La nostra vertenza con la Banca Commerciale

La nostra vertenza con la Banca Commerciale La nostra vertenza con la Banca Commerciale Signori Azionisti, La necessità di difendere la nostra dignità e l'azione che abbiamo svolta per la tutela dei più viiali interessi delle aziende delle quali la vostra fiducia ci ha affidato là gestione, ci costringe ora a parlarvi di un argomento non gradito e non nuovo, che una provocazione recente, ingiusta e temeraria, ha riportato dinanzi alla pubblica opinione col clamore di una Assemblea all'uopo organizzata. E' notoria ed antica la lotta che i dirigenti della Banca Commerciale conducono contro di noi, con ogni mezzo, subdolo ed aperto. Essi, che dissimulano l'accanito loro proposito di isolarci e di colpire mortalmente le nosU'e aziende, che, quasi sole in Italia, si sono ribellate ai loro sistemi e sono riuscite a sfuggirne il controllo e la signoria, hanno approfittato della facile compiacenza di una Assemblea della quale sono arbitri e despoti mercé il dominio delle proprie azioni, per gettare il discredito sulle nostre persone. E senza attendere che l'esito della gravissima procedura penale contro di essi pendente innanzi l'Alta Corte di Giustizia, e della inchiesta amministrativa in corso, avesse pronunciato Tunica parola attendibile ed obbiettiva circa la situazione, essi hanno voluto erigersi a giudici di sè stessi e di noi: è quindi necessario, per noi, di difenderci e ristabilire la verità intiera, rivendicando la onestà e la rettitudine dei nostri fini e del nostro operato. Porche abbiamo fatto i primi acquisti di azioni della Banca Commerciale Nel 1017, noi, per conto e nell'interesse del gruppo di Società che dirigiamo, acquistammo gradatamente azioni della Banca Commerciale sul pubblico mercato ove erano largamente trattate. L'operazione, ottima in sè stessa dati i prezzi quotati e l'intrinseco valore del titolo, rappresentava una misura di legittima difesa contro le ostilità, che gli uomini della Banca muovevano contro di noi per intralciare l'ascensione e lo sviluppo di aziende, che in quel terribile frangente si ampliavano con ogni sforzo e con ogni sacrificio allo scopo di dare al Paese tutto il contributo di istrumenti bellici essenziale por la sua difesa. Abbiamo sempre considerato come un formidabile pericolo il dominio della Banca sidITndustlia: era tanto più doveroso temerlo quando l'interesse delle industrie si confondeva con l'interesse stesso della Nazione, che aveva in giuoco la sua esistenza. E tanto più era legittimo il nostro timore rispetto alla Banca Commerciale, indiscutibile filiazione dell'Alta Banca di .Berlino, che nel marzo 191-3 disponeva ancora della maggioranza de! suo Consiglio di Amministrazione; inerirle gran pam; delle sue azioni giacevano all'estero in masse compatte ed onnipotenti. Per antivenire questo pericolo, e nello stesso tempo per vincere la lotta della Banca contro le nostre aziende, l'unico mezzo legittimo ed efficace era appunto quello di acquistare una parte delie sue azioni, non allo scopo di dominarla, lira allo scopo di untarne la dominazione e la insidia, realizzando un equilibrio di poteri e di forze, che avrebbe giovalo in realtà ni reciproco interesse, parallelo a quello dell'economia nazionale. Attribuirci un line diverso, definirci come audaci imperialisti, guidati dal tenebroso intento di manomettere le risorse dell'Istituto, come hanno fatto gli uomini della Banca nella campagna inscenata contro di noi. costituì mia sciocca leggenda, efficace soltanto sopra il volgo dei profani ai quali era destinata all'evidente scopo di distrarre l'attenzione della pubblica opinione dalla graviti del pericolo che la potenza e le tradizioni della Banca rappresentavano