Il principe, i suoi compagni la sua famiglia...

Il principe, i suoi compagni la sua famiglia...Il principe, i suoi compagni la sua famiglia... gQuanto abbiamo pubblicato, giorni sono, sul Principe di Lequile o sulla sua oscura, melanconica, solitaria fino all'ospedale di San Ciovannii,- ha non fjOlo interessato per la stranezza del caso, ma corno rivelazione di una incogmiia. 11 marchese Innocenzio di Saluzzo era concsciuldssimo nel mondo cinematografico, ove si sapevano le suo strettezze- e le sue tristezze, la sua industriosità e la sua. miseria; ma era noto anche per la curiosità che destava come tipo, fra gli assidui di via Po. La sua eleganza' ricercata, il suo sguardo che pareva quasi sempre assente da quanto lo circondava, lo facevano ritenere un maniaco. Qualcuno azzardava anzi 1 ipotesi che fosso un devoto degli stupefacenti. Errore. Se qualche volta si smarriva, non era certo in paradisi artificiali, ma per ilsoverchio languore del suo... stomaco. E non ciano droghe clic egli avrebbe gradito in quei momenti, ma cose più umili e più sostanziose. Da un « compagno di lavoro », il signor C. R. Bonzi, a nome di tanti altri suoi « compagni >;, abbiamo ricevuto una lettera che pubblichiamo integralmente perchè presenta il defunto aristocratico in modo perfetto. « La cronaca si è occupata ier l'altro con certa larghezza di particolari, del Marchese Carlo Innoconzio Saluzzo dei Principi di Lequile, incuriosita dal fatto insolito che soltanto dei « compagni di lavoro » e degli « amici » ne avessero partecipata la morte. Ma poiché la stessa cronaca omette involontariamente alcuni altri particolari di certa importanza per la loro bellezza ideale, è giusto che si sappia tutto. 0 II povero Marchése, dopo la sua vita fortunosa, aveva trovato a Parigi prima, dove era vissuto a lungo, a Torino poi, il modo di sostentare la vita col cinematografo. Proprio cosi : quest'ultimo rampollo di illustre schiatta, nella sua decadenza aveva trovato onorevole risolvere il problema della esistenza col lavoro. Ed il lavoro l'aveva preso dove l'aveva trovato, dov'cgli, vecchio e malaticcio, poteva riusi ire a faro qualcosa. Era diventato una delle più note 0 caratteristiche figure del mondo ciaieinalografico: un tipo. Aveva prestata l'opera sua modestissima 0 pur buina di attore in quasi tutte le Case, per piccole parti che si addicevano alla sua figura e al suo carattere. Alto, secco, scarnito, la persona un po' incurvata, lindo negli abiti non più freschi, il fiore all'occhiello, la sigaretta semisponta pendente dalle labbra, pronto alla galanteria, egli conservava ancora, inalterata e inalterabile, la distinzione dei modi e del portamento, propria di una grande razza.. Chiunque l'avvicinasse subiva il fascino della sua signorilità. Perciò si era cattivata la stima e l'affetto dei suoi compagni di lavoro. Gli volevano tutti bene; un bone misto di rispetto. Ed egli era riservato fino all'eccesso. Si sapeva tutti chi era^. .ma nessuno l'urli mai vantarsi delle sue origini. C'era in lui un commovente senso di pudore. In momenti criticissimi, nemmeno una sigaretta avrebbe osato chiedere: e spesso la rifiutava se offerta spontaneamente. Né mai alcuno udì che si lagnasse del suo presente stato. Lavorava, e solo si doleva quando il lavoro mancava. Di non poter lavorare, si lagnava. Voleva cosi espiare il suo passato di facili splendori? Diodo la cortesia dei modi, dietro il decoro della persona, traspariva il ricordodi quel passato; e le condizioni presenti formavano uno stridente tragico contrasto ! Ma egli mascherava l'intima tragedia del suo animo, il rimpianto dei tempi che furono, ogni travaglio por il presente, la sua si-inerenza, con un sorriso di bonario scetticismo. Si divertiva a. filosofeggiare signorilmente. Mai una parola, amara,, mai una parola irosa nè contro gli uomini né contro il destino. Una rassegnazione pacata ma dolorosa, una serenità malinconica erano nella sua esistenza conio nel suo animo. Come egli però s'avvedeva che qualcuno cercava scrutare in. lui, di penetrarne il segreto tormento, le sofferènze nascoste, allora egli con un breve motteggio, garbatamente, cercava di ingannate gli altri e se stesso! Povero ma dignitoso, umilmente fiero, è finito all'ospedale, improvvisamente e quasi solo. « La, sua mone ha destato nell'annuo di tutti j suoi compagni di lavoro, gli artisti del cinematografo, grandi e piccini, c nei occhi amici, il più vivo cordoglio. Ed appunto I compagni di lavoro, che orano adesso anche i suoi amici, vollero tributargli un estremo omaggio e dargli fraterna sepoltura. A loro spese furono fatti i funerali, e il modesto feretro fu segnito da un grande numero di' compagni fino al cimitero; e quelli che non intervennero furono presenti col cuore. « E' stato un raro esempio di solidarietà .umana, spontanea, sincera, profonda, una dt'mostrazione d'amore e di pietà cristiana al di sopra di ogni egoismo, di creature umane verso una creatura umana, offerti dalla via.so degli artisti del cinematografo: e tanto più significativi in questo momento in cui infuria la disoccupazione e la crisi travaglio l'industria. Questo episodio gentile, pieno di sentimento e di poesia, questo episodio che chiude la fortunosa vita del povero Marchese, è ben degno di essere segnalato perchè completa le notizie intorno allo scomparso date su queste colonne e rivela il cuore ger eroso e sentimentale di una classe lavoiatriee, il cuore degli artisti». Dal direttore della Biblioteca Reale, signor N. Brancaccio, abbiamo ricevuto inoltre un'altra'lettela relativa alla famiglia Lequile. 11 Brancaccio affaccia il dubbio che il defunto non appartenesse alla casata napoletana distinta loì titolo di Lequile. Pubblichiamo la lettera, mentre affidiamo al nostro corrispondente di Napoli di voler compiere ulteriori ir.-bigini in quella città. La curiosità che ha sollevalo il caso, merita tale interessamento. « Leggo nella Stampa d'oggi l'articolo sul Marchese Carlo Innocenzio Saluzzo dei Principi di Lequile. Mi permetta d'interloquirò, pur con ogni riguardo per il defunto. I Saluzzo di Lequile, famiglia napoletana, sono spenti nella discendenza maschile fin dal 1859. L'ultima di tal famiglia fu una donna. Lucia Saluzzo, che sposò nel 18RS Fabrizio Ruffo di Cagnara, senatore del Regno. Fabrizio Ruffo ebbe un figlio e due figlie, una delle quali è contessa Vittorio di Sambttv. Com l'estinzione della famiglia Saluzzo di Lequile, il titolo di principe di Lequile passò, per eredità, alla famiglia napoletana dei Montallo, alla quale venne riconosciuto il 22 maggio 1S60 e che io porta tuttora. Non ricordo infatti d'aver conosciuto o sentito parlare — essendo, a quanto narra la Stampa, il defunto uomo-di 58 anni ossia mio coetaneo — di un Marchese Saluzzo dei Principi di Lequile. Certo è ciré se egli fosse stato tale, non sarebbe stato nè dimenticato nè trascurato ».

Persone citate: Brancaccio, C. R. Bonzi, Fabrizio Ruffo, Lucia Saluzzo, Marchese Carlo, Saluzzo