L'Intesa e Genova di Lloyd George

L'Intesa e Genova L'Intesa e Genova '. 1 governi inglese e francese, per la bocca !tii Lloyd George e Poincaré, hanno eEpresso in questi ultimi giorni le loro vedute sulla ormai imminente Conferenza di Genova; mentre il governo italiano ha creduto doversi limitare a richiamar- le <lichiaraiioni fatte precedentemente, nella sua presentazione alla Camera. Nè questo silenzio, nò quei discorsi sono adatti a. stimolare una particolarmente fiduciosa asnetlativa nei risultati della Conferenza. L'esclusioni dal suo programma dei trattati e delle riparazioni tedesche su cui hanno insistito Lloyd George e Poincaré, era•ìio per verità già note da Cannes in poi, e ; Boulogne le aveva riconfermale. Noi per conto nostro, lino da allora, trovammo giustificato non rimettere in questióne lo stato territoriale europeo — altrimenti la Conferenza avrebbe raggiunto il,fine perfettamente opposto a quello che s'era prefisso —; e in quanto alle riparazioni riconoscemmo che la Conferenza, a cui debbono partecipare non solo vincitori e vinti, non solo Gei-mania e Russia, ma anche gli Stati neutrali, non poteva attribuirsi al compito di rivedere e sostituire le stipulazioni intervenute in proposito fra Geimania e alleati e fra gli alleati stessi. Senonchè, altro non è deliberare e legiferare intorno a un dato argomento, altro è. sic et. sìjnplicUer, ignorarlo anche nei suoi riflessi, nelle, sue incidenze sopra un altro argomento che formi per l'appunto •l'oggetto delle proprie deliberazioni. Se la Conferenza di Genova vorrà proibirsi di esaminare comunque i rapporti fra la nuova configurazione geograflco-politica dell'Europa e le stipulazioni economiche 'dei trattati, da una parte, e la situazione economica europea dall'altra; se, appena un delegato sia tratto, per necessità di esposizione, a citare un articolo dei trattati o una delle disposizioni del Consiglio Supremo o della Commissione delle ripa: razioni, il Presidente dovrà togliergli la : nuvola perchè una qualche delegazione •non tragga fuori, minacciosa, la sezione ijtli ritorno del suo biglietto ferroviario: in tal caso, la Conferenza si ridurrà ad una penosa reticenza, a uno stanchevole acrobatismo, a una inutile logomachia. ;! Nè le dichiarazioni di Lloyd George, nè 'quelle di Poincaré, prese alla lettera, autorizzano una supposizione cosi assurda; ', alcune dichiarazioni, anzi, di questo, nel suo ultimo discorso alla Camera francese, ammettono esplicitamente che di riparazioni entro questi limiti, si possa, alla Conferenza, parlare. Datino tuttavia da pensare l'estrema riserva del primo, e il tono brusco e quasi ; ostile del secondo, che ha tenuto a for: inalare esplicitamente, con scarsa benigni; tà verso gli altri membri della Conferenza e verso chi la presiede, l'ipotesi del ritiro 'francese dalla Conferenza 'stessa. Ptitì: care, insomma) ha fatto abbastanza chiai rumente capire» che il suo governo inter: irtene a "Genova' unicamente per l'impegnò ossunto da Briand; ma sarebbe stato felicissimo di non intervenirvi, riè sr fiorirebbe troppo se gli si offrisse un pretesto (per venirsene via; e ad ogni modo parte-, j coperà ai lavori 'con una sola ed unica | preoccupazione : clic non siano toccati, nè :<la vicino nè da lontanò, gli articoli dei ■trattali e gli interessi della Francia. Atteggiamento puramente negativo; atteggiunieiito di chi si chiude nella difesa con•tj-o supposti nemici, non gialli chi;Si,pre.-\ iparà a collabo.are, con amici ed alleati, nPér un'opera positiva comune. I giornali 'francesi più autorevoli — in prima linea il \Temps, ufficioso come sempre del Quai icKOrsay — accentuano ancora questa impressione, fino a tratteggiare (come apjpunto ha fatto il Tcmps in questi giorni) ■tutto un programma di raccoglimento, per jcui la Francia, chiusa in se medesima, si '.disinteresserebbe ormai di quanto accade in Europa, e quindi anche di una dégrin<{ldiade dell'economia europea. E chiunque segua con attenzione le manifestazioni delie sfere dirigenti attualmente là politica francese — da non identificarsi, tuttavia, con Ila totalità