La stagione

La stagione La stagione g[Nostra corrispondenza particolare) PARIGI, giugno. Mia cara Amica, Volete dunque proprio che Vi racconti le novità di Parigi, che Vi ponga innanzi agli occhi gli ultimi modelli della • stagione », come la vostra modista o la vostra sarta? E sia. Le novità di Parigi sono una delle istituzioni più vetuste che ci sieno al mondò, ma la vostra, curiosità le ringiovanisce c quasi quasi ringiovanisco anche me. I sentimenti altrui sono sempre, lo sapete, un po' contagiosi. Chi- sa che interessando Voi alle bazzecole di cui è teatro questa vecchia metropoli, non riesca a trovarle interessanti io stesi»? " Cominciamo dai balli, tanto per cambiare. Popò quello della Legion D'Onore, - abbiamo avuto il Ballo Coloniale. Il Ballo Coloniale è stato organizzato per consolare Parigi dell'Esposizione Coloniale di Marsiglia. Sapete che Parigi, fra le sue debolezze, conta quella di non poter tollerare che in Francia esista o si faccia qualcosa allo infuori di Parigi. Ora l'Esposizione di Marsiglia è stata pei parigini, sopratutto per quelli che non possono concedersi il lusso di andare a Marsiglia, una vera offesa personale, una mancanza di riguardo, una impertinenza. Bisognava vendicarsene. Allora, si è fatto il Ballo Coloniale, costringendo il re del Cambogia a mandare all'Opera il suo corpo di ballo, e pregando alcune centinaia di parigini di travestirsi da annamiti, da marocchini, da negri per sopperire alle esigenze del colore locale. La temperatura si prestava gentilmente. Le palme le prestavano, meno gentilmente, i fioristi. E cosi anche Parigi, ha viBto le colonie. II popolo, dalla scalinata dì. Piazza dell'Opera; gli altri, dai palchétti del massiano teatro. Il clou del ballo," dove nessuno ballava perchè c'era troppa ressa e sopratutto perchè ognuno aspettava di veder ballare gli altri,' fu la comparsa delle danzatrici del Cambogia. Le quali non fallano mai, o quasi : ballano coi piedi fermi ; ballano con le mani, e un po' con la testa, col busto, rigide nelle loro acconciature ieratiche. In una guisa, insomma, che ha fatto restare a bocca aperta dallo stupore le parigine e che ha non poco deluso i frequentatori del Moulin Rouge... Come? Volete sapere Be il ballo con le mani sarà di moda l'anno venturo? Questo ve lo dirò un'altra volta, mia cara Amica. Ma credo di no. Finora i piedi portano la palaia. E poi, Voi conoscete l'adagio, sebbene esso non sia del vostro tempo, nè del vostro mondo: « Giuochi di mano, giuochi di villano »... .Le colonie, dunque, le ha avute anche Parigi. Ma, a diiferenza di Marsiglia, Parigi ha avuto per soprammercato, anche la Persia. Gliel'ha improvvisata in casa propria la duchessa di Clermont-Tonnerre. - (E poi si dica che non ci sono più mecenati!) In un angolo del suo bel giardino inglese di Piazza Francesco. I, fra i Canfpi Elisi e il, Cours-la-Beine, nel più delizioso quartiere di Parigi,.la nobile dama_aveva fatto erigere, per la circostanza un gran vestibolo moresco, fregiato d'oro e di turchino. Immensi incensieri sorgevano da colonne di bronzo. In cima allo scalone, una vasca di cristallo piena di pesci rossi, che una credenza persiana assicura apportatori di buon augurio. In fondo al palazzo, il teatro, pronto per la rappresentazione di due atti delle Mille e urna notte, nella riduzione scenica del giovane Maurizio Verne. Giovine, almeno, quando l'ho conosciuto io, prima della guerra, allorché aveva appena pubblicato Lucile dans là fóret e cercava di aprirsi un varco nel mondo destreggiandosi fra le gonnelle più o meno letterarie assiepanti il salotto di Rachilde. Le gonnelle sono state i suoi pesci rossi, si vede: gli hanno portato fortuna. Nel quale teatro lo spettacolo più bello, naturalmente, era quello della platea, gremita dei più aristocratici esemplari