Una mostra del gusto francese

Una mostra del gusto francese Una mostra del gusto francese (Nostra corrispondenza particolare) PARIGI, agosto. ' Un gruppo, di Ditte parigine ha avuto l'idea felice di concentrare in effigie, in poco spazio, lina grande e svariattesima mostra di arte industriale, servendosi di lastre fotografiche colorate incassate in una raggiera di doppie pareti di legno e •lilùminate dall'interno. La raggiera occupa Sfitta la rotonda centrale del Palais de VHaee, ai Campi Elisi, che per la circostanza è stato immerso nelle tenebre come un cinematografo e decorato di lampioncini variopinti, come una. • notte veneziana del buon tempo. Non dirò che l'assieme dello spettacolo sia letteralmente magico, secondo pretende il programma, nò che il locale, ermeticamente chiuso e imbottito di tela e di cotonina, sia dei più indicati per passarvi un pomeriggio di agosto; ma l'idea della fotografìa colorata e luminosa è molto pratica e merita di venire raccolta : specie dai paesi dove le condizioni precarie dell'industria non consentono oggi di affrontare la spesa, di una esposizione, con conseguente occupazione di area, trasporto di. materiali, sorveirlianza, assicurazione contro gli incendi, ecc. Merita di venire raccolta anche nei- riguardi del pubblico, il quale in. mezz'oTa di questa lanterna magica ha modo di esaminare comodamente senza stancarsi una enorme quantità di cose, dai modelli di sartoria alle automobili, dalle pellicce ai gioielli, dai tappeti ai merletti, dalle rilegature 'ai tessuti, alle ceramiche, ai bronzi, ai pianofòrti. Ed oggi, si sa, non stancare il pubblicò e diventata la preoccupazione costante non solo dei romanzieri e degli autori drammatici, ma anche degli industriali puri e semplici. La mostra vuol essere una celebrazione del gusto francese, e lo è. Il Novecento è andato sempre più liberandosi, in Francia, dall'ossessione di quell'infelice stile liberty, che aveva contristato la fine dell'Ottocento. Si può dire, ormai, che il ritorno alla tradizione nazionale sia anche nell'arte decorativa un fatto compiuto. Lo vedremo compiersi, o forse lo vediamo già,, anche in altri paesi, e certamente Io vedremmo anche in Italia, se per noi tornare alla tradizione non significasse, su per giù, tornare a Luigi XVI, ossia, in ultima analisi, alla Francia, visto e considerato che l'ultimo in data degli stili italiani, il barocco, ci trascinerebbe un po' troppo lontano. So quello che volete dirmi: lo stato d'animo di buona parie della penisola consentirebbe l'esumazione non solo della suppellettile del. barocco o anche del Rinascimento, ma sin della gavardina, del giaco, dell'alabarda, del fuoco greco e dell'ogiva, sacri a tempi più remoti. E' vero; e proprio per questo rispetto la proposta dannunziana di resuscitare il nome di Fiorenza mi ò parsa assai tempestiva. Ma l'esito non troppo incoraggiante delj.a me desima deve pur condurci a concludere che anche i ricorsi nazionali hanno un limite, o per.lo menp-chciil buon senso, il buon gu.sto e la cronologia, valori affatto negativi sul terreno politico.e morale, ossia; sul terreno delle idee, ridiventano in qualche modo positivi non.appena si entri nel campo delle forme. Non si intende,cioè, la sconvenienza della restaurazione di un concetto di sei secoli addietro : si vede tuttavia subito il ridicolo della restaurazione di una forma di sei secoli addietro, abito, architettura o vocabolo. Il che mi confermerebbe sempre meglio, ove ce ne fosse bisogno, in quella diffidenza verso lo idee, che sento ogni giorno più tenacemente metter radice nel mio cervello e che ò forse un segno precursore di vecchiaia, ma che potrebbe anche èssere contraccolpo inconsapevole di una generale e perciò giustificata svalutazione dell'intelligenza, di mia crisi antimtellettualistica propria di questa nuova fase di lotta della spontaneità umana per rompere il bozzolo di aberrazioni in cui decine di secoli di raziocinio, di genialità e di cultura l'hanno rinchiuda. La Francia, anch'essa, ha oggi, in filosofia, scolastici e tomisti; ma per arredare i suoi appartamenti non ricorre ai mosaici ■nò alle casse-panche scolpite, nè alle torciere: si serve del rococò o del primo Impero, che sono di ieri e potremmo dire di oggi se, anche prescindendo