto apparenze chiassoso o [abitudini depravate di buontempone. Protetto da Carlo Felice, che l'aveva (a dir de'Brofferio nella Storia del Piemonte) tenuto a 'battesimo, era stato ammesso fra le Guarjdie del Corpo, uscendone a forza nel 1829 iper aver uccJso in duello un collega, un IMameli. S''eran battuti per la più futile 'delle cause: la scelta del posto alla mensa comune f Dopo urna disputa ripetutamente 'provocata dal Bersani, eran scesi sul terreno alle condizioni più gravi: la pistola. Una palla orribilmente precisa aveva spezzato il cranio al giovano Mameli, forse congiunto di Goffredo. Scontata la mitissima pena di sei mesi di fortezza a Fen«trelle, il Bersani era entrato, per favore speciale di Carlo Felice, cóme volontario all'Intendenza generale di guerra. Ventiquattrenne, vanitoso della bua maschia venustà (in una sua lettera si proclamava il pia bel giovane, di Torino) sperperava ini orgie la florida salute e l'ingegno balzano. Pizzicava di poeta, cimentandosi col Brofferio in gare di impro vvisatoré; fra le carte sequestrategli dalla polizia figurano quaderni di estemporanei nonetti a rime obbligate, abbozzi di poemetti, parodie drammatiche, ecc. : tutto cosparso di ifangeso laidezze, chiaro indizio d*lle morbide tendenze elio avrebbero finito per condurlo a demecza insanabile. Dna sua paro'dia deìl'Ari.itodemo del Mónti supera quanto di più ributtante potè mai pensar l'A£©fcLpo, o un abitante di Sodoma o Gomorra.Per l'ascondente che il tragico duello gli aveva creato tra l'officialltà torineso riuscì ittgevole al Bersani guadagnare molti teneutàni in erba : Ignazio Bibotti, Giovanni Durando, Clorioo, Levamis, Destofanis, Bono, Regis, Gallo, ecc., che s'eran lasciati intimidire o cattivare ,dal verboso romano, abilissimo nel circuirli, nel tacitarne gli scrupoli, coonestando con belle frasi generiche gli scopi o i mezzi della società dei Cavalièri. , Era un assedio in piena regola, che per ciascuno di loro imprendeva il. Bersani, "inseguendoli ne' calle, nello trattorie, nelle passeggiate solitarie. Ai giovano entusiasta, crai «.«Ilo velleità poètiche Su capo (ve n'eran parecchi che scombiccheravano sonetti o arciiitettavan tragedie, poein;) faceva luccicar gli ideali che il nomo suggestivo della setta implicava; cogli opportunisti, ammoniva cho nella prossima rivoluzione potrebbero perder il posto, rovinarsi la carriera, mentre era così facile avanzare di grado ip un nuovo ordine di cose; a' sempliciotti favoleggiava del tempio di Salomone, salvo a rettificare, tostochè erano impegnati, che si trattava di tubfc'altra cosa; a' timorati di coscienza assicurava che nulla si sarebbe chiesto mai di contrario all'onor militare; agii indecisi consigliava, la <r neutralità i oapiente. Così i pesciolini abboccavano... e tanti da potersi i capi lusingare, in una tìata emergenza, di aver spianata la via a' penetrali del Palazzo Beale,^ per dettarvi la legge. **# Malcerto ò il. numero degli associati borghesi, tra cui Giacomo Durando nelle sue iraurmOTitiPre memorie, il Brofferio nella sua diària del Piemonte compro.'.donol molti bei nomi, * destinati a cariche insigni, al potere, alla gloria »: M. A. Castelli, C. Cadorna, Pier Dionigi Pinelli, Gioberti ( 2 !) ; e con loro il march. Ilontczemolo, l'avv. 3aviaa d'Asti, ecc., una. cinquantina al ina&mmn:, dacché Carlo Alberto, corno vedremo, a scoperto finite, parla di « pochi borghesi 8. Per attirare affigliati il Bersani andava sbraitando, magari in pubblici locali, malgrado i richiami del Balestra a maggiore prudenza: che accendevano a 3 mila i fuorusciti, già armati di tutto punto a Lione per invader la Savoia; i quali potevan contare su relazioni dirette co' pezzi grossi di Francia fi afaytvfcte. La-fitte, Lainarque, csc.) o su di un capitale assicurato (fantastico) di tra milioni. A G-enova- un riccone aveva disposto Uà milione e mozzo, non un soldo di ra.