La farina del diavolo

La farina del diavoloI3l»loì£lìi <i<sl mondo La farina del diavolo jaime Clavijo /.u Consuelo ItRemedios Clavuò ÀLCiNzn auiic di Fuentes'sUn muggvtrdomo, ini. fattorino, un portiere cri ~*iri ''he non narUinu. — La scena è a Vav.J.. Alto 1. Remedios (arrossendo). — Eccolo li, zia Consuelo. Jaimc. — Chi, piccina? Zia CoiisWÈD. — Don Atomo di Fuentes. i. — Colwssa, cabeza destornilluda, che gli correte dietro, da due giorni. Z. C. Ti giuro di no, Jaime. R. — In quanto a me, babbo, ò la prima volta che lo vedo, itacene s.amo u, Parigi. ,/. — Speriamo sia l'ultima. Tua zia ìarebbe meglio a condurti a baciar crocifìssi, invece che insegnarti a dar la caccia ai giovanotti!. Z. C. — Se non ci fossi io ad occuparmi di questa bimba ! J. — Perchè non maritasti te stessa, piuttosto, trent'anni fa ? • Z. C. — E' appunto dall'esperienza fatta a mie spese che voglio arricchire tua figlia. J. — Remedios preferirebbe una dote in moneta sonante. . Z. C. — Quella toccava a te fargliela. /. — Cameriere, due limonate in ghiaccio e un madera. R. (rimescolando la Limonata). — E' dimagrato, pobrecilo, dal 1911, quando lasciò Alicante. J. — La superbia gonfia il petto ma non la pancia. R. — Forse ha molto sofferto. J4 — Di rimorso, no certamente. , Z. C. — Che ne sai tu ? J. — Non pretenderai che un gran signore quale il conte di Fuentes si ricordi ancora, dopo due anni, di «aver fatto girare la testa a una piccola ambiziosa del suo paese? Z. C. — Ambiziosa... Sentitelo, padre Zappata! 3. — Remedios non ignora le idee matrimoniali del conte Alonzo. Z. C. — Pobre niiia! J. — A muertos y à idos no hay amigos. Il conte cerca una moglie ricca. R. — (Piangendo) Là troverà. J. — S'intende: ci sono tante afhericanc al mondo 1 R. — Ed egli è'un cosi buen mozo ! J. — E' confo,, sopratutto. Non ha un soldo ma è conte. Se io fossi conte mi sentirei milionario. Z. C. — Se- tu fossi milionario potresti comprare una contea. E allora non ci toc cherebbe più vegetare in quella orribile calle Mayor, in quella orribile Alicante. Ma per diventare milionario non basta sa per giocare a bigliardo. J. — Non vi conduco a Parigi, un anno 6ì è uno no? . . Z. C. — Già: facendoci scendere all'Albergo? dell'Elefante, dove non bazzicano che commessi viaggiatori. (Curvandogli^ all'orecchio). Capisci che se fossimo scesi al Grand Hotel, come dicevo io, lo avrem no visto tutti i giorni ? Don Alonzo alloggia al Grand Hotel. ■ J. — Ti credevo venuta a Parigi per di strarre Remedios, non per ribadirle an chiodo nella testa. Z. C. — Impossibile spiegarsi, con te!. J. — Infine, è colpa mia se il denaro non mi rende che il'4 per cento? Z. C. — Impiegalo all'estero, come fanno tutti gli spagnoli di giudizio, è ti renderà tre volte tanto.. . J. — Vorresti che cambiassi professione che vendessi i bastimenti ? Z. C. — Per quello che guadagni a f'■ '"li navigare ! J. — Non tormentarmi, sorellina. Lasciami godere in pace la mia settimana- a Parigi. Z. C. — Egoista ! Muoviti, invece. Cerca un marito a "tua figlia. Non vedi come la piccina si strugge ? J. (Agitandosi sulla sedia). — Dite voi che cosa debbo fare. Z. ,C. — Avvicina don Alonzo, per co minciare. e pregalo di accettare un gelato al nostro tavolino. J. — Eslas loca?... Gli avrò parlato, si no, due volte in via mia! Z. C. — Questa sarà la terza. J. 'r— No se estila. R. (Cessando di piangere). — Sì, si, sì 1 J. — E' superbo come un Satanasso rifiuterà. Z. C. — Parigi non è Alicante. Al Cafè de la Paix siamo tutti figli di Adamo. J. — Mi fate fare un bel mestiere !. (Avvicinandosi, col cappello in vmno, don Alonzo di Fuentes). Seùor conde? Alonzo. — A chi ho l'onore... 