Un nuovo romanzo di Barrès

Un nuovo romanzo di Barrès Un nuovo romanzo di Barrès (Nostra corrispondenza particolare) PARIGI, giugno. La guerra ha inflitto ai letterati la sorte delle grandi industrie. Hanno avuto anche essi una mobilitazione e una smobilitazione tecniche da fronteggiare. Nel '14 era la liquidazione dell'erotico; nel '19, nel '20, nel '21 b stata quella dell 'eroico. Per uua consonante di più o di meno, quale radicale mutamento di utensili, di processi e di prodotti ! Coloro che tanto scalpore menarono per lo «forzo gigantesco compiuto dai proprietari di officine nel sostituire un macchinario ad un altro e neirimprovvieare in poche settimane una produzione cui non erano preparati, non hanno di certo posto mente a quel che e costato a scrittori, poeti ed artisti il barattare dall'oggi al domani la viola d'amore con la buccina di guerra, il madrigale con l'apostrofe, la lirica con l'epopea, rinunziando alla propria indulgenza di confessori o fautori di peccata per farsi rigidi predicatori di virtù. Non potevano già, questi artigiani dell'estro, rinnovare il macchinario! Dopo come prima, il cervello restava tale e quale, il carattere, la cultura, lo stile, le abitudini mentali, il gusto restavano tali e quali. E nondimeno, con mezzi identici fare opera diversa, non di rado opera contraria: parlare sullo pubbliche piazze dall'alto di un rostro anziché dalla poltrona a sdrajo nelr'jtimità di un'alcova, parlare ad uomini e ad uomini illetterati e ad illetterati senza fantasia anziché a docili lettrici assetata di finzioni sentimentali... Quale ardua impresa! L'averla assolta rende la letteratura europea, a partire dal 1914, meritevole di assoluzione. Fra i molti da assolvere, uno di quelli cLCcssccOlmcho hanno dato prova di aver meno biso- i g\ gno di esserlo è, senza dubbio, Maurizio Barrès. Con il che, non so se io gli faccia , un complimento. La sua duttilità si è riI velata, nella circostanza, non inferiore a | quella dei più duttili fra gli scrittori, vos glio dire i giornalisti. Altro dubbio comyplimento, direte voi. Passiamo oltre. La tua opera di propagandista politico e di •^'annalista della guerra non ha durato fati? tea ii lo sapete — ad innestarsi sulle variazioni estetico-letterarie dettategli dal Greco o dalla Collina ispirata. Ma la sua opeia di romanziere si è innestata, di rimanicelo, con disinvoltura anche maggiore sui prodotti della sua attività di animatone nazionale e di sacerdote della patria. Poi- pgqvtfsvtdjchè questo Jardin tur l'Or onte, edito oggi i j dalla libreria Plon, è un romanzo, e per Igiunta un romanzo d'amore, senza neppur «l'ombra di un secondo fine, senza la menoma allusione politica. Avevo creduto, ,falle prime pagine, di trovarmi innanzi a 'Mino scritto di propaganda a favdre della '(penetrazione francese in Siria. Il procedere Snella lettura mi ha costretto a ricredermi. :La penetrazione francese c'è, visto che siamo ai tempi delle Crociate e che le Crociate (furono opera prevalentemente francese e Jche la bella Oriante ci intrattiene del sogno caro al principe di Antiochia e da lei .'astutamente coltivato di creare nella capitale dell'antico emirato di Qalaat un centro mezzo siriaco e mezzo franco, cri-" •stiano d'anima, una sorta di « parrocchia \ francese in mezzo ad orti siriaci ». Ma que- cmfdlgvfddnmgzfeto spunto di imperialismo retrospettivo {pnon è tale da conferire al romanzo colore io pretese politici. Siamo tornati al pieno disinteresse artistico del ciclo barresiano originale, quello del Giardino di Berenice e di -4 mori et dolori sacrimi : e, se dovessi fare un paragone, direi anzi che questo Giardino sull'Orante mi richiama alla memoria, piuttosto che Colette Baudocke o i Déracinés, la Femme et le pantin di Pietro Louys o le Diaboliqaes di Barbey a Aurevuly. Messer Guglielmo è un intraprendente crociato di venti anni, giunto però di Francia da buona pezza e già pertanto edotto della lingua e dei costumi di Sona. Un giorno i cristiani di Tripoli lo spediscono in ambasciata di pace presso l'emiro di Qalaat. L'emiro lo accoglie con benevolenza, lo conduce seco alla caccia col faico, e gli acoorda il raro favore di penetrare nei suoi giardini, dove fioriscono a dovizia le celebri rose di Tripoli dal cuore giallo, e quelle non meno celebri di Alessandria dal cuore turchino, oltre a gigli, viole e narcisi, irrorati dalle limpide acque dello Oronte e ombreggiati, come potete bene immaginare, da cedri, aranci, mandorli e peschi tra cui occhieggiano leggiadri chioschi adorni di 6ete di