della flora e, se preferite, dalla fauna del sobborgo San Germano. C'erano tredici duchesse, mia cara Amica, sette principesse, e non ho potuto contare le marchese e le baronesse. Inoltre c'era, excusez du peu, un' principe imperiale' giapponese, un Infante di Spagna, e — volete proprio che Ve lo dica? — c'era lo Scià di Persia! Sicuro: lo Scià di Persia, venuto da Teheran in carne ed ossa, non dirò soltanto per presiedere la festa persiana della duchessa di Clermont-Tonnerre, ma, insomma, per qualcosa, di non molto diverso. Per studiare l'Europa, cominciando da Montmartre, e il costume francese, cominciando dalla camicia. E tutti gli invitati sotto spoglie orientali. Persino il cuoco della padrona di casa, che si era camuffato da cinese. Perfino l'amministratore ,della medesima, cui la duchessa aveva detto, chiedendogli i cinque o seicento mila franchi necessari a far Je spese della festa : — Se le cose non andranno come voglio io, sapete^ vi tagliere la testa col mio yatagan I. Le cose non andarono, veramente, come la nobile dama avrebbe voluto. A un certo punto, proprio al momento di schiudere agli invitati i cancelli del vestibolo, i fili elettrici produssero il rituale corto circuito ed il palazzo, dove già i suonatori intonavano una marcia trionfale, rimase al bufo. L'oscurità si protrasse durante tutto il pranzo, cui assisteva lo Scià, col maragià di Kapurtala e i ministri Aga-kan e Sa'mad-kan, e si dovette rimediare all'inconveniente mediante «una congrua distribuzione di candele di modesta e disadorna stearina. Ma non pare che, sino a questo momento, la testa dell'incauto amministratore sia caduta... Evidentemente, la duchessa e lo Scià av ranno pensato che il colore locale ha dei limiti. E poi, in complesso, la festa poteva riirsi riuscita. Anche le tenebre posseggono le loro attrattive: i cinematografi, insegnino. Tutto sta nel saperne approfittare. Nessuno itegli invitati, infatti, se ne lagnò. E la duchessa po'è, finita la festa — non (.so dire gabbato lo santo — partire senza .•imorsi di coscienza per un viaggio in Persia, in quella vera, che si assicura non durerà meno di due anni. Questi sono, mia cara Amica, i piaceri .Iella stagiono a Parigi per chi abbia la fortuna di possedere una corona non ancora fuori d'uso. Por gli altri, esistono congrui surrogati, accessibili senza biglietto d'invi¬ dpmCbdv.ictqPtihchidqfwpidCtdscpdddlatsbtprSescmsppmvzgnctGmpslgpsJiabpdS—izspcMpvbdtmadlemiNncRdsiLBsechlsvsldlicavlZZnnpp to, su presentazione di qualche semplice biglietto di banca vuoi effetto cambiario. Come, ad esempio, in questo momento, il giardino di un dancing di via delle Acacie, presso le Ternes, dove si va a pranzo in marsina e si paga una bottiglia di MoctChandon cento franchi. Se riflettete che buona parte delle sostanze della duchessa di Clermont-Tonnerre proviene dai suoi vincoli di parentela coi proprietari della .illustre fabbrica di sciampagna — la si chiama infatti, nell'intimità, Chandonnette — capirete subito come anche il pagare qualcuna di tali bottiglie possa essere, a Parigi, un discreto mezzo per conquistarsi tiu posto in società. E' il ragionamento the hanno fatto molti parigini, anche di quelli che un posto ce l'hanno già, o per lo meno hanno l'aria di avercelo. Questo, almeno, induce a credere il considerare come il dancing di cui Vi parlo sia frequentato da quanto la capit-.le conta ogg*. di meglio in fatto di fauna e di flora : il principe Radziwiil, il granduca Dmitri, sempre in compagnia della signora Chanel, la sarta più in voga della capitale, Ida Rubinstein, Andrea de Foquières, arbiter elegantiarum, Cecilia Sorel, Diaghileff, Sem, Ebfico Letéllier, e, di tanto in tanto, perfino lo Scià di Persia e il maragià di Kapurtala, i quali si consolano così della partenza della duchessa di