3. — Non ini ravvisa ? Jaim'e Clavijo l'armatore, di Alicante. A. (Freddo). _ Ah! Che buon vento? <I. — Sono qui da due giorni, con mia eorella e mia figlia. (Additandole). Ec cole là. i A. (Senza volgersi). — Viaje de recreo J. — Sì... .No... Cioè: si viaggia per d strarre la piccina. Povera Remedios-! Què le hemos de hacer ? Al cuore non si co manda! (Cavando di tasca il fazzoletto) Si ama una volta sola. Benedetto sangue ■pagnuolo! A. — La vita non è facile. Anch'io... S curo ! Tanti affanni, tanti pensieri... Se potesse seguire la voce del cuore ! J- — Appunto. Venga al nostro tavolo Discorreremo. Mia sorella sa dirle bene lei, queste cose... .4. — Mi dispiace. Ho un appuntamento (Pacando). Ci vedremo, sa? Chiedo scu sai Bios guarde à Usted, cabotiero: e os sequi alle dame. /. (Tornando al proprio posto). — Siete contente, adesso ? Z. C. — Te lo sei lasciato sfuggire, tan ghero! » •T. — Dovevi andar tu a tirarlo per la giacchetta ! Z. C. — E pensare che siamo venute a Parigi apposta... R. (Rimettendosi a piangerci, — Voglio tornare ad Alicante. — Sta benp: domani si parte.-. Z. C. — E' quanto nreine a te: risparmiare i soldi dell'albergo. * Atto II. Jaime. — Molti fiori, s'intende. 1 più cari. Maggiordomo. — Orchidee, dunque. 7: — Tutte le orchidee di. Parigi. Anche intomo al lampadario, anche giù dal soffitto, in ghirlande: come usavano gli antichi Romani. E un bel mazzo di bandiere sjjiaenuole in mezzo alla tavola". M. — Anche queste! . J. — Siamo neutrali-, ina ciò non ci impedisce di avere una bandiera, come gli altri. Fattorino. (Annunciando). — L'essaycuse di Doucet. Zia Consuelo (affacciandosi a una porta laterale). — Per di qua, signorina: mia nipote è nella sua camera. J. — E poi l'orchestrina, mi raccomando.: non è vero. Consuelo ? M. (Scandalizzato). — Ma fot, monsieur! le ne sais pas... J. — Che cosa ?... Sf. — Verdun flambé, la Francc est en deuil... 3-*fz Questo non è aliar mio^. Z. C. — Abbi tatto, .Juime è Alicante. Parigi non iitòiainÉiitìr1''-1 '" gi°™" traÌK si'o no? Io voglio la musica, voglio stare allegro, per qualche giorno. Sono ve mito Parigi npposta. he no, ..orno ad Alicanlc. (A un gesto di terrore di zia Contitelo). Rassicurati : il più tardi possibile. [Al iv.augiordomo). Da noi non si può più vivere, capite. Cucili dloro come siamo, manchiamo del necessario. Le città sono al buio, i viveri fanno difetto, j treni arri- ino con un giorno di ritardo. Nulla di ù naturale, del resto: col carbone a 100 anchi la tonnellata! (Strizzando l'oc hio). Non già che io me ne dolga, inten arnoci, sebbene armatore: vorrei, anzi, ìe le cose ■ durassero eternamente così Ma insomma... Di tanto in tanto si ha pure diritto di prendere una boccata d'aria! icevamo, dunque: due violini, un flauto, > contrabbasso... M. (Scoraggiato). — Nous allons avoir des histoircs dvèij la police. 1. — Chiuderemo bene le porto. Pago i intero appartamento por questo. Se rasistete, compero tutto il Grand Hotel! M. (Funebre). — Quanti conorti ? •L — Dieci. Abbiamo S. E". l'Ambasciatore, S. E. il ministro del Guatemala, S. E. conte di Fuentes... M. — Non m'importano i nomi. J- — Importano à me. Fattorino. (Annunciando). — Il conte di uerites. J; — Proprio lui ! Digli che. aspetti. (Con geddndn i presenti col gesto, dopo aver di tribuito loro una manciata di banco note, e avvicinandosi alla porta laterale) Consuelo ! Remedios ! Aqui està ci seilni onde! (Strilli di. gioia dall'interno). GÌ faccio fare anticamera!... Sì, sì: è eie gante far fare anticamera.. Non temete, non scapperà. Questa volta non ha appuntamonti. Questa volta siamo noi che alloggiamo al Grand Hotel, ed è lui che ci corre dietro. Pobrecilo! Cuco! R. (Dall'interno). Querido ! Z. C. (c. s.). —Chi sa in quale albergo è andato a finire? „ J. — A la posada dei cahallero à pie ! Z. C. (c. s.). Abbi