per l'economia e la difesa nazionale. Sciocca leggenda, perchè qualunque fosse stato il numero delle azioni da noi possedute, inai avremmo potuto imporre la nostra volontà a coloro che della direzione avevano il dominio e la responsabilità, e perche, sopratutto, mai il più piccolo fatto concreto potò ossele segnalato a nostro carico, 11 quale potesse giustificare le insinuazioni sparse contro di noi con sapiente perfìdia. Le convenzioni del 1918 e del 1920 La realtà è che, possessori della maggioranza delle azioni e quindi arbitri dell'Assemblea della Banca, aderimmo subito, con piena cordialità, all'accordo propóstoci e stipulato mediante la convenzione dell'aprile 1918. Questo accordo è la reale espressione delle nof-ire intenzioni. Nessuna sopraffazione, nes sun dominio nostro esso consacra; ma soltanto un giusto equilibrio di influenza. L'accordo fu trattato o conchiuso, da parte nostra, con lealtà e con la sincera fiducia di attuare un regime di concordia e di cooperazione. I risultati di quésti* convenzione dicono Più, t meglio, di qualunque commento. Consentimmo con essa la cessione di numero 15.000 azioni ad un prezzo di vero favore: a L. 1OO0 per azione Si convenne di procedere immediatamente al riscatto delle azioni ancora esistenti all'estero, allo scopo evidente di emancipare la Canea da ogni resiti,tu di influenza straniera. Fu conferito da parte nostra un blocco *di numero 25.000 azioni e di numero 25.000 azioni da parte del gruppo Marsaglia, vincolate tutte per anni due. La durata del Consoi-zio però era autoinaticamente prorogabile fino a due Aftuai *» la jwartwtoae Aéw jpe», la caso, ddlCbpevpvtBtsImcnqmugrnmpBpbn di acquisto da parte di esso di almeno 30.MO delle azioni allora In mani straniere. Si stipulò l'espressa intesa, che nessuna deliberazione contemplata dall'art. 158 Codice Commerciale potesse essere votata in assemblea senza l'unanime reciproco consenso, apptuito pei1 garantire l'equilibrio delle influenze' ed evitare ogni possibilità di sopraffazioni. Uno speciale Comitato venne eletto per governare il sindacato e per la tutela dei reciproci interessi e dei patti conchiusi. Questo è l'esatto contenuto di quella convenzione. Senonchò la sua esecuzione, rimase in pratica lettera moria, perchè i dirigenti della Banca continuarono nei loro sistemi dispotici. 11 Comitato non si ritmi che raramente e soltanto! dietro nostre ripetute sollecitazioni. I dirigenti la Banca Commerciale, segretamente stipulavano un sindacato con una Banca estera, per continuare l'incetta delle azioni sul mercato. Noi fummo esclusi da qualunque ingerenza, per quanto minima, nell'amministrazione dell'Istituto ed assistemmo ad un sordo lavorio per ispostare T equilibrio garantito dalla Convenzione, finché, sul unire del 1919, i dirigenti suddetti, fidando nel numero delle azioni raccolte nel frattempo a mezzo del sindacato francese, ideavano di procedere ad un aumento di capitale della Banca riservato ad un gruppo di loro fidi a prezzo irrisorio, da far votare dall'Assemblea, con aperta violazione dei patti convenuti. Ci ribellammo contro questa ingiustizia e contro questo temerario tentativo di sopraffazione o ci disponemmo a lottare in di'-' fesa del contratto stipulato. Senonchò. nell'Imminenza dell'Assemblea che doveva votare l'aumento del capitale destinalo a sopraffarci, si riuscì ancora ad evitare il conflitto e ad addivenire, 1*11 marzo 1920. ad un nuovo accordo, che qui appresso riproduciamo integralmente, perchò costituisca ancora una volta il-documento dei nostri propositi e nello stesso tempo della malafede nei dirigenti la Banca. Il concordato del marzo 1920 In aggiunta e modificazione delPaccordo concluso 'il li giugno 191H tra i signori Fratelli