L' Ungheria d' oggi

L' Ungheria d' oggi L' Ungheria d' oggi VIENNA, marzo. 11 famoso diritto d'autodecisione dei popoli avrebbe dovuto — teoricamente — ottenere il suo massimo e più spontaneo trionfo nell'Europa centrale. Ci si poteva attendere che i vari clementi etnici di cui JO!U|)oneva la Monarchia danubiana si separasearo naturalmente, direi quasi per forza d'inerzia. Ma proprio i popoli che dalle armi dell'Intesa avevano ottenuto la libertà cui da secoli aspiravano, si affreltarono subito ad attaccare i vicini per trasformarsi da oppressi in oppressori, rinnovando con le loro gesta imperialiste l'eterno alternarsi delle sorti umane. Cosicché, nel l'Europa centrale, invece del massimo regime di libertà, s'instaurò il massimo regime dell'imperialismo, con annesso militarismo, sistemi'di violenza e di costrizione. L'Ungheria, per le sue più clic avventurose vicende interne, sostenne pressoché In spese dello spirilo di conquista dell'Europa centnile e fornì territorii in.abbondanza ai tre maggiori suoi vicini, Cecoslovacchia, Jugoslavia e Romania, che un po' a titolo di risarcimento e un po' abusando della debolezza ungherese dopo il Governo di Bela Kun, le portarono via quanto più poterono, riduccndola allo stato attuale. Sotto il punto di vista territoriale, l'Austria ebbe maggior fortuna perchè in fondo non perdette "che i boemitedeschi e, se si considera poi l'eguaglianza nel regime delle riparazioni cui l'Intesa sottomise i due Stati, certo l'Ungheria, a conti filiti, fu la più tartassata, pur riconoscendo che la sua maggior disgrazia dipendè dalle sue cause interne. Non è qui il caso di discutere sul rispettivo valore del sentimento di nazionalità c d'amor patrio dei popoli dell'Europa centrale, ma tra una Ceco-Slovacchia che offre la riproduzione ridotta e forse più aggravata della vecchia Aiistriii-Ungheria, e una .Iugoslavia costituita da tre popoli in cui il Serbo impone l'egeninira e in cui s'accentua giornalmente il movimento separatista croato, e una Romania fiacca e, per quanto si può giudicare di qui, abbastanza disorganizza tu, l'Ungheria sola possiede, nonostante gli avventurieri rossi e bianchi che la governarono o la governano, un magnifico popolo, saldo e patriotta. Sopra ogni lotta di pallilo, sopra ogni questione personale, l'ungherese pone il suo Paese. Prima d'esser bolscevico, karolista, horthista, absburgofi\ù, l'ungherese è ungherese. Senza voler faro l'apologia del nazionalismo intransigente, resta tuttavia incontestabile che quando un popolo sente a un grado così elevato lo spirito della propria terra e lclla propria razza, ha davanti a sé non soltanto una via tracciata, ma anche, la forza di abbattere gli ostacoli che la sbarrino. Le Nazioni limitrofo, ex-avversarie apertamente o nascostamente dell'Ungheria nella guerra mondiale, hanno perfettamente compreso questa stia indiscussa superiorità sulle proprie rispettive non salde coesioni interne. Ridotta l'Ungheria (secondo calcoli approssimativi, perchè mancano ancora dati precisi) a un terzo della sua antica ostensione territoriale o a meni) della metà della popolazione, disarmata del tutto, pure rappresentava ancora, per ciascuno degli Stati vicini, uno spauracchi^ .L'ungherese liti del sangue nelle vene e la civili» non ha eccessivamente addolcito il suo spirilo selvaggio: n una parola, è un eccellente soldato. Dunque: dopo averlo predato, gli si punti à spada alla gola perchè s'infilzi automaticamente al primo movimento. E sorse, coi successivi noti accordi la Piccola Intesa militarista e prepotente (or non è molto, con tabelle alla mano, si dimostrò che lo, Ceco-Slovacchia tiene l'esercito reativamente più forte del mondo, cioè possiede un soldato ogni cinquanta abitanti!). L'Ungheria si trova quindi quasi avvolta da tre Stati ostili e che si sono unicamente allenti per tenerla a bada e per impedire con la forza sia ogni tentativo di riscossa, sia la soluzione della questione del Sovrano in favore degli Absburgo. La nota simpatia Ira Polonia e Ungheria costituiva tuttavia ancora un pericolo per gli Slati della Piccola Intesa e fu sicuraniente un successo della politica di Bene* e di Pasic se, con il prezioso "valido aiuto della Francia, riuscirono a indurre a Polonia a una specie d'adesione alla J^iccola Intesa (dico una specie, perchè l Governo polacco ha negato una vera adesione, mentre il ministro degli Esteri ugoslavo, Nincic, ha cariato chiaramente della nuova Quadruplice Alleanza . E siccome eran corse voci di trattato segreto tra Polonia e Ungheria,..,Benes. appena di ritorno da Parigi e Londra., ebbe la soddisfazione di ricevere una smentita dall'ambasciatore polacco in