-Do, pe^- insignorirsi di un forte della citili ! C'erano insomma i testo e borbe s: A successo non poteva fallire. Lo garantiva il Bersani, dichiarandosi il mandatario di personaggi cospicui: e non a torto, te spesso riceveva lettere di Francia, e presentò una volta agli ufficiali un misterioso incognito, come un gros bonnet venuto a psraire ia rassegna i Cavalieri della Libertà. Ad illusoria garanzia di segreto, i Cavalieri cran ripartiti in nuclei di cinque, co^ un presidente soprannumero cho teneva — egli fcolo — i contatti ccn altro nucleo. Ciascuno aveva il suo nome speciale: circolo Washington, circolo Marte, eco. Si svolgeva cosi una catena di circoli di primo grado: al disopra dei quali esisteva un'altra serie di circoli direttori (sceoudo grado) ; il programma tracciatone dal BrolTerio fu rinvenuto fra le carte del Bersani. I due ^radi inferiori dipendevano ne! marzo da un. direttorio supremo di quattro membri (BerR'.ni, Brofferio, Giacomo Durando, Cario Cazzerà) e si stava già- pensando al dittatore c militare » pel momento dell'azione illorchè eopsawennero gli arresti. Le imY-aeioii! si celebravano senza formalità caiaplicate ; si giurava eemplicemaaWi- ii.mUita4 sulla; jwikbpi% ^ abbatte» la tirannia, darsi attorno ad accrescer proseliti, osservare il più geloso segreto, non scriver mai nulla di compromettente, non mai individuare il nome di compagni conosciuti di setta, assistersi fraternamente in ogni bisogno e pericolo, obbedire sopratutto agli ordini che per .la libertà d'Italia impartirebbero i capi. Nell'unico scritto superstite i tre puntini massonici vengon sostituiti da cinque, disposti a dado, accorciando con essi le finali delle parole. Siadoperava per la corrispondenza segreta la carta intagliata, la carta à jour di PellicoMaroncelli. t Chi voleva cioè corrispondere con un amico senza pericolo che la polizia, intercettando la lettera, ne scoprisse il vero tenore, applicava la cartolina à jour ad un foglio di carta bianca e negli spazi sottoposti, the rimanevano scoperti, soriveva quelle tali parole che racchiudevano il suo pensiero recondito, disponendole a seconda dei numeri indioa.ti nellaj relativa chiave. Fatto ciò, oolkgava alla meglio le parole gravide di significato con altre banali e indifferenti, che tanto quanto componessero un assieme conciliabile con la sintassi e col buon senso ». I segni di riconoscimento consistevano: per chi bramava palesarsi, nel portare la mano alla bocca, come a forbirsela ; per. chi rispondeva, nel posare la mano sulla fronte in atto cogitabondo. Il tocco era su per giù il consueto vellicaniento massonico coi polpastrelli; la parola di passo, Coclite; quella sacra, Termopili, scandendo tra i due interlocutori a vicenda le sillabe. Come i Federali avevano rappresentato nel '21' la forza viva popolare, necessaria per l'azione, così i Cavalieri della Libertà si promettevano l'ausilio degli Indipendenti : organizzazione « per il basso popolo », da comporsi di sergenti, soldati ed altra gente pronta a menare le mani. Unico segno di convenzione: la mano destra posata sul cuore ; parola sacra, fratello. Intanto si attendeva a preparare lo spirito pubblico con proclami, invettive satiriche in prosa ed in versi, affidate a penne valorose: al Brofferio, a GiaeomojDurando, cho allora appesila addottoratosi in legge non sognava di poter diventare Generale dell'esercito e Presidente del Senato d'Italia ! Egli redasse un indirizzo o meglio un ultimatum minaccioso a Carlo Felice, riprodotto dal Brofferio nella Storia del Piemot^te. Dopo aver enumerato le antiche e recenti magagne del regime assoluto, gli