da analogie storiche, teniam conto del fatto che quasi tutte le famiglie francesi che si rispettano hanno ancora in casa avanzi autentici della suppellettile degli ultimi: anni del secolo XVIII. Lo stile liberty era lo stile di domani: era l'esperanto dell'ai-te,, e come tale avremmo ben voluto poterlo amare. Ma esso era troppo nuovo per non essere brutto, quindi per essere amabile: nè più nè meno che l'esperanto. Avremmo dovuto lasciargli il tempo di invecchiare, di incarnarsi... Come si fa? Le novità in arte sono, credo, ancora più difficili da attuare che non in politica: qui manca almeno questa pregiudiziale del brutto, che è la forma più istantanea e immediata di reazione contro ciò-che non si è mai nè visto nè ideato, a paragone della quale le pregiudiziali dell'utile o del possibile o del giuEto- noh entrano in gioco so non relativamente tardi, lasciando, vale a dire, a molti fatti talora decisivi il tempo di compierai. • Lo stile liberty, insomma, è stato posto da parte, sino a nuovo ordine, come l'Intemazionale. In oreficeria, i gioielli che Lalique si illuse di aver lanciato nel 1895, i gioielli dalle mille fonile curiose ricercanti nell'evocazione delle meraviglie del mondo vegetale ed animale una cornice propizia alla messa in mostra di quelle del mondo minorale, hanno ceduto il passo alle legature all'antica, ai costoni puri e senij'ici clic seguono modestamente il contorno e le proporzioni delle gemme. Le donne affermano che così le gemme « si vedono di più», e, coniente loro, contonti tutti. Nel1 arredamento qualcosa di nuovo è rimasto, specie por merito de] Lauvin, uno dei tanti che hanno poppato alla mammella viennese e monacete, D del Rulcau, il quale ultimo tuttavia si attiene di preferenza %1 compromesso fra il moderno e l'antico imposto negli ultimi anni dal gusto della clientela americana, e che è, se vogliamo, ltbjssdevptmmzvzluta deviazione tarda e mollo composita del liberty ma che ci ha dato degli interni interessanti, come avrà notato chiunque abbia sfogliato qualche numero del nuovajorkese Harper's Bazar e come viene ora spc rimontando anche tra noi un gruppo di simpatici e promettenti artisti veneti, Cadorin, Del Giudice, Marenesi, di cui il Pica, ebbe di recente a segnalare i piacevoli lavori eseguiti per la nuova villa Papadopoli presso Venezia. I più grandi produttori si sono nondimeno mantenuti strettamente fedeli ai tipi e alle forme classici. Le lastre colorate permettono fortunatamente di gustare i particolari della lavorazione come forse non lo permetterebbe la vista degli oggetti' medesimi accumulati lungo gallerie dentro cui la luce si disperderebbe indifferente e monotona. Il Delisle, che lia riunito le proprie collezioni nell'antico palazzo del presidente Lamoignon, torna, come il Link e, ai cassettoni in lacca della China o in vernice Martin. Lo Charpentier fa rivivere gli antichi incanti delle lacche nere e oro. Il rispetto della tradizione, caratteristico dell'orientamento intellettuale e morale della Francia contemporanea, trova qui ancora una volta conferma significativa. Canapè, poltrone, seggiole, comodini, cassettoni, trumeau, specchi, mensole, placche, riproducono con esattezza scrupolosa i contorni, lo dimensioni, i materiali lesi illustri dai rispettivi antenati di cento o duecento anni fa. Lo stile Luigi XV seguita a dettare la tripariizione dei canapè allungati ricoperti di stoffa d'arazzo con putti e amorini nel gusto di Boucher, le orlature intarsiate a treccie di losanghe lungo gli spigoli dei cassettoni e degli stipi, i mazzi di gigli impiallacciati con legno di rosa sugli sportelli dei comodini e delle scrivanie, le maniglie e le applicazioni di bronzo contorte alla maniera di Cafleri, le lacche a fondo nero illustrato da pagode o da figuline o a fondo verde, a fondo turchino con scene pastorali o mitologiche nel genere dei Martin, di Lacour, di Lequay. Lo stile Luigi XVI seguita ad imporre le sue linee più grandiose e più semplici, precorritrici dell'Impero, le caratteristiche gambe rette quadrangolari o scannellate di una snellezza così asciutta e calma, i leggeri festoni, le ringhierine e le rigorose filettature di bronzo, i classici turcfissi e le fredde urne, motivi un po' funerari, campeggiane sui larghi