Praga, che assicura finito le simpatie della Polonia per l'Ungheria, colpevole di desiderare la ricostruzione economica della Germania e d'aver tenuto durante lo svolgersi della questiono slesiana un contegno antipoacco. Ecco dunque l'Ungheria perfettamente isolata : isolata come si conviene dicono i suoi vicini) a un pericoloso elemento, che la Natura e la Sloria hanno voluto proprio porre nel bel mezzo della Mitteleuropa. Tn realtà, non si mio-negare che l'Ungheria sia ancora in un periodo critico: periodo che si prolunga da anni, rinnovando i suoi aspetti a traverso rivoluzioni e controrivoluzioni. Sotto il regime atuale di Horthy, il Paese s'è venuto, fino a un certo punto, calmando e consolidando: i fasti del terrore bianco appartengono al passato e si può quasi dire — in questo momento — ohe la vita ungherese si svolge normalmente. E' vero cho di codesta calma gli ungheresi fautori dei tramontati Governi non si fidano troppo, aiil e vero che Vienna ne ospita un «ran mimerò: ancora recentemente, il Governo di Buda-Post concesse un'amnistia ad alcune migliaia di confinati e prigionieri nomici e costoro se ne vennero pressoché ., massa qui, per evitare pericolose con equenze di pentimenti governativi. Vieiì na raccoglie karolisti, legittimisti bolsce vichi, tutti quegli ungheresi insomma la cui fede politica non collima troppo'col regime horthista. Tuttavia, tanto Horthy come l'abile Bethlen (oualcuno lo chiama l secondo Tisza) vogliono rimettere il paese in pace per quanto sta nelle loro orze: e il compito non si presenta facile. Quand'anche lo spirito conciliativo, la toleranza, la giustizia riconducano i profughi ungheresi nella loro Patria, quand'an. che cessi (ed è ora) il ròte di quei messeri Pronay, Hejjas e satelliti, di cui parlai n un'altra mia corrispondenza, restano sempre due spinosissime questioni: le riveiwJifazioni nazionali e il Sovrano. . -(u^stro anni di distanza dalla fine della guerra, dopo i miraggi di pace uni versale e perpetua cui il mondo credette fidando nel verbo di Wilson, non conforta 'animo parlare di rivendicazioni nazionali! Ma sarebbe anche insensato chiude re «li occhi davanti alla realtà. Non per are della letteratura accennai alla muti ezione dell'Ungheria' e al sentimento pn triotUco di prim'ordine del suo popolo Or non 6 molto, uno dei dep>:**U oarllet: più In vista disse in Partamene» tfu Carlo rappresenta l'unico simbolo dell'uni, là ungherese ed ogni Ungherese, non fosse che per questo, deve onorarlo. Naturalmente, tutta l'opposizione legittimista balzò in piedi gridando «Viva il Rei », e un testimone oculare ini raccontò che non solo gli avversarli tacquero in rispettoso silenzio, ma molti di essi si commossero. L'ungherese non si adatta, non si piega come i suoi vicini austriaci- se proprio sa che gli si vuol spaccar la tosta qualora tenti d'alzarla, morde il freno; altrimenti 1 amore per la sua terra diventa un fanatismo. Si vide che fecero gli ungheresi a Oedenburg per assicurarsi il successo del plebiscito, e si vide l'apatia austriaca. In fondo, l'essenziale ragione del veto che la Piccola Intesa pone al ritorno degli Absburgo consiste appunto, nel loro significato simbolico dell'Ungheria integra e unita. E non è una piccola, forza di propaganda tra le masse! Caterina Schrntt, l'amante di Francesco Giuseppe, fece due mesi fa una tournee, in Ungheria, tra le più vive acclamazioni della folla, che aveva la resistenza di stomaco ,dì sentirla cantare. Ma la Schratt cantava per inca. rico del partilo legittimista e il suo suecesso lo doveva alla sua qualità d.'amante di Francesco Giuseppe, cioè di personaggio scmi-absburgico. Eh. che cosa non farebbero i Governi della Piccola Intesa per suscitare un ampio movimento repubblicano in Ungheria! La prova la vediamo nel Conte Karoly, che amoreggia con i Governi di Malgrado e di Mukarest. Lo scorso gennaio, i gior. nali annunciarono la sua comparsa a Belgrado, dove fu più volte ricevuto da Nincic; e l'ex-Mfnistro degli Esteri di Karoly, il Conte .Tassy, che so ne sb.va a Vienna, fu anche lui chiamato a Belgrado. Ora Karoly tratta, a quanto pare, a Biikarest, Si capisce: la Piccola Intesa, ha il massimo interesse a riorganizzare e vivificare in Ungheria il partito karolista, che. se ritornasse al potere, taglierebbe per sempre la strada agli Absburgo e accetterebbe l'Ungheria amputata dai trattati di pace. Ma le difficoltà dell'impresa sono anche aumentate dalle riluttanze del Conte Karoly, troppo intelligente per non capire che il risorgere con l'appoggio della Piccola Intesa vorrebbe dire porre l'Ungheria a' suoi ordini. Di un punto essenziale bisogna convincersi nella questione