La famiglia Maciste

La famiglia Maciste La famiglia Maciste uro in-Ttoto »p«ci«ile) GENOVA, febbraio » a vent'anni fa, — scendendo ria Sant'Ilario con vaste spalle e anche con un po' di testa su di esse, — difficiJmanle il gran Maciste avrebbe pensata a cavarne molti biglietti da mille mettendosi a giuncare con degTimprenditorI borghesi irti bel giuoco del tutto estraneo al pane dulia sua gente. Un Mactete di quéi giorni avrebbe invece tro- jsia più naturale mettersi- ai servigi delle impreee portuane d'allora, e fare, a loro uso e consuino, il negriero dei suoi. Era. il lampo -dei «forti delle calate». Storia vecchia, ma abbastanza rinfrescata da qualche tentativo odierno di promuovere certi asmirdi rroorai storici. La famiglia Maciste, aJJnra, sembrava quella 'di Caino, dispersa ai quattro venti, in lite con sè stessa, e inconscia delle consanguineità. I suoi tigli più nerboruti ci vivevano sopra, ad ufo, speculando augii effetti immediati della truculenza. i Erano i cosiddetti « confidenti » deile imprese, e procuravan loro braccianti e manovali al massimo buon mercato. Queste socielatex sederi^ mantenevano goufio intorno al porto il flusso dell'offerta di man d'opera adescandovi frotte d'innocenti villani dal retroterra. Nell'accozzaglia balzavano come « liou di tori entro una niandra--», vi disseminavano il terrore con mulirtrfUi di cazzotii, sferravano ordini misti con pugni, e le squadro dei prescelti si pie- tevano a mille « corvées » per il vitto e i'aljgio con cui li retribuivano i negrieri in ccioe loro fosche ostierie di Sottoripa e dintorni. Sul tutto splendeva il sole del.liberalismo della scuola classica. Ma un così felice -ordinamento non poteva varcar le soglie del nuovo secolo. Lo sfruttantento a man salva finì per creare una atmosfera vixutenta in cui il gusto di vivere veniva «itissandetei persino mai negrieri. Contro il sole del liberalismo alcuni guastamestieri indoravano quello dev'avvenire. D porto era convulso. La pletorica mano d'opera adescata mngo lo banchine vi creava crisi dt disoccupazione chej si costellavano di teste rotte. L'età aurea del liberalismo di Manchester, qui a Genova, si ossidava di miseria clamoreggiante. A un tratto, gli schiavi più polverulenti improvvisarono lnghe rosse ed Insorsero. Lo sciopero dei cartonai, nel '902, trasformò il'«orto in una bolgia. Non si finiva p-iù innanzi. Uno. turbolema indomabile sembrava aver per-vaso i seimila, .scaricatori del porto, che la necessità di ricalcitrare sincroni affratella.va via via eotto le bandiere dei «leaders» socialisti. E tali eccessi commisero, quei capistipìti dell'oggi rispettabile famiglia Maciste, che, la Camera del Lavoro dovette esser sciolta, le imprese si fregaron le mani, ed essi girarono bendati por dei mesi. Ma fu la loro salvezza. Significò il ricostituirsi della famiglia sulle dure basi dell'esperienza. Col capo fasciato, cioè in istato di grazia, cominciarono ad apprendere alquante verità fondamentali. La disperata futilità deila violenza, i suoi vicoli ciechi, le sue ritorsioni ineluttabili: le lacune incolmabili della forza bruta, le sue aQinità con gli sfrut tamenti indiretti, i suoi frutti d'ire e di t.inuuùdi fra consanguinei; la necessità che una famiglia si tenga unita, chiuda l'uscio agl'intrusi, onori i figli più svegli ed alacri anziché i più corpulenti e veementi : — tutto questo la rinnovata famiglia Maciste prese a capine leccandosi le scorticature. E, da quei giorni, vivendo in tanta parte di muscoli, si persuase che la. forza di un pugno è un nonnulla di fronte a quella della, riflessiono e dell'aziona ragionata. Si sacrò, tn altri termini, ad una tattica riformista tutta sua; e doveva coglierne larghi frutti più tardi. Il Governo, che .seppe intuirne l'animo, gliene offerse presto imo eccellente. L'autorità portuaria d'allora era una torta di pasta-frolla: 'in regime sconnesso, asmatico, tardigrado, impotente, con una dozzina di padroni sul posto sottomessi alla pachidermica padronanza burocratica di poma» Orbene, il -Governo corredò saggia unente il suo colpo d'ascia alla frenetica Camera del Lavoro spartacista cercando di lnsts-nrare un'autorità portuaria più efficiente e meno incosciente dell'antica. Nacque in tal modo il Consorzio Autonomo; e, tra i poteri esecutivi del nuovo ente, la famiglia Maciste ebbe subito un seggio. Venne cosi riconosciuta con sollecitudine quasi insperata; * la incoraggiarono altresì, sull'istante, a