vaticinava ornai contati i giorni della Dinastia se non cambiasse rotta; vox, popvli vox Dei. Il Brofferio a sua volta dettò un paio di sonetti, stampati: l'uno per imprecare alla nozze allora celebrate della cipessa Anna Maria di Savoia col futuro Imperatore d'Austria Ferdinando. L'altro (il solo che io conosca) d'intonazione cavernosamente romantica doveva rappresentare fra i tripudi carnevaleschi dell'anno il mane tckel pltarcs dei rivoluzionàri. Mette conto di ripubblicarlo perchè non suffraga l'asserzione del Durando e del Brofferio che tutti i Cavalieri della Libertà fossero scevri di tendenze -repubblicane: Il Carnovale dfx 1831 Plaudi, ridi, banchetta, il comun danno, . Italia, scorda fra le imbelli scene ,A tue gioie dal Xord eco già fanno Con feroci: armonia nuove catene. Baciandoti l'adultero Tiranno, Il laccio al collo, il ferro al sen II tiene. Ed intuona per te con vile inganno li canto sepolcral delle Sirene. Ma te risveglia un popolo non molle. Che al suono degli acciar repubblicani Sul materno dirupo il capo estolle ■ ir presso il dì cha all'Italo furare. Il più gradito de' concenti umani. Il gemilo sarà d'un Re che muore. Manifesto e sonetti stampati clandestinamente a Torino dal Pomba venivano distribuiti agli ufficiali con l'incarico di spargerli nell'ambiente militare. A tener desti gli animi de' cospiratori, si indicevano frequenti riunioni in salette riservate di pubblici ritrovi : caffè • Fiorio, trattoria del Nord; o in casa del Brofferio, del Balestra; o in Uuia stanza affittata Jal Bor.r), di cui è rimasta in atti, tra' corpi di reato, ia chiavo grossa, come l'emblema rituale di S. Pietro. In quelle conventicole il Bersani commentava lettere ricevute di Francia o un catechismo anti-austriàco. « Chi è l'Imperatore d'Austria? ». La risposta suonava in sostanza i che l'Imperatore era un tiranno, il quala aveva posto un giogo insopportabile ai suoi popoli, succhiava le loro sostanze non solo, ma anche quello del Piomente ». Seguiva una ce forinola a guisa di Poter noster'v. Improvvisava invece, sfoggiando libera eloquenza il Brofferio, « grande,, .smorto », (corno taluni lo dipingono), irruente nelle sue concioni. Lo scoppio della nuova rivoluzione era dato per imminente, ridotto a questione di giorni (fine marzo, primi aprile) ! Un grosso signore d'Asti (il' Savina.'?) comparve, una volta ad annunciare che la città d'Alfieri aspettava impaziento il segnale. Era già pronto il canto di guerra, intitolato Lrr. Bandiera: focosa canzono, probabilmente composta dal Brofferio, trovata tra le carte de! Bersani. Cornicia fratelli all'armi, Spujìtò auel di bramalo Che un. vopol calpestato .41(1» risorgerà... Indarno il rio tiranno In predi, al suo furore Giurò che il nostro ardo/e \«i sangue spegnerà. Soldati, e cittadini tulli d'una schiera, ecc. ecc. Sj sussurrava., cervelloticamente, di maggiori, colonnelli e generali ' aderenti ; di Cfirio Alberto (spinte o sponte) capo de' Cavalieri della Libertà!... Carlo Felice, (secondo un 3iscorso del Brofferio riferito dal tenente P.egis). per paura che il Principe, invece di r fingere gli invasori della Savojaj facesse comunella con loro, aveva preso lo su'i precauzioni e a buon fine no « teneva i figlioli in ostaggio »! ! ! Il Ventuno sarcbne vendicato; la rivolta avrebbe ottenuto il suo scopo: sposare la causa de! Piemonte alla causa d'Italia, fondare la confederazione italica (l'unità tra giuditata troppo ancora immatura), cacciar l'Austria. »'# La diffusione ?i quelle stampe aveva già provocato allarmi o indagini .iella polizia torinese, ma la catastrofe non fu determinata dalle suo raddoppiate cautele, bensì da una crisi d'anima, da un cjiso di coscienza di Ignazio Ribotti, più tardi generale e patriota cospicuo, allora, inesperto