Perrone da tuia parte e un gruppo di persone e società rappresentate dalla Ditta Marsaglia dall'altra, per la costituzione di un Consorzio avente gli scopi in detto accordo dichiarati, tra i signori comm. Pio e comm. Mallo Perrone, comin. Giuseppe Toeplitz, comm. Pietro Kenogiio. i quali ultimi agiscono sia in nome proprio che in nome e per conto del gruppo Marsaglia, si conviene quanto segue: 1" Il blocco delle azioni sottoposte a sindacalo ni ternani dcll'acc<jrdo, che somma attualmente a 137.000 azioni, viene, di comune accordo, elevato a 207.0OU mediante il vincolo di altre so.ikk.i azioni, di cui 40.000 appartenenti al gruppo Fratelli Perrone. e 40.000 al gruppo impersonato dui signori comm. Giuseppe Toeplitz c comm. Pietro Fcnoglio ,- 2' Il Consorzio verrà prorogato ancora di un anni> dopo la scadenza, dei due unni dalla data del Decreto die dichiarerà lo stalo di pace preveduti dall'accordo, qualora la proroga venga richiesta dui gruppo Marsaglia tre mesi prima della scadenza ,- 3* Le 80.000 azioni necessarie per elevare a 207.000 il numero delle azioni sindaeute, saranno depositate, come le altre, e alle stesse condizioni, entro il 15 aprile 1920, presso la Banca Commerciale Italiana, sede centrale. Si darà ad ambedue le parti un elenco completo, von le relative indicazioni numeriche delle azioni vincolate ; i' Le deliberazioni da prendersi dai Delegali a nonna dell'ari. 5 dell'accordo saranno decise a maggioranza. In caso di parità la decisione sani deferita all'Ufficio di Presidenzadelia Borica Commerciale. Per le deliberazioni contemplate dall'art. 158 Codice di Commercio occorrerà il consenso unanime di tutti i Delegati. Mancando il consenso per l'approvazione delle deliberazioni, il blocco delle azioni dovrà votare contro le relative projioste ; 5* L'assemblea della Banca, nella sua prossima riunione del 30 marzo, autorizzerà il Consiglio d'Amministrazione a provvedere ad un aumento del capitate sino ad un limite massimo di 140.000.000 {centoquaranta milioni). Rimarie, inteso fin d'ora che il Consiglio di Amministrazione irrocederà in un primo tempo alla emissione di un primo blocco itj azioni per ^importo di 52 milioni, scalandone i versamenti in modo clic il premio e un decimo siano versali entro giugno, e gli altri decimi sieno scaglionali entro il secondo semestre del 1920. La stessa Assemblea che delibererà Vautorizzazione 7'Cr Vuuiiii • 'o del capitale, stabilirà che tutte le azioni ili f'.ora emissione debbano essere offerte per intero in opzione agii azionisti in proporzione delle azioni possedute. 0" / commendatori Perrone s'impegnano a non vendere le azioni sottoposte a sindacato per tutta la durata del presente accordo. I partecipanti dcl'gruprto-Marsaglia. potranno cedere le loro azioni subordinatamente perù ai vincoli sindacali. Genova.. 11 marzo 1990. Firmati : PIO PERRONE G. TOEPUTZ MARIO l'jEUHONE 4J,. DOGLIO l Dunque, 1*11 marzo, il preteso pericolo Perrone eia finito; noi per .{re anni eravamo vincolati; per tre anni le nostre azioni erano paralizzate nelle' mani slesse della Banca- per tre afoni era matematicamente esclusa perfino la più remota possibilità di un qualsiasi tentativo-di egemonia da-parte nostra, anche perchè la risoluzione di qualunque eventuale conflitto era devoluta alla stessa Presidenza della Banca Commercialo. Ma l'aver oi tenuto tutto questo non bastò ai nostri contraenti; ben altro era il piano da essi vagheggiato e perseguito. Ci accorgemmo, più tardi, die essi speculavano sulla situazione per assicurarsi il fcieno dispotismo sull'Isitituto. Infatti, pochi giorni dopo, con ogni pressione, fummo indotti a cedere tutte le azioni e spogliarsi di ogni ingerenza nella Banca Le cedemmo senza negoziare, subendo