Commentatori danteschi

Commentatori danteschi Commentatori danteschi «onocnquesecocecessscvere di vivere quaggiù: dopo tutti i commenti, suo Libro è quanto sopra tutto cpncscia- 0 di lui ». Leggere, il libro è dunque la indizione prima per conoscere l'uomo. Ma imeleggere il libro? Gettate via i'conilenti, grida il De Sanctis, seguendo il azzini, e abbandonatovi al poeta. Ma lauto ò di Lai natura poeta che $enza ai1-io commenti diffioilii;onte può cswTe dai ù e in ogni sua pai-te intoso. Ci fu, è vc, un povero mendicante, cieco e quasi uaro di lettore, il quale1 a intender la bmmedia non sentì bisogno di interpreti, opo aver sonato il suo violino, egli si faiva, per carità, leggete da alcuno degli i(:oi«(«^>-n qualche pagina del libro. L'ascolitor* leggeva e il cieco si abbandonava le fantasie, ai ritmi e ai suoni che il can- 1 gli suscitava dinanzi: Quando seppe lufct il Ubro, si'avviò pasto passo verso P.a- nua, e una notte si addormì, pellegrino ivnfco, sulla segìid della cappella ove Daunnosa. 11 cieco era in quello stato' di altari noe spirituale clic il lettore1, raettsnisi a contatto con il poeta, si confondo n lui. Ai l«Uori comuni però non b cosi, i forza di sollevarsi a! • oeta nessun altro ro la può dare fuori dell'interpreto. L'ihrprcte discreto che non mette sè fra il sto e il lettore, non ostenta la propria Srsona, ma vive' scio e tutto del suo poeta, interprete — e quello solo — che ha vilato lunghi anni nella conversazione di i, e alle sue opere e all'età che fu sua ha imandato la spiegazione di ogni sentisnto e di ogni suo atteggiamento. I?ifluie nella Commedia non solo tutta la vita )ieUtina del dugento, ma dell'Italia e di ttto il medio-evo nell'ampiezza e nella vasta delle sue manifestazioni: dalla feroa delle fazioni, elio scioglieva i contrasti In la spada, con la confisca t' con l'esilio, la carità di San Francesco che' li annuiva con uu bacio i dalla fedo che attuò le rodate all'eclettismo della Corte di Fuirico II ; dal pensiero che creò la Somma l'ingenuità di chi novellò dei tre monaci natisi alla chiesta del Paradiso terrestre. Dentro alla singolarità di questo inondo ssò intera la lunga sua vita Isidoro Dil lingo. Da quando egli cominciò i suoi andi studi su Dino Compagni, Firenze e iscaua non ebbero più segreti per lui,"ed a appunto egli assomma tutte le esperien:u della sua dottrina nella più fiorentina e «iù toscana dello tre Cantiche: l'Inferno. À. raccogliere solo una parte delle sue colosoenzc sull'argomento nei avrebbe" potuto comporre volumi ; egli ne ha fatto *in piccolo libretto. Ma un chiaro libretto ;love tutto c distillato e travasato. (Isidoro Del Lungo : Dante. Prolusioni alle, tre nautiche e. Commento all'* Infèrno ». Firenze, Lo Mounier, 1921). Jvessunn sfoggio 'ìi citazioni, nessun lusso di erudizione; y.a il fatta storico spiegato sempre» con precisa brevità, la parola antica resa con «altezza, tutta la storia e tutto il linguaggio del secolo converso, s^nza che1 p?.ia, all'illuminazione del poeta. E tutto semplice B piano : .quella piana semplicità di chi ha per conto proprio da lungo tempo superato ogni ostacolo. Si può discordare dall'interprete, specie ove si tratti di pensiero filosofìco o d'allegoria, ma bisogna convenire che per leggere Dante senza inciampi e quasi correntemente nessun commento è più opportuno. Il commentatore « più intimo al ooncotto o al sentimento di Dante » rimane per il Pel Lungo ancor sempre) il Tommaseo, ma Bulle orme di questo cammina pure il Torraca. (F. Toriuca: La Divina Commedia di D. A. nuovamente rammentata. 5.a, ediz. Milano, AIbrighi e ' Secati. 