La superproduzione nell'arte

La superproduzione nell'arte La superproduzione nell'arte pp' L'Italia conta almeno otto grandi istituti destinati all'insegnamento della pittura, della scultura e della decorazione. Ed abbondano quelli minori, governativi o non, anch'essi col preciso mandato di covare numerose nidiate di pulcini, che un giorno riforniranno la mensa dell'arte. A dir poco, ed a calcolare che ognuno degli otto Istituti superiori abbia un centocinquanta allievi, sono dunque milleduecento pittori (. scultori e decoratori, die Ogni anno vengono ad aumentare la schiera de' molli, dei tioppi. pittori a scultori e decoratori, she già fanno lieto il bel suolo d'Italia. Se 4 codeste milleduecento giovani speranze fli.nuuii vogliamo poi aggiungere le multe altre, che si dischiudono ogni anno nei centri, minori, l'addizione non può non riuscire degna di qualche riflessione. L'arte ama Rifatti i liberi voli della fantasia. Ma deve ■jMire tenere un piede sulla terra. E non is;ugge, per questo suo amore, alla ferrea legge economica della domanda e dell'offerta. Ora esistè una giusta proporzione fra la produzione e la ricerca di opere d'ar. t-.t? E se non esiste, quali le conseguenze? Vediamo. *** Le Società promotrici di belle arti sorsero con due intenti: l'uno di schiudere le nienti alla conoscenza del bello e di educare il gusto della folla: l'altro di dare modo agli artisti di fare conoscere le loro opere e, possibilmente, di venderle. Come siano riusciti nel primo intento non istò a dire; Lo sanno le signore, che attesero impazienti l'ora delle inaugurazioni per Isfoggiare qualche nuova veste, molto interessandosi, nel campo dell'arte, all'ultimo pettegolezzo fra artisti, e assai poco alle opere esposte; 1» sanno ugualmente tutti coloro che — soddisfatto il primo senso di curiosità — lasciarono che le esposizioni continuassero poi a vegetare per proprio conto; gli artisti, che trovarono in esse un eccellente terreno di coltura per le loro beghe; i pochi devoti ed ingenui e disinteressati amanti del bello, che videro man mano offuscarsi i loro sogni d'un'arte ribelle a rivalità odiose, ad ambizioni temerarie, a soprusi ed a sopraffaikini inaudite. Quan. to.-poì all'educazione del gusto lasciamo correre. Certe aberrazioni sembrarono fatte apposta per ricondurre il buon pubblico all'amore per le vecchie Oleografie; lo esposizioni, quali scuole di estetica, fallirono; chi aveva un'opinione sua la tenne; tutt'al più si potè osservare qualche accenno ad un'evoluzione di tendenze: se poi per moda, o per convinzione, non so. : E gli egregi e zelanti sostenitori dell'importanza delle Promotrici, e della loro utilità, dovettero ridursi a ricercare spesso iti conferenze in concerti ed in altre attrattive quell'attrattiva princJjKile, che sentivano mancare alle esposizioni in se. Sia lode ad essi, che non {smarrirono la fede, e seppero provvedere ai- ripari. Ma intanto? *** Intanto altre Società artistiche sorsero in nome" di ideali vari, ma concordi nel fine di aiutare gli artisti. Le esposizioni così si moltiplicarono; dove una ogni anno poteva bastare se ne ebbero quattro o cintjue. E, naturalmente, si ridussero spesso a ripetizioni poco interessanti, e di nessuna, o di dubbia utilità, per l'arte. Ma' premeva egli artisti che queste mostre fossero aperte^ segno evidente che se essi facevano ressa Intorno a chi poteva organizzarle, non facevano ressa, alla lor volta i compratori. Questo squilibrio fra la domanda e l'offerta crea naturalmente un'altra fer-] rea conseguenza: quella del malcontento. Malcowtento degli artisti, che fanno una colpa alla classe più abbiente — ed oggi ài pescecanismo — di rimanere indifferente alle loro fatiche: malcontento degli abbienti, che, attorniati, assillati da raccomandazioni d'ogni fatta, per acquisti, non sanno più a che santo votarsi, incerti fra il secondare il proprio gusto, e buscarsi magari la taccia di ignorantoni (osservaste, sia detto di passata, l'inusitata frequenza di acquisitori i quali non vogliono che il loro nome compaia sui cartellini d'acquisto?) é l'adattarsi al gusto altrui, accogliendo in casa quanto non vorrebbero. Ora dovremo noi fare una colpa a costoro se, palleggiati fra il sì e M no. finiscono ooll'esseré, come il buon Marchese Colombi, di parere contrario, e non comperano? Dovranno dunque le Società proniotrioi di belle arti, gli enti pubblici, e —■ sovratutti — il Governo intervenire e provvedere? Siam» alle solite! Piove? Governo birbante! Il Governo ha altre gatte a pelare: per esempio, i contribuenti. Coi dieci pani biblici dovrebbe saziare diecimila persone. Ha stanziate in bilancio, per acquisti di opere d'arte, somme derisorie, o fa tanto per fare. Quando ha delegato una Commissione con l'incarico di scegliere nelle mostre più importanti un paio di quadri, e di statue per la galleria d'arto moderna, iti Roma, o per qualche altra raccolta, crede di avere soddisfatto esuberantemente, al suo compito. Ed è anzi già a mera vigliare che componga Commissioni con artisti, anziché con avvocati, o peggio, per quanto i risultati potrebbero talora e<-~cre identici. «Viaggio io forse?» egli ha l'aria di psdtre con l'ineffabile cano-*to>infte della pò- diade francese. « E' colpa mia se sul for-tanato suolo d'Italia l'arte è un continuo sorriso, anche quando fa piangere chi le si abbandona?». Le Società promotrici fanno anch'esse quanto possono '«.lorn anche di più rb. rruanto non parrebbe possibile. Ma egli è come turare dicci buchi di un crivello, che no abbia cento. L'acqua continua a gocciolaro attraverso i novanta buchi rimasti. Ed allora? **4t Allora non sarebbe il caso di prendere lo cose sotto altro aspetto? Mollo funzioni dell'organismo animale e vegetale quanto non giov funziono pertan vita, o la cecità propria o d'altri fecero di lui un pittore, o uno scultore, anziché un prete o un soldato, un contadino, o un bere. L'arte non bacia le fronti, ove non unleguleio, è'fatalniente .«n^o a mm-siano i solchi delle lotte durate per essae le stigmate delle sofferenze, illuminate>dalla lune di una intelligenza elevata e pura. Ma, al solito, c'è un « ma » guasta- mestieri. Ed il «ma» consiste nel fatto che i signori, di cui itarliamo, non hannoalcun desiderio di eliminarsi nò di venire eliminati Z 'i i'^' mezzo aSa' in •iVtr-K ■ no di' Il F ìi%»V0 «l>èf^ hanno la cervie tluw e robusti i bicipiti, ed àgile là mei lo ne tendere inganni e nel sapersi destreggiare,cosi lottano, por lo più, con fortuna. I" -r-tona per es«i. naturahneute: non ber l'aite. Che accade? che gli ingènui, cori lutti iloro bei solchi e lo stigmate ii cui sopra, sono spesso