o spaurito ragazzo di 21 anno. Egli si sentiva rimordere d'aver ceduto alle imposizioni del Bersani, prestando ad una asfiociazione segreta un giurfim&iit^ ióaàatòl suoi doveri d'ufficiale o non si nascondeva 1 enorme guasto che l'estendersi della setta avrebbe potuto produr nell'esercito, come nel '21. La tradizione avvalorata dalle memorie di Giacomo Durando pretendo che il Ribotti perdesse un portafoglio con carie compromettenti a Colle di Tenda, e da, ciò prendessero origine gli arresti. Ma i dossieri officiali serbati nell'Archivio di Torino, e ornai accessibili a tutti per lo nuove liberali disposizioni iu fatto di pubblicità di atti, sancite dal Consiglio Superiore degli Archivi e dal Ministero dell'Interno nei dicembre 1916, lasciano apparire diversamente le cose, ne parlano mai di alcun smarrimento a Colle di Tenda od altrove. Mostrano invece che il Ribotti, assilliate da giuste apprensioni, rese più tormentose per lui da timori fantastici d'esser già sorvegliato e scoperto, finì per. avverare la celebre ottava dell'Ariosto (i Miser chi mal oprando si confida » ecc.) e tradire « inavvedutamente » se stesso. Di ritorno da una licenza in Nizza sua patria, sostando a Genove, s'imbattè in un amico e oollega (certo Lupi) e" sentì il bisogno di versargli nel sono i suoi affanni, le sue trepidazioni, con imprudenti confidenze, di cui l'altro si valse per richiamare su di lui i primi sospetti delle autorità militari genovesi, ainzi del Governatore tenente generale Conte Venanson in persona. Passato il Ribotti in distaccamento . a Sarzana., si vide raggiunto da un ordine del colonnello Bava — il futuro Duce dell'esercito piemontese nel '48 — che gli ingiungeva di retrocedere a Genova, per esser interrogato su affari che lo concernevano. Atterrite da quella chiamata, prote-(, stava dapprima di voler tutto negare, poiché nulla poteva esser provato a suo carico : ma intanto pazzamente svesciava quasi ogni cosa al suo capitano. Questi naturalmente, com'era debito di rigido soldato, poneva in iscritto' le incaute confessioni raccolte, recandosi per ordine tassativo dei « superiori » di persona in Genova a convalidarle. « Domenica scorsa [ 27 ] trovandomi sulla piazza di Sarzana in compagnia di diversi altri uffiziaìi del 2.0 Battaglione della Brigata di Piemonte, il Cav. Ribotti sottotenente nel medesimo accostossi a noi, e dopo qualche minuto mi domandò a parte, ed allorché fummo distanti mi parlo in tal guisa: ultimamente essendo in Torino un individuo che faceva pai-te dellei guardie del Corpo venne da me portandomi dei proclama sediziosi pregandomi di prenderli e portarli in Nizza marittima. Non seppi cosa rispondere, insomma me li rinvenni indosso. Qualche tempo dopo var.ì altri individui avendomi incontrato mi dissero: per darci prova, della tua amicizia ti raccomandiamo i proclama a te rimessi, e non mancare di distribuirli giunto che sarai in Nizza. Partito adunque, una sera trovandomi queste carte entrai in un portone e le geìtai per terra, e presi la fuga per timore di essere scoperto. Ora vengo di essere domandato in fienova dal sig. nostro colonnello: temo molto, ma non importa; nessuno avendomi veduto, negherò il tutto, basta, allorché sarò io Genova vedrò se devo tacere o palesare, perchè non deyo essere il solo compromesso, il guasto è dappertutto, in Piemonte {intendi nella Brigata omonima) ve ne sono nove o dieci, e fra questo numero trovansi il sig. Clerico, sottotenente, il sig. Desterfanis, e credo anche il cav. Buriasco, anzi m'ha.detto: le cose non andranno sempre così, infine soggiunse : non solamente vi è il guasto nel reggimento Piemonte, ma in tutti gli altri, Artiglieria, Genio, e quasi la metà di Torino- Lasciomnit promettendomi di tutto palesare al sig. colonnello cav. Bava; essendo partito il suddetto signor cav.