Clermont-Tonnerre. Senonchè, per presentarsi degnamente nel giardino di via dello Acacie una signora non deve dimenticare; di munirsi in precedenza di uno di quei leggiadri e ingenui amuleti che l'ultimo capriccio della moda prescrive di, appendete al polso destro: gatto di velluto nero, orso bianco, porcellino rosa, pesce d'argento, ferro di cavallo, goccia d'ambra 6, meglio ancora, l'ultima delle ultime trovate parigine, il così detto * piccolo capo-stazione », col fischietto d'argento o d'oro per chiamare le automobili di piazza. Senza la quale precauzione, la parigina più elegante rischierebbe, mia cara, di farsi scambiare per una provinciale... Ma tregua alle frivolezze, e parliamo di cose serie. Vi interessano, per esempio, le memorie degli uomini illustri? In tal caso sappiate, cara Amica, che J. H. Roeny sta per pubblicare sei nuovi volumi .delle proprie e che il marchese Boni de Castellane medita di darne alle stampe altre, che avrarino anch'esse un seguito, come' i romanzi di A. Dumas -padre e le films cinematografiche. Chi sia il marchese de Castellane non lo ricorderò certo a Voi, gentilissima, che non potete aver dimenticato il suo matrimonio clamoroso con la miliardaria Gould, IT. S. A., nè il suo non meno clamoroso divorzio. Aggiungerò solo, per completare la cronaca, che le memorie in questione vedranno contemporaneamente la luce su un gran giornale francese e su un gran giornale americano,' e che saranno pagate profumatamente ; in ogni caso assai più profumatamente che non quelle di J. H. Rosny, il quale non possiede, come il marchese Boni de Castellane, un palazzo al Bosco di Boulogne e parecchie automobili in garage, nè può far valere presso i propri editori la speranza di un grosso scandalo mondano. La cronaca, questa umile ancella della Storia — secondo pretendevano gli antichi — è ormai l'unica disciplina che interessi il pubblico delle grandi capitali. I romanzi annoiano, anche quando un supèrstite senso di amor proprio fa loro toccare in poche settimane la quindicesima edizione, come è accaduto al Giardino sull'Oronte di Maurizio Barrès. I teatri sono in crisi, appena non abbiano sul cartellone una « rivista ì in cui figurino molte paia di gambe e qualche partita di boxe. Le platee sbadigliano da slogarsi le mascelle a! solo sentirsi annunziare ohe la Comédie Francaise mette in scena l'Ebbrezza del Savio, lavoro a tesi di Francesco de Curel, nel quale si dimostrerà, nientemeno, la superiorità dell'istinto sulla scienza. Ancora pochi giorni, e vedremo quindi, finita la « stagione », la maggior parte delle scene parigine tirare i chiavistelli sino all'inizio dell'autunno. Non resteranno aperti, a quanto si dice, se non i teatri della Renaissance, delle Gapucines, dei Bouffes-Parisiens, del PalaisRoyal, della Scala, delle Folies-Bergèr,e, della Oigale e pochi altri minori. Che farci, mia cara Arnica? Si ridiventa serii, senza volerlo, a fùria» di divertirsi, il che è quanto dire a furia di annoiarsi. L'altro giorno, il congresso dei Maestri di Ballo non è riuscito a celare un certo pes-simismo, sull'avvenire della vita di società, e su quello della professione. La notizia che è nata una nuova danza, l'Ondulata, ha lasciato «Parigi piuttòsto calma. E poi, le sottane si allungano, e quelle benedette sottano lunghe sono come un sipario che venga calando sull'era delle follìe, dell'assenza di scrupoli, e, in ultima analisi, dell'allegria. Qualche vaga ribelle si vendica del doversi coprire le gambe denudandosi le braccia. Ma non è la stessa cosa. Ed io mi aspetto fra non molto, mia cara amica, il ritorno di una fiera quaresima. Voi allungate le sottane, noi allungheremo il viso... Nella quale attesa, vi bacia umilmente le mani il vostro CONOETTO PETTINATO LmduigeWsmdamcdmdvnandendmfydlvtfcdsncld^gigrrusbraltsvtz•R