sopraffatti, c travolti, e le loro anime semplici, ignare 'li insidie, è di mezzi di lotta non règgono, <• si lasciano andare alla deriva, sconfortato, lalora annientate. Ne soffrono essi, e ne soffre l'arte. Ma gli altri ridono. Orarle esposizioni devono essere tenute per eccitare ed alimentare la loro ilarità? S'ha unbel dire che l'ingegno riesce sempre ad. aprirsi una via! La storia — non dell'arte soltanto, ma deH'umani'tà — smentisce con ^migliala di esempi la comoda affermazione. ^&/Cmvieno dunque cercare in ogni modo la gramigna. E quando io vedo ] — r o e i e l e o . i troppo spesso esposte in certe vetrine pitture e statuette, ove — se una qualche abilità appare — essa senibra rimasta apposta per corrompere viemmeglio il. gusto de! pubblico; quando vedo che sono queste le opero alle quali sorridono di più le vendite, per la viltà del prezzo cui sono offerte; quando, accanto ad esse, e quasi con aria tra l'imbronciato e l'umiliato, scorgo qualche altra opera di valore, che la mancanza di. dignità altrui piega a subire confronti e pietoso concorrenze ; quando so di offerte derisorie ferite ad artisti distinti, perchè più della bellezza contano le dimensioni e il prezzo, allora un grido di ribellione e di sconforto mi sale dal cuore alla gola, e nel nome dei diritti dell'arie, vilipesi da. coloro che dovrebbero esserne i più zelanti tutori, grido e grido ancora : « bisogna estirpare la gramigna! ». Ma come impedire che chi avrebbe postulo diventare magari urf abile calzolaio s'ostini af volerci dimostrare che non sa disegnaro, o modellare un piede, ora che la cecità del caso, o degli uomini, n' ha fatto uno pseudo artista'' 1T" rimedio efficace credo sarebbe quello di chiudere anzitutto le i>orte alle esposizioni sul naso a chiunque non si dimostri veramente « <iignus intrari ». Siano cioè le esposizioni una eonsecrazlone del valore dell'artista, e non un mercato, non una c*>rsa alla vanità, non un'accolta mediocre di opero di mediocri. Sappia il pubblico che l'invito ad una mostra d'arte è iV convegno per rimdcodedMriroRcofodmbsesoclgchpscccu■cnuna funzione delicata dello spirito] sappia | aesso che non dovrà stancarsi per cercare bfra cento opere inutili l'opera degna; sia1 in precedenza convinto che - di suo gii- sto, o non - i lavori esposti rappresentano . »(„ìi; ..„i ,44 * . tl .. , , atutti un valore, e attraverso questi valori ,dcerchi di allargare la sua coltura, di affi- innai-3 il proprio gusto. Così. le mostre ar- Ltistiche sortiranno un doppio vantaggio: pquello di mettere in evidenza chi ha di- aritto ad essere conosciuto e veramente ap- hprezzalo anche dalia folla: quello di farsi lneduratrcVi rloirneehin rinii'intniKrrpn?-. ,:J?BS! «SieuSr? e «leu intcli.genz.,, rcUt , \ imnsl'a: ORP' concessione può Kessere la breccia, per la quale può nitro- adursi furtivo e traditore il cavallo di,Troja: non giovi il passato dell'artista ai_creargli un comodo passaporto, se l'opera i presentata non vale in sè e per sè (non à.f«quando dormicchia, che. ammiriamo 0-1 Mmero e Vene/in l'i inseemn i mini! rmw ar,.^ Venezia ci insegno a quali conse-, sguenze conducano certi inviti!); non gio- invino raccomandazioni, amicizie clientele. 'la* il!c.»