ringagliardirsi cooperativamente, giaccbè, insieme colla legge consortile, Roma votava im ordine del giorno augurantesii ene il lavoro del porto venisse disciplinato più olti-e mercè cooperatr^e di prestazione M'opera. La famiglia apprezzò il dono. Afferraudo il dito, si propose naturalmente di prendere tutta la. mano: e molta gente, in seguito, doveva lagnarsene pel dritto e pel traversa Ma ciò condusse al vero, profondo risultato di quell'ardita mossa governativa travanguardia., ad un risultato che si ripercuote benefico sulla stessa vita genovese di oggi: la famiglia Maciste butta definitivamente a mare ogni torbida-fede nella forza bruta, confidando solo nell'intelligenza costruttiva e nell'alacrità ponderata". Fu in quegli anni che, dai cqKi di levante culo al porto Maciste in persona, l'uomo fortissimo, il prototipo della muscolatura di famiglia. Non gli saltò la più remota idea d'imporsi ai suoi, né di Dosare a Spartaco. Entrò bonario e disciplinato nei ranghi con gli altri. Forse gli si offerse l'occasione di fané il negriero d'un tempo. Amò meglio, un bel giorno, andai' a fare negro da cinema, a tariffe altissime. La famiglia serbò un po' del suo cuore in una nicchia; ma ben altri consiglieri volle scogliecsi nel suo seno. Scolse uomini piuttosto di testa che di braccia; i meno ragazzi tra i giovani, i meno pazzi tra i vecchi; talora i più mingherlini dell'assemblea gli uomini che più diffi-dara.no dei metodi violenti, già provati e riprovati in porto costrutto, e che quindi promettevano più realizzare. E il consiglio di famiglia aitò composto di siivadori e di scaricatori che prima, di quel tempo sembravano Itmpensahili : organizzatori calmi e riflessivi, sorprendenti autodidatti della logica e deSla dialettica, inattesamente nati col bernoccolo delle cifre, dei dati di fatto, dei «oatì precisi. Essi andarono dal neonato Consorzio, e gli dissero: «Vi offriamo la tranquillitÀ in porto, una tranquillità assoluta in luogo delle baraonde di ieri. Ma, in compenso, dovete riconoscere giuridica mente, a fondo, la nostra famiglia rinsavita. Qui c>è troppa gente. Una quantità d Ssdicenti terzi o quarti cugini, a nome av iventiid occasionali, c'infesta il pianerottolo■Dovete alutarci a mandarli via. Vogliamo Icastituiie dei ruoli abbastanza ermetici d. 'soarlcAtori autentici col diritto di lavorare «per turno e di mangiare par i primi. Li trincereremo entro cooperativo di lavoro al le quali voi darete il crisma. Le cooperativo 'nutriranno subito, pensionandoli, mi {schiera di vecchi spremuti come l'imo n 'che i negrieri ci han lasciati in eredità Ci tasseremo, per provvedere a questo ■altro, tutti; ma dovrete lasciarci tassare ■anche quegli avventizi anziani dei uual 'in certi casi potremo servirci. Non aliar tnatevi. Siamo qui per costruire, non pei incendiare. Le tariffe di sbarco e d'im ibarco le fisserete voi, partecipandovi la ;J»ostra rappresentanza legittima. Sian puro tariffe a cottimo, non a giornata; ci basteranno paghe in ragione di quel cherdorremo. Daremo anche noi, ogni tantonostre battaglie; ma c'inchineremo ai (*MlrI decreti ultimi, che segneranno lerei. (2 comjvorrtererno ^netlturionalmente aperJMno che flt$mgnaari faranno a' trettauto. Il porto è un polmone d'Italia; non può più concepirsi come una libera lizza di concorrenze mortali. Stano le tariffe e le procedure ben discusse ed eque; si commisurino cioè non solo aJle condizioni dol mercato intemo e al giuoco dei poeti stranieri, rua. alle esigenze della nostra vita quotidiana, E saremo amici ». Che potwa iTÉpomdere 11 Consorzio? Non certo con un cateto. Canzio, il suo primo presi- dente, rispose con-un sorriso popolareggiante; e nella gara di cervelli che segui per la determinazione delle tariffo e delle condizioni di lavoro, la famiglia Maciste seppe tirare inolt'atquo, ineccepibilmente, al suo mulino riformista. Diamine, voleva dunque il Consorzio trattarla, al nari di tanti scimunita dell'intellettualismo, come una mandra d'animali da soma? Certo, essa vive anzitutto dei suoi muscoli; ma Maciste ha amene una testa, e deve molto spesso usarla più di tanti operai che aiutano delle macchine automatiche a sgravarsi perennemente di chiodi. Chiunque si crede buono a fare il facchino in porto; ma non pochi neofiti ne scappano lasciandovi la riputazione e qualche falange delle dita. Il mestiere esige più tecnica di cento altri, più resistenza e pini abnegazione. Ancor oggi, iu