- pibotti, il luogotenente coìonn. bar. Leotardi ordinommi di portarmi in Genova por darne parte ai miei superiori. « Riguardo al Clerico e Desteffanis mi disse che dovevano essersi firmati in qualche luogo, ma clic in quanto a lui firme non ne aveva fatto, bensì detto: allorché vedrò le cose come andranno, allora vedrò ». « Genova, 30 marzo 1831. « Barone Verani, capitano ». In base alla testimonianza accusatrice del Verani, messo agli arresti il Ribotti, depose subito ogni velleità di diniego. In due poginette vergate con mano convulsa, cou scarsa ortografia, e zoppicante sintassi, pianse il fallo commesso, invocò perdono ed oblio dal Bava e dai Venanson. E' pretta favola del Brofferio (nella Storia del Piemonte) che il Bava puntaste all'officialetto sbigottito « la pistola sul petto » : non ce n'era bisogno, per quanto il Bava fosse realmente irritato o mortificato del « marcio » rivelatosi nella sua Brigata. » Due mesi fa a Torino il sig. Bersano già guardia del Corpo mi venne prendere al caffé, dicendomi che aveva bisogno di parlarmi. Ci allontanammo dalla città e così principiò a discorermi : è tempo ormai di sbattere la tirannia e di concorrere tutti quanti siamo alla libertà dell'Italia. Amplificò il suo discorso senza mai allontanarsi da quei du* sogetti. Io giovane senza esperienza, e privo d'un amico onde potermi consigliare, incfcutamente gli giurai d'essere de' suoi seguaci, indi mi presentò in un circolo, il quale era composto di cinque membri, e U capo, detto Presidente, cha faceva il sesto: quest'ultimo poi era membro d'un altro circolo: per questa concatenazione si sapeva tutto quanto si diceva o si stabiliva d.ii cavi, senza che uno coiioscesr-e più di ci-ique persone. Il nome di quelli elio componevano il circolo a cui appartenevo err.no i seguenti: Il cosidetto Presidente era il Dottore in dhtrurgia Balestra, poi il sig. .'ivv. (Broferlo, il sig. Bersano, il sig. Regis, il sig. Gallo, =d io faceva il sesto. Quando poi decisi di andare a Nizza voliere per pruova della mia fedeltà che portassi meco una ventina di Proclama per distribuirli a chi avrei creduto più a proposito. Cosi feci, V. S. Ill.ma sa il rimanente. Non mi rimane altro a dirli, che atteso la mia giovinezza e la mia inesperienza, e la ferma volontà che ho di essere fedele al indo Sovrano, rlserbandomi alla prima occasione di dargliene pruove, che a suniicarlo che il cn stigo che ho meritato, c che pur irorpo mi sarà dato, non dia a conoscere agli altri qual'è il mio delitto — Bibotti de Molière. (Non sapeva scrivere nemmen bene il suo nome che era De Molieras »). •> (P. S.) 11 sig. Bersano mi assicurò che tanto i! signor Clerico che Destefaa/.s erano dei congiurati, il primo l'ho conosciuto a Torino e l'altro a Genova. Passeggiando il sig. Bersano nil ha fatio conoscere varj olia diceva essere de: nostri, ma non ho mai saputo il loro nome. 111 sig. r:ieri-o ed il sig. Destefanis loro stessi mi hanno assicurato sppartenera a questa società. — Bibotti de Molière ». Impestato così il processo, non occorre indugiarsi iu un'analisi minuta negli atti che riguardano gl< officiali. Dal più al me no, sull'esempio del Ribotti, che ampliò ne' costituti lo sue prime rivelazioni, confessarono tutti diffusissimamente iu iscritto ed a voce ccn proteste e lacrime di pentimen to sincero: implorarono tutti, se non asso iuzi'ono completa, mito castigo (le dimissioni dal grado, l'esilio, ecc.) dalla generosità di Carlo Felice. Ma questi lottava ornai con la morte: 1 processo s'era incoavo ai primi d'aprile, Carlo Felice spirò il 27 ; spettavo, al suo succeseoro segnare la sorte degli imputati. Con dichiarazioni firmate eott'oocìiio, che davamo per inietti più