Antiochia e di Persia, di vetrerie arabe e di porcellane cliinesi. Fra tante meraviglie, cho cosa manca al giovine cavaliere? Non manca so rem una cosa: la facoltà di metter piede iu uno, almeno, di tali chioschi, donde sera e mattina s'odono uscire, per suo tormento voci angeliche e risate pari a gorgheggiar d'uccelli. Su questo capitolo l'emiro Ih, some potete bene immaginare, orecchio da mercante. Anche la diplomazia ha dei limiti, e non cè ragion eli Stato che saprebbe indurre sovrano a cedere a un ambasciatore straniero i favori delle proprie 'mogli ! Senonchè, quel che l'onore impone di ri fiutare à un ambasciatore non ò detti) uou ci possa concederlo, come particolare di stinzione, ad un sodale, a un fain'liarc, a un sostegno del proprio regno e delU prò-' pria fortuna. Tale, in ogni caso, è il pa sere dell'emiro; il quale, non appena l'ani basceria ha toccato termine con la stipula f,iooe di una h-egua di dieci anni, dieci rae dì, dicci giorni e. dieci ore e i cristiani jtauno por tornarsene a Tripoli, offre a messer Guglielmo di fermarsi per semp»© «dia sua corte e godervi indefinitamente le grazie della sovrana amicizia. Incauto emiro! La notizia della presenza dello straniero ba meseo da tempo l'harem in subbuglio; e la notte, quando il bel cavaliere passeggia noi giardini del palazzo, decine d'occhi fulgenti ne spiano fi tra i cespugli ogni gesto, mentre troppi cuori cominciano a battere, troppe fantwv a galoppare. Dotato, dio» la storia, « di quella insana vanità che porta a non godere dei beni posseduti se non attraverto.il rifletto dell'invidia altrui », l'emiro conduce nha aera l'ospite sotto un balcone ammantato dì denso glicine affinchè possa udire, non visto e senza nulla vedere egli stesso, il canto ammaliante del più vago uccello della sua uccelliera. L'invisibile sultana t moltiplicando nella uotte i propri motivi, sgrana al di sopra della siepe il rosario dei notturni. Casta ed ardenti» insieme', intulzsii dal languore al delirio per ridisccndere al sospiro ed, ora dolorante come una tcttldisnppLvmplsdnlnbfcddticrpcmadlvteatqnaiizaicgalzpmprsarisgtb farfalla presa tra le maglie di uua rete, ora guerriera e pronta ad uccidere, fa scaturire dal cielo e dalla terra tutto quanto contengono di voluttuosamente patetico ». L'elletto della voce maliosa non saprebbe tardare. Lo precipita la malia ancne più grande della bellezza di Oriante, che il paladino vede, una sera, con la complicità del temerario emiro, sotto le ogive di un portico, vestita di una tunica azzurra e chermisina e di un giubbetto d'oro modellante i suoi piccoli seni al di sopra di una Cintura di velo e di un par di larghi pantaloni di seta color melarancia stretti alle caviglie tintinnanti di monili. « Ella spandeva intorno a sè una gioia sfavillante tosto seguita dal malinconico sentimento cho niun attimo bello può esser fermato dalla mano dell'uomo a. La saracena tituba é si confonde in cospetto dello straniero, confusione che al cuore dell'orgoglioso emi' ro procura istanti di ineffabile contento. Ma, di lì a poco, quando quest'ultimo, per appagare in qualche modo le ansiose voglie del bollente amico, decide di offrirgli a compagna una delle donne dell'harem, Oriante destina all'ambito ufficio di consolatrice una sua fedele, che lo amerà, diciamo, per procura e servirà sopratutto di messaggera fra i due futuri amanti. Como vedete, l'andamento fiabesco del racconto, che si finge estratto da un antico manoscritto scoperto in Hamah nel 1914 da un dotto emissario del British Museum, permette al Barrès ampie scorribande sui facili sentieri delle frasi fatte e dell'Oriente di maniera. Il romanzo abbonda, come un libretto d'opera, di labbra di rubino, di cinguettio d'uccelli, di volti d'oro, d'ar i gento' e d'azzurro, e vi s: inciampa ad ogni piè sospinto in dichiarazioni da tenore di grazia, quali : « Nelle tue braccia, ovunque tu sia, troverò la felicità, troverò l'universo ! », ovvero: « E' dessa la mia celeste sorella : l'amerei con una piaga sulla gota! », ovvero: » Perisca ella meco, o vivasi felici insieme! », ovvero: « Come potrei respingerti? Non sei tu l'arteria cho nutre il mio cuore ? », ovvero : « Gjazie della coppa di vino che mi desti la prima sera del tuo cantare! Da tpiel punto non ho più cessato di sentirmi ebbro di felicità e di dolore... ». Quel che salva il lavoro dal cascare di peso e senza rimedio nel melodrammatico, dall'essere un inutile doppione della storia di Tristano e Isotta o di Abelar- i do ed Eloisa o di Paolo e Francesca è il carattere