«!j. i„t*-„„ i n 4 ,1 ; cborncle, lettore cortese? E scuote il capo!pin atto di dubbio? Comprendo. Ella dpv? • —essere pratico di ciò che sono le. giurie e le Commissioni di accettazione. Dracone vi ci si trova a disagio. Ed a mettere d'accordo quattro artisti è più di una volta volere che cani e gatti (col rispetto dovuto a quelli e a questi) facciano buona vita insieme, senza essersi mai visti laMi "j".„i» ",r~ „~^r''T x : • ci\e, a altra parte, io sarò cosi ingenuo sda invocare per l'arte quelle leggi, che si1 educazione anche più elementare dell'oc- Cchio fa tali per la folla, e ali esteti riu- !"scirono a falsare ed a cucinare in guisa dda renderle irriconoscibili. Dico soltanto dche se l'arte vuole orizzonti spaziosi e li- 5hp.-t^ di vnin „mo ,.„i., i • • "• dal te, derni'fit %l V° S?ì SUUn°AV T sal pe derne di vista le fattezze. Accade mcosi che, parlando di essa, ci troviamo o- dramai avvolti da un'atmosfera grigia, pe- Psante, per entro la quale si ng3o.no fan- mtnsmi con nomi diversi, ma tutti e tosto Sevanescenti ; un ambiento, ove i colori afanno opachi, impuri, ed'i contorni dolio '"cose vaniscono. Ora è giusto eh» o<nii or- ?tistn nersegua il proprio ul^Vc. Ma mm ^e affatto giusto che, per i suoi, disprezzi gli ideali altrui. F, ciò accade troppo spos- mso nello giurie, e turba e sconvolge i giudi- szi. L'urte, come Dio vuole, è un po' come dl'occhio delle mosche. E' una, ma, ha nu- vmeróse sfaccettature. E vede con'ognuna di vc esse. Rinnegare una forma d'arte nerette '2a noi piace un'altra è, più che t^spro- posilo, una amara ingiustizia. Ma arte Sii|JU>. Lll- qunnto è c•ni ri«n vrm 4_ ■ — - . Mha ad essere, non mestiere. Ora le giurie dcu accettazione dovrebbero av«r? un. in- itento unico: quello di tenere lontani ir trafnea-nti, conio gli insetti dal tempio. Di- nstinguere noi ciò che 6 arte da puro mrpliere non deve tornare „.. così arduo da pf"'m°1.terlo caro lettore di t«(n<ini,;v» hf»H«Z!«i tt Sì™.! P.? ri Si tentennare il capo in segno Cui ciuDoio. ^ a* * "bPiuttosto corro verso un'altra obiezione tpossibile, per prevenirla. cDi quanti credono di poter vivere d'arte d(e chi visse mai di poesia, disse il De Mus- set, se non coloro cito ne morirono ?) o di vegetare alle <=»-"«ioi,-,,.™ ,,„„ vsono usciti bdate Zvm,™1dulie troppe accademie munni jili tutti ì sacramenti necessari per entrare cnel regno degli eletti. Perche dunque, af- tacciatisi ad esso, dovranno essere lasciali,dsulla soglia, a meditare sulla nequizia u-1 malia? Non sono passati felicemente ut- ntraverso un nugolo di esami, come un a- rviatore esperto fra cumuli di nubi in toni- tiiistu* Ritornali noi in fomic-i -, -.ni loro VL^i, ' i! 'i? ; V i iatlUf--1,a coi. 1010 biavi dio oin in tasca hanno magari ose- gftuto il ritratto della moglie e del sindaco e quello del deputato del luogo con rassomi- gluutza granoe, tanto che anche ii naso del - fotografo altitré fu visto allungarsi di un . -, palmo ; infine hanno esposto," o qualche o i o e giornale s'è degnato di far cenno dei loro rlavori Che si vuole di più 9 r-i,.' ci ,..,',,\n ',.;,-,-> v,.'u., ,1 Che si vuole di più? Nulla, od almeno .assaijwca cosa, hi vuole che di artefice . | costui diventi artista. Che le ah dategli per volare gli servano al volo. Quando lai rondine sfiora là terra è per raccattare \un po' di fango per il nido, o per dare la caccia a qualche insetto. Poi riprendo lai via del cielo. E l'arteiice del pennello