Pentesilea

PentesileaP Enrico Kleisb a 34 anni sulle Rive deWannse'e, con un colpo di pistola, si toglieva la vita. Senza che fosse la sua amante (gli archivisti che spogliano le alcove aon lo haano potuto provaro, e il debbio h accora) Emichotta Vogel moriva con lui. ■vi è tutto un dolce epistolario che in questi tempi di baratteria non si può leggero senza un profondo sbigottimento; quella triste e ferma lettdra di Enrichei-ta Vogel a Ernesto Federico Peguilhen nella quale è detto così: « Pregiatissimo amico; alla amicizia che lei mi ha dimostrato sinora Etìmpre così fedele è riservato di durare una mirabile prova; che noi due, cioè il noto Kleist e io, ci troviamo qui presso Stiminge sulla via per Potsdam in una situazione molto impacciata in quanto giacciamo uccisi di rivoltella o dalla bontà •ii un benevolo amico attendiamo che le tranre fragili spoglio siono consegnate alla sicura fortezza della terra. Cerchi, carissimo Peguilhen, di trovarsi qui questa sera e di disporro tutto in modo che il mio buon Vogel ne venga spaventato il meno possibile; questa sera a notte Louis avtlva stabilito di mandare la sua carrozza a Potsdam a prendermi nel luogo che10 avevo dato come meta del mio viaggio ; questo le voglio rendere noto perchè possa prendere dietro ciò le migliori disposizioni. Saluti mille e mille volte sua figlia e ma moglie da me teneramente amate e sia persuaso, caro amico, elio" l'amore o l'amicizia di lei e dei suoi mi recano fa>più grande gioia anche in quest'ultimo gtnoinonto della mia vita. Sua E. Vogel n. Perchè Enrico Kleist era ammalato delio strano male dello Bpirito cho affliggeva JSfEnrichetta Vogel, e l'aver trovata nel suo j,. cammino una donna ohe lo invitasse a sei guire la stessa via, uccidendola e uccidenJ|tlosi, gli sembrava una felicità tì una serepìnità. Perchè la sua anima, invisibilmente, inavvertitamente, alla morte era preparata forse da gran tempo, e vi si avviava tranquilla, senza sapere, senza chiedere, ponza guardarsi d'attorno, un po' lontano dal mondo e un po' straniero, con uno spettacolo interiore cho era del suo cuore profondo (stanchezza, dubbio, inquietudine, e forse neppure questo, ma sazietà della vita terrena) con una speranza più ardente che) doveva essere foggiata in un sogno più vasto, un cratere incandescente nel quale il poeta gettava le sue fantasie, e le nutriva di. fuoco e le vestiva di fiamme. Allora, mentre egli stava per appagare il voto della donna che aveva incontrato, soltanto la indluttobile sorte lo prende; uccidere la donna che desidera la morte, e sparire. Ma è tuttavia il preeagio di un altro tempo e di un altro mondo, la visione di un altro bene, l'allucinatone che trasmuta la realtà visibile nel sogno, ed è il sogno che prende il nomee la figura della morte. Così egli può dire : « Un vortice di felicità mai sentito mi ha afferrato e non posso negare che la sua tomba (di Enrichetta Vogel) mi è più cara dei letti di tutte le imperatrici del mondo ». Ma è la certezza della morte e pur la bellezza estrema del distacco. Nel giorno della fine, pochi attimi -nrima, Enrico Kleist scrive ad TJlrica (la sorella) : a Ed ora addio. Il cie'lo ti conceda una morte soltanto a metà così gioiosa e indicibilmente serena come la mia; questo è11 più cordiale e ìntimo augurio che io ti sappia fare ». Per Enrichetta Vogel o per il poeta questa non era la tragedia ; era il distacco ma indubbiamente era soltanto la necessità. Non è tempo di penetrare il sogno, ma io volevo dire queste cose oggi a pochi giorni dalla pubblicazione del grande poema tragico Pentegilea cho un germanista insigne (egli ò oggi il traduttore) Vincenzo Errante, ha dedicato nella bella, sonante lirica veste italiana a Mary M»luta fiamma agitata da tutte le brezze dell'arte, indimenticabile Agave nelle Baccanti di Euripide. Questa impresa della vecchia Casa Le Monnier di Firenze, di raccogliere, cementare, legarci le più alte espressioni dell'arte straniera in una collana che è già una biblioteca di poeti e di prosatori, mi sembra opera saggia e illuminata che gii italiani di intelletto tì di studio dovrebbero incoraggiare col loro tenace e fervido buon senso. Se domani un attore di grande respiro potesse tentare1 la rappresentazione (io penso a quella magnifica tempra di artista che è Ruggero Ruggeri) e un mecenate' ricco di mezzi (qui è bene non fare dei nomi) li fornisse, quale esempio stupendo l'Italia non darebbe non dico agli altri, ma a se stessa, cioè al suo passato e alle più nobili tradizioni del suo rinascimento, a questo paese che in letteratura non fu secondo ad alcuno, e nella musica, nella scultura, nella pittura, fu all'avanguardia, e oggi si rimira allo specchio e risuona le sinfonie sul gravicembalo più rugginoso, e pur tuttavia s'innamora per snob di Arcipenko, e s inginocchia di fronte ad un cubista, e s'infranciosa di mal comune. Vana fatica sarebbe oggi ricostruire la vicenda dello amazzoni, e di Pontesilea bellissima che le guida nella più tormentosa e forsennata delle loro spedizioni di guerra. Ma questo tragico episodio nel quale contrastano violentemente il cieco amore di Aohille e l'indomabile passione di Pt'utesilea, amazzone « senza » petto come le sue compagne, per trar di saetta nel più folto della mischia, non si può leggere senza una profonda commozione avvinti allo stesso giogo che sembra dover essere germinato, più che dalla trama della finzione, dalla stessa incudine sulla ouale l'artefice', agente e sofferente, ha battuto il jjriùigio'so maglio col quale egli ha plasmate, prima di chiudersi la vita, una superba opera d'arte e di gloria. Questa tragedia romantica che ha il ?uo epilogo nella demt'nza omicida — Achille sbranato dalle fameliche cagne e la folle amante suicida senza armi c senza gesto — è dunque il riflesso di uno spirito profondamente patetico che subisce le oscillazioni e i contrasti e le incertezze del suo stesso male. Vincenzo Errante ha rivissuta la tragedia come se essa potesse svolgersi setto il nostro cielo, con la parola della nostra "ente1, con la sensibilità del nostro tempo. "Traduttore perfetto, egli ò state interprete magnifico. Se egli non avesse risofferta la stessa pena che esaltò e sconvolse l'anima del poeta, la sua opera non avrebbe raggiunto il lirico volo che anima o pervade le pagine di queste libro che dalla morte di uno spirito magnanimo sembra commesso, con pure mani, a quellche lo piangono e che lo ammirano. GIANNINO 0. GALLO.

Luoghi citati: Firenze, Italia, Potsdam, Tjlrica