del popolo nè delle ólites intellettuali, ove anzi si vanno affermando scorrenti contrarie — deve concludere i'cli'e la loro più salda persuasione è ap|punto che la Francia basti a se stessa, •e la loro più intima aspirazione, che, in [.conseguenza, essa provveda ai casi suoi ; senza impegnarsi oltre in dispendiose e :nericolose solidarietà. Ma se lo sfere politiche assumono questo atteggiamento di [fredda riserva verso i maggiori alleati — IInghilterra e Italia — tendono invece a j lircslringero i rapporti con la Piccola In'tesa (comprendendo in essa la Polonia) te col Belgio, così da arrivare a un sistema politico-militare di una Francia tutta raccolta nelle sue forze rimpetto alla Germania, ma ^alleata, al di qua e al di là di .questa, con tutta una serie di piccoli : Stali, che essa guidi, protegga ed anni. Un, articolo dell'ex-ministro della guerra Léfèvre, nel Journal del 30 marzo, esprimeva con molla lucidità questa concezione. Non tocca a noi ora'esaminare se non vi sia qualche contraddizione fra la [.«(splendici isolation » che il Temps e l'.lctiòìi Francaise propugnano per il loro paese, e questa politica così attiva rispetto ai nuovi Stati dell'Europa centro-orientale. Una cosa possiamo dire, che il governo di Poincaré, cercando di riunire e trascinar dietro di sè questi Stati alla Conferenza, viene con ciò stesso ad imporre loro una politica puramente negaviva: quella politica negativa che esso vuol fare per conto proprio, ma che non si vede come possa convenire alla Ceco• Slovacchia, alla Polonia, alla Jugoslavia, alla Romania, ai paesi baltici, tutti Stati che hanno invece evidente bisogno di un riorganizzainento e consolidamento non ef. fetluabile so non attraverso un'opera attiva di pacificazione e di solidarietà eurouea. Le recenti deliberazioni della Conferenza di Riga fra Russia, Stati baltici e Polonia potrebbero essere un indizio di questa differenza di posizione. Comunque, la Francia, di fronte alla 'Conferenza, di Genova, ha una politica propria, che proclama con bella franchezza e prosegue con intensa attività. Sarebbe assai difficile, al contrario, dire quale, sia la politica dell'Inghilterra. Lasciamo oggi da pai-te l'Italia perchè ci proponiamo di parlarne un altro giorno purticolarmeirtc. Parerà noi che il carattere essenziale del discorso di Lloyd George sia la sua mancanza di linea, di colore, di programma. Occorre tener presente, par non dare all'osservazione un valore trop¬ po profondo e definitivo, che esso è stato fatto, assai più per la Camera dea Comuni che per l'Europa, assai più per tener ferma fa coalizione e calmarne i timori, che per manifestare la politica del governo inglese a Genova. Tuttavia la esplicita affermazione del periodo di «prova» da imporre ai Soviet prima di un riconoscimento segna un buon passo indietro sulle idee di Lloyd George a Cannes; staremmo per dire che segna un passo indietro sulle stesse dichiarazioni di Poincaré. Si vede che i conservatori antilloydgeorgiani sono veramente « du (Die-kurds); o che piuttosto, al dF fuori di essi, è il conservatorismo — quel conservatorismo nemico delle pace e della ricostruzione europea, in Inghilterra, in Francia, in Italia, in Germania, dappertutto — che ha la vita dura. Ma, siano queste ragioni o altre, certo è che l'Inghilterra non ha oggi una r.oliticp europea, una politica « continentale»; mentre dovrebbe averla per l'interesse d'Europa e suo. Cosi l'Intesa si prepara ad intervenire alla Conferenza di Genova, da essa convocata: più incerta e divisa e discoide, forse, che .non sia inai stata. Lloyd George e Schanzer ne hanno avuto qualche sentore, quando lian pensalo di convocare i delegati alleati, in Genova,'ad una riunione preliminare. Ma non è in .una seduta di qualche ora che si può cambiare la situazione; e del resto il governo francese ostacola, col pretesto di farvi partecipar^ hv piccola Intesa, l'iniziativa. Ciò che dovrebbe bastare a far comprendere come la miglior preparazione alla Conferenza dovrebbe essere in un maggior affiatamento tra, appunto, la Piccola Intesa e i governi inglese e italiano .