la necessità, fidenti che questo nostro gesto potesse almeno troncare ogni lotta avvenire e segnalare l'inizio di rapporti di cordiale e fiduciosa cooperazione necessari per affrontare i formidabili problemi che il dopo guerra preparava all'industria ed all'economia nazionale. Questo nostro sentimento dichiarammo pubblicamente nell'Assembleadella Banca, sicuri che la lealtà della nostra dichiarazione, ingenua, ma sincera, sarebbe bastata a sopire ogni risentimento. L'i oca à a Ci ingannammo. Il Toeplitz, assicuratasi la -vendita delle nostre azioni, con fulminea rapidità, raggruppando tutte le aziende industriali e bancarie che dalla Banca dipendevano ed erano ligie al suo volere, procedette, dì pari passo con altro Istituto, alla manipolazione, di una larva di Consorzio, al quale passò la proprietà delle azioni nostre e di' quelle acquistate sotto il nome del gruppo Marsaglia e degli altri Sindacati da lui organizzati. Il Consorzio, con queste azioni (oltre ìOO.OOO) e con quelle ricevute attraverso l'aumento del capitalcad un prezzo irrisorio, aveva nelle sue mani, sicura, l'as'soluta rtuigamranza dell'Istituto. _.Di tale Consorzio il loeprftz si costituiva dirigente e padrone, realizzando così il sua'fpiano di -raccogliere nel proprio pugno,;il,prèno dorhinrb della Banca; di esserne non soltanto il dirigente, ma anche. IL'padrone senza reali, controlli e senza contrasti. 'Ed il dominio della «anca, rappresentava in fatto il dominio'dei-jjUattro quinti'' dell "economia nazionale, perche intorno alla Banca, con influenza dirotta o indiretto, gravita la massima parte della aziende industriali c commerciali d'Italia. *• Contro di noi ricominciarono subito le vecchie ostililà e le vecchio insidie. Fummo brutalmente aggrediti con pubblici attacchi; contro di noi e contro,le nostre aziende venne scatenata una formidabile campagna di denigrazione, con fine- evàdente di paralizzare la nostra azione, di circuire e di uccidere le nostre aziende, che sfuggivano all'influenza ed al controllo della Banca In questa! condizione di coso la nostra..permanenza nel Consiglio di Amministrazione della Banca richiestaci e garantitaci all'atto della vendita- delle azioni, era in pratica frustrata. Ma noi non volemmo rinunciarvi con le dimissioni, pi ostandoci alla manovra contro di noi combinata Le dimissioni avreblfero equivalso ad una fuga, ad un riconoscimento di torto; era invece nostro diritto attendere. ;che un giudizio intervenisse sui fa.tti da noi denunciati, il quale dicesse chi fosse dalla parte della-Tagione, e chi fosse indegno di.appartenere all'Istituto, se noi o il comm. Toeplitz. Questo giudizio, che invano sperammo da una inchiesta privata, verrà certamente dàlia procedura, penale ancora pendente contro il comm. Toeplitz. Questo giudizio attendiamo sereni, senza preoccuparci degli attestati che egli si è preparato col clamore della sua Assemblea da lui stesso abilmente manipola1 a. Noi non aspiriamo ad alcuna egemonia; viviamo tutti nel nostro lavoro, con l'unico ideale della prosperità delle aziende, alle quali 6 dedicata tutta la nostra vita. Noi non abbiamo di mira che la loro difesa, dalle altrui insidie, perchò, oggi più che mai, nella grave crisi che l'industria ed ii Paese attraversano, paventiamo come un pericolo nazionale la formidabile potenza economica che vediamo raccolta nelle mani di un uomo di origine straniera, il quale,, alla testa del principale Istituto di credito privato, della massa imponente- di risparmi italiani in esso depositati e di tutte le forze che dalla Banca dipendono, ò nella ..pratica Tcallà l'arbitro delle sortì dell'industria italiana senza alcun effettivo e -sicuro controllo, ne pubblico, nè privato. ,Da.questo Istituto e