1921). Ansile il Torraca intatti come il granfie suo predecessore, la parola ii pen«iero l'accenno l'episodio del poeta illumina perpetuo con la parola e con il pensiero, con il costume e le vicende del secolo, fc! come il Tommaseo perciò intesse anche egli un Commento storico nel senso più «Ito e più vero della parola. Il Del Lungo tende a tutto il pubblico, e perciò intendo >opratutto ad appianare"; il Torraca si rivolge' àgli studenti e agli studiosi e perciò «i propone più che aìfro di illustrare. Stampato da qualche anno il commento viene dal nobile maestro ripulito e carezzato ad ogni nuova edizione ; ed & veramente conjforto ohe libro tale, senza stamburameuti o pressioni ili sorti, per intima forza propria sia potuto entrare nella scuola ed ottenervi tanto, favore. Si dice tanto male della scuola, ma l'avete maestri e scolari .tanto caro un libro di così austera dortrina non e documento di serietà o di studio? Ed ecco un maestro, un nobile vecchio maestro, pubblica aneli esso il libro a lui cresciuto girino per giorno nella lettura del Poema insieme con i suoi giovani: Carlo Steiner non peusa che ad essi. Spiegazioni chiare, nitide, nessun ostacolo saltato, ogni difficoltà non bene imperata francamente confessala. Lo Steiner ha veramente ir.»ditato sul suo libro. Viluppi che al- . tri, pur industri, non avevano saputo districare, gli è riuscito risolvere. Forse l'abitudine del maestro s'attarda a volte un po' troppo su certe questioni, e c'è per tutto il libro un'ampiezza, una prolissità che gli nuoce. Si direbbe un commento parlato. Lo scrivere vuol essere invece un parlar condensato. Pur anche cosi il libro avrà molta fortuna nelle scuole, e vt'ramritto la merita. Dopo il Casini, dopo lo Scartazzini e ,3 Torraca, tentar un nuovo commento sco- . kstico di Danto e riuscire, è prova d'ingegno e di perizia non comune. Per chi voglia intendere Dante il meglio 'b affidarsi sempre a questi buoni e leali aitnrpreti. Diffidare invece dei così' detti lettori che hanno portato o portano tu loro tronfia vanità per le pale ove ri strapazza il poeta lungo lrf penisola. AYrobati che spesso non hanno lotto della Commedia so non il canto che commentano. Sul resto un gran siilo, calato agli in*enui ciu un mare di paiòle o da una gran'.e copiata. Fra lo rarissime letture che nerilann d'ossere prese in seria consideratone vanno però segnalate quelle di Alfonso Bertoldi. 11 Bertoldi è un maestro nell'arte del commentare. Ila illustrato il Parini e il Manzoni con una sicurezza, una misura, un garbo che nmi so quanti pnseggono come lui. Appena Severino Ferrari, il Mazzoni, pochissimi altri, Coleste (ualità ricompaiono tutte nello sue letture Untesene, che ora agU raccoglie con qual¬ che altro studio in volume (Alfonso' Bertoldi - Nostra Maggior Mensa - FirenzeG. G. Sausoni, 1921). Studia Ulisse, Belaequa; Matclda, San Francesco, San Domenico. E ogni studio fornisce di annotazionamplissime bu tutta la letteratura dell'ar-' gomento. Bibliografia non da zibaldono, com'è tre quarti eU'lla bibliografia, ma ieriticameute vagliata e disposta a nuovo e più ampie delucidazioni. Cosi r~n esposizioni e noto l'argomento 6'sviscerato in ogni parto, ogni difficoltà affrontata, ogni proDlema risolto. E ohi legge dal Bertoldi impara veramente. Il ciie non so di quanti libri si pc^ia dire. I due canti ove meglio appare il valore del Bertoldi sono del Paradiso; al Paradiso ritornano ora più volontieri i dantisti. E' mero se'uso di praticità, visto che per tal cantica molto resta ancora a fare, o realmente è dagli illustratori di sotto all'ampiezza e alla profondità di quelle acque sentita palpitare la vena lirica ohe tutto le percorre? Certo non si può dar torto al Tarozzi: < E' necessario rileggere il Paradiso con altro spirito che quello che possa risultare' da alcune affermazioni dell'estetica