tatto, Jaime... R. (c. s.). — Sii generoso... J. — Badate alla sarta, voi! Scegliete quel che casta di più, se non volete.sbagliare. Che sia roba da contessa! La peseta fa premio sull'oro, ormai lo sapete. R. (e. s:). — Alonzo, io voglio Alonzo ! J. — Lo avrai. Sarò generoso.... (al telefono). Fate salire, portiere. Alonzo. (Entrando). —- Mio caro signor Clavijo ! /. — Che buon vento ? •4. — L'impazienza mi divorava ; non ho saputo attendere l'ora indicata... Ho pensato che a quattr'occhi... J. (Indifferente). — Ha portato dei fiori. A. — Pochi garofani. _ J. — Mia figlia adora le orchidee. Posi lì. Sarà qui a momenti. Sta provandosi un vestito di Doucet. Doucet, sa, il primo sarto di Parigi. Adesso noi ci vestiamo a Parigi. E' più chic. A. (Tossendo). ^- Notizie di Spagna? Gli affari ? J: — A gonfie vele. I quattrini piovono nelle casseforti. Non si ha più il tempo di contarli. Non si sa più dove impiegarli. Il mese scorso, una emissione di 200 milioni di pesetas i'n buoni del tesoro è stata coperta in un giorno. Io. ner semplificare, lascio il mio denaro dov'è, lo investo in nuovi piroscafi, ingrandisco l'azienda. La guerra durerà altri vent'anni! Sono il re eli Alicante. A. — Ed j sottomarini ? J. — Son io che li aiuto. Essi lavorano per me. Quante più navi affondano all'Intesa, tanto più cresce il valore delle mio, tanto pi.ù i noli salgono. A. — E le liste nere? /. — Me ne rido. Sono inscritto su quelle degli uni come su quelle degli altri: ciò equitvalo a non esserlo nè sulle prime nò sulle seconde. A. — L'ammiro, don Jaimc. <>■ — Mi ammira perfino mia sorella. Del resto, è giusto che la fortuna sia con noi. Fare la guerra è da minchioni. A. (sbadatamente). — E noi siamo gente furba. J. — Lei, specialmente (battendogli sullo stomaco). Non pensiamo più alle bionde americane, adesso ! A. — Como? Quo dice Usted?... 1. — Miss Flora Atkins, della ditta Atkins e Atkins. pellami, Baltimora... A. — lìajo mi palabra, don Jaime! Acqua passata ! 11 mio cuore non cambia. Cuore di spagnuolo. Sono venuto prima perchè volevo dirle, appunto... J. — (solenne) Ha qualcosa da dirmi, conte? Aspetti: me la dirà nel mio studio. Consuelo! Remedios! Aqui està ci senor conde de Fuentes! (additandogli la porta laterale e facendosi da parte) : Passi lei, prima, prego. Atto III. Jaime. — Portiere, non è venuto alcuno a cercare di me '? Portiere. — Nossignore. J- — Infatti: è ancora troppo presto... (prendendo una sedia). Permettete ? Tempo cane ! Sono stanco. Piove sempre, a Parigi. P. — Il signore è senza paracqua? J- — L'ho dimenticato iersera in treno. P. — Da un pezzo non vedevamo il signore all'Albergo dell'Elefante. J. — Da nrima della guerra. P. — Otto" anni. ■/. — Mi si contano sulla fàccia ? P. — Si invecchia. J. — A chi lo dite ! P. —- Non la vu dunque troppo bene, nemmeno in Spagna? J. — Non parliamo di porcherie. P. — (confidenziale) Con me il signore può discorrere: sono svizzero. /. _ tro-, simpatia) Ne sapete allora qualcòsa anche voi ! P. — Uh Mio cognato, da Ginevra me ne scrive di quelle. ! J. — Maledetto cambio ! Muledette fron tierc !... P. — Se il.signore ha'delle pesetas, gliele piglio io, a 215, J. — Grazie. Ne avevo ; ma adesso chi sa dove sono ! So le è inghiottite il porto di Alicante, dove i miei piroscafi marciscono all'ormeggio da sei mesi, P. — in Svizzera, per fortuna, piroscaii non ne abbiamo, J. — Mancherebbe altro ! Ce n'è già troppi così P. — 11 signore avrebbe dovuto investirci suoi capitali all'estero. J. — Bravò: se ■ avessi saputo! Me lo rimprovera anche mia sorella. Avrei dovu to vendere le navi agli inglesi prima che finisse la guerra. Ma chi poteva prevedere che la guerra finisse così presto ? P. — Sicuro. - . •/. — Le ho tenute per guadagnare di più. , \ P. — Invece adosso... J. — Non valgono più niente. I noli sono caduti. I dazi proibiscono il traffico. Il Governo, pei* far piacere a quattro ingordi industriali di Barcellona, ha imposto l'ai ^..svalutata. tro Riorno il pagamento in oro dei dirittidoganali e una «opratassa del 70 per cen-to sullo merci provenienti dai passi la cui*~X r-,.nl.,lnln P. — Il ministero è stato rovesciato, tuttavia, se non erro ? . 