dasquest'uomo partono estese propaggini che.;giungono in ogni campo. Così, per effetto n'aitirale'di cose, tutta la politica economica del Paese.risene l'influenza della Banca e delie sue concezioni ed essa può, ad un da»o'momento, esercitare una pressione, definitiva sulle condizióni del la varo e della produzione. Ed il riflesso di quest'azione si e dovuto constatare nei fatti più importanti della vita industriale durante la guerra o nel dopo guerra. L'occupazione delle fabbriche •L'occupazione delle fabbriche è stailo l'opi sodio culminante e quasi diremmo coreografico delle agitazioni operaie che sconvolsero l'andamento delle industrie e facevano indubbiamente parte di un programma più vasto e più complessi'), di cui esse non fiutino che un elemento complementare. La natura delle organizzazioni ed associa zixini delle industrie tolse a molti industriai; la possibilità di un.contatto più diretto colle masse e gli organizzatori di esse, cosicché, elli .poteva influire sulle maggioranze delle rappresentanze industriali, diventò l'arbitro della situazione, costituendosi intermediario fra capitale e lavoro. Perciò abbiamo .dovuto assistere, a biaccia incrociate, alle risoluzioni più errate ed a manovre che sapevano per sino di incongruenza, e di,_provocazi'one verso le masso operaie, senza la possibilità di un intervento capace di porre, riparo al danno Immenso -che veniva arrecato all'industria, al Paese ed alto stesso proleFariato. La soluzione di questioni tanto gravi ebbe luogo attraverso ii Gabinetto della Banca Commercialo, e cosi convennero, a Milano, i .PrefeKi del Regno a prender contatto con i rappresentanti delle organizzazioni operaii e con i membri deir.Alta Banca, i quali par lavano in nome dell'industria,, spesso in ino do sostanzialmente diverso dal mandato da essi ricevuto, come si era manifestato nella seduta dei Rappresentanti le Confederazioni -Regionali, clic ebbe luogo' il 14 settembre 1920. E fu così che il Governo non potè conoscere quale fosse realmente il punto di vista degli industriali e formarsi un giudizio preciso della questione, mentre persino ai maggiori industriali fu preclusa la possibilità di un intervento efficace. Perciò, mentre già cominissicni di operai, che in gran parte non partecipavano all'episodio dell'occupazione, chiedevano di venire ad accomodamenti, che potevano, con ispirito di equità e ragionevolezza essere discussi con gli organizzatori, a maggior prestigio della loro responsabilità storica di fronte al loro stesso Partito, si* sanzionavano provvedimeitìi che significavano, per gli operai la fame: per le industrie la dissoluzione. La politica economica negativa Il fato avverso che perseguita l'Italia dal la sua entrata- in guerra olla quale essa prese parte senza chiedere la benché minima guarentigia economica, come se la politica economica non fosse la base stéssa della vita di una nazione ed in fondo la ragione vera della guerra combattuta fra i popoli; l'azione negativa nel campo economico, continua'.rono a far sentire il loro effetto pernicioso anche dopo l'arauistizio. Ed è la constatazione dei danni derivati a! Paese da tale politica ed azione negativa insieme con la speranza di poter agjre in modo da méttervi riparo, che produssero 11 primo urto fra la Banca Commerciale e noi, quando, valendoci del diritto che.ci accordava il Concordato con essa stipulato, rifiutammo il nostro consenso alla nomina del suo attuale Presidente, perchè, a nostra) parere, egli non" tutelava con tufflcLente oculatezza gli interessi e-conomici- ìfariarii, quaDe néglKialpre di tali, 'puationl nella sua qualità d} delegato italiano; coq la dignità di ministro senza portafoglia, nella Commissione incatricata di stipulare le