moderna intese in un signilicato troppo letterale e ristretto » (G-. Tao '.zi - Notfi di estetica sul Paradiso di D^..,e' - Firenze, Le Mounier, 192.1). Chi lo rilegga con codesto spirito avverte subito come il desiderio del sapere che accende e invade l'anima grande del Poeta inspira ed offre a lui a tutti gli alimenti vitali e umani della poesia ». Perciò la materia dottrinale « diventa in lui poesia non solo divina, ma anche umana ». Il problema estetico è di saperla trovare e ricrearo. Ogni avviamento a talo ricerca è perciò utile. Tale materia eiottrinale si propongono d'iilustrarc alcuni egregi studiosi cattolici {Scritti I arii, pubblicati in occasione del se'sto centenario della morte di D. A., per cura della Rivista di filosofia scolastica e della riv. Scuola cattolico, Società editi Vita e Pei:-sien», Milano, 3 921). C'è un dissidio fra i dantisti che si occupano di filosofia niedieivale, e ognuno difende la posizione che ha preso. Possiede .Dante una compatta unità di spirito o ha egli invece dedotti elementi di pon'iero .ind..' dai filòsofi avversi alla fonte prima del suo sapere, S. Tommaso? A cotesti elementi eterogenei noi — come scrivemmo a lungo qualche anno fa nel Giornale storico della letteratura italiana — non crediamo. Quanto di stridente a prima vista appare in lui deriva pur esso da Tommaso, elio aperse il proprio spirito a tutte le fonti dei sapere, e tutti gli eienienti tentò, ma non tutti riuscì a fondere nell'organica compattezza del suo sistema. L'aristotelismo e l'agosti nismo che ci sono in Tommaso sono, pure in Dante. Comunque' sia è interessante vedere da punti diversi esaminati gli aspetti del problema da studiosi come il Busnelli e il Krebs. E interessante pure nel volume qualche incisiva osservazione del Gemelli a prcp'osito di Beatrice e lo. osservazioni dell'acutissimo padre Chiocohetii al libro del Croce. S'avvera cosi quello che scrive lo Shelley nella sua De.fence of Pocty. o P critici più acuti hanno capovolto il giudizio volgare e l'ordine elei grandi atti della Divina C.immedia, nella misura dell'ammirazione che accordano all'Inforno al Purgatorio e al Paradiso. Quest'ultimo è un perpetuo inno di sempiterno amore ». E il Ruskiu d'accordo con lui. « Ogni verso d=-l Paradiso è pieno della più squisita e spirituale espressione di verità cristiana; e questa cantica è meno letta dell'Inferno solamente perche richiede maggior attenzione, e forse, per goderne appieno, un cuore più santo ». In quanto ai duo grandi, essi ci si sprofondarono de'ntro, e dello sue luci e dello sue musiche inebriarono l'anima propria. Su di essi dunque è sui molti illustratori e ammiratori che Dante ebbe in Inghilterra si potrebbe comporre un libro delizioso. Materiale amplissimo raccolse sull'argomento Paget Toynbee, una vasta rassegna dettò il Farinelli : dietro la loro scorta cammina la signora Alice Galimberti. (Dante nel pensiero inglese, Firenze, F. L. Mounier, 1921). Ma uuo studio- sulla fortuna di Dante, per qualche secolo e presso qualunque nazione, è un'impresa molto seria. Occorre la conoscenza piena dell'età e della letteratura cui appartenne lo scrittore, occorre la padronanza della letteratura dantesca, che è immensa. Ed occorre anche per la virtù collocare il poeta o critico dantesco pel suo clima storico e di valutarlo con precisione. Per colente .difficoltà appunto di studi veramente notevoli sulla fortuna di Dante c'è appena qualehQj saggio. La signora Galimberti non ha la pretesa di essere messa al fianco eli tali studiosi. Ha raccolte con diligenza molte notizia, lo ha esposte con garbo così che il libre si legge volentieri; E' più di eiuuiebc cosa. U. G.

Luoghi citati: Aibrighi, Firenze, Inghilterra, Italia, Milano