epecioso di Oriante, il sapore aci dulo di questo trapianto sullo scenario dell'indolenza levantina e dell'asservimento muliebre di un serraglio medioevale di una figura di donna che non si troverebbe a disagio in uno dei romanzi del « culto dell'Io ». Oriante segue davvicino sul talamo segreto di messer Guglielmo la fedele Isabella; ma, più ancora che trasporti d'amore, ve la conducono le speranze poste nella fermezza e nel senno del giovane guerriero dal giorno in cui gli eserciti del principe di Antiochia, scesi dalle montagne, portano l'assedio sotto le mura di Qalaat e l'emiro si tradisce a un tratto incapace a organizzare efficacemente la difesa della piazza. L'orgogliosa saracena non tradirebbe il {proprio signore fintantoché la intatta po- tenga di questi l'assicura del dominio in contrastato, ancorché clandestino, esercitato dai penetrali del serraglio, sulla città e sullo Stato. Ma l'amore del cristiano le anoare irresistibile il giorno in cui le diventa necessario. Prudente, nondimeno, interroga, prima di concedersi: Qual posto accordano alla donna i signori franchi nella propria casa Una principessa, una principessa di Antiochia, per esempio, qual parte piglia essa al governo dello Stato?... La sultana ha fragili mani ed atti carezzevoli, e svenevolezze di colomba: qual velo migliore che l'apparenza della debolezza per celare l'energia d'ape o di formica che la renderebbero inquietante? Messer Guglielmo non l'ama dello stesso amore. Oriante significa per lui la fino dell'ambizione, anzi la condanna al disonore e all'esilio, il salto nel buio di un'alleanza disperata che non può condurlo se non al disastro. Oriante è il filtro magico, bevuto il quale nulla più esiste al mondo fuor del dolce capestro di due braccia bianche. Si intuisce già, dal primo impianto della favola, dove il dissidio radicale condurrà i due amanti. Caduto l'emiro durante una sfortunata sortita dalla cittadella, il crociato riceve dalle mani di Oriante il comando delle forze cui spetta di difendere Qalaat contro i crociati. Ma, rotto, dopo sei mesi d'assedio, l'acquedotto dalla caduta di una frana, anche messer Guglielmo non trova nulla di meglio da proporre alla Saracena se non di aiutarla a fuggire dalla fortézza assetata attirando altrove l'attenzione del nemico mediante una nuova sortita, per raggiungerla più tardi al terzo guado dell'Oronte. La donna accetta, e Guglielmo, nel più forte della pugna, abbandona i suoi per correr dietro all'amata. Senonchè, giunto sul luogo stabilito, qual fiero colpo l'accorgersi che la donna non ha tenuto la parola e non è venuta al convegno! Impossibile ormai rientrare in città, dove già pone piede il vincitore, impossibile spedir messi, raccoglier notizie... Il meschino ripara in Damasco, ove lo attira la speranza di indurre il Sultano ad inviare armati contro il principe di Antiochia, e vi consuma sei lunghi mesi iti logorante attesa. Quando, disperando di ogni altrui soccorso, si risolve a tornare in Qalaat, Oriante gli appare, fra le acclamazioni della folla festante, a braccio del principe di Antiochia, ornata di vasti alla moda di Francia e di diadema regale. La perfida è riuscita per la terza volta a rifaro la propria fortuna ! Mentre Guglielmo si batteva sotto le mura della città per assicurarle la fuga, ella apriva al nemico lo porte e ?li rimetteva In chiavi del tesoro! « Vigliacchi!, •'uoua il cavaliere, come in un finale d'opera », investendo sdegnoso lo stuolo brillante dei paladini che ti riuniscono ora a banchettare e damare negli antichi giardini dell'emiro: ■ La vostra bella conquista, è dunq-ue il frutto d'una fellonia e delle male arti di una femmina pagana? ». Al quale insulto, naturalmente, cozzano le spade, brillano i pugnali, si rovesciano !e tavole. Ferito, malconcio e inutilmente difeso dal bianco netto io!- l'amante, che non ha mai arso per lui di più erande amore, mescer Guglielmo vien trascinato, in una stalla e sospeso per io braccia ad uua trave. E cosi rende a Dio l'ultimo respiro, mentre la pia Isabella, ginocchioni nel letame, tenta fargli piedestallo delle proprie spalle e Oriante, delirando, lo sorreggo per le ginocchia... La favola non manca di grazia, e, come vedete, ci riposa dei molti Geni del Reno ed altri analoghi prodotti delle cure politiche contemporanee. Ma si tratta, appunto, di un passatempo. Ed io mi domando se noi siamo, ai tempi che corrono, ancora veramente capaci di prendere sul serio e di trovare interessante l'arte per sè sola, l'arto come passatempo... CONCETTO PETTINATO Il