clausole economiche del Trattato di Versagjia. aie tali clausole. abbiano tutelato e tuiplilao gli jjUfeifeséi itoti*»), Reàs^a..S«Wlié & fbGpqpGcllficdpltmscrdplcfinmncmimmpvpcdmsdivTmsrii-• fermare alla luce della successiva esperienza: basrfi ricordare quelle che permisero alla Gran Bretagna di elevare enormemente il prezzo del carbone propria e di far gravare questo maggior prezzo persino sulla massima parte. del carbone che poteva venirci dalla Germania in conseguenza delle riparazioni, con il risultato di escluderò l'industria italiana dal campo della concorrenza mondiale, mettendola, altresì nell'impossibilità di' fronteggiare l'Invasione dei prodotti stranieri in Italia. L'origine della crisi nazionale dovesi perciò ricercare ' nelle stipulazióni economiche di Versaglia, dove l'industria italiana fu colpita nelle sue radici più profonde dalla politica negativa delle materie prime; complicata e aggravata, poi, dallo agitazioni operaie manifestatesi, in modo cosi tumultuarlo e basate su pretese cosi poco ragionevoli, da far credere che l'incompetenza e la cecità dei di-, rigenti le masse fossero veramente maggiori di quanto il nostra giudizio ce lo'-aveva fatto pensare. Nè la cessione di ogni partecipazione ilaliana alle sale miniere di carbone dell'Eraclea che fossero effettivamente in esercizio, fatta olla chetichella, senza preavvisarne nè il Governo, nè il Consiglio di Amministrazione, nè i principali azionisti della Banca Commerciale, poteva avere la nostra approvazione, perchè toglieva dalle mani italiane una carta non piccola, che avrebbe avuto certamente molto valore nel giuoco diplomatico intemazionale relativamente alle fonti delle materie prime. La politica economica negativa che abbiamo delineato a grandi tratti non è ancora, purtroppo, cessata Mentre ormai tutte legazioni hanno provveduto, in tutti i modi, alla soluzione dei problemi doganali, l'Industria italiana è ancora in attesa di un regime il quale le dica di elio vita potrà vivere, o di quale morte morire. Lungi da noi il pensiero di stabilire un nesso, fra l'azione politica negativa nei riguardi delle materie prime, le agitazioni operaie ed i mancati, ostioppo lungamente differiti provvedimenti doganali; o di> trovare una coincoTnitanza voluta tra questi fenomeni; vogliamo constatare soltanto, che 1 loro effetti si sommano a danno totale-dei lavora italiano. Siamo pure in attesa di .-conoscere quale sarà la politica del Governa circa la marina mercantile o le costruzioni navali, che ne- sono la logica conseguenza Sembrerebbe, a giudicarne dalle dichiarazioni che il Presidente della Banca Commerciale fece all'Assemblea Generale del 25 marzo e dal silenzio osservato al riguarda nella Relazione della. Banca stessa, che.questa non sia i favorevole ad-uno sviluppo della marina mercantile nazionale; ma noi speriamo fervidamente che tale suo avverso pensiero non possa, per mala ventura del Paese, trasformarsi in volontà del Governo. -Infatti, mentre imperversa la.crisi industriale e la disoccupazione aumenta di, ^giorno in- giorno con progressione geometrica, le statistiche dello importazioni di manufatti esteri ed i noli corrisposti alle bandiere straniere, assurgono a somme fantastiche, lo quali, premendo sui cambi per i pagamenti in valuta aurea.che si devono fare, contribuiscono immensamente al costo elevato del vivere e sono un riga gnolo di sangue, elio fluisce ininterrottamente dalle vene 'della Nazione minacciandola-di un'anemia mortale. Il contrasto dei programmi Gb'i i contrasti insorti durante la'-guerra o dopo l'armistizio'conigli'uffici dellO'&tato occupati largamente da personale dirèttamente o indirettamente' connesso alla Banca Commerciale — contrasti che ci obbligarono ad