e idello scalpello sappia fare altrettanto. Si tenga alla amo, eh a mèta, si rovinani n a e i o | J i n -, . n j c^,ls-. n V in, 1 u- ? a tona, ma sia appena per quel ì gli e necessario. Questi artisti, (curf la molta scaltrezza ed è H ninirà del--Inì ?.. .,la b:>;. , i,? !'Ora io dico che la scuola non può ; artista; la società, sotto un corto, -i^ ,0 può. E lo può volgendo. ogni j a. rffi,.mn(Th >JgS\ji*^u°da guastare con menu e | ~ - suo sforzo a che soltanto il buon seme -mondo di gramigna intorno, i menti camiti alla compiacenza deli'ono- - .evole so dèi 1 i i-Iaer v- malche ch?^a ìe\oie xo ciu iii-iio- \, quj.itlil chiosa da decorare ad edificazione del cattivo o o! e «"ato-del .parroco o dei parecchi ani; quai-i a c 10 ritl'aUo flft dalla fotografia ",l!il'n'S l'"r sempre per i mestieranti. 1 Ma i,1,f"'!o- so;,|'"ni ,lal nlau^ e «al-ie, ;'■)'"J,'..-..ii'.V'^'rfl-r'.nn,"-"^u^'n,I,:ni ' r- ■,',.'.'.- ,,'.''. ''!.'.''.'• \' ; ^„!'.n_„„'„ e. .' '. l, ' ' ' '" ' V l,IJ1"" i ;','"'.' .':"1V,'!".,;./,,:?.1 .aW™'? - *-;5ue. - 'a, e è aae e in jnuelln. superproduzione artistica', che, oggi, d ra))J,r0Sf.n(a per i-arfe un oiemento grave ■ aiutò cittadino, i diritti dell'arte — dellaUvera arte potranno più agevolmente .<' più siciiramentc affermarsi; i gufi, obbn gliati 'tallii luci - reseenfe non troveranno più bue!:'.' .-: ii'Iicii-i.ti. ove ascendersi; quel- !a ri.!i'.';i:l;-ii rinascita de] gusto, che fu Ivanto del Trecento e glorio del nostro Quàt. 'et.to verrà accoiituando. F.ri allorcbò remo, idealmente, lo fci'n trarre, al o do! non.,lo fiorentino per Cimabue, i ro¬ llila cosa tleìfariisia, r portare in ttiopfo I l'ore:,'i (li'hij, "onie esso foci della tavola [celebre dello -'appella Rucellai.'allora veramente non sarò niù il caso di lamentar e n . o o, di perturbamento e-di malessere. ## Ma ella sorride ancora, caro lettore? Forse per dirmi che codesti sono sognj- e te po e nfn o nndi i, idi re e, e : oo a e a fn a icosì come sembra, leggenda quella riguardante il vecchio maestro fiorentino? Ebbene: supponiamola'tale. Ma l'averla creata non significherebbe già por sè una corrispondenza tra la realtà possibile e l'immaginazióne popolare tal.e da indurre adesiderio, o al bisogno, di rendere — pecosi dire — tangibile con una creaziondella fantasia quella che era aspirazione delle cosciènze? E siano pur anche sogniMa nei sogni non è qualche volta un terso riflesso della vita che viviamo ? E non furono mai sogni precursori della realtà? Romani dell'impero consideravano l'artcomò indegna di cittadini. Noi vorremmformare invece una vera milizia cittadina dell'arie. I greci del secolo di Pericle, chiamando ad uno stesso modo il bello e ibuono, bene dimostrarono quale debba essere l'accordo fra l'ideale estetico e quello sociale. E mentre il popolo di Firenze acclamava alla Madonna del Cimabue sorgeva Giotto, e s'iniziava quel movimentoche un secolo più tardi doveva dare alla pittura Masaccio e il Ghirlandaio, alla scoltura il Verrocchio e Donatello. E' verche non c'erano allora nò Accademie a cultura forzata, nò Società promotrici. Ma ■c'era qualchecosa di meglio: la grande anima del popolo. E poteva bastare! EBNESTO FERRETTINI.

Persone citate: Colombi, Dracone, Ghirlandaio, Mollo, Quan, Rucellai, Troja

Luoghi citati: Firenze, Italia, Roma, Venezia