reggimenti e quasi —cdizsmNtnndsdtcslgcdrfdsfeau Alberto volle vederci chiaro anzitutto; e il 12 maggio 1831 rinnovò il' solo indulto largito da Carlo Felice nel '21 « verso i rei di men gravi delitti ». N'eran dunque fischisi implicitamente i Cavalieri della Libertà, il, processo continuò, precipitando quasi ipso facto con disgustose vicentln. Data la, contumacia di Durando, dell'Arifos:;; ed altri, il peso dell'inquisizione giudiziale gravava ornai'esclusivamente sui promotori Balestra, Bersani, Brofferio. Con aria .romanesca di ine no impipo negava tutto sfrontatamente Bersani. Gli avovan sequestrato il regolamento de' Circoli direttori di 2,o grado, in duo esemplari... ma non sapeva come mai quegli scritti gli fossero stati messi nel cassetto d'ufficio. Idem o qualcosa di simile per la canzone La bandiera. Conosceva gli ufficiali, ma noni s'era mai sognato di parlar loro di politica : col Brofferio s'ora incontrato la prima volta ad un pranzo in onore del poeta estemporaneo Giustiniani : e tra loro non avevan poi mai confabulato che di cose indifferenti-., o di versi. Il vice-uditore di guerra avv. Lodi che couduceva la procedura con « dignità e mansuetudine » (lo riconobbe il Brofferio nella Storia del Piemonte) vide subito che. il dottor Balestra, carico di numerosa famiglia, senza lui piombata sul lastrico, presentava la minor resistenza e avrebbe facilmente ceduto, appena edotto di non esf*r compreso nell'indulto sovrano. Non s'ingannava : il Balestra negativo sino allora vuotò il sacco il 13 maggio, spergiurando d'aver voluto balordamente ordire uua mistificazione massonica, e d'essere invece, sotto le altrui violente pressioni, rimasto lui « mistificato ». Confermava insomma la versione data pur dal Brofferio, nella sua Storia, oon ampollose parole : là dove dice d'essersi « a questa ccoperta percosso per dolore la fronte ecc. ». Lo delazioni del Balestra pregiudicavano grande- ntsnte il Brofferio, del quale affermava che il Bersani stentava d appi-ima ad accoglierlo, diffidando del poeta-avvocato. Ma questi finì per rabbonirlo, leggendogli il sonetto sulle nozze Savoia-Abrburgo ed esibendo per meglio ispirar confidenza un' documento (che poi pubblicò cri XV vo!um« dei Mici Tempi): la lettera del Padre Mauera Gesuita, t nella quale col pretesto di raccomandarlo al Padre. Taparelli d'Azeglio in Ruma, allorché Broficrio colà si recava, lo designava come un giovano eli pensieri esaltati, <>. pregno d'ideo liberali ». Disarmate lo avversioni del Bersani o Compagni, il Brofferio aveva, con grande zelo, impresso nuova vita alla setta: aveva istituito parecchi circoli, (ce n'era, fonduto dall'Anfossi, anche uno composto di giovani studenti universitari); aveva proparato col Durando, dopo quello a S. M., un indirizzo incendiario allo truppe. Jl Balestra si dava vanto d'averne impedito risolutamente la pubblicazione, dimettendosi quindi da membro del Direttorio: ove gli fu appunto allora sostituito l'avv. Durando. Si ritirò con lui « in più basse sfere » del sodalizio anche l'Anfossi, che pure uon s'era fatto scrupolo di sollecitare dal Pomba la stampa del primo proclama e del sonetto sul Carnovale del 1831. Ire base alle ampie confessioni degli ufficialebti,' alle rivelazioni del Balestra, conosceva ornai l'inquirente quasi tutti i militari aggregati e molti nomi di adepti borghesi; possedeva quindi un formidabile materiale d'accusa per espugnare il Brofferio: cho fiqì per esser travolto dalla situazione inestricabile in cui lo avevano avviluppato Io altrui sventatezze e perfidie, quando a queste si aggiunsero, più pericolose ancora, le seduzioni del Conte Ignazio Thaon di Revel, governatore di Torino, rivelatosi inaspettatamente il Deus et machina del processo. ALESSANDRO LUZIO.