un'azione energica ed indipendente nella preparazione tecnica del materiale da guerra, sia nel' campo dell'aviazione, sia nel campo dell'artiglieria — avevano messo in evidenza la divergenza di principii fra noi e la Banca stessa; ma l'azione ulteriore del comm. Tcei-plitz non poteva non approfondire il dissidio. Secondo il nostro pensiero e le nostre aspirazioni ,1'unltà bancaria- doveva avere come significato la formazione di un indirizzo nazionale per la formulazione di un organico programma di lavoro, di espansione commerciale, di ricostruzione mediante la concentrazione di ogni .energia veramente italiana; programma senza il quale sono inevitabili o fatali la decadenza della Nazione o l'impoverimento di tutto il suo Popolo. Tale programma esigeva una disciplina industriale integratrice di un piano d'espansione commerciale associato ad una espansicr ne bancaria logica, vale a dire verso paesi capaci di assorbire i nostri prodotti e di fornirci a buone condizioni le materie prime onde abbiamo bisogna. Tale programma richiedeva altresì un piano organico per la marina mercantile, allo scopo di dare al Paese i mezzi necessari a codesti scambi. Ma tale programma non fu possibile formulare perchè in perfetto contrasto con le idee e con l'opera del commendatore Toeplitz. Noi vediamo l'opera di quest'uomo nei negoziati di Parigi, assolutamente negativa nelle questioni delle materie prime e specialmente del carbone, coronata dall'episodio già accennato di Eraclea, preparare la situazione presente colpendo al cuore le industrie ita 'noT lo - vediamo agire indipendentemente, e sopra, tutto segretamente alla insaputa del Consiglio di Amministrazione e dei grandi azionisii e del Governo stesso, svolgendo una sua opera di espansione nella Balcania slegata da ogni coordinazione nazionale di Banche ed industrie; profondendo centinaia di milioni, appartenenti al risparmio nazionale, in paesi in completa dissoluzione, i quali non possono essere mercati per la nostra einpcnmsnacdccanvTnr1fdtdsigadmpsgcvaglnòncpg dl r i e o a e i a à e , l a i , i a espansione, perche compresi nella VfflM iluenza di. paesi più forti del nostro e mercati naturali di essi. Questo metodo di lavoro, segreto ed indi... pendente, che costituisce uno Stato nella Statai' che impegna immense risorse nazionali, eh* non asseconda una politica estera nazionali ma trascina la nostra voi Mica estara vfrreo: scopi che potrebbero anche essere xntmazio» nali, non poteva certamente riscuotere lo nostra approvazione. Il nostro ideale di un'Italia flme a se «tessa.. con mi programma di unione e di grand*zsa«;4 di ricostituzione e di espansione, veniva cesi contrastato da una politica segreta, che riduce l'Italia ad «ssere- un semplice mercato <fà assorbimento, strumento di un sistema eco-» nornico Internazionale. Neppure potevano avere la nostra apnra vagone l'opera sociale del oorrunendaste>r. Toeplitz e 1 suoi contatti con i partiti «otremfa s nè potevamo riconoscergli il diritto di adope-5 rare ii denaro della borghesia per alimentare' 1 nemici di essa. Questa politica oamplma dkmn* «andai*\fi nostro Paese nella ««nazione di profandW e disagio, di crisi e dissesta neQfr' quale a»* trova. J Anche le recente cessione alla Germani!? degli Stabutmenti della Alpine Montan G«~ seìlschafl, dei quali aveva il controllo l'indila1 stria italiana — staWl lineati che posseggono], in Austria, nella Stilla e nella Carlnziif, grandiose miniere di o*8n» minerale — tenda a ridare al mercato tedesco il perduto prò domtinio del ferro, e fa gmvitwre maggio» mente l'Impero germanlico verso l'Adriatìcatì! perciò, a nostro avviso, avrebbe dftvuto es. sere regolata con l'initorvento dello Stato pei» i vantaggi che se ne potevano trarrei nel rli»^ guardi dello materie prime e per lo gravisconseguenze politiche •che ne .possono dei*<§ vare. ;^IL SINDACATO SULLA TRANSATLANTICA | Il sistema, del blocco finanziarlo è. di mettodrti tipico per tiare ^assalto alle industrie dopo! aver determinato, nel Paese lo stato di crisigenerale. La Banca Commerciale ha presentato, o sii è fatta sequestrare, un .