gran parte, si fonda, sulla macchina umana, la più complessa e delicata di tutte. Possono tuttora, esplicarvi si lo idee individuali, ed applicarvisi di colpo. Tra il facchinaggio compiuto da bove aquello eseguito da. uomo corre una differenza di paga pari a varie diecine di lire al giorno, e, di rendimento, pari a migliaia. Accusano la famiglia Maciste di star a contemplarsi l'ombelico in attesa delle cinque di sera, scaricando il meno possibile per papparsi di più. Ma la famiglia Maciste laverà soltanto a cottimo : tutto, a cottimo e nient'alt.ro che a cottimo. Se poco lavora, poco niangia. Talora mangia molto; è perchè lavora, forte. A momenti, i suoi introiti giornalieri si fanno principeschi: è perchè, per sbrigarsi d'uno scarico, ha avuto un'idea, escogitato un espediente insolito, trovato l'uovo di Colombo. Per pochi altri operai il fattore intellettuale diventa un ferro del mestière così spesso come in porto. La famiglia Maciste conosce ìntus ci in cute il valore delle dee: le vede capaci di smuovere montagne di mercanzia e di moltiriltirare il pane. Naturalmente, non apprezza se non le idee utili, quelle che significano pane, che sono anche quelle che mandano innanzi'il" vero lavoro del mondo. Tntt'i figli die può, la famiglia li manda a. studiare, e sempre nel campo delle idee utili, tentando'di cavarne ingegneri, ragionièri, periti. Si mette non di rado, per far questo, a corte razioni. Ma la virtù del sacrificio è indispenhilc a chi carica e scarica in porto. Spesso, nell'afa o nel gelo, tra la polvere cupa delle stive senza respiro e ii vento traditore che rade le passerelle d'assi, i giovani i vecchi di casa Maciste son chiamati a metter fuori sin l'ultima oncia d'energia. Allora vacillano come ubriachi; ma non possono permettersi un passo falso che non significhi un tuffo da dieci metri d'altezza, nè una mossa stanca che uon si riaolvu in uno schiacciamento di costole. No, non è una mandra di bestie da soma, la famiglia Maciste. Sa,, vede, ode molte oose<- E mentre le mani contorte dei suoi vecchi che lavorano ancora annaspano a smuovore easse di belle merci preziose destinate a gaudenti di terraferma che non inumo iavorato mai, e i suoi giovani si sentano sogguardati come progenie di negri da qualche cassero di poppa dove un facile cacciatore di provvigioni inconfessabili se la spassa con qualclft Poppea, chi può lanciare un riliuto aprioristico alla domanda d'una miglioria, od avanzare un postulato economico contro un'obbiezione umana? Il Consorzio non poti) lesinar troppo; spesso fu anzi di manica larga, eccessivamente larga. Ma la famiglia Maciste, fatto senno, fu così savia, che il riconoscimento giuridico dovette presto venir concesso alle sue leghe iniziali mutatesi in « compagnie » di mutualità e simili. Dà queste compagnie alle cooperative, — riassumo in un rettilineo' tutto un incrocio di curve sotto fuochi incrociati, -7- il passo era inevitabile. Prima del '910, tutti gli scaricatori di carbone erari già costituiti in quattro grosse cooperative, una per ogni ramificazione .'del loro lavoro. Subito poi,'avveniva, lo stesso nei divèrsi rami del facchinaggio per le merci varie. Non tardava, in altri termini, a comporsi un regnatelo di cooperative su tutte le opere di sbarco d'imbarco: una cooperativa unica, praticamente monopolistica, per ogni ramo di lavoro. Il resto segui da sè. La famiglia incontrò bensì accanite ostilità tra gl'impresari, che ordirono offensive oblique inscenando tra l'altro rivolte d'avventizi contro i cooperatori sotto lo stendardo d'una Federazione rossa. Ma prevalse sempre. E, via via, chiese ed ottenne che, in favor suo, s'imponessero regolamentazioni restrittive e controlli ai carichi e agli scarichi, che talora ne furono quasi impastoiati. Pure, al tempo slesso, impose norme restrittive anche ai suoi. Instaurò una disciplina ferrea, quasi militare, che creò ordine e quieto anche sullo calate dove la turbolenza ora tradizionale. Oggi la famiglia Maciste è tra le più coesive del nostro mondo operaio, e tra le più prospere. Ha anch'essa i suoi peccati, ma il riflesso delle sue virtù fondamentali si diffonde sull'intiera vita genovese, che se ne riveste d'una- quiete e d'un ordine esemplari. Nel porto, poi, la famiglia rappresenta, in modo incontestabile, la suprema delle forze che vi si agitano in contrasto. TRAMP.

Persone citate: Canzio

Luoghi citati: Genova, Italia, Manchester, Roma, Sant'ilario