pannelli nudi e ben levigati. L'Impero, finalmente, vede diligentemente imitate le sue sedie più o meno curuli, le sue specchiere a perno, le arpie, le pigne, gli artigli di leone messi in onore da Proud'hon, gli orologi di bronzo dorato e cesellato che immortalarono le botteghe dei Prieur, degli Odiot, dei Titoai ire. Bisogna riconoscere che 1' ebanisteria francese odierna non ha nulla da invidiare a quella del Settecento e dell'Ottocento per ciò che riguarda la finitezza e la precisione del lavoro. Le fabbriche di stoffe, quella di Chamée, quella di Burger della me des Petits Champs, quella di Cornille ,fanno del loro "meglio per sopperire con mezzi meccanici, d'altronde ormai anche essi raffinatissimi, alla richiesta di broccati e di sete ricchi e solidi implicata dalla riproduzione dei grandi stili. Le tele stampate, che mettono le grazie del buon gusto settecentesco alla portata di un maggior numero di borse, sono sempre in favore: ma non mi pare che i decoratori francesi, accaparrati sopratutto, da cnial-, che anno, dalle esigenze principesche e alquanto teatrali delle grandi borse di recente formazione accordino loro tutta l'attenzione che meritano. Il segno caratteristico di questo ritorno del gusto francese all'antico è costituito, oltre il resto, dal bisogno o dal proposito di far ricco e caro: vale a dire proprio da un movente opposto a quello che aveva dato impulso al modernismo stilistico della fine dell'Ottocento. Dagli argentieri vedrete messi in mostra vassoi, zuppiere, piatti, vasi ed alzate gigantesche e massiccie, degne di figurare sulla tavola di un Luigi XIV. Nei negozi di eleganze muliebri, per esempio da Henri à la Pensée nella rue S. Honorè, vedrete scialli di seta ricamati a mano da un capo all'altro quali fantastici pergolati sovraccarichi di fiori e di uccelli o pettini di tartaruga alla spagnola alti trenta centimetri e lavorati come una filigrana. Da Morin, nella rue TfAniin, troverete ventagli colorati di piume di struzzo ampi quanto paraventi. Da Moulin,' da Delahaye ammirerete paraseli dai manici Gl'avorio grossi come un'intera zanna d'elefante e scolpiti dalla mano di cenobiti visionari. Da Thomas, da Clouet vedrete scarpe ritagliate nello fogge più strane, forate da tutti i lati, oscillanti indecise fra-il coturno della Meravigliosa e il tacco altissimo della cortigiana della Reggenza. Larcade, della rue S. Honorè, vi mostrerà le sue porcellane chinesi, le sue terrecotte smaltate chinesi, le sue Kuan-inn chinesi. delizia e dannazione dei buongustai; Samson le sue squisite riproduzioni di vecchio-China; vecchio-Sassonia, vecehio-Sèvres, vecchio-Strasburgo e vecchio Rodi; Bloch le sue preziose porcellane di Parigi che sembrano ballare il minuetto e la gavotta sui velluto delle vetrine. Poche decine d'anni or sono si poteva illudersi che il gusto fosse arrivato alla ricerca di una estetica più semplice, alla pratica di modi e di materie ornamentali di valore intrinseco più modesto, alla costituzione di una vasta piattaforma stilistica di temperamento e di accordo fra i paesi o fra le classi. Oggi simili speranze non sono più consentite. Le arti decorative, risalite sulla berlina dorata dei nuovi ricchi, sono scappate di nuovo a briglia sciolta verso i fastigi coronati di nubi del vecchio Olimpo, e la gente modesta è rimasta a piedi e a mani vuote, senz'altro mezzo di procurarsi qualche soddisfazione estetica e qualche strumento di eleganza e di ineitamanto dei gusto àll'infuorì del banco ■farraginoso del bazar a prezzo fisso. Tale profonda riaggravarsi della 'divisione sociale, della distanza fra le classi è accusato cou' non minor rilievo dalle arti dell'abbigliamento, e potrei fomirvene esempi caratteristici pattando un'occhiuta ai documenti recentissimi dell'attività dei mqbtALslcggnacncndrdl Paquin, dei Worth, dei Kl<»eui]let. 4ui Pr»- assstd met, dei Révillon, dei Max raccolti nello vetrine luminose del Palaia de Giace. Ma sono, questi, documenti che conoscono tutti ; e poi vi ho già avvertito che il locale non è dei più indicati per passarvi: un pomeriggio di agosto Col vostro permesso, quindi, faccio punto o vado a prendere un bagno. Tanto, mi pare di avervene già detto abbastanza... ' 0. P.

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