«n'eaittemento, compo-i sto di sempliol fatograifte, di una documen-'\fazione che getterebbe una luce di sospetto! sulla appartenènza originaria dtflln azioni del-, la Società Transatlantica da nal acquistata!Énel maggio del 1317. LJacquisto di tali aqionU^ ò stato fatto da noi con scrupolose cautele:! sulla fede dello formali asscrrzioni di emW nenti personalità ; sulla fede dei risultati con-! cordi di ripetute irìchieste.; con la guarenti*, già morale della Banca 'dlHalia e con Ja coru.; dizione .esplicita elle: là^convenzione fosse aj?, provala dal Comitato ptetr *1 Commercio coi sudditi nemici. Perciò tale acquista era ed ò"' intangibile sotto tQ punto di vista legale e morale, qualunque fosse la provenienza della azioni. Il capitale;»dRlra TransafflantH'ea fu poi- a mentalo da dieci a- cento rrnlioni, tutti sotto1-' scritti ;in Italia. Ebbene, con tutto ciò, sono bastate stempiici fotografìe di documenti emanati da fonte sospettabile, procurati subdolamente e che po trebberò anche essere in. parte o falsi, o al'Jj ratn perchè.. senza nepppr procedere ad uJSf qualsiasi pWv'sommaftia" Imcjb-testa preventiva, glosse imposto un sindacato suDa Transatlantica, "Società il cui capitale è, nella peggiore ipotesi, perfepamento italiano per novantatìiutrue mllionj. èit cadilo. Ed 'il sindacato oì mantenuto da oltre sei inesi, nonostante ogr' reclamo ed' ogni protosta. Come vi abbiamo già detto, qmwta SocletSi ha affidato ai càintìeri incauti! o dell'Ansaldo: San Giorgio, la costruitimi di sfei grandi piroscafi da passeggeri di 15,-jOO tomi., la quale' occupa migliala e" rfrigliaiia di operai: ma in conseguenza del .«findacato, essendo stato par ratizzato il relativo finanziamento, i lavori furono naturalmente ritairdati io probabilmenito! dovranno essere sospesi. Tuttavia, anche In questo caso, la v.rv maggior^ .resistenza ha impedito che ai Mocci seguisse'la capitolazione. Conclusione Signori,Azionisti. Tutto questo abbiamo creduto doveroso esporvi perchè non vogliamo e non pos-sitm assumere la rèsponsaaiilttà di tuia situazior cho conduce il nostro Paese vr^-so una cri: gravissima, alla- cui preparayijdaoi abbimi cercato di opporci- con tutte le nostre energie* Al disopra degli ucrmirrt -e delle loro passioni, noi poniamo il nostro ideale di ìm'Ita* ha padrona di sè stessa e dei propri destinij non mamerpìa di egemonie ■ stranie»?, ma libera, laboriósa, forte; elemento di progresso, di giustizia e di pace.. Per conseguire questo .'intento bisogna difendere il nostro mercato dalla produzione straniera; bisogna-difondere il lavoro italiano! contro qualsiasi insidia dì forze subdole ope-J Tanti nell'interesse di una coalizione awtrfna-^ zionalo. E' la produzione, italiana, che si deve sai vare; è il lavoro itàtrano cho deve opporsi olilavoro straniero, assicurando il benessere itil tutte lo classi la.voratridi per la prosperità «i la forza della Nazione, sottraendola a qunJ-'siasi forma di asservimento, jpermetttendolii' di conseguire quella forza economica cha può sola garentlre ad un popolo l'indipendenza ìwlitica. Questo ò l'idealo che abbiamo perseguito;finora e continueremo a. perseguire cantinua-mente a qualunque costo. PIO PERRONE - Premente. MARIO PERRONE - Ammin. Delegato. La.lettura-'deUa relazione, ohe è stala spesso^ interrotta da vive approvazioni, è coronala da caldissimi lunghi applausi.