ilei sovrano; la gran maggioranza degli ungheresi vuole il Re e nell'ultimo Parlamento, sciolto il 1(5 del febbraio scorso, al di sopra delle tendenze politiche e secondarie dei partili esistevano due grandi correnti, che si riflettono fedelmente nelle aspirazioni popolari: la corrente cai-lista e quella per la libera scelta del sovrano. I cartisti all'opposizione e gli altri ministeriali, ma tutti per gli Absburgo. Esaminate dati di fatto, cogliete il significato delle sfumature più di audio .delle parole., interrogate coloro che si dichiarano per la libera elezione del sovrano e ve ne convincerete. Neppure il più ottimista dei diplomatici può credere a un partito disposto a porre sul trono d'Ungheria un principe ungherese 6 straniero qualsiasi. E' giusto il discutere — oggi — la persona di Carlo d'Absburgo. ma gli Absburgo, no. Essi sono più vivi che mai nel cuore, degli ungheresi. Cito il sintomatico fatto del 18 dicembre scorso alla Camera di Buda-Pest: circolavano, allora insistenti (e circolano tuttora) le voci della -segreta propaganda di. Pronay e di Gòrnbòs in favore dell'Arciduca Albrecht; il legittimista Lingauer, con diplomatica strategia, propose al Parlamento non solo di escludere tutti gli Absburgo — maschi e femmine .— dalla legittima successione al trono, ma di escluderli anche come candidati, in un'eventuale elezione del Sovrano. E gli avversare rifiutarono... Quando nel putsch dell'aprile 1921, Horthy, Hejjas, Pronay e Gòrnbòs si opposero al ritorno di Carlo, il loro rifiuto dipese quasi certamente dai disegni della personale ambizione di Horthy. Ora che questi disegni sono svaniti (ed è già qualche tempo) lo cose cambiano. Già ncll'ot'obro dello scorso anno, allorché Carlo scese su territorio ungherese, Bethlen fece un discorso meravigliosamente .ambiguo, un discorso da gran uomo politico che vuol riservarsi la via Ubera in qualunque caso, ma, a sviscerarlo bene, un discorso legittimista. Appena la. Piccola Intesa mobilitò e pose il vo'o, costringndo anche la Grande Intesa a fare il suo gioco, Bethlen si mise, con nuove dichiarazioni in una posizione nettamente anticaiiista. Seguirono gli avvenimenti, si procedette all'arresto dei deputati tallisti e delle altre persone compromesso, si ebbe alla Camera di Buda-Pesi per intiere settimane la discussione sulla Kóniasfràge con i fronzoli delle rivelazioni sensazionali, da una parte e dall'altra e gli incidenti più o meno movimentati. I legittimisti addussero prova sor accusare il Governo d'aver appoggiato il. putsch, il Governo addusse controprove pei- dimostrare che aveva sempre dissuaso l'esule Sovrano e i suoi fedeli da un nuovo tentativo di restaurazione. Un simile caos di documenti e testimonianze (fu perfino pubblicato un compromesso fra le due parti) sommerse naturalmente la verità nel buio più impenetrabile. Senza dubbio, la condotta del Governo non fu delle più trasparenti. Oggi, con la Piccola Intesa sospettosa e vigile, un ritorno di Carlo è impossibile. Dell'ex-Re e di sua moglie, del resto, debbon esser stufi anche Horthy e Bethlen, che mirano a disfarsi de' suoi fedeli, almeno dall'aula del Parlamento. Sciolta la Camera senza che venisse votata una nuova legge elettorale il Governo emanò recentemente un decreto legge per cui, oltre a molte altre opportune misure, gli elettori dello campagne debbono dare il voto pubblicamente, cioè, in parole povere, essi sono sotto il controllo del Governo (leggi, in questo caso, Hejjas, Prouay e compagni). Se i contadini dei latifondisti callisti come Andrassy, Appony. ecc. darebbero il voto in segreto ai loro padroni, resta a vedersi se lo daranno sotto gli occhi delle bande ! Infine Carlo, che non è precisamente un Napoleone nò un Garibaldi, ha poche probabilità di scappar da Madera. Qualche suo parente più fortunato salirà forse il suo ex-trono. /J L'Arciduca Albrecht7 Chi sa! Albrecht ha delle pedine non disprezzabili. Bethlen. si mormora, è albertista e lavora per lui. Gòrnbòs, non ostante le sue recise smentite, tiene anche lui per Albrecht. Pronay... Ecco, per convalidare l'alhertismo di Pronay si può narrare un accreditato pettegolezzo II fratello del ce lebre comandante di bande era cnpitano jdi cavallerin. bel giovane e aiutante di Iramno dell vrchbc disrem \rriduen Federico da cui do-1ériiWo Mhreeht t'ma Meni di- . eriilcie AiDirci»• » ™" rono dovrebbe e si sa che noti arcutissimo • diario di suona d'un ufficiale austriaco si trova' questa frase testuale: «15' caduto nelle nostre linee un aeroplano italiano. Che si sia impigliato nelle corna dell'Arciduca Federico?». Dunque, tra Pronay e AIbr»riu, simpatie di famiglia... MA.MIMO CAPUTO