3. — Si, ma Varanccl è rimasto in pioni-. P. — E così non si compra e 'non s-i vende '? J. — Appunto. Le pesetas rimangono in Spagna e, rimanendoci, non ribassano, e non ribassando, il nostro mercato si mantiene inaccessibile al consumatore estero, e, mantenendosi inaccessibile, i mici piroscafi non hanno nulla da trasportare. P. — Loro spagnuoli hanno almeno la speranza del Marocco ! Penseranno i luibili a far discendere hi 'peseta. J. — Dio vi ascolti ! Ma intanto la Banca di Barcellona è fallita ed altre seguiranno la sua sorte. P. — E' proprio il caso della Svizzera. J. — E' il mio caso: ecco il peggio. P. — Il caso dei neutrali. ■/. — E vi par giusto ? Noi non abbiamo versato il sangue di nessuno: il destino avrebbe dovuto risparmiarci. P. — Mah ! Lo scrivo sempre a mio cognato, per consolarlo : Farina del diavolo... Se non altro, ora che ci sono meno pnscicani ci saranno meno bolscevichi. J. — Lo diventeremo noi, bolscevichi ! Fattorino (entrando). — Portiere, il signor Clavijo ? P. (a Jaime). — Un fattorino del Grand Hotel con una lettera per il signore... J. — Date qua. (guardandolo allontanarsi su per la scala) — Sono abolite le mancia in questo sudicio albergo ? J. (leggendo) — « Non le rincresca, muy senor mio, se non veil'go io stesso a portarle a voce quella risposta che, con mio grande rammarico, Ella ha voluto disturbarsi a venire a cercare in persona a Parigi. Sono certo che Ella mi saprà grado di evitare ad entrambi una spiegazione, la quale non potrebbe essere se non dolorosa. Farei torto alla di' Lei intelligenza, alla di Lei conoscenza del mondo so impiegassi molte parole per illustrarle di bel nuovo le ragioni che mi costringono a sciogliermi dà un impegno cui là sincerità del mio sentimento... » (gualcendo la lettera nel pugno e spalancando col piede la porta della propria camera) Consuelo ! Remedios ! Zia Consuelo (accorrendo) — Che c'è ? J. — Prendi: leggete. Remedios (scoppiando in lagrime) — Lo sapevo, io ! Z. C. — Miserabile ! Ed e la seconda volta I... R. — Pazienza la prima ! Ma adesso che ho ventotto anni !... Z. C. (a Jaime) — Tutta colpa tua ! Se avessi venduto a tempo i piroscafi ! J. (dopo un attimo di riflessione, afferrando una penna e un foglio di caria). .— Aspettate. Ho la mia vendetta. (Scricc) : « Muy honorable sefior conde! Apprezzo le ragioni dettanti alla di Lei prudenza la dolorosa decisione di cui alla di Lei pregiata di oggi, 21 con-., e mi affretto a prenderne atto. Da uomo che conosce il mondo com'Ella si esprime — l'intelligenza lasciamola li, suggerisce mia sorella — mi conceda tuttavia frattanto di avvertirla. lìRdmmdSgrgdPCraia-i.dq—c—litesc8bm10CmrzEapdsrTL331fiv—glmIasAsnSupcspRMOsDsc.dni j sad ogni buon .fine, che i telegrammi borsa eli stamani danno come gravissima|tla situazione del mercato nellami in Amo-J cirica. La Ditta Atkins e Atkins di Ball imo-! sra è, secondo le più legittime previsioni, 'euna delle più fortemente impegnato nella crisi. Non so se la notizia possa interessarla. Comunque... Sea Uslcd discreto. E' proprio vero, come si dice ad Alicante, che Zo.s dineros del sacrestan cantando se rienen y cantando se rdn. Ovvero, come più semplicemente sentenzia il nortiere del mio albergo: Farina del diavolo... Con distinta osservanza ». Tela CONCETTO PF-TTJWATO. C l i—iamddcanrittodC